Febbraio 2005
NON DIMENTICHIAMO IL
LORO VOLTO
“Di che cosa hai paura?” chiese
Vincenzo Mollica a Fabrizio De André in un’intervista. E lui rispose:
"Sicuramente della morte. Non tanto la mia, che in ogni caso quando
arriverà, se mi darà il tempo di accorgermene, mi farà provare la mia buona
dose di paura, quanto la morte che ci sta intorno, lo scarso attaccamento alla
vita che noto in molti nostri simili (...) Io ho paura di quello che non
capisco, e questo proprio non mi riesce di capirlo". Nel 6° anniversario della
morte di questo grande cantautore (è morto l’11 gennaio 1999), ci piace
ricordarlo, come abbiamo fatto in gennaio con gli amici del nodo di Cesena
della carovana della Pace.
Lo scarso attaccamento alla vita di cui parla
Fabrizio oggi forse si manifesta in maniera forte nella chiusura in se stessi
che sembra caratterizzare la vita di molti. Una chiusura che crea appunto morte
perché è disinteresse, menefreghismo, apatia.
Fortunatamente in mezzo a questa ‘cultura di morte’
(come la definisce il papa) ogni giorno viene seminato il seme della Bella
Notizia di un Dio che non si stanca di credere in noi, nella nostra storia (pur
se martoriata). In una cultura di morte e di chiusura in sé, Gesù ci rinnova il
suo invito: SPEZZATI, CONDIVIDI LA
VITA!!!
E Gesù non solo ce lo dice.
In questo mese di febbraio iniziamo il cammino quaresimale: siamo invitati a
fermarci e contemplare la Croce, per capire sempre di più il mistero di un Dio
morto per noi (Daniele Comboni invita i suoi missionari a trovare in questo
mistero la loro forza). Ma è una contemplazione che ci deve spingere a leggere
la nostra storia e riconoscere ancora oggi, sulle nostre strade, nei nostri
CPT, sui nostri marciapiedi, sui gommoni, nelle carceri lo stesso Dio
oltraggiato, schiacciato e umiliato.
Sta a noi dare una risposta
a questo: nel testo di Giovanni di questo mese (La divisione dei pani, Gv
6,1-15) Gesù
presenta la missione della sua comunità: essere il segno dell’amore generoso
del Padre, garantendo la dignità di tutti, attraverso la condivisione del poco di ciascuno e il
servizio che organizza la
comunità.
p. Roberto, p. Manuel e sr.
Maria
MISSIONE COME ESSERE
SPEZZATI - CONDIVIDERE LA VITA
GIOVANNI 6,1-15
Siamo ancora in Galilea,
lontano dalla città santa. Il Maestro non è solo con i discepoli. Una grande
folla lo seguiva. Questa simpatica sequela non è indice di fede autentica. Le
folle che seguono Gesù per i segni, tra breve si ritroveranno convitati al
prodigio della moltiplicazione dei pani. Per quanto ambiguo possa essere, Gesù
non rifiuta questo approccio iniziale della gente. Intendendo saggiare la
profondità della loro fede, e non volendo rinunciare ad affinarla. Come sarà
per Filippo quando il Maestro, prendendo l’iniziativa per procurare il
nutrimento per la gente, affamata, che lo segue gli chiede: Dove compreremo il
pane perché questi mangino?
Un
denaro era il salario giornaliero dell’operaio. Ma anche con un acquisto di
pane pur rilevante (200 denari) le possibili provviste dei discepoli avrebbero
potuto appena stuzzicare l’appetito dei presenti. Due persone intervengono nei
preparativi del pranzo: Andrea che segnala la presenza di un ragazzino, e
quest’ultimo che mette in comune quel poco che ha: cinque pani e due pesci, con
cui Gesù sfama quasi cinquemila persone, avanzandone dodici cesti!
L’avvenimento è straordinario, ma rispetta l’ordine delle cose: la
moltiplicazione dei pani non si produce da niente, ma dalla modesta
condivisione di ciò che un bambino ha nella sua bisaccia. Lo sforzo umano,
anche se generoso, è sempre insufficiente a saziare, tuttavia la collaborazione
è necessaria, anzi indispensabile. Gesù, che avrebbe potuto cambiare le pietre
in pane senza l’intervento di alcuno, utilizza quel poco che la folla può
offrire per compiere il miracolo. Il Figlio di Dio si interessa ai nostri
problemi, si dà pensiero del bisogno più elementare di chi lo segue: la fame;
però per soccorrerci nelle nostre necessità, per soddisfare i nostri bisogni
vuole la nostra collaborazione.
