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Vuoi guarire?

OrmeGiovani scritto da padre Diego Dalle Carbonare, missionario in Sudan, ispirato dal brano del Vangelo Gv 5,1-18 e pubblicato sul numero di Gennaio 2020 di Nigrizia.

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Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, 3 sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. 4 [Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.] 5 Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. 6 Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7 Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». 8 Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». 9 E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. 10 Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio». 11 Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». 12 Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». 13 Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. 14 Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». 15 Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16 Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato. 17 Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero». 18 Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. (Giovanni 5,1-18)

Gesù sale a Gerusalemme durante “una festa”. Gli uomini “fanno” tante feste, ma spesso sono tutte uguali una all’altra, e ce le dimentichiamo prima ancora di averle finite. Sotto i cinque portici della “casa della misericorida” (Betzaetà, appunto) trova una folla innumerevole di ciechi, zoppi, infermi e paralitici. Sono i molti che la festa la attendono, in un futuro più o meno trascendente. Ad uno di loro Gesù chiede “Vuoi guarire?”  

Di lui Gesù sa che è infermo da 38 anni, il tempo del popolo di Israele nei deserti del Sinai. Di lui Gesù sa che è un uomo pronto alla liberazione, pronto ad entrare nella terra promessa. Forse neppure lui, l’infermo, sa di se stesso tutto quello che Gesù conosce di lui. Del resto, il salmo 139 canta “Signore, tu mi scruti e mi conosci... dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, la tu sei, se scendo negli inferi, eccoti... per te le tenebre sono come luce”. Possiamo scappare da noi stessi, ma non da lui. Possiamo mentire al mondo e a noi stessi, e a volte siamo così bravi da convincere entrambi. Ma non è ancora nato l’uomo che possa ingannare il Creatore, che ci ha fatto e che ci ha conosciuti quando ancora non era spuntato il sole sul primo dei nostri giorni.

C’è ua differenza abissale fra come Gesù e i maestri della legge incontrano il malato. Gesù parte dalla storia di sofferenza e dall’attesa di rendenzione, mentre “i giudei” partono dalla legge. “È sabato, e non ti è lecito prendere su il tuo lettuccio”. Non vedono il miracolo, anzi, non vedono neppure l’uomo. Vedono solo il proprio calendario e le proprie regole, cui loro stessi credono di obbedire, senza prima essersi mai preoccupati di capire cosa significhino. Sono persi negli alambicchi della loro dottrina, e non riescono a venirne fuori per vedere quanto più largo sia il mondo. Sono persi. E sono l’epitome della stupidità al potere.

C’è un’arroganza che sempre caratterizza la stupidità dei dittatori. I potenti stupidi e ciechi non si fanno certo intimorire (altrimenti non sarebbero stupidi), e si ostinano per la direzione che hanno già preso: Gesù deve morire. Trovare poi delle scuse è solo un esercizio di retorica: uno dice “perchè fa guarigioni di sabato”, l’altro “perchè si fa uguale a Dio”, ma alla fine al prepotente le scuse non mancano mai.

Esopo in una sua famosa storia racconta di un lupo che un giorno andò a bere l’acqua al torrente. Mentre beveva, vide un agnello che beveva come lui dal torrente, ma più a valle. “Stai sporcando la mia acqua”, si lamentò il lupo. “Ma come? Io sono in basso, e l’acqua scorre in giù”. “Beh, se non sei stato tu, sarà stato tuo figlio, che ha bevuto qui”. “Ma che figlio? Io stesso non sono che un giovane agnello di pochi mesi”. Offeso, con due balzi il lupo si avventa sull’agnello e lo prende per il collo. E l’agnello prima di morire riesce a dire “Ai prepotenti non mancano mai scuse”.

È la storia di tanti in Africa, in Medio Oriente e nel mondo intero. Non sono perseguitati “a causa” della loro religione o della loro tribù. Casomai “a pretesto”. Ma la vera causa è la stupidità, la cieca, implacabile, ostinata, arrogante stupidità di chi – senza più un cuore – è asservito all’immagine di sè, ad un sogno vago di gloria, ordine e forza. Poveretto. Poveretti i fascisti, i farisei e i fondamentalisti di ogni latitudine e tempo. Sono loro ad essere deboli, malati, pericolosi. E non sanno di esserlo. Sono loro la minaccia alla società. Sono loro a rompere l’ordine sociale, a minacciare la pace. Eppure sono al comando da sempre.

Il problema è quando anche le vittime si fanno lavare il cervello dagli arroganti, e diventano più integralisti di loro. L’infermo che ora è stato guarito non riesce neppure a concepire la stupidità dei potenti della sua Gerusalemme, e così si fa ingannare da loro e consegna loro il nome di chi lo ha guarito. Fa un autogol, ma non lo fa con malizia. Non “tradisce”, perchè neppure riesce a pensare che qualcuno possa avercela con la mano di Dio scesa in terra. Purtroppo anche lui, vittima di disprezzo per tanti anni, non sa vedere il mondo se non nella prospettiva degli arroganti.

Che le vittime adottino gli occhi e la lingua degli arroganti è una verità vecchia come il mondo. Ricordo un giorno un rifugiato siriano, in sedia a rotelle, che passando davanti alla nostra chiesa qui a Khartoum ha pensato di fotografarla. Gli si è avventato contro uno dei nostri cristiani, nemmeno avesse innescato una bomba. Quando ho visto la scena ho reagito, e mi son sorpreso di come lo zelante cristiano non potesse capire quello che gli stavo dicendo. Io vedevo un uomo in sedia a rotelle, lui vedeva un musulmano arabo.

Il vero nemico è il pensiero dell’inimicizia. Che Gesù ci guarisca gli occhi perchè possiamo vedere il mondo prima delle ideologie. E che ci tiri fuori dagli alambicchi delle nostre dottrine.  


P. Diego Dalle Carbonare
Comboni College Khartoum
SUDAN

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