L'essenziale è invisibile agli occhi
Lettera agli amici da Parigi di Filippo
Parigi, 22 novembre 2009
Lettera agli amici
L'essenziale è invisibile agli occhi
Antoine de Saint Exupery
Carissimi amici e amiche,
un forte e affettuoso abbraccio a tutti! Non vi ho dimenticato anzi, siete sempre presenti, anche e soprattutto nel silenzio, nel tempo che passa, nella passione missionaria, nelle gioie, speranze e nei dolori che accompagnano le nostre strade... come dice il Piccolo Principe che mi sono riletto in questo tempo in francese “L'essenziale è invisibile agli occhi” e noi ci incontriamo sempre, basta volerlo... per chi crede nel Dio di Gesù nell'Eucarestia e nella preghiera, per chi crede altro, nell'impegno e nella passione costante per la giustizia. Sentiamoci uniti, mai soli. Andiamo insieme all'essenziale anche senza vederci o per forza doverci incontrare perché “non si vede bene che con il cuore”.
Ormai ci siamo... sabato prossimo, il 28 novembre, parto per il Ciad qui da Parigi. Proprio oggi pensavo: “Adesso che comincio ad avere amici, a muovermi con più sicurezza per Parigi, a conoscere iniziative, conferenze, etc, devo partire!”. E' la vita missionaria, sempre precari, mai installati. Duro? Sì, ma si tratta di rinascere sempre. E' come dice il mio amico Jacques (un po' più avanti scoprirete chi è), “è più facile nascere che rinascere”.
Ho atteso tanto questo momento, quello di ripartire e sento accavallarsi gioia grande, speranza, attesa, bisogno di tempo e pazienza. Riprendo allora a scrivervi con una certa, spero, regolarità per tenerci aggiornati, condividere la missione, mantenere acceso il legame forte che ci unisce e soprattutto il comune impegno per trasformare questo mondo in Regno di Dio, cioè un mondo più fraterno e giusto per tutti. Vorrei davvero scrivere a tutte/i personalmente ma non ce la faccio, perdonatemi.
Buona lettura per chi è paziente nell'attesa di ricevere vostri ritorni, la vostra vita, impressioni, idee, intuizioni... anche così ci aiutiamo a camminare e sognare. Sì, teniamo alto il sogno.
I. Parigi: studiare (ma non solo) per passione...
Sono arrivato a Parigi l'11 agosto, in mezzo all'estate e mi hanno accolto come fratelli due comboniani che sono poi diventati padri e amici, il che non è mai scontato: Luciano e José (Pepe).
La grande esperienza d'Africa, l'accoglienza e l'umanità che ho incontrato in loro mi hanno fatto mettere da subito in ascolto... poi anche in confronto aperto e rispettoso delle diversità di idee e sensibilità. Abbiamo cercato di costruire una comunità mista insieme a Gordon e Daniel, due fratelli della Consolata, un altro istituto missionario, a Betta e Renato, una coppia di laici italiani in partenza per il Ciad e Marcia, comboniana laica portoghese in vista del Centrafrica. La presenza costante e preziosissima di Fatima e Antonio, nostri vicini portoghesi aiuta a creare quel clima sereno e allegro che scalda il cuore quando si è a casa, e questo per me è la comunità... se il cuore non è gioioso di rientrare a casa allora la comunità rischia di diventare luogo dove si vivacchia insieme e ci si sopporta gentilmente. Di Parigi porterò con me tante serate a cucinare pizza e suonare la chitarra insieme...
Credo molto, e ne ho avuto conferma, nella vita comune tra religiosi e laici: ho respirato davvero la ricchezza di vivere e pregare assieme, di aiutarsi con il francese, di far da mangiare assieme, di trascorrere le serate a condividere sogni e passione missionaria, di lavorare insieme con i senza dimora, di visitare Parigi... Le sensibilità sono diverse e anche le visioni delle cose: è proprio questo che aiuta a crescere la missione e anche l'amicizia, a non sedersi su convinzioni fisse, a stimolarsi, ad aprire cammini nuovi... Credo, senza ricette, che la missione debba muoversi davvero verso comunità di questo stampo.
