Lc 9, 51-56: Disarmare i Cuori e le Mani... il Vangelo della Non-Violenza
Gim Venegono (novembre 2001)
Disarmare i cuori e le mani: il Vangelo della non violenza Terza GIM, 18 Novembre 2001 |
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Vengono 18
Novembre 2001 Il
tema proposto per questo mese è una forte provocazione per
noi che viviamo “in tempo
di guerra”. E’ responsabilità di chiunque cercare di farsi
unÂ’opinione evitando le trappole di unÂ’informazione non sempre
obiettiva e completa; talvolta più preoccupata di convincere che di
comunicare, e che ci “bombarda” giustificando(in
molti) o criticando(in pochi)
questa guerra dichiarata silenziosa,
speciale, invisibile o come il governo del presidente Bush lÂ’ha
chiamata “guerra umanitaria”,
“guerra contro il terrorismo”, “Operazione Giustizia Infinita” o
“Operazione Libertà Duratura”. La
si può chiamare come si vuole, ma è sempre guerra !!! Con
questo non vogliamo dire che i terroristi che hanno compiuto lÂ’attacco
dellÂ’11 settembre non debbano essere cercati, giudicati e portati
davanti alla giustizia. Devono esserlo.
Ma la guerra è il modo migliore per catturarli? Bruciare il pagliaio può
aiutarvi a trovare l’ago? O servirà soltanto a far montare la rabbia e
rendere il mondo un inferno vivente per tutti? In
segno di aiuto umanitario, il governo americano ha lanciato sullÂ’Afganistan
37 mila razioni alimentari dÂ’emergenza. Non
si possono sganciare, allo stesso tempo, razioni alimentari e bombe!!!
E poi cosa sono rispetto ai tanti milioni di persone che hanno un
disperato bisogno di cibo? Ma sappiamo che il cibo non arriverà mai a chi
veramente ne ha bisogno e, peggio ancora, perché chi corre a recuperare i
pacchetti rischia di saltare sulle mine antipersona. Che
assurdo tutto questo!!! In
questo contesto riecheggiano forti le parole del papa:
“La guerra è il mezzo più barbaro e più inefficace per risolvere i
conflitti”. L’esperienza delle ultime guerre mostra che in
qualunque tipo di guerra su 100
persone che muoiono 7 sono soldati e 93 sono civili di cui 34 bambini!
Oggi la guerra uccide essenzialmente civili indifesi. Può
essere dichiarata giusta una simile guerra? Come cristiani dobbiamo opporci ad ogni terrorismo che condanniamo con tutte le nostre forze, ma non possiamo accettare questa guerra come legittima difesa. Essere per la pace non è essere contro gli americani e in favore dei terroristi!!! Non significa lasciare impuniti i colpevoli del terrorismo, ma cercare le strade coerenti con il Vangelo e con i diritti dell'uomo. Cercare la pace, almeno per chi si dice e vuol essere cristiano, è lasciarsi guidare dalla Parola di Dio cui ci si appella sempre, a volte anche a sproposito, ma che si evita di chiamare in causa in questi momenti terribili, quando più è necessaria.
LASCIAMOCI
GUIDARE DALLA
PAROLA DI
DIOÂ… LÂ’episodio
narrato in Luca 9,51-56 ci
racconta che gli apostoli sono arrabbiati con gli abitanti di un villaggio
della Samaria, perché hanno rifiutato l’ospitalità a loro e a Gesù,
per il solo fatto di essere diretti a Gerusalemme, la città non cara ai
Samaritani. Di fronte a questo rifluito reagiscono immediatamente Giacomo
e Giovanni che gli dicono a Gesù. “Signore,
vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” E
Gesù li rimprovera per la loro reazione violenta e immediata; per una
cortesia negata non è necessario distruggere un intero villaggio!!! Gesù
cammina verso Gerusalemme, verso
il luogo del giudizio e della condanna, e allÂ’intolleranza, al rifiuto
dei samaritani non risponde – come invece avrebbero voluto i discepoli
– con il castigo bensì con la comprensione. La
reazione di Giacomo e Giovanni sorprende perché pur essendo discepoli
di Gesù fanno fatica a capire che tipo di Messia è colui che stanno
seguendo e per il quale hanno giocato la loro vita. Si sentono associati a
Cristo, alla sua missione, amici
e compagni di viaggio; si sono lasciati entusiasmare da lui e dalle sue
provocazioni; lo hanno visto operare in favore dei deboli e dei poveri, ma
ignorano e fanno fatica a comprendere e ad accettare che lÂ’unico suo
potere e lÂ’impotenza di uno che si consegna per amore. Egli non porta il
fuoco che brucia i nemici, ma
lÂ’amore che perdona. Anche
i miti sono capaci di intolleranza e aggressività . La
violenza è radicata nel cuore di ogni uomo e donna, non è un tratto
peculiare di caratteri focosi. Essa è dentro di me, dentro di te, in uno
stato latente magari, come fuoco sotto la cenere, ma pronta a scattare
ogniqualvolta ci si sente offesi, ingiustamente denigrati o sottoposti a
violenza fisica o psicologica. Riconoscere di provare sentimenti di
violenza e di essere capaci di violenza è comunque imbarazzante e penoso
da ammettere.
