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Lc 12, 22-31: Verso la nuova creazione (giustizia ambientale)

Gim Roma (marzo 2002)

 

Catechesi per la sesta domenica GIM

Verso la nuova creazione: 

 giustizia ambientale 

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(Luca 12,22-31)

 

Una delle parole più ricorrenti in questo Vangelo è: “non preoccupatevi”. Chi per il semplice fatto di preoccuparsi potrebbe aggiungere qualcosa alla propria statura, alla propria “crescita”?

Le preoccupazioni – nella parabola del seminatore (Lc 8,14) – sono quelle spine che, assieme allÂ’inganno delle ricchezze ed ai piaceri della vita, soffocano la Parola nel cuore dellÂ’uomo. Vi è dunque una “ecologia” del cuore, dellÂ’interiorità connessa con quella della terra. Vi è un saper coltivare il cuore; e da questo atteggiamento interiore dipende il saper coltivare la terra. Le due dimensioni sono intimamente connesse. Una persona dopo aver fatto un incidente con la macchina ed aver investito un bambino che rimaneva ucciso sulla strada, scendendo dalla sua  macchina per prima cosa fu portata a verificare quali fossero i danni alla carrozzeria. Lo sguardo è orientato – quasi senza che noi ce ne accorgiamo – verso ciò che preoccupa di più. E lÂ’incidente descritto è un poÂ’ unÂ’icona di quello che succede nel nostro mondo contemporaneo costruito sul benessere materiale. Capiamo davvero che la vita e la persona valgono più del cibo e più del vestito e della macchina?

 Gesù, dunque, nel Vangelo richiama innanzitutto a saper riorientare lo sguardo. A saper osservare e considerare le cose in maniera sapiente. Considerare che cosa? innanzitutto la creazione. Il cielo, dove volano gli uccelli, e la terra dove crescono i gigli. Ci invita ad abbracciare con lo sguardo la creazione, ma non in termini utilitaristici, bensì di gratuità: “guardate i passeri come non seminano e non raccolgono, non hanno un ripostiglio e nemmeno un granaioÂ…

Gesù ci invita a guardare la creazione non in termini di sfruttamento ma di bellezza: guardate i gigli… non faticano, non tessono, eppure Salomone, nella sua gloria, non vestiva come loro.

Accogliamo, dunque, questo invito a guardare la creazione tornando per qualche istante al libro della genesi che ne descrive gli inizi. In 1,26-28 si racconta della creazione dellÂ’uomo avvenuta dopo che nei giorni precedenti lÂ’intero creato era stato preparato. Questo creato è regolarmente descritto come “buono”, bello.  Questo è importante. Nella creazione c’è una bontà da scoprire, che precede lo stesso riconoscimento di essa da parte dellÂ’uomo.

Ascoltiamo il Salmo 103: Loda il Signore, anima mia. Signore mio Dio, quanto sei grande. Sei rivestito di maestà e di splendore. Sei avvolto di un manto di luce… fai delle nubi il tuo carro, avanzi sulle ali del vento. Ti servi dei lampi come ministri…

Si descrive una bellezza ed un dominio da parte di Dio nel creato. Egli comanda alle fiamme guizzanti, ai lampi, come a messaggeri. Ma è un dominio che non pesa: Dio costruisce la sua casa sulle acque, corre sulle nubi, cammina sulle ali del vento. Dio domina il creato con leggerezza. Sotto il suo dominio la creazione resta docile, sciolta, benevola, obbediente. Anche l’uomo potrà dominare vento, fuoco ed acqua ma queste cose rimarranno in parte inafferrabili per lui.

Il salmista continua poi a lodare Dio per la grandezza delle sue opere: tutto hai fatto con saggezza. Non manca nulla al creato. Non si notano stonature, dimenticanze, disarmonie. La creazione è lì, preparata da sempre per accogliere lÂ’uomo al sesto giorno. Egli arriva per ultimo ma non come una semplice continuazione della creazione. Vi è come una pausa di riflessione da parte di Dio e poi una decisione: ecco, ora facciamo lÂ’uomo a nostra immagine e somiglianza. EÂ’ come se tutto il creato aspettasse una sua destinazione: il fatto cioè di poter essere affidato allÂ’uomo. Guardando la creazione, dunque, è come se ci si acorgesse che – nelle parole di  C.S. Lewis: Dio fa tutto per ciascuno.

Nasce un senso di stupore, di riverenza. Ed anche di gratitudine. Il salmista contempla non solo il dominio di Dio nel creato ma anche il suo servizio: ecco la terra è piena delle tue creature. Tutte si aspettano che tu le nutra a tempo opportuno. Dai loro il cibo ed esse lo prendono. Apri la mano ed esse si saziano di beni. Questo è un fatto. Un rapporto della FAO conferma che la terra produce nutrimento per 12 miliardi di persone. Per il doppio della popolazione attuale. E’ l’uomo incapace di distribuire, non Dio di provvedere.

