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Nicaragua

Sos Nicaragua: 19 aprile

Lo scorso 18 e 19 aprile, in seguito alla riforma del sistema di scurezza sociale da parte del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nicaraguense per la Sicurezza Sociale, ratificata poi dal presidente Ortega, migliaia di persone hanno manifestato in segno di protesta

A 39 anni dalla rivoluzione sandinista…

[Premessa: nella prima parte scrivo con caratteri più piccoli la maggior parte dei discorsi riguardanti le celebrazioni dei 39 anni dalla rivoluzione sandinista; consiglio a chi non conosce ancora il tema, se trovasse noiosa questa parte, di guardare le parole e le frasi messe in evidenza e sottolineate, passando poi alla seconda parte, dove piano piano viene spiegata qual è la situazione in Nicaragua oggi e come si è arrivati a questo stato di repressione.

Inoltre i discorsi riportati di seguito sono tradotti dallo spagnolo, per ascoltare quelli originali vi invito a recuperare il video della celebrazione, anche dalla bibliografia].

Lo scorso 19 luglio molte emittenti televisive nicaraguensi hanno trasmesso la cerimonia per i 39 anni della rivoluzione sandinista del 1979. In sovra impressione scorreva questo titolo:

“Centinaia di migliaia di nicaraguensi celebrano il 39/19”.

Qui vi lascio la prima domanda: su una popolazione di oltre 6 milioni di abitanti, centinaia di migliaia può essere definito come “la maggioranza”?

Quel giorno Plaza de la Fe a Managua ha visto sfilare un fiume di bandiere bianco e azzurre del Nicaragua e nere e rosse del FSLN.

Gli altoparlanti trasmettevano alcune canzoni con testi molto propagandistici, come: “Daniel Daniel, el pueblo està con el” oppure “Pace e amore per il Nicaragua”.

Molti partecipanti, soprattutto quelli sugli spalti, indossavano magliette con varie scritte; tra queste si notava bene: “per la pace”.

Il discorso introduttivo, i convenevoli e le presentazioni dei partecipanti a questo spettacolo televisivo – se guardate la diretta integrale vi sembrerà di essere a “Domenica in”, solo con un contesto tragico dietro a tutto quello che appare lì sul palco e sullo schermo – sono tenuti dal vicepresidente e moglie del presidente Ortega: Rosario Murillo.

La vice premier e first lady esordisce con: «Fratelli del nostro Nicaragua, un Nicaragua unito e sempre più unito […]», fa riferimento alla rivoluzione, a chi è morto in quegli anni, alle ferite rimaste nelle famiglie, parla di proposte di riconciliazione cristiane, della necessità di dover restaurare la pace, la sicurezza, il lavoro e la vita.

Vi interrompo di nuovo. Ricordatevi bene il Nicaragua unito e sempre più unito, le proposte di riconciliazione cristiane, e provate a pensare dove avete sentito un discorso che parlava di restaurare la pace, la sicurezza, il lavoro […]; sono cose che ci serviranno più avanti.

Dopo questa introduzione la vice premier saluta i rappresentati delle altre nazioni: Venezuela, Repubblica Popolare di Corea (modello a cui ispirarsi, per la libertà di pensiero ed espressione, no?), una delegazione di «leader religiosi di distinta denominazione» (sono d.o.c.g., ma non dice di quali religioni) e un rappresentante «della Cuba di Fidel, viva Fidel!». Questa captatio benevolentiae verso il defunto Líder Máximo fa guadagnare alla first lady l’esultanza della folla, ma lui sarà stato d’accordo?

Poi è il momento di presentare il marito, il «valoroso ed eroico combattente della rivoluzione popolare sandinista, così come lo è la gioventù nicaraguense: Gioventù sandinista “19 luglio”», e, con lui, saluta e ricorda gli altri comandanti e generali.

Bene, è l’ora di arrivare alla conclusione di questa prima parte, ricordando che «l’amore, unito al lavoro, è l’insegna trionfale di questo Nicaragua generoso e vittorioso», proclamando «che ci sarà giustizia, perché Dio è giusto», per questo è importante «tenere vive le tradizioni cristiane». Il «Nicaragua vuole pace».