L'impegno principale e quotidiano era per me lo studio del francese: ho seguito per tre mesi e mezzo un corso ogni mattina che mi ha permesso di rispolverare bene quelle basi che avevo studiato a scuola quando avevo 14 anni. Helene, amica francese, mi ha aiutato tantissimo e con pazienza immensa per la conversazione.
Ho cercato davvero di darci sotto: dettati, vocabolario, verbi a manetta, radio sempre accesa e poi l'esperienza entusiasmante di ritornare bambini imbranati che si impappinano con le parole e fanno fatica. E' esperienza soprattutto di precarietà, come la vita missionaria, di non riuscire a esprimere quello che vorresti, quello che senti. E' esperienza di pazienza, di credere profondamente che poco a poco ce la fai, che poco a poco migliori. Che presto si potrà comunicare con i Ciadiani, fare discorsi insieme, condividere la vita. E' questo che mi sostenuto sin dall'inizio. Spesso mi chiedevo: “Ma come posso io amare gli africani qui a Parigi?”. Ho sempre pensato due cose: studiare a fondo approfittando anche di ogni occasione per parlare e cavarmela in francese e poi andare all'incontro vero e proprio con i più poveri, perché Parigi non è soltanto la bella città monumentale ma è capitale di esclusione! Sono tantissimi i senza dimora che vivono in strada e mercoledì scorso abbiamo partecipato ad una commemorazione pubblica di tutti i morti nel 2009 in Francia sulla strada per fame, abbandono, freddo, solitudine: sono riecheggiati circa 250 nomi e diversi erano semplicemente sconosciuti “Un uomo”, “Una donna”. C'era anche un cartello con scritto “Un enfant”, un bambino di 7 anni...
E' stato così che da subito le sorelle comboniane mi hanno accompagnato a “La mie de pain” una grande associazione che accoglie la gente di strada e che organizza la distribuzione dei pasti. Ogni settimana sono andato per fare servizio e per conoscere tante persone e storie preziose che trovi soltanto se ti avvicini. Ho passato serate intere a parlare di politica africana con Michel, del Congo, e Mammadou, del Mali, di islam con Sala, algerino e di filosofia con Serge, congolese che sta scrivendo un libro. Proprio ieri sera gli ho chiesto qual'è la cosa più importante che ha imparato dopo tanti anni sulla strada e lui mi ha risposto: “Il silenzio. Così ci si incontra con Dio e con se stessi”. L'essenziale è invisibile agli occhi e anche alle troppe parole...
II. Non rassegnarti mai alle ingiustizie!
Il digiuno non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia.
Is 58,7-8
L'augurio più bello che ho ricevuto per ripartire è proprio quello del “vescovo di tutti coloro che non esistono”: Jacques Gaillot. Uomo libero e senza peli sulla lingua, cioè scomodo, è stato cacciato dalla sua diocesi dal Vaticano nel 1995 ma non si è perso d'animo e continua a battersi come un matto per la giustizia. Sono andato a trovarlo nella sua casa e mi ha detto: “Gli uomini liberi non hanno paura, fanno paura!”. E' vero, anche per Gesù è stato così, era troppo pericoloso e rivoluzionario e dovevano toglierlo di mezzo...Mi ha calorosamente invitato a partire e a non accettare mai le ingiustizie, a lottare senza paura; c'è un prezzo da pagare ma il prezzo più alto è proprio rassegnarsi.
Quando gli ho chiesto cos'è per lui la missione ho ricevuto una risposta semplice e disarmante, fuori da ogni logica di dottrina o definizione precotta:
“Missione è sentirsi amati da Dio e avere voglia di dirlo”.
