Lc 9, 51-56: Disarmare i Cuori e le Mani... il Vangelo della Non-Violenza
Gim Roma (novembre 2001)
Disarmare i Cuori: Seconda Domenica GIM, 18 novembre 2001 |
||
torna alle pagina del Gim Roma |
|
||
Abbiamo
l’ambizione di costruire la civiltà dell’amore. L’ansia di certi
politici di partecipare militarmente al conflitto afgano – al di lÃ
degli apparenti risultati ottenuti – per noi segnala una cultura di
guerra. Una mentalità che può insinuarsi anche nel nostro cuore e
contro la quale è importante vigilare. Partiamo dunque dal Vangelo di Luca 9, 51-56 Possiamo riconoscere nell’atteggiamento di Gesù una concretizzazione di
che cosa può significare disarmare i cuori e disarmare le mani. Egli
“rende fermo lo sguardo nell’andare verso Gerusalemme”. Lo sguardo
è il riflesso del cuore. Luca suggerisce che il cuore di Gesù era
determinato. In che cosa consiste questa determinazione o fermezza del
cuore nella Scrittura? Paolo ai Tessalonicesi scrive: il Signore renda fermi i vostri cuori senza
colpa, cioè li confermi nell’innocenza (I Tes 3,13). Poi aggiunge:
“li renda fermi in ogni parola ed opera di bene” (II Tes 2,12). La
determinazione del cuore, dunque, è fondamentalmente innocenza,
desiderio del bene, rifiuto di tutto ciò che non è amore. Non esistono
cuori determinati nel male: il malvagio è sempre incerto, pauroso,
inconsistente. Così scrive Gandhi: “Non avere timore. Chi teme odia.
Chi odia uccide. Se getterai via la tua spada, la paura non ti prenderÃ
più… La non-violenza è il vertice del non coraggio” Vogliamo
riconoscere nel volto fermo di Gesù questo tipo di coraggio. Il fatto
che egli ha gettato la spada ed ha veramente disarmato il proprio cuore.
Va verso Gerusalemme nellÂ’innocenza. Luca aggiunge che in
quell’occasione Gesù mandò avanti a sé dei messaggeri.
Letteralmente il testo dice: degli angeli. Naturalmente ci si può
riferire a dei messaggeri terreni. Ciò non toglie che proprio luca
aveva avuto gli angeli come annunciatori di pace a Betlemme. LÂ’angelo
è colui che evangelizza, colui che offre un annuncio gioioso di pace.
Gesù, dunque, si fa precedere da un Vangelo che rivela come non solo il
suo cuore ma anche le sue mani siano totalmente disarmate. Gesù si fa
annunciare proprio perché non ha bisogno di nascondere nulla di
minaccioso. Eppure lungo il viaggio succede qualcosa di imprevedibile. in un villaggio
di samaritani Gesù viene rifiutato proprio per questa ragione: perché
il suo volto è fermo verso Gerusalemme. Gesù nel suo cammino si
scontra, dunque, con lÂ’inimicizia, la non accoglienza a causa di
differenze religiose o culturali o di razza. Due dei suoi discepoli
reagiscono a questo rifiuto: “Signore, vuoi che diciamo che il fuoco
scenda dal cielo e divori costoro? C’è
qualcosa che sorprende in questa reazione? La
sproporzione tra la mancanza dei Samaritani e la punizione invocata dai
discepoli. Divorare, distruggere, uccidere tutti. La morte per una
semplice mancanza di accoglienza. EÂ’ unÂ’esplosione di violenza. Come
può succedere in un normale condominio delle nostre città quando si
litiga per un tavolo messo nel posto sbagliato. Gesù rimprovera severamente i suoi discepoli. E nel suo rimprovero vi è
una luce ed una guarigione per il cuore dell’uomo che non è
disarmato. Non è mai veramente disarmato come quello di Gesù. Il cuore
dell’uomo è omicida. Non è questo il primo peccato dopo quello
originale? un fratello che uccide lÂ’altro fratello. Leggiamo Genesi
4,3-8. Che valutazione diamo della situazione descritta? dove la giustizia ed il
torto tra i due fratelli? cosa fa scattare questa esplosione di violenza
in Caino? AllÂ’apparenza
vi è all’origine una parzialità da parte di Dio. In realtà leggendo