La parola passa ai rappresentanti delle altre nazioni.

Non vi riporto le parole di Jorge Arreaza (Venezuela) per non essere ripetitivo con i concetti che ciascun personaggio, ciascuna comparsa esprime alla folla e ai telespettatori, resta comunque importante la presenza di questo cancelliere per i rapporti commerciali tra i due Paesi, Nicaragua e Venezuela. Non è possibile fare un parallelo tra i due Stati, perché sono due realtà distinte. Mi sembra però giusto ricordare che negli ultimi mesi il governo venezuelano ha adottato politiche repressive contro i propri dissidenti. [1]

Dopo aver ascoltato le parole del cancelliere cubano Bruno Rodriguez Parrilla ho pensato questo: le parole che usa sarebbero potute andar bene a Santiago de Chile nel settembre del 1973, non a Managua nel luglio del 2018, dopo tutto quanto accaduto i tre mesi precedenti. Perché allora il governo cubano si compromette così tanto col governo Nicaraguense?

«Siamo venuti a confermare, a Managua, la costante solidarietà di Cuba, in un momento difficile in cui il popolo e il governo nicaraguense assieme al FSLN lottano contro il colpo di stato, la violenza, il terrorismo e l’ingerenza straniera», dopodiché il cancelliere Parrilla si lancia contro le politiche imperialiste, oligarchiche e neoliberiste.

Qui finisce lo spazio dedicato agli ospiti. Prima di far entrare la star della giornata, dal palco si ricordano alcuni morti, ma non si ricordano gli oltre 300 assassinati nelle proteste avvenute dal mese di aprile al mese di luglio e quanti la notte prima o durante quel giorno venivano uccisi a Masaya, nel barrio (quartiere) di Monimbò, mentre centinaia di migliaia di persone erano distratte dalle celebrazioni (tornerò a parlare di questo barrio più avanti – cfr. nota [16]).

 

Il discorso di Daniel Ortega

Io faccio il male, e sono io il primo

a deprecarlo e sbraitar per esso:

carico il peso di tutti i misfatti

da me segretamente consumati

sulle spalle degli altri.

[...] E quelli se la bevono,

e mi spronano a far la mia vendetta

[...] al che io tiro fuori un gran sospiro,

e, appellandomi alle Scritture,

ricordo loro il divino precetto

che insegna a ripagar con bene il male.

Vesto così la mia nuda perfidia

con vecchi stracci carpiti a casaccio

dai sacri testi; e mostro d’esser pio

quanto più mi comporto da demonio.

(W. Shakespeare, Richard III, Atto I Scena III)

Il presidente ricorda momenti della guerra civile di 40 anni fa, ricorda gli eroi della rivoluzione. Poi decora con una medaglia e fa parlare la madre di un poliziotto caduto negli scontri, fomentando odio e rabbia nella folla.

Parla delle sue forze dell’ordine, che negli ultimi mesi hanno combattuto contro «una rivolta armata finanziata da forze interne che tutti conosciamo e da forze esterne che abbiamo identificato completamente», dove i rivoltosi «si trasformano in strumenti della politica contro il popolo, contro i contadini, contro i giovani».

Durante il suo discorso tiene sempre un tono calmo, drammatico, quasi fatalista.

Ricorda gli 11 anni del suo governo, segnati da una crescita economica e dal miglioramento dei servizi (salute, infrastrutture…) verso la popolazione.

Tira di nuovo fuori la questione della Riserva Indio Maíz – incendio gestito male dal governo – cercando di scrollarsi di dosso le accuse di aver sottovalutato la gravità di quell’incendio.

Accusa i “rivoltosi” di aver usato l’università come centro di tortura per assassinare, di aver incendiato abitazioni e attività commerciali, di aver pagato molti ragazzi di strada per mandarli negli scontri contro la polizia in assetto antisommossa, di essere la causa della morte di molti giovani nel paese.

Afferma di aver agito con pazienza, di aver accettato le proposte di dialogo, di aver voluto ascoltare quanto avevano da dire le altre parti sedute al tavolo per il dialogo in Nicaragua. E disegna i suoi oppositori come figure senza un nome, senza volto, le quali, arrivate al tavolo per il dialogo «hanno tirato fuori le unghie, hanno calato la maschera» e hanno detto «te ne devi andare, ora».

