Risposta: un sì da discepolo
Gim Venegono (aprile 2002)
Risposta: Seconda GIM, 14 aprile 2002 |
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Venegono
- II GIM, 14 Aprile 2002
Estamos
caminandoÂ…
Ci stiamo incamminando verso la fine di questo anno di ricerca e discernimento; sicuramente ci sono stati momenti intensi dove abbiamo avuto la possibilità di approfondire, riflettere, pregare e condividere alla luce della Parola di Dio; di lasciarci motivare di tutto quello che portiamo nel nostro cuore: progetti, ansie, sogni, paure, dubbi e desideri; e di lasciarci provocare dalla realtà che stiamo vivendo. Tutto questo per capire in profondità il senso vero della nostra vita e a che cosa ci chiama il Signore.
La Pasqua che abbiamo celebrato poche settimane fa, dove ancora una volta abbiamo fatto esperienza che la Vita è più forte della morte e che chi ama è fedele fino alla fine, ci chiede di essere testimoni e annunciatori di speranza.
A ciascuno di noi poi, spetta di essere attenti, si saper aprire le orecchie del cuore a questi eventi, incontri, fatti, persone che costituiscono appelli attraverso cui il Signore ci chiama e ci indica delle possibilità di vita. In questi mesi abbiamo visto modi diversi di rispondere alla chiamata: come schiavo o servo, come amico o discepolo. Qual’ è la nostra risposta?
@ Rientra un
momento in te stesso e chiediti: Dove sto andando?
Che senso ha ciò che faccio? Cosa mi rallegra o mi
disturba della realtà che
vivo?
Chi
è il discepolo?
E’ colui che ha incontrato il Signore, che ha fatto esperienza di Lui, che ha trovato in Lui il senso della vita e si è lasciato conquistare: “è solo l’incontro personale con il Signore che può saziare la ricerca di pienezza di vita davanti a Dio”(E. Bianchi). E’ colui che è stato chiamato per stare con Gesù e per essere inviato (Mc 3,14); che ha saputo rispondere, si è messo in cammino perché si è fidato e ha osato. E’ colui che ha lasciato, perché ha incontrato(Mt 13, 44-46). Solo conoscendo l’amore del Signore e accettando la propria profonda povertà si potrà obbedire al comando: “Vieni e seguimi”. In sintesi, il discepolo è colui che ha deciso che Cristo è la Via, la Verità e la Vita(cf. Gv14,6) della sua esistenza.
@ Ha la tua vita un senso, una direzione?
Il
discepolo è colui che ascolta…
Il discepolo è colui che si lascia formare dalla Parola. La condizione fondamentale perché ci sia un vero ascolto della Parola, è l’amore fiducioso per colui che, attraverso di essa, parla al nostro cuore. Senza un amore radicale e forte per il Signore, il nostro cuore resta chiuso all’ascolto della sua voce. Il tema dell’ascolto è un tema importante in tutta la Scrittura(Dt 6,4-12).
Il verbo ascoltare si trova
1100 volte nellÂ’AT e 445 nel NT. Solo nel silenzio
possiamo ascoltare chi parla. Senza un amore forte e radicale per il
Signore, il nostro cuore resta chiuso allÂ’ascolto della sua voce. Ascoltare vuol dire far
entrare nel nostro cuore e nella nostra vita colui che ci parla.
Il Signore mette in guardia i suoi discepoli sul modo di ascoltare la Parola e per questo gli racconta la parabola del seminatore(Lc 8, 4-8; 11-15).
Anche in altri passi del vangelo Gesù ci dice che la vera beatitudine dell’uomo consiste in un atteggiamento di ascolto concreto e operativo della Parola: Maria non è beata tanto per aver portato nel grembo Gesù, quanto perché ha ascoltato la Parola di Dio e l’ha custodita(Lc 11,27ss).
E’ veramente capace di ascolto solamente chi ama il Signore, il suo unico Dio, con tutte le forze e con tutto il cuore, come lui ci ha amato. Questo ascolto vero, profondo e vitale della Parola crea con Gesù un rapporto di consanguineità che trasforma e libera la vita dal di dentro(Lc 8,19-21).
“Chi abita
il tuo cuore trasforma la tua vita”.
@ C’è qualcosa che ti impedisce di ascoltare con libertà il Signore?
Il
discepolo è colui che segue…
Il discepolo è colui che prende una via, non una qualunque , ma la via di Gesù: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini “.(Mc 1,27)
Il verbo “seguire” si trova 90 volte nel NT. E la parola seguire ha sempre come riferimento un cammino. Allora seguire vuol dire assumere un destino, mettersi in cammino, uscire dalle proprie sicurezze.
Quando Gesù chiama qualcuno perché lo segua non dà nessuna spiegazione, non dice il motivo per cui chiama. Si tratta di un invito molto esigente e serio, perché in virtù di questa parola si abbandona la famiglia (Mt 4,22; 8,22; Mc 10,28), il lavoro e la professione (Mt 4,20.22; Mc 1,18), i propri beni (Mt 19, 21.27). Insomma si tratta di qualcosa estremamente serio, poiché suppone un giro totale nella vita di una persona(Mc 10,17-22).
