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di
Enrico Atrigna (Gim)
Fare
Comunione con i crocifissi di oggi
La
Via Crucis Pordenone-Aviano del 7 aprile ha avuto per
me significati molto importanti: dopo anni di cammino
passati nel G.I.M., vivendo sempre esperienze e
condividendo emozioni e strade di impegno insieme ad
amici e amiche, mi trovo ora, questÂ’anno, a vivere
il mio cammino personale non più da GIMMINO!
Prepararmi
a vivere una forte esperienza di impegno come quella
della Via Crucis, un poÂ’ mi spaventava. E, infatti,
lÂ’arrivo a Padova, la sera del sabato, mi ha messo
un poÂ’ a disagio. Mi sentivo un poÂ’ un pesce fuor
d’acqua, non conoscendo nessuno… Ma è bastato
davvero pocoÂ…rivedere vecchi amiciÂ…ma soprattutto
conoscerne di nuovi, sentirsi accolto, a casa, ridere
insieme, suonare, scherzare, mangiare con amicizia e
con voglia di vivere insieme un pezzo di stradaÂ… Le
paure e i disagi si sono sciolti e hanno fatto posto
alla gioia di vivere INSIEME questa esperienza,
specialmente dopo lÂ’intensissima Veglia, in cui
abbiamo ricordato Rachel, ragazza statunitense che
ha lottato per la Pace, al fianco dei diseredati
palestinesi, fino allÂ’ultimo, fino a dare la vitaÂ…
Durante il momento di condivisione ci siamo affidati
lÂ’un lÂ’altro i dubbi, le sfide, le gioie, ma anche
le sofferenze incontrate nel nostro camminare
quotidiano.
E,
finalmenteÂ…SI PARTE!!!Â…
GiÃ
sul pullman si respirava la gioia di stare insieme e
di sentirsi unitiÂ…che bello ritrovarsi a cantare e
scherzare con amici con cui in questi anni ho vissuto
momenti di gioia e di UMANITAÂ’ che ancora mi
porto dentro! E che bello ritrovarsi con alcuni degli
amici coi quali questÂ’estate abbiamo vissuto
lÂ’esperienza missionaria in Brasile, cantando le
canzoni del POVO BRASILEIRO che abbiamo incontrato,
che ci sono rimaste nel cuore, ci ha riportato a
questÂ’estate, allÂ’accoglienza ricevuta e alla
gioia vissuta nelle piccole comunità , la gioia della FESTA
vissuta insiemeÂ…
E
così siamo arrivati a Cordenons, alla casa dei
Comboniani, per la Messa. E anche qui, di nuovo
lÂ’incontro con cari amici e compagni di strada in
questi anniÂ…
Il
momento della Messa è stato un momento
importantissimo, credo, per tutti.
EÂ’
stata, davvero, una CELEBRAZIONE!
Di
nuovo, con la mente e il cuore sono tornato in
Brasile, alle nostre celebrazioni nelle comunità ,
dove abbiamo sperimentato che cosa significa
CELEBRARE, presentare al Signore i dono ricevuti, le
gioie e le sofferenze, e celebrare, festeggiare un
momento di incontro e di condivisione.
Così
è stata anche la nostra Messa dai Combo a Cordenons.
EÂ’ stato fortissimo il momento in cui Filippo
ha portato la sua testimonianza su questi primi mesi
come CASCO BIANCO in HondurasÂ…ci ha
raccontato le gioie e le fatiche di questo popolo con
cui anche noi, ora, ci sentiamo di camminareÂ…
Le
parole più forti che mi ha lasciato, sono state
quelle del semeÂ…il seme che deve cadere, cadere
nella terra, a fondo, nel letame, per poi morire, se
vuole generare altra vitaÂ… parole riprese durante la
Messa da Mosè, e rivolte molto esplicitamente a
ciascuno di noi:
SEI
PRONTO, TU, A DARE LA VITA PER GLI ALTRI?
Al
momento della Comunione, cÂ’eÂ’ stata unÂ’altra
domanda a spronarci il cuore:
ma
tutte le Comunioni che abbiamo fatto in questi anni,
DOVE SONO FINITE?
Ho
fatto LA COMUNIONE centinaia di volte, ma quante
volte, davvero, ho fatto COMUNIONE?