E il modo in cui lo dice, lo ripete… piace alla folla, che reagisce, fischia, mostra il suo dissenso corale, inizia a gridare: «Giustizia!».

«Lo hanno detto, era logico che lo avrebbero detto e lo hanno detto carichi di odio». Ortega continua a dare queste pennellate scure su quel popolo che non è d’accordo con lui, lo rende ancora più bestiale, più grottesco agli occhi dei suoi sostenitori.

I suoi movimenti, che simulano e ridicolizzano i gesti compiuti da chi si opponeva a lui, poi imitano tutti gli incaricati di questa mediazione, compresa la conferenza episcopale nicaraguense: «Hanno tirato fuori il libretto e hanno detto: “Devi cambiare ora [dando alcuni giorni di scadenza] il potere giudiziario, il potere elettorale, la controlleria […] e rassegnare le dimissioni da presidente”».

Nell’ultima affermazione accentua quanto sta dicendo per far sembrare prepotenti i mediatori del Dialogo en Nicaragua e lui, un povero abusato.

Dopo continua questa sua opera cercando di dipingersi trasparente davanti alla folla, mostrandosi sorpreso che perfino i mediatori avanzassero le stesse richieste dei suoi oppositori: «Ah, allora ho detto loro: “Voi siete coinvolti con i golpisti”. Erano parte del piano assieme ai golpisti!».

Questa parte tra il racconto del tavolo per il dialogo e l’affermazione: «Erano parte del piano!» contiene una pausa (guardate il video, imparate che tempo dare al discorso, che tempo lasciare al pubblico per reagire – certo, pur sempre un pubblico ammaestrato). Infatti in quel momento la folla ha iniziato a gridare: «Golpisti!».

Allora il dittatore deve calmarla di nuovo, e torna a parlare di sé, del modo in cui, tranquillamente, con pazienza ha preso questi documenti, quasi abbattuto e dispiaciuto che molti rappresentati del popolo gli avessero voltato le spalle. E la folla qui è più silenziosa, “lui sì che è buono”, pende dalle sue labbra.

Sono abbastanza calmi? Vanno accesi di nuovo: «Il dialogo si crea quando c’è un accordo tra le due parti. Ma loro mi hanno consegnato un ultimatum! Non mi aspettavo un consenso… però sono semplicemente apparsi con un ultimatum».

 

(Ultimatum, ultimatum… ripetiamola questa parola, così la folla la impara, capisce che sono buono, capisce che i cattivi sono gli altri, quelli che non vogliono nemmeno dialogare, arrivano comandandomi e consegnandomi un – ripetiamo assieme – ULTIMATUM).

«Io, semplicemente, ho letto la nota (contenente le richieste avanzate dalla conferenza episcopale nicaraguense), ho ascoltato, mi sono sorpreso, mi ha fatto male…»

(Bene, ora io sono buono, i miei oppositori sono delle bestie. So che li devo eliminare: è ora di dare loro un volto).

«…mi ha fatto male [aver scoperto] che i vescovi fossero dei golpisti».

(Golpisti, golpisti, golpisti, golpisti, golpisti, golpisti, golpisti… ormai non si sa quante volte è stata detta, ma alla folla piace e ogni volta che la sente esplode).

«E in quello stesso momento [i vescovi] si sono screditati come mediatori, come testimoni».

«Speravo di poter trovare un accordo, ma… ogni giorno di dialogo chiedevo che fossero rimosse le barricate, ma… a loro questa richiesta non piaceva.

Io speravo che anche il signor cardinale volesse collaborare… però no. Molte chiese sono state usate come caserme, per nascondere armi, per nascondere bombe e, da lì, uscire per attaccare e assassinare […].

Dicono che le proteste sono condotte in modo pacifico, e allora chi ha ucciso […]?» [qui dice il nome di molti agenti uccisi durante gli scontri e dopo ogni nome la folla grida: «Giustizia!»; poi cita molti casi di persone uccise e accusa i rivoltosi di questi atti efferati, afferma che le richieste di riportare la polizia nelle caserme vengono avanzate per lasciare liberi di agire i golpisti, per colpire meglio le forze dell’ordine].