CHIAMATI
AD ESSERE OPERATORI DI PACE Come
posso dirmi cristiano/a, operatore/trice di pace se provo sentimenti
di odio verso le persone che mi fanno del male? Oppure se, per molto meno,
divento irascibile e intollerante nei confronti di chi la pensa
diversamente da me, o esulta per il gol di un calciatore che non è della
mia squadra, o perché ha superato l’esame brillantemente e a me invece
è andato male, o perché in autostrada uno mi ha sorpassato infrangendo
una regola. Possiamo
essere operatori di pace, lottare
per poter attenuare la violenza e il dolore che c’è nel mondo, partendo
innanzitutto da noi. Solo riuscendo ad accettare e ad amare noi stessi
saremo in grado di accettare ed amare realmente anche gli altri; solo se
riconosciamo e togliamo la
rabbia che c’è in noi, saremo capaci di costruire un mondo di pace.
Dobbiamo prima di tutto disarmare i cuori e le mani: i nostri!!! Il
primo passo verso il cambiamento è quello di prendere consapevolezza del
bisogno che abbiamo di riconoscimento e di amore, nonché delle cause
della nostra aggressività , delle difficoltà a sentirci accettati dagli
altri e ad accettare a sua volta gli altri. Non possiamo dimenticare
che la pratica della nonviolenza nasce proprio dallÂ’aver sperimentato la
profondità dell’amore di Dio per me. Soltanto all’ora potremo
compiere il primo passo come operatori di pace.
NON
PASSIVITAÂ’, MA IMPEGNO La
parola nonviolenza può sembrare un temine non molto felice, perché fa
pensare a un atteggiamento negativo e per molta gente è sinonimo di
passività . M.L.King parlava
di forza di amare. Gandhi
non amava affatto il termine nonviolenza e preferiva parlare di satyagraha,
che significa forza della verità .
Noi sappiamo che un male non può essere distrutto da un altro male,
altrimenti i due si sommano. Cristo
ci dà un comandamento, quello
di amare, e un altro molto importante per noi: Tu
non ucciderai. Cristo non dice nientÂ’altro. La forza della
nonviolenza trova nel Vangelo la sua forza. LÂ’alternativa
alla violenza è il metodo della nonviolenza, che non è un metodo di viltÃ
o stagnante passività , ma per resistere. Il
resistere nonviolento si oppone tanto al male contro cui protesta quanto
alla persona che pratica la violenza. Non distoglie il volto dalla
brutalità dell’oppressione e non vede l’altro come nemico, ma
fratello. Il resistente nonviolento non è aggressivo fisicamente
verso il suo oppositore ma la sua mente e le sue emozioni sono sempre
attive, nella ricerca costante di convincere l’avversario che è in
errore. Basterebbe pensare al testamento di
frere Christian, priore del monastero di Notre Dame de lÂ’Atlas, che
ha segnato il cuore dei mussulmani algerini, con il suo amore senza limiti
verso chi, strumentalizzando il mistero dellÂ’unico Dio, lo avrebbe
sgozzato.
UN
CAMMINO ARDUO Il
cammino della nonviolenza è un cammino arduo, fatto di successi e di
errori che siamo chiamati ad ammettere con onestà e senza paura. Allo
stesso tempo, la consapevolezza di sentirci avvolti dallÂ’amore
paterno/materno di Dio non deve mai portarci a sopprimere lÂ’indignazione
che nasce dentro di noi di fronte alle ingiustizie, allÂ’oppressione del
forte sul debole, alla violenza gratuita, alla violazione dei diritti
umani, alle guerre chiamate “giuste” o a quelle dimenticate. Non
dobbiamo chiedere a Dio scorciatoie al problema della violenza: il
fuoco dal cielo per distruggere il villaggio dei cattivi. Dobbiamo
mantenere vivo in noi questo fuoco, questa carica di passione per la pace che
Dio ci sta trasmettendo per farci strumento di una umanità nuova e per
darci il coraggio “di osare il
futuro”. Siamo
chiamati a non desistere, a r
– esistere, e a continuare sulla via stretta della nonviolenza: la
strada della fermezza delle nostre convinzioni nel rispetto delle
posizioni dellÂ’altro, della forza di non rispondere al male con il male
ma solo con il bene, del saper gridare dai tetti il nostro dissenso nei
confronti di politiche economiche ingiuste, del coraggio di chiamare per
nome le cose come sono, della capacità di saper guardare l’altro come
fratello e non come avversario, dal lasciarci scomodare da chi è
costretto a chiederti elemosina a un semaforo o cerca una stanza in
affitto o un lavoro anche se senza documenti.
VINCERE
IL MALE CON IL BENE Di
fronte a tante provocazioni e situazioni
non possono restare
indifferenti. Di fronte alle paure o alla rabbia che ognuno porta nel
cuore, alla voglia di vendetta o soluzioni immediate che tanti vorrebbero,
ma soprattutto di fronte al grido di tanti innocenti, di bambini, donne e
uomini costretti a combattere, uccidere, morire per le bombe sganciate dai
caccia bombardieri o per freddo o per fame, o costretti a fuggire,
lasciamo che ancora una volta riecheggi forte nel nostro cuore la Parola
dell’Apostolo Paolo: “Non
rendete a nessuno male per male.
Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per
quanto questo dipenda da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi
giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare allÂ’ira divina. Al
contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare, se ha sete, dagli
da bereÂ… Non lasciarti vincere
dal male, ma vinci con il bene il male”.
(Rom 12,17-21)
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