Questi
interrogativi nel mio cuore hanno segnato i miei passi
lungo tutta la Via Crucis. La Messa, infatti, si è
conclusa, con lÂ’invocazione dello Spirito su Chiara,
pronta per la sua partenza in Terra Santa (per
testimoniare, ora anche a nome del G.I.M., un
messaggio di PACE!), e siamo partiti per Pordenone.
Qui è cominciata la Via Crucis, con le parole
stupende e coraggiose del Vescovo di Pordenone.
NellÂ’aria si sentiva una strana atmosfereÂ…Forse su
tutti pesava lÂ’interrogativo di che senso avesse
trovarsi lì, per testimoniare il nostro NO a questa
guerra in Iraq e contro tutte le guerre, proprio nel
momento in cui la voce di milioni di persone è
rimasto inascoltato, e si è intrapresa una terribile
guerra.
Forse,
il senso di tutto ciò è dato proprio da quella CROCE
da cui la nostra VIA prende il nomeÂ… che senso aveva
per Gesù continuare quello che stava facendo, mentre
tutto sembrava fallito, la Croce sulle spalle pesava,
e la gente intorno, tanto amata, rideva, lo insultava
e si prendeva gioco di LuiÂ…
Ma
questo senso di delusione e di frustrazione credo che
in qualche modo ci abbia aiutati a vivere il nostro
camminare in maniera, forse, più matura rispetto agli
anni passatiÂ…
Per
strada cÂ’era molto silenzio, rispetto
allÂ’entusiasmo e alla voglia di far festa di altri
anni… un silenzio, però, molto forte, molto pieno,
di riflessione, di attesa, di speranza.
Personalmente
questo silenzio mi ha aiutato a riprendere proprio gli
interrogativi della MessaÂ… Sono pronto a morire per
gli altri?
Il
mio essere Cristiano porta a una reale Comunione con i
Crocifissi di oggi, coi poveri, gli umiliati, gli
emarginati?
Sono
domande che restano ancora, ma averle vissute durante
una Via della Croce, in cammino con gli amici del
G.I.M., ma anche
con volti nuovi, conosciuti lì, durante la Via, tutti
accomunati da questa insaziabile sete di Pace, ha dato
a queste domande un significato particolare e
profondoÂ… sono domande che non possono non portarci
a metterci in cammino, su una Via di Pace, che chiede
Pace e denuncia lÂ’ingiustizia, anche se alla fine di
questa via l’unica cosa che ci pare di scorgere è
soltanto una CroceÂ…
Ma
noi sappiamo che Gesù, dopo 3 giorni, è risorto, e
da quel giorno ha un senso grande lottare e sperare
per la Pace e per la Giustizia tra tutti noi, fratelli
e sorelle!
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di
A. C. (gim Padova)
E
NON DISSE NEMMENO UNA PAROLA
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C’è
una vecchia canzone, dal titolo “E non
disse nemmeno una parola”, di quelle che
sono belle solo se cantate dai vecchi neri
africani, con la loro voce rauca e dolce;
è molto vecchia, non so quante volte
lÂ’ho ascoltata, ma ho ritrovato
frammenti del suo testo in un libro di
Boll.
Fa
così: “…and he never said a mumbaling
word…”
“...e non disse nemmeno
una parola...”
“…they nailed him to the
cross, nailed him to the cross...”
“…lo inchiodarono alla
croce, lo inchiodarono alla croce…”
“…and he never said a
mumbaling word.”
“…e non disse nemmeno
una parola.”
EÂ’
stupenda…mi piace iniziare così,
soprattutto perché è una melodia che
descrive molto bene la Via Crucis
Pordenone-Aviano, quel non parlare troppo
forte, quella lentezza nel cammino, quel
mormorio lieve di preghiera e quel
salmodiare fatto di strada percorsa.
Trovo
molto bello che non abbiamo gridato, non
abbiamo urlato slogan, che non avevamo
bandiere, non avevamo striscioni che
gridassero vendetta, non avevamo nemmeno
tante parole.
Avevamo
solo il silenzio.
Perché
è solo la gente che condanna Gesù, che
grida “Crocifiggilo!”; è solo il
soldato in guerra che, per avere il
coraggio di uccidere un uomo, grida; è
solo il comandante che grida, per far
rispettare gli ordini di guerra.
