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Silvia Romano è finalmente stata liberata ed è tornata a casa, a Milano, tra le braccia di mamma, papà e la sorella Giulia. Non scrivo per rispondere a certi disgustosi commenti apparsi sui social e nemmeno per commentare le scandalose prime pagine di alcuni “giornali” che ritengo essere la feccia del giornalismo italiano. Lo faccio perché sono un papà e perché sono un missionario.

Silvia Romano è libera

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Silvia Romano è finalmente stata liberata ed è tornata a casa, a Milano, tra le braccia di mamma, papà e la sorella Giulia. Non scrivo per rispondere a certi disgustosi commenti apparsi sui social e nemmeno per commentare le scandalose prime pagine di alcuni “giornali” che ritengo essere la feccia del giornalismo italiano. Lo faccio perché sono un papà e perché sono un missionario.

Di ragazzi e ragazze come Silvia Romano ne ho accompagnati tantissimi sia durante il loro percorso formativo che al loro primo viaggio in terra missionaria. Ho visto le loro lacrime di gioia ma anche quelle di paura, ho visto realizzarsi i loro sogni che spesso coltivavano già nelle più insospettabili fasi di vita quando dovresti pensare a giocare e a sognare di diventare Del Piero o Totti, c’è chi invece legge i libri di Annalena Tonelli e Alex Zanotelli.

Quando ho appreso la notizia del suo rapimento ho provato un brivido, quando l’ho rivista libera e sorridente sono impazzito di gioia, come fosse una delle “mie” ragazze di Missio Giovani.

Silvia Romano è una giovane come ce ne sono tantissimi altri in Italia, che ha deciso di darsi da fare per costruire un mondo altro, non attraverso bei discorsi sui social (come il mio adesso) ma donando la sua stessa vita, con tutti i rischi che ne conseguono. Come fanno anche i tantissimi missionari e missionarie sparsi per i cinque Continenti.

Silvia Romano è stata rapita, messa in prigionia per 18 lunghi mesi, ripeto, diciotto lunghissimi mesi. Noi abbiamo fatto due mesi chiusi in casa e ci sembra di impazzire, lei ne ha fatti 18, chiusi non in casa propria ma nelle stanze che i suoi aguzzini sceglievano. Dormiva sulle stuoie, piangeva tutte le notti - diceva nell’interrogatorio - si è ammalata con febbre altissima e temeva di morire. Desiderava un’ultima carezza della mamma che però non c’era. Diciotto mesi chiusa in una stanza, senza sapere dove né perché.

Tu cosa avresti fatto? Mentre vomiti violenza sui social, pensa a questo, tu cosa avresti fatto?

Due settimane fa il mondo cattolico si è sentito leso nella propria libertà di culto, chissà se sono gli stessi che oggi ledono, oltraggiano e violentano la libertà di culto di Silvia Romano che ha scelto di abbracciare la fede islamica. Sono fatti privati che non ci riguardano!

Se mio figlio tornasse a casa dopo diciotto mesi di prigionia e mi dicesse di essersi convertito all’Islam non penserei se abbia o no la sindrome di Stoccolma, ma comprerei due tappeti perché anche io possa pregare con lui.

Se mio figlio fosse prigioniero di terroristi supplicherei il mio Stato, la mia Nazione, il mio Governo di pagare qualunque cifra pur di riaverlo, tu no? Tu riusciresti a sacrificarlo perché quelli sono soldi degli italiani che vanno spesi solo per fare strade e luminarie? Io no.

Silvia, noi non ci conosciamo ma io ti sento amica e sorella, non mollare, ti rispetto profondamente e provo solo ad immaginare il dolore di certe ferite invisibili. Spero di incontrarti un giorno, ti abbraccio.


Alex Zappalà

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