Gesù
allevia le sofferenze dei poveri e degli indigenti per mezzo dei suoi
discepoli. Quando vent’anni fa arrivai in Uganda, i racconti della carestia e
della fame che cinque anni prima decimarono il Karamoja furono tali da
assicurarmi che ciò che avrei visto in seguito delle infinite povertà dei
Karimojong non avrebbe eguagliato lo scempio del 1980. Nakiru: una vecchia
amica Karimojong ormai nella casa del Padre, fu per anni una testimone vivente
ed entusiasta della spicciola solidarietà e premura di quanti a turno la
adottarono, unica sopravvissuta della comunità del suo villaggio. Senza di
loro, non avrei avuto modo di conoscerla e la mia vita sarebbe senza ombra di
dubbio più povera. Chi vuole essere una benedizione per gli altri, deve portare
a Gesù ciò che possiede. Il Maestro non ci chiede quello che non abbiamo; ma ci
fa vedere che se ciascuno offre quello che ha, può compiere il miracolo della
condivisione, che basta a saziare tutti. È la sfida inevitabile con cui si
misurano quotidianamente i missionari. Sapere di essere così insignificanti da
dubitare che i propri cinque pani e due pesci abbiano un senso, facciano la
differenza nell’oceano infinito dei bisogni umani che conoscono e spesso
sperimentano in prima persona.
Il
segno dei pani mette in evidenza la prodigalità e la pienezza del dono di Gesù,
come a Cana. La mano del Figlio di Dio che ha saziato le folle di allora, non
si è indebolita: può e vuole appagare anche tutta quella fame che è ancora nel
nostro cuore.
Con
questo miracolo impariamo che la generosità di Dio non ha limiti. Essere
ministri di tale generosità, è il segno che ci fa riconoscere come uomini o
donne di Dio. Anche se lo scopo principale del prodigio operato dal Maestro, in
Giovanni, non è lo sfamare le folle ma rivelare chi è davvero Gesù. Gesù: il
Verbo fatto carne, pane per noi, nasce inevitabile una domanda: nel momento in
cui i due terzi dell’umanità muoiono di fame, come cristiani possiamo prendere
parte al banchetto eucaristico senza preoccuparci degli uomini che consumano a
malapena un pasto al giorno?
Al
tempo di Gesù, il popolo invece fraintende la sua funzione profetica
prendendola in senso politico, è colpito dal prodigio. Il malinteso è completo.
Così, quando la gente vuole approfittare dei suoi miracoli per impadronirsi di
lui, il Maestro fugge. Colui che sazia la fame dei poveri non è un ricco, è uno
di loro, come loro. Ogni volta che una persona o un’istituzione pretendono di
manipolare Gesù e di servirsene per i propri fini, egli diventa inafferrabile.
Niente e nessuno sfugge a questo pericolo. Non la creatura per la quale è
sempre attuale la tentazione di voler costruirsi la propria vita e il destino
indipendentemente dal Creatore. Non la società che ritiene di essere l’artefice
unica dei propri successi e delle proprie conquiste. Non coloro che si
emancipano da Dio e vivono come se egli non esistesse. E neppure i credenti
quando con la loro preghiera pretendono di piegare Dio al proprio volere. Nella
passione, nella croce, Gesù mostrerà di che tipo è il suo amore per il Padre e
per ciascuno di noi. Così nulla del dono generoso e prezioso di Dio deve essere
sprecato. Non solo del pane eucaristico, ma anche del dono che noi
rappresentiamo gli uni per gli altri: i figli per i genitori, il fratello per
il fratello, lo sposo per la sposa, l’amico per l’amico. Nulla deve andare
perduto del dono di Dio. Tutto deve essere raccolto perché, attraverso la
condivisione, continui a moltiplicarsi.
Così,
offro anche alla vostra riflessione e preghiera questa pagina di P. Talec.
Se
oggi non viene moltiplicato il pane per tanti uomini che muoiono di fame, non è
perché Dio è venuto meno all’umanità, ma perché l’uomo non è fedele all’uomo,
perché l’uomo non è fedele a se stesso. Invaso dalla furia di vivere, non si
preoccupa di moltiplicare dentro di sé quelle sorgenti interiori che ogni
giorno rinnovano il desiderio di vivere. Sì, Dio ci chiede oggi di moltiplicare
per noi e per gli altri quel pane della vita che ha tutte le forme
dell’esistenza. In questo senso, il pane è senza dubbio qualcosa di più delle
calorie necessarie alla nostra sopravvivenza. Il pane è impastato di Spirito.
Il pane è spirituale. Anche se non si esprimono in questo modo, gli uomini
d’oggi lo sentono confusamente; non per nulla nella lotta per un mondo diverso
non reclamano soltanto pane, ma “pane e rose”. In ultima analisi, il miracolo
della moltiplicazione dei pani ci rivela che il pane è più che pane, e l’uomo è
più grande dell’uomo, e la vita è più bella della vita... Allora vorrei
chiedervi, come lo chiedo a me stesso: nella grande “abbuffata” della vita di
oggi, di che cosa avete fame? Avete soltanto fame? O avete fame d’amore per voi
e per gli altri? Fame di Dio per voi e per gli altri? Fame di felicità per voi
e per gli altri? Perché noi siamo fatti per la felicità, siamo fatti per essere
saziati, ma dobbiamo sapere che la felicità è sempre al di là della felicità.