Verso la fine del discorso cerca di farsi “profeta” e si rivolge alla folla ricordando – a modo suo – quella parola che insegna a ripagar con bene il male: «Devi combattere per la pace senza odio, devi combattere per la pace rafforzando i meccanismi di autodifesa perché non venga più assassinata la famiglia sandinista e non siano mai più incendiate le case dei sandinisti».

Nei discorsi di conclusione Ortega invita a “esorcizzare” i vescovi, perché smettano di sostenere forze sataniste che uccidono la popolazione; sostiene che le decisioni in materia di politica devono essere prese in Nicaragua, non a Washington.

Continua a ricordare l’importanza della riconciliazione e ad affermare: «Non saremo mai noi i seminatori di odio, anche contro questi che hanno fatto tanto del male al popolo […]. Vogliamo seminatori di pace, non seminatori della morte».

Riprendiamo alcune parti della celebrazione:

Nei discorsi pronunciati dalla vice premier e dal presidente si parla di proposte di riconciliazione cristiane, amore (come «insegna trionfale di un Nicaragua generoso e vittorioso»), giustizia («ci sarà giustizia, perché Dio è giusto»), tradizioni cristiane, pace («Devi combattere per la pace senza odio, devi combattere per la pace rafforzando i meccanismi di autodifesa»).

Sono tutti dei bei concetti. Però, appunto, sono solo dei concetti.

O forse no. Forse qualcosa di reale c’è dietro a queste parole, specialmente dietro a “pace”: l’attuale governo sta cercando di riportare la pace e l’unità nel Paese. Ma di che tipo di pace si tratta?

Pax romana e pax Christi

La provvidenza che divinamente dispone della nostra vita […] a noi ha concesso il dono della pace, poiché questo Cesare ha superato la speranza portata dai suoi predecessori, il suo Vangelo ha superato tutti gli altri. (Iscrizione di Priene, Asia Minore, 9 a.C.). [2]

È importante domandarsi se questo governo familiare stia proponendo una pace secondo quei valori cristiani, ai quali spesso fa riferimento, disposto a soffrire e a perdere la propria tranquillità per garantire il benessere degli altri [3], oppure se le politiche adottate negli ultimi mesi (ma anche negli ultimi anni) ci riportano sullo scenario dello “spirito di accumulazione e di omicidio […]” di un sistema caratterizzato da strutture di oppressione e di esclusione sociale che si sta mantenendo in piedi grazie alla schiavitù, alla guerra, alla repressione violenta [4].

Se così fosse, tutti quelli che sembravano dei bei concetti non si caricherebbero di un significato diverso?

Le proposte di riconciliazione cristiane non sarebbero un invito a chinare il capo di fronte al potere familiare degli Ortega?

L’amore e la giustizia non si svuoterebbero del loro significato vero, diventando solo una brama di possesso e l’esercizio del potere giudiziario contro i più deboli?

Le tradizioni cristiane non diventerebbero solo una serie di riti vuoti e concetti disincarnati?

Ed infine, la pace, non sarebbe una situazione di stasi imposta con le armi?

Qual è, allora, la realtà che sta vivendo il Nicaragua oggi?

Ve la voglio far conoscere a partire da questo episodio:

Il giorno dell’indipendenza del popolo

Ed ecco, un cattolico nicaraguense si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Quell'uomo gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».

Ma il cattolico nicaraguense, volendo giustificarsi, disse: «E chi è mio prossimo?».

Per rispondergli, quell'uomo riprese: «Un giorno un uomo scendeva per la Carretera a Masaya da Managua a Monimbò, e lo assaltarono dei ladroni che gli rubarono tutto, perfino i vestiti; lo picchiarono a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto, a un lato della strada.

Per caso un militare passava per quella medesima strada, però, al vederlo, gli passò alla larga, perché andava di fretta alla parata per celebrare l’indipendenza del popolo. [5]

Anche un politico arrivò in quel luogo e, quando lo vide, passò oltre, perché andava in tutta fretta a proclamare un discorso nella festa dell’indipendenza del popolo. Allo stesso modo passò un proprietario terriero della regione, con la sua pistola alla cintura, e non si poté trattenere perché la scuola della sua tenuta andava a celebrare l’indipendenza del popolo.

