Dicembre 2005
Natale:
preparare
I panettoni vanno bene, non fanno
niente di male, però… non possiamo più fermarci all’uvetta, lo zucchero a velo
e le piazze straluccicanti!!
È giunto il momento di impegnarsi
affinché tutti gli esseri umani (presenti e futuri) abbiano non solo il diritto
ma la concreta opportunità di vivere una Vita piena.
il 10 dicembre siamo chiamati a fare memoria della proclamazione dei diritti di ogni persona, avvenuta nel non lontanissimo 1948. Una data che giuridicamente segnò un passaggio incancellabile nella storia dell’umanità. Certo, nella prassi di tanta gente e di tanti popoli c’è ancora parecchio da lavorare affinché si realizzino, ma un orizzonte nuovo si percepisce e l’assoluto della vita nei suoi diritti fondamentali deve essere sempre la prima di tutte le regole. Prova a leggere gli eventi politici, commentare le scelte economiche del nostro Paese, guardare agli avvenimenti delle nostre città a partire dall’assoluto della vita umana e dei diritti di ogni persona: che rivoluzione!
Il 25 dicembre siamo
chiamati a fare memoria dell’incarnazione di Dio: la decisione di Dio di farsi
umano e di camminare a nostro fianco! Per prima,
Sarà possibile per persone che si dicono discepole di Gesù separare queste due date? Tu che ne dici? Soprattutto, che posizione prendi davanti a gran parte dell’umanità sempre più in ricerca di Vita, mentre pochi gruppi finanziari progettano grandi quantità di profitti attraverso scelte e prassi spesso antiumane? Quando i ricchi si organizzano si fanno chiamare ‘lobby’, quando lo fanno i poveri, la chiamano sovversione.
Che sovversione porta questo Natale nella tua vita? Stai dalla parte dei privilegi di pochi o dei diritti di tutti?
È il momento di ripartire con
scelte coraggiose, che ci umanizzino sempre più. Ci alimenta la preghiera, un
rapporto con Gesù che non ci aspetta per svernare, ma ci smuove con lui a
preparare
p. Dario, fr. Claudio e sr.
Espedita
(Mt. 2,13-18)
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e
sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Erode accortosi che
i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò a uccidere tutti i
bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al
tempo in cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quello che era
stato detto per mezzo del profeta Geremia:
Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.
Anche
Kashweka è malata perché è passata per le mani di troppi uomini, vecchi uomini che hanno egoisticamente
sfogato i loro istinti su di lei, incuranti dei suoi sentimenti, della sua
giovinezza, della sua delicatezza e dei suoi sogni.
Un
pomeriggio sono con lei. Ad un tratto vedo paura sul suo volto. Kashweka si
nasconde dentro la capanna di una sua vicina. Le chiedo da chi si nasconde, perché si
nasconde… e lei, in due parole mi dice tutta la sua tragedia:
“Si chiama Oyo. È quel vecchio che vive
dall’altra parte della strada. Mi sta cercando. Mi vuole... Una volta gli ho
detto di sì..., perché avevo fame. Ma non voglio più. Non voglio... ma lui mi
comanda!!! Lui mi picchia se non vado. Mi sta cercando... Io non voglio..”
Mi
seggo con lei nella sua capanna. Sua mamma, sua sorella sono con noi, anche
loro spaventate. Sono donne e sono malate. Chi le ascolta? Chi le rispetta? Chi
le prende in considerazione?
E
nel buio della notte, ad un tratto Mr. Oyo arriva. Non si aspetta di trovarmi
lì. Lui è abituato a comandare sulla vita delle bambine perché è uomo, perché è
forte, perché picchia, perché ha soldi. E perché i bambini qui non hanno voce.
Sì,
la vita dei bambini, in tante parti del mondo, è difficile. Qui a Kalabo, i
bambini godono la vita soltanto mentre sono neonati: legati sulle spalle della
loro mamma, mangiano e dormono felici di sentire il calore e la vicinanza del
suo corpo.
