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Con lo Spirito di Gesù… l’orizzonte si allarga (Atti. 11, 1-18)

OrmeGiovani scritto da padre Saverio Paolillo e pubblicato nel numero di Nigrizia di aprile 2017

La maggiore sfida che incontro nel mio lavoro missionario non è la conversione dei “pagani”, ma quella dei cristiani. Impegnato nell’avvicinare ed accogliere minori a rischio, ragazze madri, tossicodipendenti e detenuti, mi imbatto continuamente in reazioni avverse che partono proprio dall’interno delle comunità cristiane. Avvicinarsi agli esclusi, invece di essere un passo irrinunciabile per chi accetta di seguire Gesù di Nazaret, sta diventando sempre più motivo di scandalo e di persecuzione. Recentemente sono stato invitato ad un programma radiofonico. La trasmissione era in diretta. Si parlava di carceri e del lavoro missionario della pastorale penitenziaria. Il tema è polemico. Non mi attendevo elogi. Chi spende la vita per assistere i detenuti e i minori a rischio sa che incontrerà sulla strada molti grattacapi. Il conflitto è inevitabile. Ma non mi aspettavo il tono aggressivo di quasi tutti gli ascoltatori. Ero in una radio ‘cattolica’, per cui immaginavo che gli ascoltatori fossero anche ‘cattolici’. Ma quasi tutti gridavano allo scandalo. Uno mi ha detto di smetterla di perdere tempo con scugnizzi e pregiudicati. Era meglio starmene in chiesa e prendermi cura della liturgia. Un altro mi ha accusato di essere difensore di criminali. Mi ha sfidato ad occuparmi delle vittime. “Queste sono le uniche persone meritevoli di assistenza religiosa e umanitaria. – Continuava a ripetere -. Quegli altri meritano la forca perché sono irrecuperabili”. Il colpo finale lo ha sparato un tale che si è identificato come diacono permanente: “La Chiesa sta deviando dalla sua missione e perdendo di vista la sua dottrina”, ha tuonato con tono da inquisitore. E non contento ha aggiunto: “Se proprio ci tieni a loro portateli a casa tua e adottali”.

Confesso che non mi sono stupito più di tanto. Reazioni come queste le ascolto da oltre trent’anni. E non sono un’esclusività brasiliana. So che anche in Italia chi si mette dalla parte degli ultimi, soprattutto degli immigrati, fa la stessa fine.

Ma un grande dubbio mi martella la testa: di quale Dio stiamo parlando nelle nostre chiese? Quale Vangelo stiamo annunciando? Forse è una versione light per non scandalizzare i “buoni cristiani della domenica”, arroccati nel loro piccolo mondo spacciato come “regno di Dio”, che si ritengono nel giusto e si riempiono di sante ragioni a partire di tradizioni umane smerciate come volontà di Dio, ma che non esalano il profumo e la freschezza del Vangelo.

Gesù di Nazaret sempre fu motivo di scandalo, soprattutto quando mise in discussione il legalismo e il tradizionalismo delle autorità religiose dell’epoca e denunciò i soprusi praticati dai potenti. Sin dall’inizio della sua missione mostrò predilezione per i poveri e gli esclusi. Si fece prossimo di tutti coloro che vivevano ai margini della società. Entrò nelle case degli “impuri” e si fermò a pranzo da loro. Abbracciò i lebbrosi e prese per mano le prostitute. Si fece una brutta fama perché frequentava i peccatori. Fu considerato un pazzo impostore da chi si riteneva il legittimo guardiano del patrimonio divino. Strappò dalle mani dei falsi pastori il controllo dell’accesso alla salvezza, aprendo le porte del Regno a tutti senza distinzione, come fece dall’alto della croce quando non indugiò a portarsi a casa uno dei pericolosi banditi che implorava la sua misericordia (Lc 23,42-43).

Chi legge attentamente i Vangeli non può avere dubbi: Gesù è il volto umano di un Dio che rompe le barriere e si fa prossimo di tutti senza distinzione.