Anche un grande imprenditore e la sua famiglia passarono velocemente nella loro macchina e non si fermarono nemmeno perché erano stati invitati a un festino per l’indipendenza del popolo.

Però un uomo, che nella regione chiamavano “sovversivo”, “giovane senza coscienza e senza valori”, passò per caso da quel luogo della Carretera a Masaya, lo vide e ne ebbe compassione. Allora si avvicinò a lui, gli curò le ferite come meglio poté e lo fasciò con bende. Dopo lo fece salire nella propria auto, lo portò in una locanda e lì si prese cura di lui.

Il giorno seguente, quando l’uomo che chiamavano “sovversivo”, “giovane senza coscienza e senza valori” se ne stava andando, tirò fuori alcuni denari e li dette al proprietario della locanda e gli disse: “Abbi cura di quest’uomo e ciò che spenderai in più te lo pagherò io quando tornerò”.

Ebbene, quale di questi personaggi ti sembra sia stato il prossimo dell’uomo che fu assaltato dai ladroni?».

Il cattolico nicaraguense disse: “L’uomo che ha avuto compassione di lui”. Allora quell’uomo gli disse: «Va’ e fa’ anche tu lo stesso».

Nel giorno dell’indipendenza del popolo, tutti i personaggi vanno di fretta per la strada, però, di che popolo si tratta? Il popolo è stato lasciato tutto indietro, steso a terra nel suo cammino, moribondo e senza voce. Smettiamo di parlare tanto di popolo e dimostriamo realmente, coi fatti, che amiamo Dio e il popolo; già questo è avere fede in Dio e nella sua immagine, le donne e gli uomini. [6]

Già negli ultimi dieci anni gli Ortega hanno imposto una dittatura istituzionale, un regime Stato-Partito-Famiglia che concentra tutti i poteri dello Stato, inclusi l'Esercito e la Polizia, promette ordine sociale, combinando stabilità economica, repressione selettiva e cooptazione sociale. Il controllo assoluto del potere, che divide solo con sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, ha permesso loro di soffocare i ricorsi politici per frodi elettorali e le proteste dei contadini di fronte al fallito megaprogetto del canale interoceanico. [7]

Lo scorso 18 e 19 aprile, in seguito alla riforma del sistema di scurezza sociale da parte del Consiglio Direttivo dell’Istituto Nicaraguense per la Sicurezza Sociale, ratificata poi dal presidente Ortega, migliaia di persone hanno manifestato in segno di protesta a Managua e in altre città del Paese, come Bluefields, León, Estelí, Ciudad Sandino e Masaya. [8]

A partire da quei giorni Il popolo nicaraguense è stato lasciato tutto indietro, steso a terra nel suo cammino, moribondo.

A partire da quei giorni è stata adottata una politica repressiva su scala nazionale che prevede [9]:

Discorsi ufficiali negazionisti, che mirano a omettere o negare i fatti reali, creano realtà alternative da far passare come ufficiali (potremmo chiamarle fake news) e stigmatizzano i protestanti.

Uso di forze paramilitari (spesso agiscono in borghese) per incitare alla violenza, aumentare l’effetto della repressione governativa e operare al limite della legge. Queste strategie seminano il terrore nella popolazione e rendono difficile l’identificazione dei reali attaccanti (pertanto si facilita la creazione di fake news e di calunnie contro i manifestanti).

Uso eccessivo della forza: si spara ad altezza d’uomo, in molti casi si cerca di colpire parti vitali, si tortura dopo l’arresto.

Esecuzioni extragiudiziarie.

Irregolarità nelle investigazioni.

Si nega il soccorso medico.

Tentativo di controllare la stampa.

A partire da quei giorni la Chiesa nicaraguense ha deciso di aprire le porte delle chiese affinché i manifestanti si potessero rifugiare, ha trasformato le navate e i banchi in ospedali da campo, e non solo in senso figurato.

Per questo è stata ed è perseguitata e i cristiani nicaraguensi sono accusati di essere «golpisti».