Ma
questo dura poco. Appena nasce un altro bimbo, “perdono il posto” e vengono
dati via alla sorellina, alla cuginetta, alla nonna, a chi capita…. Chi li
aiuterà? Chi li difenderà da ora in poi? NESSUNO. Devono arrangiarsi se vogliono
sopravvivere. Devono difendersi da soli, se ci riescono.
Già,
se ci riescono.
Namutondo,
per esempio, non c’è riuscita. Era fuori dalla sua capanna. Aveva appena finito
di raccogliere l’acqua al fiume e si preparava ad accendere il fuoco per
cucinare la polenta.
Ad
un tratto un uomo di 30 anni, la prende e con forza la porta nella capanna e la
violenta. È la “terapia” che gli ha prescritto lo stregone per guarire dalla
sifilide. Poco importa che Namutondo è una bambina di 10 anni. Poco importa che
lei non vuole. Poco importa che lei piange, che è troppo piccola, che il suo
corpo non è ancora pronto. Ciò che importa per questo uomo è guarire. Ad ogni
costo.
Mi
hanno raccontato che Namutondo ha gridato tanto, con tutta la forza che aveva
in corpo, con tutto il fiato dei suoi polmoni, tutta la sua disperazione. Ma
non è stata ascoltata.
E
la catena di violenza e di ingiustizia continua, ogni giorno si arricchisce di
nuovi anelli: ingiustizia su ingiustizia, violenza su violenza…. Tanto i
bambini non hanno voce.
Un
bimbo di 4 anni, che vive con la nonna, scompare da casa. Lo ritrovano dopo
pochi giorni morto. Ha una grande ferita nel petto e non ha più il cuore.
Chi
è stato? Perché questo? La gente rimane a piangere, la mamma urla disperata e
distrutta.... Ma alla fine nessuna ricerca viene iniziata. La paura della
stregoneria, degli spiriti, della vendetta è troppo grande. A poco a poco
ognuno torna alla propria capanna. La vita continua e la mamma resta sola a
piangere il suo bimbo che non c’è più.
Due
mila anni fa, un piccolo bambino nel cuore della notte fu salvato da un angelo
e da un papà... Giuseppe si mise in fuga con Maria per salvare Gesù. Lasciarono
tutto, la loro casa, la terra, gli amici, la cultura, la tradizione perché un
grande, Erode, aveva nel cuore soltanto se stesso e il suo egoismo. Voleva
essere il più grande, il più felice, il più potente, il solo. Ad ogni costo.
E la storia continua. Erode continua a
vivere in tutti coloro che vogliono vivere “felici”, a spese degli altri, a
spese dei più piccoli…. dei piccoli. Vive in chi usa la sua autorità, la sua
posizione, la sua forza per sottomettere gli altri ai suoi piani… desideri,
piaceri, progetti. Poco importa che i diritti degli altri vengano calpestati;
poco importa delle lacrime silenziose di dolore e di paura continuano ad
“alimentare i fiumi del mondo”.
Penso
alla corte di Erode di duemila anni fa. Non era il solo a vivere lì. Quanti
soldati hanno visto, sentito, udito le sue grida di rabbia nell’apprendere che
Gesù era fuggito….? Quanti di loro non erano d’accordo con il suo piano di
sterminare un piccolo innocente e con lui tutti i bambini al di sotto di due
anni? Quanti….? Eppure nessuno parlò, nessuno si oppose e Erode ordinò il
massacro di tutti i bambini. E la corte obbedì.
In
questa storia che continua, dove siamo noi? Sì, è vero, riconosciamo che anche
oggi ci sono situazioni di violenza e ingiustizia specialmente verso i più
deboli. Sì, è vero, non siamo d’accordo con questo sistema, ma cosa facciamo
perché la situazione cambi? Che cosa facciamo per fermare Erode? Attenzione!