attentamente il testo vi si trova che Dio non fa preferenza tra le
offerte che riceve. Egli guarda alle persone, ai cuori e “gradisce Abele
con la sua offerta”. Mentre non gradisce “Caino
con la sua offerta”. Il problema cioè non è quello che offrono ma
come lo offrono, con quale atteggiamento interiore. Come era, dunque, il
cuore di Abele gradito a Dio? disarmato, fiducioso, forse ingenuo. Abele
non esita a lasciarsi condurre in un luogo isolato dal fratello. EÂ’
innocente. EÂ’ agnello. Come era il cuore di Abele? lo si intuisce dal suo sguardo. Il suo sguardo,
dice la Genesi, era “abbattuto”. E’ il volto, lo sguardo di chi è
arrabbiato perché si sente trattato ingiustamente, di chi tende a
leggere i fatti della propria vita e le situazioni della storia in
chiave vittimistica: mi hanno fatto un tortoÂ… non mi hanno capitoÂ…
non mi hanno rispettatoÂ… io non ho avuto abbastanza dalla vitaÂ… Da
questa lettura nasce un giudizio su Dio innanzitutto. Un Dio che non ama
abbastanza, che fa preferenzeÂ… E da qui il giudizio sul fratello.
Caino, dunque, non mette in discussione il proprio cuore ma lÂ’agire di
Dio e degli altri. Dio con il suo amore cerca di illuminarlo: “Se hai
agito bene, perché c’è tristezza, rammarico, chiusura all’altro?
Ma se non agisci bene il peccato è alla tua porta per divorarti. Tu
dominalo”. L’unica vera lotta, dunque, è contro il peccato dentro e
fuori di noi. Peccato personale e peccato strutturale. Ma per lottare
contro questo peccato è importante disarmare il cuore. L’omicidio di
Caino è nato da un piccolo rancore. Così come quello del cuore dei
discepoli prediletti di Gesù nasce da un piccolo screzio da parte dei
Samaritani. Allora capiamo perché Gesù nel discorso della montagna in Matteo 5-7
comincia ad insegnare il comandamento nuovo dellÂ’amore proprio a
partire dal comandamento della vita: non uccidere (Mt 5,21). Gesù parte dal comandamento riguardo al quale ci sentiamo
tutti abbastanza tranquilli: io non uccido. Sono vegetariano. In realtÃ
questo comandamento della vita è il criterio di discernimento
dell’amore evangelico. Questo fuoco che Gesù è venuto a portare
sulla terra non per divorare ma per trasformare i cuori. Cosa significa
allora: non uccidere? Lo si capisce a partire dal cuore perché è nel cuore la radice
dell’omicidio ed è il cuore che bisogna disarmare. Leggiamo insieme
Giovanni 7,19-24: Gesù dice alle folle: “voi cercate di uccidermi”
La folla risponde: “Tu sei pazzo. Chi vuole ucciderti?” Gesù
illumina il loro cuore: “Voi siete sdegnati contro di me perché ho
guarito una persona in giorno di Sabato”. La folla è sdegnata perché
Gesù ha violato la folla. Gesù allora dice che ogni volta che noi ci
arrabbiamo giustamente, ogni volta che siamo sdegnati per qualcosa di
giusto che è stato violato, ritroveremo nel nostro cuore un germe di
male, una fragilità originaria che ti chiude all’altro e che ti
porterà a togliergli la vita. Gesù insomma vuole illuminare e guarire
la radice dellÂ’omicidio: lÂ’ira ed il giudizio. Allora
uno si chiede: cosa devo fare per non uccidere? per compiere
nellÂ’amore questo comando della vita? Continuiamo a leggere Matteo 5,21-26. Vi si parla di iraÂ… del dire stupido
al fratello e di chiamarlo pazzo. Paradossalmente, però, più la colpa
è leggera, più la punizione è severa. Gesù sembra voler dire che è
facile uccidere… che quello che c’è nel nostro cuore: ira,
disprezzo, l’indifferenza, la durezza, … può davvero raggiungere il
cuore dellÂ’altro e dargli vita, oppure toglierla. EÂ’ importante
essere consapevoli di ciò per poterci aprire all’amore di colui che
può disarmare il nostro cuore. Per lasciarci innanzitutto perdonare.