E
così abbiamo tentato di fare come le
donne davanti alla croce di Gesù, che
hanno pianto in silenzio, o come le madri
di Baghdad, che si lacerano dal dolore, o
come i condannati a morte, i prigionieri,
costretti al silenzio, come gli oppressi
senza voce, soffocati dalla nostra
prosperità , o come i morti di guerra,
uccisi dalla nostra superbia.
Non
avevamo bandiere (solo quelle arcobaleno);
abbiamo provato a spogliarci delle
nostre vesti, delle nostre
appartenenze, per provare a riconoscerci
tutti di una sola Chiesa Universale,
costruita da tutta l’umanità intera. Ci
siamo spogliati delle bandiere per
provare a fare come Gesù, spogliato delle
vesti, per essere messo in croce. O come i
morti in guerra, che vengono spogliati
delle loro cose più preziose, o come le
case di Baghdad, ora, spogliate dagli
sciacalli.
Siamo
passati davanti alla base USAF di Aviano
mentre alcuni soldati, dallÂ’alto di un
terrazzo, ci guardavano sfilare; credo
abbiano riso.
Alla
fine, abbiamo provato a fare come tutti i
caduti: ci siamo distesi a terra al
suono di una campana, unico grido che i
morti possono permettersi.
Abbiamo
provato a stare in silenzio come tutte
le vittime della superbia dellÂ’uomo.
E come Dio, che quando ha visto tutto ciò
che lÂ’uomo aveva fatto e sta facendo,
beh, nel silenzio dei resti fumanti, Dio
piange.
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L'ultimo
chilometro della strada che porta alla base USAF di
Aviano dà l'impressione di essere stato battuto un
po' da tutti negli ultimi mesi: curiosi,
disobbedienti, no global, social forum, uomini e donne
di buona volontà , cristiani, cittadini e militari...
è quel pezzo di strada che ci unisce, perchè a
percorrerla siamo tutti uguali, nessuno stendardo, nè
simbolo sulle nostre gambe che camminano.
Il
passo è lo stesso per ogni uomo.
In
quellÂ’ultimo chilometro ci accompagna una lettera
scritta l'anno scorso da una mamma afgana, il cui
figlio cade sotto le bombe: sono parole difficili da
ascoltare.. da dentro la base due soldati ci
fotografano.. qualcuno li saluta e loro amichevolmente
rispondono. Due ragazzi.
Eppure,
non prendiamoci in giro, potrebbero essere quei due
ragazzi un domani a scaricare la prossima bomba.
Nessun giudizio ipocrita, ma una domanda
sì.. come
ascoltare le parole di una madre, esserle fratello ed
esserlo anche di chi, inconsapevolmente, forse, ne
uccide il figlio?
Faccio
un passo indietro e immagino quel giorno a Gerusalemme
con Gesù che da solo sale il Calvario e si lascia
inchiodare.. quanti sono quelli che ai bordi della via
sacra lo vedono salire, soffrire.. sudare sangue e non
fanno nulla?
Eppure
io penso che di quei tanti molti poi abbiano iniziato
il loro cammino e partecipato alla nascita della
Chiesa... quell'uomo che passava loro davanti e moriva
non può aver lasciato indifferente i loro cuori.. e
cosi domenica il camminare pesante di chi sceglie di
fare ponte tra due parti, quella delle vittime e
quella di chi preme il pulsante, la via crucis con il
ramoscello d'ulivo e il cero di don Tonino e le scarpe
da ginnastica di 1000 giovani sono stati un nuovo
inizio.
La
via crucis è iniziata, la
nonviolenza è in cammino e sta già cambiando le
cose, qui, nelle nostre comunità , stanche di guerra,
ci sta già dando nuovi strumenti di pace accessibili,
che entrano nei nostri stili di vita, nelle nostre
liste della spesa, nei nostri spostamenti in auto,
nelle scelte delle nostre banche, nelle nostre
celebrazioni sempre meno fumose e sempre più
consapevoli e incarnate nella realtà del mondo.
Forse
presto il nostro striscione del GIM: "Noi
crediamo la pace" verrà rimosso, insieme ai
biglietti che abbiamo infilato nella rete metallica e
anche il suono di quella campana che ha accompagnato
il rombante silenzio che ha concluso la via crucis,
anche quel suono finirà di vibrare nei radar USAF, ma
su quell'ultimo chilometro di asfalto abbiamo lasciato
il segno e lo abbiamo raccolto e fatto nostro e con
noi arriverà fino a Gerusalemme, in Honduras, in
Congo, Uganda, Kenya, Perù, Brasile e fino dentro le
nostre città e le comunità cristiane che abitiamo.