Perché con il silenzio entriamo anche noi a fare parte della sua Corte, del Suo
Regno.
Uno
studente viene a trovarmi, “Sister, non è giusto quello che hanno fatto a
Namutondo. Cosa possiamo fare? Dobbiamo fare qualcosa perché questo non si
ripeta più!!!!”
Questa
gente è la speranza di Kalabo. Gente così è la speranza di un mondo nuovo.
Smettiamola di sognare e “AGIAMO”!!! Parliamo, denunciamo, dissociamoci da un
Sistema di ingiustizia. Se ognuno di noi smetterà di interessarsi solo di sé e
dimenticarsi di chi soffre e ha bisogno di una mano… potremo finalmente
celebrare il funerale di Erode
Ma
quanto dobbiamo aspettare ancora? Ma che aspettiamo?
cmskalabo@zamtel.zm
Sr. RACHELE FASSERA
Missionaria Comboniana, è nata a Pessina Cremonese (CR)il 15 giugno 1946. Nel 1982, dopo varie esperienze negli USA, Italia ed Eitrea, parte per l’Uganda dove rimane 20 anni.
Nella regione del Nord Uganda, dove Sr. Rachele ha insegnato al St. Mary’s College, la guerra è una costante. Sin dal 1986 la regione è lacerata dalla guerra civile tra l’esercito governativo e il gruppo ribelle LRA (Lord Resistence Army). La regione è stata completamente devastata, vari gruppi di ribelli si sono susseguiti per compiere stragi, brutalità, distruzioni di villaggi, case, scuole e tutto ciò che trovavano.
Circa il 90% dell’esercito dell’LRA è costituito da bambini al di sotto dei 16 anni. Le ragazze adolescenti sono costrette a diventare mogli e schiave sessuali dei ribelli.
La storia di Rachele è la storia di una donna che crede al dialogo, alla pace e alla comunione, crede soprattutto “che a Dio nulla è impossibile”. Dal marzo 1989, i ribelli dell’RLA avevano preso di mira la scuola dove Sr. Rachele insegnava ed erano state rapite 10 ragazze, delle quali una non è più tornata. Anche 33 seminaristi ed alcuni abitanti del villaggio erano stati rapiti. Sr. Rachele, vice direttrice della scuola di Aboke, già in quell’occasione aveva tentato di inseguire i ribelli per liberare le persone rapite.
Dopo questo fatto, era stato chiesto all’esercito governativo, una maggior protezione, ma proprio nel momento necessario, i soldati dell’esercito non erano arrivati a proteggere la scuola. Così, la notte del 10 ottobre, alle due e un quarto circa, un centinaio di ribelli circondano i dormitori delle ragazze, rompono finestre e ne rapiscono 139, dai 13 ai 16 anni. Le suore, prese alla sprovvista, avevano dovuto decidere se uscire o nascondersi e nascondere le altre ragazze.
La mattina seguente, nonostante i pericoli, Sr. Rachele aveva deciso di mettersi in cammino per inseguire i ribelli e farsi dare le ragazze. Si era premunita di denaro sufficiente per un eventuale scambio o ricatto, ed era partita accompagnata da un insegnante, John Bosco. Il cammino era “segnalato” dalle tracce lasciate dai ribelli: resti di cibo, cose rubate…Dopo tre ore e mezzo di cammino, Sr. Rachele e John Bosco, sono riusciti a trovare i ribelli ed anche le ragazze, che spaventate e con i vestiti strappati, erano state divise in gruppi di 4-5. Sr. Rachele chiese ed ottenne di parlare con il comandante e quando si era quasi arrivati ad un accordo, il rumore dell’elicottero dell’esercito governativo, aveva costretto tutti a nascondersi nel bosco, a piccoli gruppi.
