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Greta Thumberg al Word Economic Forum di Davos si è pronunciata con toni decisi in merito ai cambiamenti climatici e alla necessità di un'azione che vada oltre ragioni personali dei singoli poteri e Stati. Non c'è più tempo per dibattiti e compromessi economici.

La nostra casa sta bruciando: è ora di prendere posizione

O iniziamo subito a spegnere l’incendio o bruceremo con essa

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“La nostra casa sta bruciando. Vorrei che vi comportaste come se la vostra casa stesse bruciando, perché sta bruciando” ha detto Greta Thunberg al World Economic Forum che si è tenuto a Davos, in Svizzera, a gennaio 2019.

Evidentemente, c’era bisogno che una ragazzina di 16 anni venisse dalla Svezia per pronunciare queste parole, perché nessuno degli adulti lì presenti era in grado di esprimere un’affermazione del genere. Lo scopo di Greta non è creare allarmismo e diffondere il panico, ma rendere le persone consapevoli che la situazione climatica è grave e che non ci si può più sottrarre ad una scelta radicale. Per questo il suo linguaggio è forte: deve essere chiaro che non c’è più tempo per dibattiti e compromessi economici. È il momento di agire. Ora o mai più, prima che sia troppo tardi.

 

È stata proprio questa necessità di agire a spingere Greta ad iniziare da sola lo sciopero da scuola ad agosto 2018, dopo un’estate eccezionalmente calda in Svezia- come in tutta Europa- che aveva causato anche incendi nelle foreste. E così, ogni venerdì la ragazzina ha cominciato a recarsi davanti al Parlamento svedese di Stoccolma, in una protesta silenziosa ma impossibile da non notare, affinché i leader del proprio Paese si impegnassero a rispettare il Trattato di Parigi sul clima.

Il coraggio di Greta è stato ciò di cui la Terra aveva bisogno ed è stato rapidamente contagioso: l’iniziativa “FridaysforFuture” si è diffusa dapprima in Paesi quali Germania, Belgio, Australia, e via via in tutta Europa e in tutto il mondo. Fino ad arrivare allo sciopero internazionale degli studenti per il clima di venerdì 15 marzo 2019, promosso dalla stessa Greta e da altre giovani attiviste che in vari Paesi hanno seguito il suo esempio.

Più di un milione di studenti ha preso parte in più di 2000 proteste in 125 Paesi diversi. È interessante notare che una buona parte di questi ragazzi non ha ancora raggiunto l’età per votare. Non possono esprimersi nella scelta dei leader che decideranno la politica climatica.

Eppure, sono coloro che, verso la fine del ventunesimo secolo, vedranno la Terra sconvolta, se oggi mancherà l’impegno di ogni singolo Paese a contenere il riscaldamento climatico globale entro +1,5 °C: perturbazioni sempre più violente e frequenti, innalzamento del livello dei mari, estinzioni di specie animali e vegetali, due miliardi di persone senza acqua…

E questi ragazzi sono anche coloro la cui salute è danneggiata dall’inquinamento atmosferico ancora prima di nascere, a causa dell’aria inquinata respirata dalle madri durante la gravidanza. Gli scienziati affermano che l’inquinamento prodotto dagli idrocarburi è la minaccia principale per la salute di nove bambini su dieci nel mondo: ad esempio, è correlato a nascite premature e disturbi cognitivi.

Perciò, agli adulti e ai politici che contestano lo sciopero da scuola, Greta risponde: “Perché un/una giovane dovrebbe stare a studiare per il proprio futuro, quando nessuno si sta impegnando per salvare tale futuro? […] Lo sciopero per il clima è la lezione migliore di tutte”.

Proprio il giorno prima dello sciopero internazionale, Greta è stata candidata al premio Nobel per la pace, perché impegnarsi per fermare il surriscaldamento climatico vuol dire evitare l’insorgere di nuovi conflitti ed ingiustizie verso i rifugiati climatici e l’inasprirsi di quelli già presenti.

I vari Paesi del mondo, infatti, non risentono in modo uguale del cambiamento climatico: a farne di più le spese sono le popolazioni già povere e vulnerabili. Dice Greta: “La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare enormi guadagni. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso. […] Che valore ha un futuro in cui centinaia di milioni di persone soffrono? […] Il punto è non solo l’eliminazione delle emissioni inquinanti, ma anche l’uguaglianza: il sistema attuale ci sta facendo fallire, funziona solo per i pochi ricchi. […] Dobbiamo lasciare i combustibili fossili sottoterra e focalizzarci sull’uguaglianza, e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema, significa che dobbiamo cambiarlo. […] Non possiamo più salvare il mondo usando le solite regole, perché le regole devono essere cambiate.”

Greta Thunberg, insomma, ha posto la comunità mondiale di fronte all’evidenza che non c’è alternativa se non fra bianco e nero, fra vita e morte. Non c’è una zona grigia dove nascondersi, un “male minore” che si possa accettare. O si abbandonano i combustibili fossili entro una ventina d’anni e si adotta un sistema economico equo, o si distrugge la Terra e la vita in essa. Non esiste un compromesso che possa mantenere il presente sistema economico-finanziario senza danneggiare permanentemente il pianeta.

I compromessi, i negoziati, il rinviare le decisioni, il “cosa è politicamente meglio fare”, sono tattiche di quella parte di adulti che ha imparato a mediare, a sacrificare i propri sogni di giustizia ed umanità a favore di un sistema egoista e disumano, che brucia la vita per immediati profitti.

I leader politici che sono consapevoli del surriscaldamento globale (perché purtroppo ci sono anche quelli che lo negano nel modo più assurdo) sono spesso troppo invischiati nella rete degli interessi finanziari e faticano a reagire con immediatezza e radicalità.

Ragazzi e ragazze come Greta, invece, non sono confusi da tutti questi giochi di interesse, vedono i fatti nella loro radicalità e sanno indicare la via d’uscita, credendo in essa con tutta la tenacia possibile. Per questo la Terra aveva bisogno del loro grido. Ora tutti gli adulti, tutti noi siamo chiamati a seguirli e prendere posizione.

Ezechiele Ramin (missionario comboniano ucciso in Brasile nel 1985 per il suo impegno a fianco di contadini e indios) diceva: “O ti dai da fare per risolvere il problema, o sei parte del problema”.

La nostra casa sta bruciando: o iniziamo subito a spegnere l’incendio o bruciamo con essa.

 

Valeria Vanzani

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