Se
il ramoscello d'ulivo di Aviano non muore... porta
molto frutto.
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di
Roger Pontarin (gim Trento)
Lettera al
direttore del Giornale di Vicenza
"Trasformeranno le loro lance in falci, le
loro spade in aratri".
Salve sig. Direttore del giornale di Vicenza, non
che a tutti i lettori, sono un ragazzo di 28 anni
appena reduce dalla Via-crucis Pordenone Base
USAF Aviano che si è tenuta domenica 06 aprile 2003.
Eravamo circa in mille persone quel pomeriggio
nuvoloso a Pordenone dove si scommetteva, per
scaramanzia, sulle probabilità di una pioggia durante
la via-crucis; ma eravamo decisi comunque a
partecipare.
Siamo partiti alle 14 circa del pomeriggio e si
doveva coprire una distanza di circa 12 km a piedi,
cerano svariate persone uomini, donne, bambini,
anziani e anche qualche portatore di handicap
accompagnato da qualcuno, ma tutti con lo stesso
entusiasmo, lo stesso obiettivo, e lo stesso metodo
per manifestare la nostra contrarietà a questo e a
tutti gli altri 40 conflitti armati che ci sono nel
mondo oggi. Niente slogan politici, distinzioni di
gruppi o altro ma tutti e solo con una sola bandiera:
quella ormai nota a tutti: l'Arcobaleno della
Pace. La cosa è stata studiata appositamente perché
rimanesse una via-crucis e non una manifestazione,io
ho partecipato proprio perché non doveva essere
un'altra di quelle manifestazioni che poi alcuni
avrebbero manipolato a proprio vantaggio, ma l'unico a
trarne profitto doveva essere Gesù Cristo con il
gesto che ha fatto quasi 2000 anni fa, morire per noi,
mi sembra che la cosa sia riuscita.
Cinque stazioni, quasi 4 ore di cammino lento,
silenzioso e ricco di preghiere e speranza, molti gli
argomenti trattati con qualche testimonianza di
persone che hanno sofferto, ma in modo vero, non visto
in tv. Il titolo iniziale era tratto dal salmo 48
"L'uomo nella prosperità non comprende, è come
gli animali che periscono", mi sembra che il
titolo esprima già a sufficienza il momento che
stiamo attraversando e il perché della
indifferenza di molti. Le scrivo per dirle il mio
rammarico nel vedere un'altra volta che il popolo
della Pace non è preso in considerazione solo
come tale, ma debba essere sempre legato alla politica
o altro perché appaia da qualche parte. Rispetto
comunque la scelta che è stata fatta, pur non
condividendola.
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dal
Corriere della Sera
Duemila in marcia per la Via Crucis
Pordenone-Aviano
In testa c'era Gabriele,
arrivato da Trento, quattro anni, riccioli biondi e
una piccola croce di legno con scritto «innocente».
Con lui centinaia di croci e bambini a guidare la Via
Crucis degli oltre duemila che ieri pomeriggio,
avvolti dalle bandiere arcobaleno, si sono fatti più
di tre ore e dodici chilometri
a piedi da Pordenone alla base militare
di Aviano ( nella foto ), fa miglie, giovani
e anziani. L'ultima stazione si è fermata alle sei di
fronte alle piste di decollo
dei C-17 che hanno portato in Iraq i parà della 173ª
Brigata. Al suono d'una campana, l'istante della
Crocifissione, è calato il silenzio, «si fece buio
su tutta la terra». Vento, freddo, nubi violacee a
gravare sulle Prealpi che chiudono l'orizzonte intorno
alla base militare Usa e la gente che pregava sul
prato. «La violenza del sistema dominante e osannato
non prevede il diritto alla sopravvivenza dei
superflui», ha scandito Lisa Clark, dei «Beati
costruttori di pace».
La Via Crucis era promossa anche da giovani delle Acli
ed Emergency. La partenza, dopo un collegamento da
Milano con Teresa Strada, è stata salutata dal
vescovo
di Pordenone Ovidio Poletto: «Non disperdiamo tutto
il patrimonio
di riflessione e approfondimento sulla pace e,
soprattutto, sul disarmo che ci ha visto protagonisti
negli ultimi mesi. E non permettiamo che questa
tragedia umana diventi anche una catastrofe religiosa».
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