Spero di fare mia questa affermazione e dire Dio soprattutto con la vita, con il silenzio, con l'ascolto e la pazienza. Mi do tempo un anno per parlare e poter dire qualcosa: la parola d'ordine è adesso TACERE. Il che non vuol dire che non vi darò notizie, ma che cercherò di trattenere il giudizio, esercizio non facile per me. E soprattutto vuol dire partire senza grandi attese e aspettative che sempre ci fregano sapendo che problemi e fatiche sono all'ordine del giorno. A proposito di fatiche il 3 ottobre scorso, alla vigilia della festa di Francesco di Assisi, ho rinnovato i miei voti e il mio impegno missionario proprio sulle parole di Gesù di Nazaret:
“Se qualcuno vuole seguirmi, che si rinneghi, porti la sua croce e mi segua. Chi vuol salvare la sua vita la perde. Ma chi perde la sua vita a causa di me e del Vangelo la ritrova” Mc 8,34
Nella storia che ho studiato o vissuto non ho mai trovato qualcuno che invitasse, non costringesse, altri a seguirlo se non promettendo soldi, successo o potere. Ci vuole un folle per parlare oggi di croce o di rinnegare se stesso. Ma c'è quanto più bisogno oggi di quel folle d'amore per l'umanità e di uomini e donne che si giocano la vita per i fratelli e così trovano la vita vera...quella che ancora una volta è “invisibile agli occhi” e che sfugge al mondo dell'immagine, apparenza, superficialità, perché va al fondo delle cose, all'essenziale.
Questo è anche l'augurio che faccio ad ognuno/a di noi: di ritrovare la vita vera, soprattutto quando sentiamo che ci siamo perduti, nel buttarla per i fratelli. Come hanno fatto tre amici e testimoni che porto con me in modo particolare in questo tempo:
- Don Ruggero, prete padovano ucciso in Brasile il 19 settembre per avere denunciato il traffico di droga. Di lui mi porto il sorriso, l'accoglienza disarmante, la capacità di relazionarsi con tutti. Quante volte è venuto a casa nostra a Padova a mangiare e quanto sognava di partire in missione!
- Padre John, comboniano, morto in un incidente stradale in Sudan il 16 ottobre. E' stato mio superiore a Venegono (VA) al tempo del noviziato: un uomo sempre sorridente, appassionato dell'Africa. Ci siamo rivisti a Verona in luglio e mi ha detto: “Vai libero!”.
- Don Alessandro, prete della comunità di base delle Piagge, a Firenze, cacciato dal vescovo: raramente ho trovato persone così appassionate come lui al Vangelo, a Gesù di Nazaret, ai poveri, al punto di dare tutto di sé, fino a perdere tutto...
Se una cosa mi hanno insegnato è il sorriso e la passione smisurata, anche quando tutto sembra crollarti addosso. Non che l'abbia imparato, ma fa bene trovare amici veri così, capaci di giocarsi fino alla fine per ciò in cui credono. Sono più vivi che mai proprio perché hanno buttato la vita per i fratelli... un altro amico, Alberto Maggi dice sempre che “i vivi non muoiono, i morti non risorgono”. Cioè chi vive da vivo non muore, ma chi vive da morto non risorge.
Alla fine credo che la fiducia sia proprio questa: non in parole, per dire “Credo” o “Non credo” ma in un atteggiamento di vita che ci fa uscire da noi stessi e che parla da sé. Allora sarà la nostra vera Pasqua, la rinascita dopo la morte... già in questa vita!
Intanto ci avviciniamo al Natale che va letto insieme alla Pasqua: “si nasce per rinascere” diceva Pascal. Auguro ad ognuno di noi di preparare bene questo tempo, l'Avvento, che comincia proprio domenica 29. Solo preparando bene ciò che ci aspetta sappiamo poi coglierlo più in profondità.
Sono contento di partire proprio in questo tempo di preparazione al Natale, che per me sarà anche Battesimo africano, e poi di cominciare in Ciad con una settimana di esercizi spirituali che daranno il là alla missione.
Ho bisogno per tutto questo della vostra amicizia, affetto e preghiera: teniamoci uniti e su con la vita.
Quando avrò un posto un po' più fisso vi farò sapere l'indirizzo.
Quando riuscirò vi scriverò più a fondo.
Vi voglio bene,
que Dieu nous garde toujours
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