EÂ’ importante recuperare questo senso di stupore e gratitudine per la creazione che precede lÂ’uomo proprio per entrare in un rapporto sono con questo grande dono che essa rappresenta.

Ciò che abbiamo detto del dominio e del servizio di Dio nel creato serve a capire il compito affidato da Dio allÂ’uomo in Gen 1,28: Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra. Soggiogatela ed abbiate dominio su di essa”. In Genesi 2,5 è come se la creazione attendesse questo affidamento di essa allÂ’uomo: ecco – vi si legge -  non vi era ancora lÂ’uomo che coltivasse la terra.” Dio, dunque, affida la creazione – come dono preziossissimo, splendente – allÂ’uomo perché se ne prenda cura. Egli, proprio in quanto creato ad immagine e somiglianza di Dio, si distacca dal resto del creato ed è destinato a dominarlo, ma nello stesso modo con cui domina Dio, cioè in termini di amore, di cura, di servizio. Ancora un versetto dal profeta Baruc (3,35) che parla di  questo dominio che esprime amore da parte di Dio e che suscita una risposta di amore nella stessa creazione: le stelle brillano e gioiscono; egli le chiama ed esse rispondono: “eccoci”. E brillano di gioia per colui che le ha create.

Guardiamo il creato, dunque, come ci invita a fare Gesù nel Vangelo, innanzitutto per contemplare questa dimensione di gratuità, di armonia, di amore. Guardiamo il creato per scoprire qualcosa dell’amore di Dio: “poiché soltanto l’amore da inizio al bene e si compiace del bene” (Giovanni Paolo II) Nella misura in cui questo amore di Dio abita nell’uomo anche l’uomo diventa capace di dominare la creazione in termini di amore.

La benedizione che accompagna questo affidamento: moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela, abbiate dominio esprime una fiducia incondizionata da parte di Dio. fa quello che vuoi. Ciò, tuttavia, non implica un potere incondizionato, ma una fiducia incondizionata. Ciò significa che lÂ’uomo è chiamato a dominare in termini di responsabilità, non di arbitrio, anche laddove potrebbe fare quello che vuole. Spesso nelle questioni legate alla manipolazione della vita il ragionamento trionfante è il seguente: se è possibile, perché non sarebbe lecito? Ma lÂ’uomo non è chiamato ad approfittare di qualsiasi possibilità EÂ’ chiamato ad agire responsabilmente. LÂ’uomo domina in quanto somigliante a Dio: in quanto persona, cioè, libera e capace di decidere, capace di dire dei “si” e dei “no”, capace di dare inizio al bene e di compiacersi in esso.  Le implicazioni sono enormi: lÂ’uomo non può ridurre il rapporto con il creato ad uno sfruttamento o al semplice consumo. Non può nemmeno ridurre se stesso od unÂ’altra persona umana e strumento del proprio lavoro. LÂ’uomo è chiamato a dominare con il lavoro non ad essere mercificato attraverso di esso. LÂ’uomo può usare la tecnica per aiutarsi non per manipolare la vita: egli deve rimanere colui che domina, non che è dominato. Egli deve rimanere libero, soggetto, non oggetto. Quando, invece, manipoli unÂ’altra persona o anche una cosa, non puoi più entrare in relazione con essa in termini di libertà, quindi di amore. 

Torniamo alle parole di Gesù nel Vangelo: la vita, lÂ’anima, è più del cibo. Il corpo è più del vestito.  Voi valete di più di molti uccelli. Â… voi valete più dellÂ’erba del campoÂ…. EÂ’ un discorso di discernimento. Che tu possa riconoscere ciò che vale veramente. E tale discernimento non è scontato poiché lÂ’uomo può sempre dimenticarsi che c’è un valore immenso nella propria persona, in te. Ed è tenendo conto di questo valore, coltivando questo valore della tua persona, che entrerai in una relazione di libertà e di armonia con il creato.

Perché non è una cosa semplice o spontanea ritrovare questo discernimento sul valore delle cose e delle persone? perché facciamo tante scelte sbagliate? manca informazione? manca esperienza? no. Vi è una stoltezza nel cuore dellÂ’uomo. Il peccato ha offuscato questo cuore. Il peccato che nasce dalla pretesa di sostituire al dominio come amore  e quindi come servizio, come cura, un dominio arbitrario: lÂ’uomo pretende di conoscere il bene e il male, di inquadrare tutta la realtà. Non a caso questo atteggiamento di peccato, di oscuramento del cuore è espresso dal desiderio di mangiare un frutto di cui non vi è il bisogno reale e dalla vergogna della nudità. Cibo e vestito, dunque, che in principio vorrebbero essere segni della provvidenza di Dio, ciò che soddisfa lÂ’uomo, che lo fa sentire sicuro e lo sostiene nella sua stima, nel suo rapporto con gli altri, diventano segno di tutto ciò che preoccupa ed assilla lÂ’uomo, delle sue paure, della sua insicurezza e quindi non del suo dominio ma proprio della sua schiavitù.