Annunciare e denunciare

«La Chiesa non può stare zitta davanti a tanta miseria perché tradirebbe il Vangelo e sarebbe complice di coloro che calpestano i diritti umani. È questa la causa della persecuzione della Chiesa: la sua fedeltà al Vangelo»

(San Romero de América)

Il passo successivo ad aprire le chiese è stato quello di proporsi come mediatrice e testimone al Dialogo en Nicaragua, una specie di tavola per parlare “alla pari”, dove le varie rappresentanze (studenti, governo, conferenza episcopale...) hanno partecipato nel mese di maggio.

Durante questi momenti di dialogo e confronto, il presidente Ortega e i rappresentanti del governo hanno riproposto la linea negazionista, chiamando “minuscoli” i manifestanti e accusandoli di attentare “contro la pace e lo sviluppo con interessi e un'agenda politica egoista, tossica, [e] piena di odio [...]". [10]

Lo stesso presidente ha chiamato gli studenti che avevano manifestato a partire dal 18 aprile «giovani senza coscienza e senza valori», sostenendo che i veri rivoluzionari non agiscono come hanno agito loro, compiendo azioni teppiste e violente. [11]

[Qui ricordatevi i 7 metodi della politica repressiva che abbiamo visto prima].

Nel suo ruolo di testimone e di mediatrice, la Conferenza Episcopale del Nicaragua (CEN) non ha potuto ignorare la realtà che sta vivendo il popolo nicaraguense e, con l’intervento del segretario Mons. Juan Abelardo Mata, ha voluto mettere in chiaro alcuni punti [12]:

Questa è una rivoluzione (Mons. Mata ha cominciato a parlare dandone la definizione giuridica); non è una rivoluzione armata, non c’è esercito contro esercito, ma è pur sempre una rivoluzione.

Di conseguenza gli studenti non sono «giovani senza coscienza e senza valori», ma rivoluzionari che, disarmati, cercano di cambiare la riforma ingiusta alla sicurezza sociale, vogliono le dimissioni del governo, e chiedono il rientro nelle proprie caserme della polizia e dei corpi paramilitari.

Nello stesso intervento il Segretario della CEN avanza tre richieste al governo Otrega-Murillo:

l'esigenza di ritirare la polizia nelle caserme (unendosi alla voce degli studenti – [13]);

l’esigenza di lasciare agire gli organismi internazionali (come la Commissione interamericana dei diritti umani e l’Organizzazione degli Stati americani);

la richiesta, fatta al presidente, di ripensare col suo gabinetto i cammini che ha percorso, di voler dimostrare che la rivoluzione non si fa a forza di pressioni, né di pallottole di gomma o di piombo, né con forze paramilitari.

Quella che può sembrare una perdita di imparzialità nell’avanzare richieste in accordo alla rappresentanza studentesca, in realtà è un’esigenza spinta da una realtà di totale negazione dei diritti umani. Del resto come si diventa Chiesa dei poveri, come si formula un’opzione preferenziale per i poveri se li si abbandona al loro stato o se non si contribuisce alla loro lotta per la giustizia e la liberazione, quando questa è già stata intrapresa? [14]

Il popolo nicaraguense è impegnato in questa lotta, che non è per forza una lotta violenta né una lotta di classe [15], né, in generale, una lotta per la conquista del potere.

La Chiesa del Nicaragua si è fatta prossima a questo popolo, lasciato indietro, colpito da proiettili, incarcerato e torturato.

Vedere prima la popolazione protestare contro una riforma mirata ad accrescere il proprio potere e la propria influenza sullo Stato, poi la CEN schierarsi con questa popolazione ha fatto “scoppiare” Ortega e i componenti della sua dittatura familiare. Come abbiamo visto all’inizio, tutto il discorso del 19 luglio gira attorno a due cardini: proporre valori che ricordino la rivoluzione di quaranta anni fa – ma che in realtà la tradiscono – e distruggere i propri oppositori attraverso quei discorsi ufficiali negazionisti. Tutto questo mantenendo quel tono calmo, drammatico e quasi fatalista.