Perché abbiamo bisogno non di una piccola cura ma di una resurrezione.
Come sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita? per il fatto che
amiamo. Ma questo amore non è più solo un fatto naturale. E’ frutto
della resurrezione. EÂ’ lÂ’amore della croce. La vita e quindi la
capacità di amare vuole dartela Gesù. Siamo chiamati ad aprirci alla compunzione. Per questo può essere così
importante riconoscere anche la più piccola mancanza di amore. Perché
l’amore è connesso alla vita e noi siamo chiamati a passare a questa
vita che Gesù ci ha dato sulla croce. Non
uccidere, dunque significa dare spazio allÂ’altro, mettere lÂ’altro al
centro. Non uccidere significa dare la vita e prendere la morte su di sé.
Per non uccidere siamo chiamati ad amare come Gesù sulla croce. Egli
sulla croce ti dice: la tua vita è più importante della mia. Ogni
relazione che non tende a questo atteggiamento rimane al di sotto
dell’amore. Puoi vivere così? puoi morire all’altro? Cosa dicono e
come amano Giacomo e Giovanni? invocano un fuoco divorante, che consuma.
Per loro la vita dei samaritani non conta nulla. Così è anche il
nostro cuore: può contenere un fuoco che consuma oppure un fuoco che
divora. C’è un altro luogo nel Nuovo Testamento dove si usa lo stesso verbo:
consumare. Leggiamo Galati 5,13-15. “Voi infatti fratelli siete stati chiamati a
libertà . Purché questa libertà non diventi un pretesto per vivere
secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli
altri. Tutta la legge, infatti, trova la sua pienezza in un solo
precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e
divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi/consumarvi del
tutto gli uni gli altri” Divorare l’altro significa incontrarlo secondo la logica del dominio e del
possesso. Amare nel dono di sé significa incontrare l’altro secondo
la logica del servizio e della libertà . San Francesco: “Io ti dico
come posso che ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o
altri, anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere
una grazia. E così tu devi volere e non diversamente… E ama coloro
che agiscono in questo modo e non esigere nulla da loroÂ… e non
pretendere che diventino cristiani migliori” Questo e dare la vita all’altro e prendere su di sé la morte. Ma per dare
così la vita devi averla eterna. Devi appoggiarti a Lui che solo è
risuscitato. Egli ti insegnerà ad amare, a compiere il comando di non
uccidere. Te lo insegnerà perdonandoti. Il perdono ricevuto comincerÃ
a disarmare il tuo cuore. Allora cominceremo a costruire la civiltÃ
dell’amore. Gesù ci ha manifestato l’intima connessione tra l’amore e la vita. Solo
chi ama vive pienamente. Ma soltanto chi “dona la propria vita
all’altro” ama pienamente. Guardando alla croce impariamo cosa
significa donare la vita, disarmare il cuore e le mani. Guardando alla
croce comprendiamo il pieno significato del comando “non uccidere”. Hai mai fatto esperienza di disarmare il tuo cuore davanti a qualcuno che ti
faceva soffrire? Se “si” come è stata questa esperienza? se “no”, perché? Chi ha disarmato il proprio cuore si scopre determinato ad amare: questo
significa accorgersi del povero, dare precedenza al più debole,
disporsi al perdono, impegnarsi attivamente contro il male senza mai
fare male a nessuno. Dove e come ti senti chiamato a testimoniare la forza attiva della non
violenza nelle circostanze concrete della tua vita quotidiana?
|