Avvistati dall’esercito governativo, i fuggitivi erano stati coinvolti in una sparatoria e le ragazze avevano fatto da scudo a Sr. Rachele per proteggerla. Dopo 4 ore di marcia spesso interrotta dagli attacchi, il gruppo era giunto a un nuovo accampamento. Qui Sr. Rachele riprende subito le trattative con il comandante, Mariano. Egli era disposto a liberare 109 ragazze le altre 30 sarebbero rimaste con i ribelli. Di fronte a questa decisione, Sr. Rachele si era inginocchiata supplicandolo e pronta a dare la propria vita in cambio della liberazione di tutte le ragazze. Impossibile, le 30 ragazze dovevano rimanere!
Sr. Rachele, tornata ad Aboke, riunisce i genitori delle ragazze e si inizia subito a cercare tutte le vie possibili per liberare le ragazze. Contatti con le autorità politiche, militari, religiose, ed altre organizzazioni; perfino il Papa inviò un appello ai rapitori. I genitori formarono il “gruppo genitori” per pregare e lavorare insieme per la liberazione delle loro figlie. A loro si unirono altri e insieme hanno dato vita a un’associazione che lavora per la liberazione di tutti i bambini.
Delle 30 ragazze di Aboke rimaste con i ribelli, sette sono riuscite a fuggire, due sono state liberate in Sudan, altre due sono riuscite a fuggire e tornare a casa, il 30 gennaio2003 è tornata Pauline con il suo bambino di 3 anni. Infine il 23 marzo 2004 un’altra ragazza Agata, è tornata a casa.
…..Sono qui per fare causa comune….
….Lungo
la strada abbiamo visto la disperazione della nostra gente, la desolazione, la
paura…avevano bruciato decine e decine di case, rapito altri, e ucciso cinque
persone. Qui già qualcosa cambiò dentro di me, lungo quella strada sono
diventata comboniana, condividere la vita, la sofferenza della nostra gente,
essere lì con loro…
Lì sono diventate vere per me le parole di Gesù: non c’è
amore più grande che dare la vita! ..le ho capite perché per dare la vita, non
sei tu che decidi di darla, ti viene donato.
Abbiamo sempre chiesto di aiutarci a trovare la via della pace
…Tornata
alla missione, iniziarono subito i vari contatti e il nostro pellegrinare,
bussando alle porte del cuore di tanti: il Presidente Museveni e sua moglie, i
militari, i ministri, il cardinale di Kampala, gli anziani del posto,
Con la
forza ottenuta dal Signore abbiamo sempre chiesto di aiutarci a trovare la via
della pace…perché la pace è possibile…e io ringrazio il Signore per
quanto mi ha donato in questa sofferenza. Lui mi ha messo nel cuore il
desiderio del dialogo con tutte le parti, il desiderio di riconciliazione e
perdono, la certezza che nel cuore do ogni persona c’è il seme della bontà, del
bene.
La
"resurrezione" la si vede già in Uganda nell'impegno che da anni
portano avanti i genitori dei bambini/giovani rapiti e dei leaders religiosi
per la pace e la riconciliazione e per la riabilitazione dei bambini-giovani
rapiti, all'impegno di tante persone e grazie anche a tanta solidarietà. C'è
però ancora molto da fare e ci sono ostacoli e per questo è importante pregare.
In
agosto di quest’anno, un gruppo di giovani italiani, accompagnati da una suora
comboniana, Sr. Bruna, hanno visitato la scuola di Aboke. Delle trenta ragazze
rapite, ancora due sono nelle mani dei ribelli. Il numero delle ragazze che
frequentano il St. Mary’s College, è diminuito dopo la notte dell’ottobre 1996.
La scuola è protetta quotidianamente dai soldati dell’esercito governativo
perché i ribelli minacciano ancora una vendetta. I volti di queste ragazze sono
segnati dalla paura, dall’insicurezza, ma..anche dalla speranza, dall’impegno
nel voler continuare a studiare per ricostruire il loro futuro!