Ora che abbiamo un quadro più ampio sulla situazione ritorniamo su quelle parole chiave messe in evidenza all’inizio. Parlare di proposte di riconciliazione cristiane, alla luce della repressione in corso (anche nei giorni precedenti alle celebrazioni i massacri dei paramilitari sono continuati, specialmente nel quartiere di Monimbò, Masaya, tanto che si è tornati a parlare dell’Operación Limpieza [16]), ha una conseguenza pratica: quella di dare origine a un’immagine di Cristo dalla quale esulano la conflittualità reale della storia e la presa di posizione di Gesù davanti ad essa, favorendo così ideologie immobiliste o pacifiste a oltranza e l’appoggio a tutto quello che sia «legge e ordine». [17] Quando invece questo Cristo e questa fede sono anche conflittuali. Gesù è a favore di alcuni, gli oppressi, e contro altri, gli oppressori.” [18] Dire di volere la pace senza accettare la denuncia profetica della Chiesa nicaraguense e, in più, accusare questa di sostenere forze sataniste che uccidono la popolazione e aggredirla, anche fisicamente, ci fa capire bene di quale significato si caricano tutte quelle “belle parole” pronunciate dalla famiglia Ortega durante la festa nazionale del 1 luglio.

Allora capiamo che è necessario portare avanti questa denuncia profetica lì in Nicaragua, per amore del popolo nicaraguense.

Concludo questa parte con le parole del vescovo Silvio José Baez pronunciate durante l’omelia di domenica 22 luglio 2018: «Non è possibile criminalizzare il popolo perché esercita il suo diritto a protestare e quindi trattarlo come terrorista. Non si può imporre un apparente ordine sociale a forza di pallottole, intimidazioni o processi giudiziari ingiusti». [19]

Cosa possiamo fare?

È anche altrettanto necessario mantenerci informati su quello che accade dall’altra parte del mondo, domandarsi perché dei giovani studenti – come potrebbero essere molti di voi – vengono chiamati minuscoli, poi vandali, in seguito, golpisti e ora terroristi [20]. È importante chiedersi se questo viene fatto anche nel proprio paese e fare discernimento su come, in circostanze simili, essere annunciatori del Regno.

I nfine, vi voglio salutare ricordandovi queste parole di un profeta e santo del Cento America:

«[...] Vorrei fare un appello speciale agli uomini dell'esercito, e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della polizia, delle caserme. Fratelli, siete del nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli campesinos! E davanti a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice: non uccidere! Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine che va contro la legge di Dio. Una legge immorale nessuno è tenuto ad osservarla. Ora è tempo che recuperiate la vostra coscienza e obbediate prima alla vostra coscienza che all'ordine del peccato. La Chiesa, che difende i diritti di Dio, della Legge di Dio, della dignità umana, della persona, non può restare silenziosa davanti a tanta abominazione. Vogliamo che il Governo prenda sul serio che non servono a niente le riforme, se vanno mantenute con tanto sangue. In nome di Dio, dunque, e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono fino al cielo ogni giorno più tumultuosi, vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!»

(Mons. Oscar Romero, Omelia del 23 marzo 1980)

Francesco

PS

Non vi ho riportato nessuna “cifra”. Da quando avevo iniziato a scrivere questo articolo fino ad ora il bilancio delle vittime è passato da 5 a oltre 300 morti, senza contare i feriti e gli incarcerati. Questi dati sono monitorati anche dal Centro Nicaragüense de Derechos humanos (CENIDH) [21]. Vi invito a sfogliare tra i riferimenti della bibliografia per informazioni più dettagliate.

[1] https://www.amnesty.org/en/latest/news/2017/10/venezuela-allanamientos-ilegales-en-aumento-mientras-la-represion-llega-a-hogares/

[2] cfr. Alberto Degan, Il comportamento bello – Dentro l’impero lottando per la pace – Prassi delle prime comunità cristiane, EMI, p. 5.

[3] ivi, p. 7.

[4] ibid.

[5] Il giorno dell’indipendenza di molti Paesi del Centro America si celebra il 15 settembre; in Nicaragua si celebra anche la Rivoluzione Sandinista il 19 luglio.

[6] cfr. ACSI, Rutilio Grande, Homilía, el día de la independencia. Aguilares, 16 de septiembre de 1973. – Ho voluto riprendere questa omelia e attualizzarla.

[7] https://elpais.com/elpais/2018/04/20/opinion/1524245979_292880.html

[8] https://www.cenidh.org/media/documents/docfile/AMR4384702018SPANISH.PDF , p. 6.