Non è una meta ma un orizzonte. Lo sentite dentro di voi il desiderio di andare
più lontano? Quel desiderio di “qualcos’altro” che il Cristo ha fatto nascere
nel cuore di tanti uomini e donne, e che un poeta non precisamente cristiano ha
magnificamente espresso a suo modo: “Forse ho fame di cose sconosciute?” (P.
Talec)
Padre
Saverio Paoillo
Padre Saverio Paoillo nasce
a Barletta nel 1962. Dal 1985 al 1989 termina i suoi studi di teologia a S.
Paolo in Brasile; dal 1989 al 1993 lavora a Verona nella redazione del Piccolo
Missionario; dal 1993 è in Brasile e si occupa di minori
La realtà dei ragazzi in Brasile è
molto difficile; non è raro che ragazzi o giovani di meno di 25 anni, senza precedenti criminali,
siano assassinati a bruciapelo da alcuni poliziotti e i loro assassini
continuino il servizio. Le condizioni degli adolescenti rinchiusi nelle carceri
minorili sono pessime. Manca l’acqua. Per bere i ragazzi dipendono dalla buona
volontà delle guardie che passano ogni tanto per fornire acqua in bottiglie di
plastica sporche. Le celle sono scure, senza ventilazione, piene di topi. Ci
sono pochissime attività pedagogiche. I ragazzi passano 22 ore al giorno
rinchiusi nelle celle, senza niente da fare, sottoposti a ogni tipo di
umiliazione da parte di alcuni poliziotti. Solo quest’anno (2004) cinque
ragazzi sono stati uccisi dai loro compagni di cella, una decina di ragazzi
sono stati torturati, ci sono state tre rivolte con ostaggi e numerose fughe.
Casa Lar (Casa
Famiglia) dove i più grandi cominciano a darsi da fare con dei piccoli lavori
per preparare il futuro. Attualmente ci sono 10 ragazzi e ragazze tra gli
undici e i diciotto anni.
Nossa Casa (casa di
accoglienza per i ragazzi di strada), ci sono 12 ragazzi. Alcuni vengono dalla
strada, altri erano coinvolti nello spaccio e consumo di stupefacenti e uno era
minacciato di morte per essere stato testimone di un omicidio, a loro si offre
uno spazio di accoglienza e di riinserimento.
Nella Comunità Terapeutica
“Luca Fossati” c’è un gruppo di otto ragazzi. Alcuni stanno per
terminare il loro processo di recupero. I ragazzi hanno ampliato l’orto e il
pollaio. Tutti i martedì il pulmino porta ai vari progetti un carico di verdure
e uova fresche prodotte dalla comunità. I ragazzi hanno anche piantato mille
metri quadrati di erba per impedire l’erosione di un piccolo dirupo vicino alla
casa e hanno fatto un campetto di calcio. Stanno aspettando che il comune ceda
un trattore per fare un laghetto artificiale per una piccola esperienza di
pescicoltura. Molti ragazzi, nonostante l’appoggio dello psicologo e dello
psichiatra, non riescono a completare la cura abbandonandola prima del tempo.
Nel progetto Cidadão,
il movimento è molto grande. Sono 350 bambini, adolescenti e adulti che
passano, in media, ogni giorno per partecipare di una delle varie attività
proposte come il corso per barbiere e parrucchiera. Le ragazze stanno già
cominciando a tagliare i capelli. È un servizio gratuito che stanno offrendo
alla gente del quartiere soprattutto a chi è povero e non ha i soldi per andare
dal parrucchiere. Anche il corso di informatica è molto richiesto. Oltre al
corso, i computers sono utilizzati per giochi pedagogici per i bambini che
hanno difficoltà a scrivere e leggere. Oltre 100 adolescenti e giovani hanno
completato i corsi di panificazione, taglio e cucito, informatica e
parrucchiere.
Il progetto Legal. Le attività continuano con
successo, soprattutto l’atelier di pittura su tela e sulle tegole. Alcuni
ragazzi sono dei veri artisti. Abbiamo già materiale sufficiente per
organizzare una esposizione di quadri. È cominciato anche il corso di
elettricista con quaranta alunni divisi in due turni. Le iscrizioni sono state
tantissime, ma il numero era chiuso per ragioni logistiche.
p. Saverio: “La nostra
grande sfida è lottare contro la violenza che nasce nel ventre di un mondo dove
prevale la legge del “butta fuori”. L’attuale società brasiliana è sempre più
escludente e segnata da un vero e proprio capovolgimento dei valori. I nostri
progetti rappresentano un piccolo seme che porta in se la forza e la vitalità di
un nuovo progetto di società. Dal nostro sforzo vogliamo che nasca un nuovo
tipo di persona che si trasformi in protagonista della costruzione della
società.”
Per conoscere meglio p.
Saverio: www.giovaniemissione.it/testimoni/missionari.htm