Assimilare questa verità, ancor prima che per i pagani, è una sfida per i cristiani, soprattutto per quelli che si ostinano a farsi un’immagine di Dio su misura dei propri gusti, capricci e pregiudizi.

Il Dio di Gesù Cristo non tollera discriminazioni. Non sopporta muri. Interviene per sfondarli e, dalle macerie, costruisce comunità che estendono ponti in tutte le direzioni. Egli ci tiene a visitare ogni persona. Vuole sedersi a tavola con tutti e desidera che attorno alla tavola ci sia posto per tutti.

Che questa sia la sua volontà ce lo conferma Luca nei capitoli 11 e 12 degli Atti degli Apostoli raccontandoci dettagliatamente l’episodio della conversione di un centurione romano chiamato Cornelio.

Secondo il racconto, Cornelio era pagano e come tale era considerato ‘impuro’. Nonostante fosse “religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; facesse molte elemosine al popolo e pregasse sempre Dio” (10,2), era vittima di discriminazione per causa della tradizione giudaica che proibiva ai suoi proseliti qualsiasi contatto con gli impuri sotto pena di esserne contaminati. Tale usanza continuva ad essere applicata dai cristiani convertiti dal giudaismo. Ma Dio, stanco di leggi e tradizioni inquinate da pregiudizi, pur sapendo di scandalizzare, decise di intervenire. Gli suggerì di mandare due servi alla ricerca dell’apostolo Pietro perché potesse ascoltare la sua parola ed essere battezzato nello Spirito Santo.

Pietro si trovava a Jaffa. Era intento a prepararsi qualcosa da mangiare quando ricevette anche lui una rivelazione da Dio. Vide scendere dal cielo una tovaglia con ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. Una voce lo invitò ad alimentarsi di quelle carni, ma lui, da buon giudeo, si riufiutò perché, secondo la tradizione, era un banchetto per gente impura. Ma la voce insistette dicendo: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Il gesto apparve per ben tre volte. La ripetizione indicava che non era uno scherzo, ma un ordine da prendere sul serio. Dio stava usando quella immagine per ribadire, ancora una volta, che ai Suoi occhi non esiste nulla di impuro. Tutto ciò che esiste è uscito dalle sue mani e ogni Sua creatura è destinataria del Suo amore gratuito che è ancora più intenso verso coloro che ne hanno più bisogno.

Pietro non ebbe più dubbi. Il messaggio era chiaro. Dio si stava servendo di lui per abbattere i preguidizi e spalancare le porte del Regno a tutti. Prese con sé alcuni membri della comunità e si mise in viaggio fino alla casa di Cornelio e, dopo esservi entrato, cominciò a parlargli di Gesù. All’improvviso avvenne una nuova Pentecoste. Lo Spirito, con grande sorpresa dei fedeli circoncisi, scese su quella casa e tutti i suoi abitanti. E tutti furono battezzati. Informata su quanto accaduto, la comunità rimase scandalizzata. Si accanì contro Piero, accusato, come era avvenuto con Gesù, di ospitarsi in casa di ‘impuri’ e condividere le refezioni con loro. Ma questi non si scompose. Sapeva di non aver agito di testa sua. Aveva semplicemente obbedito alla volontà di Dio.

La conversione di Cornelio lascia una lezione importante per tutti. Nessuno può impedire a Dio di agire come vuole, soprattutto quando si tratta di manifestare il suo amore misericordioso. Lo Spirito ormai aleggia dove vuole e scende su chi vuole. È inutile qualsiasi sforzo di tratternerlo trincerandosi dietro gli steccati di un supposto diritto di preferenza. Si aprono definitivamente le porte a tutti, anche ai pagani, agli stranieri e ai peccatori. “Cadono quelle barriere millenarie che ancora abbiamo contro gli altri, che non sono, secondo noi, “come” noi perché non la pensano come noi, non hanno le stesse usanze, gli stessi costumi, lo stesso colore della pelle, la stessa nazionalità. E invece Dio è per loro “come” per noi: fa lo stesso, uguale dono” (Silvano Fausti). Il mondo visto dal punto di vista di Dio ha gli orizzonti sempre aperti.

P. Saverio Paolillo

Missionario Comboniano

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