Per questo l’uomo deve affermare ogni giorno di nuovo che la vita è più del cibo, il corpo più del vestito. Che egli è liberi rispetto a tali cose. Ogni giorno siamo chiamati a vincere la preoccupazione e la piccolezza di fede che Gesù rimprovera nel vangelo.

Quella della fiducia – non del controllo – è l’unica relazione possibile con Dio. Una vita tutta preoccupata di trovare la propria sicurezza nelle cose rende impossibile la fede, la relazione con Dio e quindi la scoperta di quel dominio che solo lui può affidare all’uomo e che gli permette di godere del creato.

Il consumismo  fa leva dunque su un inganno: che la vita non è più del cibo. Essa invece dovrebbe dipendere da ciò che assumi, che riesci a possedere. Il consumismo fa leva sullÂ’inganno per cui il tuo corpo non vale più del vestito. Che la tua persona non vale oltre le apparenze. Che tu hai bisogno di accumulare per sentirti sicuro. Gli squilibri strutturali del mondo non rispondono forse a questi inganni: consumare ed accumulare. Come le 2000 paia di scarpe di Imelda Marcos.  Finché il tuo cuore è schiavo di tali preoccupazioni esso resta cieco, incapace di guardare il creato, di discernere il valore delle cose e quindi di dominare con saggezza. Ti viene a mancare una sapienza per la vita connessa con la sobrietà.  Se scruto il mio cuore riconosco il prevalere di un criterio di acquisizione o di astensione dal possesso? lì c’è una misura di libertà e di gratuità.

La legge dell’antico Israele ha cercato di restituire al cuore dell’uomo questa gratuità e questa sapienza nei confronti del vivere:

 Â“al settimo anno non coltiverai la terra e la lascerai riposareÂ…ne mangerà il povero e le bestie selvaticheÂ… Smetti di lavorare il settimo giorno perché riposi il tuo bue e il tuo asino”

(Es 23,10)

Quando entrerai nella vigna del tuo prossimo ,mangerai uva secondo il tuo appetito, a sazietà, ma non ne metterai nel tuo paniere” (Dt 23,25)

Se trovi un nido di uccelli per via o per terra, mentre la madre giace sugli uccellini o sulle uova, non prenderai la madre con i figli… potrai prendere le uova o i figli ma lascerai andare la madre…” (Dt 21,7)

“Quando fate la mietitura nella vostra terra non finirai di mietere i confini del campo e non spigolerai… Non racimolerai la tua vigna e non raccoglierai i grappoli caduti… li lascerai al povero ed al forestiero2 (Lev 19,9)

 

Consumo ed accumulo, dunque, sono due sintomi opposti ma complementari di uno squilibrio strutturale ma anche di una fragilità del cuore umano: la preoccupazione, l’insicurezza, l’ansia prodotta dal peccato, dalla pretesa di separarsi dal dono di Dio e dal suo amore. L’uomo che pretende di controllare la propria vita, di dominare in modo arbitrario viene chiamato ad una consapevolezza nuova dal Vangelo di Gesù: chi di voi può aggiungere un solo millimetro alla propria statura. Se dunque non potete fare la minima cosa perché vi preoccupate del resto?

Quando però l’uomo, proprio a partire da una ritrovata relazione di dipendenza filiale con Dio, comincia a cercare il regno, di fatto egli ritrova anche il dominio sul creato. Scopre cioè che cercando il Regno di Dio, tutte queste cose di cui si preoccupa, gli vengono date come dono, in sovrappiù: gli “vengono aggiunte” (il verbo è lo stesso usato quando si dice che l’uomo non può aggiungere nulla alla propria statura).

 

Domande per la riflessione

Le tue scelte ed atteggiamenti concreti nei confronti della vita e del creato possono esprimere un dominio arbitrario oppure possono esprimere rispetto, cura, attenzione.

Prova a descrivere alcuni di questi atteggiamenti “arbitrari” e possibili scelte alternative che esprimano invece la cura del creato.

 

Attorno a noi vi è più “costruzione” che “creazione”. Quasi tutto è dominato dalla tecnica e dall’intervento dell’uomo: che misura di gratitudine, di lode, di stupore ritrovi nel tuo cuore? come coltivare un atteggiamento di attenzione alla bellezza del creato?

 

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