In alcuni casi l’invito che Gesù fa di seguirlo è sorprendente e forte. A uno che un giorno si avvicina e gli dice di volerlo seguire dovunque vada (Mt 8,19), Gesù risponde in modo sconcertante ed anche provocatorio: “Le volpi hanno le loro tane gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”(Mt 8,20). Gesù vuol far capire che la sequela non ammette condizioni e suppone una decisione radicale, che rompe con il passato e si apre a un compito, a un destino totalmente nuovo.
@ C’è
qualcosa che ti impedisce di fidarti totalmente del Signore?
Il
discepolo è colui che porta la croce…
Quando Gesù invita i suoi discepoli a seguirlo, mette anche delle condizioni e una di queste è proprio quella di portare la croce: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà ; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà ”(Mc 8,34-35).
LÂ’espressione
“prendere
la croce”, “portare
la croce”, appare
5
volte nei vangeli sinottici.
Per capire cosa vuol dire questo, dobbiamo rifarci a ciò che significa per Gesù la croce: non fu una mortificazione che lui si impose e neanche un atto di pazienza o rassegnazione davanti alla sofferenza. La croce di Gesù consistette nel rifiuto e nella condanna che gli imposero le autorità pubbliche del suo tempo, innanzitutto le autorità religiose e poi le autorità politiche.
Nei vangeli è chiarissimo che Gesù soffrì la croce non perché lui volle mortificarsi, ma perché parlò e agì in modo tale che la sua vita terminò come quella di uno che parla e agisce con la libertà con la quale parlò e operò Gesù.
La croce fu
semplicemente il risultato della sua vita. EÂ’ il prezzo che paga
chi è capace di essere fedele fino in fondo, di credere e di amare
senza mezze misure!!!
Portare la croce vuol dire avere il coraggio di liberarci dai nostri interessi e progetti personali, per assumere il progetto di vita di Gesù. Chi seguiva Gesù doveva impegnarsi con lui a “perseverare nelle sue prove”(Lc 22,8), compresa la persecuzione(Gv15,20). Doveva essere disposto a morire con lui(Gv11,16).
Vuol dire
seguirlo senza condizioni, disposti a giocarsi la vita.
Significa accettare il suo cammino, anche se non lo si capisce fino in fondo, fidandosi di Lui che cammina davanti.
Bonhoeffer diceva che “Rinnegare
se stessi vuol dire conoscere solo Cristo, non più se stessi,
vedere solo lui che precede e non più solo la via che è troppo
difficile per noi. Rinnegare se stessi significa, egli precede tu
tieni stretto a Lui”.
@ Quali
sono le “croci” che non riesci ad accogliere e che ti
impediscono di camminare con libertà ?
Il
discepolo è colui che è fedele fino alla fine…
Il discepolo è colui che è fedele fino alla fine. Colui che accompagna Gesù fino alla croce, che non si tira indietro, che ha fiducia e speranza; che non conta sulle proprie forze, ma si fida; che crede che l’amore è più forte della morte: Giovanni 19, 25-27.
Quando tutto sembra finito, quando molti di quelli che lo avevano seguito, accolto e ascoltato, si allontanano scoraggiati e si tirano indietro, lì c’è il discepolo amato: Giovanni.
E’ lì ai piedi della croce. La croce che Gesù stesso aveva chiesto ai suoi discepoli di portare. La croce che diventa segno di un amore senza fine, che diventa segno di salvezza, liberazione e redenzione.
Il testo sottolinea con forza la figura di Maria come Madre, ed evidenzia come Maria diventa anche madre di quanti accolgono Gesù nella fede e diventano simili a Lui. Anche questo diventa dono, ricompensa di chi ha vissuto nella fedeltà e diventa anche aiuto, sostegno nel nostro cammino. Il discepolo è colui che si sa accompagnato da Maria, anche colui che accoglie nell’intimità , nella vita interiore, nella sua vita di fede, la Madre che gli viene affidata.
Gesù
invita chi sta ai piedi della croce a far posto nella sua vita a
qualunque persona nel bisogno. La
fedeltà diventa accoglienza, comunione e solidarietà .
@ Guardando
al discepolo ai piedi della croce, come vivi la tua fedeltà al Signore?
Il
discepolo è colui che diventa
testimoneÂ…
Il discepolo è chiamato per “stare”(Gv 1,39) e per “essere inviato”: ”Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni… Ecco, io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(Mt 28,19-20). Il prototipo del discepolo è il martire, colui che diventa testimone, che annuncia con le parole e con la vita quello che ha visto, che ha toccato, che ha sperimentato: “…ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre amni hanno toccato, ossia il Verbo della vita,… noi lo annunziamo anche a voi”(1 Gv 1-2).
E’ colui che serve, che diventa servitore della vita, a esempio del Maestro che non è venuto per essere servito, “ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 24-28).
Il discepolo, la discepola, è colui che come S. Paolo afferma: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20).
@ Qual è la testimonianza che oggi ti chiede il Signore e di cui il mondo ha bisogno?