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I nuovi martiri di oggi

Secondo il Global Witness almeno 164 cittadini comuni sono stati fatti fuori l’anno scorso per aver cercato con tutte le loro forze di difendere le loro terre, gli ecosistemi, le popolazioni indigene e preservare le risorse ambientali consumate da una agricoltura intensiva, dalle attività minerarie e dalle industrie inquinanti.

Non si ferma la strage di ambientalisti in America Latina. Nel giro di 48 ore, tra il 5 e il 7 settembre 2019, sono stati uccisi due attivisti impegnati nella difesa della casa comune: il brasiliano Maxciel Pereira dos Santos, che lavorava per l'ente che protegge gli indigeni dell'Amazzonia ed era stato minacciato, e la guatemalteca Diana Isabel Hernández, che coordinava la pastorale del Creato della parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe, nel dipartimento di Suchitepéquez in Guatemala.


E’ proprio vero, oggi, chi si fa promotore del bene comune, soprattutto riguardo alla difesa del creato, non può pensare di passarla liscia, per il semplice fatto che ha deciso di mettersi contro i grandi potentati di turno, i quali perseguono un altro obiettivo, quello dell’arricchimento a tutti i costi!


Secondo il Global Witness, una ONG internazionale nata nel 1993 per fare luce sullo sfruttamento delle risorse naturali che incidono profondamente sulla vita della gente causando conflitti e impoverimento inaudito, più di 3 persone sono state uccise in tutto il mondo ogni settimana nel 2018. Ciò significa che almeno 164 cittadini comuni sono stati fatti fuori l’anno scorso per aver cercato con tutte le loro forze di difendere le loro terre, gli ecosistemi, le popolazioni indigene e preservare le risorse ambientali consumate da una agricoltura intensiva, dalle attività minerarie e dalle industrie inquinanti.
Tra i paesi in cima alla terribile classifica stilata da Global Witness si trovano le Filippine, la Colombia, l’India e il Brasile dove sono stati registrati rispettivamente 30, 24, 23 e 20 omicidi in un solo anno, quello del 2018.

 

Uno dei più grandi massacri del 2018 è avvenuto nelle Filippine, dove uomini armati hanno sparato a nove contadini di canna da zucchero e hanno bruciato le tende sull’isola di Negros, ricercata dai turisti di tutto il mondo. Le vittime includevano tre donne e due adolescenti. Ciò significa che sotto l’attuale regime del presidente Rodrigo Duterte, la situazione non sta certamente migliorando: nel 2017 la sua amministrazione ha annunciato l’intenzione di assegnare 1,6 milioni di ettari di terra a piantagioni industriali, la maggior parte dell’isola di Mindanao.

In Guatemala l’attivista Luis Arturo Marroquin è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel maggio 2018 da due uomini non identificati. Luis era un membro di spicco di un’organizzazione di agricoltori autoctoni dedicata alla promozione dei diritti fondiari e dello sviluppo rurale. Joel Raymundo, del movimento guatemalteco di resistenza pacifica contro la costruzione di dighe idroelettriche in terre indigene, ha dichiarato a Global Witness: “Dicono che siamo terroristi, delinquenti, assassini e che abbiamo gruppi armati qui, ma in realtà ci stanno solo uccidendo”.

In Brasile una delegazione della Commissione interamericana per i diritti umani che si stava incontrando con i leader indigeni nello stato del Pará, secondo quanto riferito, è stata intimidita e minacciata da rappresentanti dell’industria della soia. Almeno otto difensori della terra e dell’ambiente coinvolti in controversie sulla terra e sull’agricoltura sono stati uccisi nel 2018 sempre nel solo stato del Pará. C’è da dire che il nuovo presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha emanato dei decreti allo scopo di cancellare le protezioni nei confronti della foresta amazzonica, e così permettere, più o meno tacitamente, la deforestazione dell’Amazzonia.

 

…l’Amazzonia brucia

E’ di questi giorni la notizia del disastro ambientale che sta occorrendo in quello che è considerato uno dei principali polmoni della terra. Secondo il Centro di ricerca spaziale brasiliano, gli incendi sono aumentati dell’83% rispetto al 2018; solo ad agosto 2019 sono stati registrati 227 incendi al giorno per un totale di 6.145. Lo stesso centro di ricerca afferma che ogni minuto che passa, sin dall’insediamento di Bolsonaro come presidente del Brasile, il mondo perde l’equivalente di un campo da calcio della foresta pluviale più grande del mondo, la quale rappresenta uno dei più solidi bastioni contro il riscaldamento globale.

…la REPAM

Bolsonaro si è sentito in dovere di attaccare la Chiesa che si è messa dalla parte della gente condannando apertamente le politiche ambientali del governo attuale. All’interno della Chiesa si è infatti costituita una grande rete ecclesiale per difendere l'Amazzonia e 30 milioni di persone, tra cui 2 milioni e 800mila indigeni appartenenti a 390 popoli, minacciati dallo sfruttamento selvaggio delle risorse da parte delle multinazionali e dalle grandi opere dei governi, dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici, con gravi rischi per i diritti umani. È la REPAM, la Rete ecclesiale panamazzonica, che ha come obiettivo la tutela dell'Amazzonia, fonte di vita per tutto il mondo, e dei popoli indigeni che vivono al suo interno, considerati ingombranti e un impedimento alla realizzazione di ambiziosi progetti di sviluppo delle grandi transazionali. Michel Roy, segretario generale di Caritas internationalis, ha dichiarato che “è nostra responsabilità spegnere i motori e fermarci. Fermarci dal voler produrre ad ogni costo, dal saccheggiare e distruggere, dallo spogliare i popoli dell'ambiente che permette loro di vivere, con la loro cultura e le loro ricchezze umane”.

…SINODO PER L’AMAZZONIA

 Ecco allora l’importanza del Sinodo; è un “sinodo d’urgenza”, ed è figlio dell’enciclica Laudato si’, quello convocato per ottobre da Papa Francesco, che sarà dedicato all’Amazzonia. La scopo principale, indicato dallo stesso papa Francesco, sarà quello di “individuare nuove strade per l’evangelizzazione in una zona del mondo che vive due principali emergenze: l’emarginazione sociale, economica culturale e religiosa delle popolazioni indigene, e la crisi ecologica di una immensa risorsa del pianeta dove vive una popolazione di circa 34 milioni di abitanti, di cui oltre 3 milioni sono indigeni appartenenti a più di 390 etnie”. Come possiamo constatare, la situazione è terribile, le problematiche ambientali riguardano tutti noi ed è un dovere di tutti proteggere sia il pianeta sia le persone che si battono ogni giorno per difenderlo.

Facciamo allora nostro l’appello di papa Francesco: “Ho voluto venire a visitarvi e ascoltarvi, per stare insieme nel cuore della Chiesa, unirci alle vostre sfide e con voi riaffermare un’opzione sincera per la difesa della vita, per la difesa della terra e per la difesa delle culture”. 

Antonio D’Agostino

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