[9] ivi, pp. 31, 32.

[10] ivi, p. 9.

[11] Dialogo en Nicaragua, intervento di Daniel Ortega (16 maggio): https://www.youtube.com/watch?v=jF9WGo1HZT0

[12] Dialogo en Nicaragua, intervento di Mons. Juan Abelardo Mata, Presidente della Conferenza Episcopale del Nicaragua (16 maggio): https://www.youtube.com/watch?v=J3F3-mLOXbE

[13] Dialogo en Nicaragua, intervento di Lesther Alemán, in rappresentanza agli studenti universitari (23 maggio): https://www.youtube.com/watch?v=o3AgUH4-B7o

[14] Ignacio Ellacuría, Conversione della Chiesa al Regno di Dio – Per annunciarlo e realizzarlo nella storia, Queriniana, 1992, p. 90.

[15] ibid.

[16] 15 luglio 2018 https://www.lanacion.com.ar/2153290-fue-la-noche-mas-terrible-de-mi-vida

17 luglio 2018 https://www.cope.es/noticias/entrevistas-reportajes/grito-auxilio-sacerdote-nicaraguense-nos-dejen-morir_240211

20 luglio 2018 https://elpais.com/internacional/2018/07/18/america/1531938710_136696.html

[17] Jon Sobrino, Gesù Cristo liberatore – lettura storico-teologica di Gesù di Nazareth, cittadella editrice, 1995, pp. 34, 35.

[18] ivi, p. 28.

[19] https://twitter.com/silviojbaez

[20] http://www.lacaciabogados.com/ortega-celebra-revolucion-defensiva/

[21] https://www.cenidh.org

https://www.cenidh.org/noticias/1082/

Fotografia di copertina di Annaelena: Cappilla “Jesucristo liberador”, UCA, San Salvador, El Salvador;

Fotografia di Marco: murales con Oscar Romero, 2s Avenida Sur, San Salvador, El Salvador.

Riferimenti ai video:

I. Celebrazioni del 19 luglio: https://www.youtube.com/watch?v=SWBmQHBYWE4

Altri articoli utilizzati (in ordine cronologico):

21 giugno 2018: http://www.laprensa.hn/mundo/1190274-410/obispos-instalan-masaya-evitar-masacre-nicaragua-daniel-ortega

1 luglio 2018: https://elpais.com/internacional/2018/07/01/america/1530403492_593405.html

18 luglio 2018: http://www.combonifem.it/index.php/k2/archivio-newsletters/item/883-voci-di-verita

http://www.varesenews.it/2018/07/lorganizzazione-degli-stati-americani-condanna-ortega-la-repressione-nicaragua/736725/

21 luglio 2018 http://mundonuestro.mx/index.php/autores/item/1536-para-el-dialogo-en-nicaragua-primero-cesar-la-matanza-leonaardo-boff

23 luglio 2018: https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2018-07/nicaragua-chiesa-crisi-persecuzione-conferenza-episcopale.html

https://www.vaticannews.va/it/podcast/le-nostre-interviste/intervista-silvia-valduga-associazione-nicaragua.html#play

Altri articoli studiati:

https://www.laprensa.com.ni/2018/07/22/nacionales/2451060-claves-para-entender-la-crisis-en-nicaragua

https://www.laprensa.com.ni/2018/07/19/politica/2450156-terroristas-mediocres-delincuentes-las-frases-de-rosario-murillo-en-contra-de-los-manifestantes-en-nicaragua

https://www.laprensa.com.ni/2018/07/19/politica/2450855-daniel-ortega-acusa-de-golpistas-a-los-obispos-nicaraguenses-en-su-discurso-del-19-de-julio

https://www.laprensa.com.ni/2018/07/18/departamentales/2450421-monimbo-entierra-a-sus-caidos-mientras-paramilitares-toman-control-de-masaya

Articoli di Adista:

Ernesto Cardenal, Giustizia per le vittime di Ortega e Murillo, Adista, 14 luglio 2018, p. 15.

Eletta Cucuzza, Nicaragua, un paese in bilico, sul filo del dialogo, Adista, 14 luglio 2018, p. 13.

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