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Missionario
ambientalista
di
p. Efrem Tresoldi
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a Johannesburg 2002
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tratto da www.nigrizia.it
“Perché no?”. All’ex direttore di Nigrizia la definizione non
dispiace. Descrive l’impegno al quale dedica buona parte del suo
tempo ed energie da quando è tornato in Sudafrica. |
Ero appena entrato a far parte del team della Commissione episcopale
giustizia e pace – otto membri in tutto – quando mi fu chiesto
di preparare per i vescovi sudafricani il testo della lettera
pastorale sulla crisi ambientale in Sudafrica.
Per la prima volta mi occupavo di tale argomento. Addentrandomi
nelle ricerche e nella raccolta di dati mi è parso sempre più
chiaro che la questione ambientale non si debba limitare alla
conservazione dei paesaggi naturali o alla preservazione di specie
animali in via di estinzione. I poveri – che sono esclusi dai
benefici dell’attuale sistema economico – sono coloro che
pagano il prezzo più elevato del degrado ambientale causato dallo
stesso sistema economico. Comunità di neri – come mi è
capitato sovente di vedere – vivono nei pressi di maleodoranti
discariche e non di rado sono esposte agli effetti di rifiuti
tossici.
Nei sovraffollati ex bantustan, creati durante l’apartheid,
milioni di persone sono costrette a procurarsi da vivere su
terreni sempre più impoveriti dall’erosione a causa del
disboscamento e del supersfruttamento dei pascoli. Ammassati nelle
periferie delle principali città, i poveri devono fare i conti
spesso con livelli inaccettabili di inquinamento atmosferico e
sono soggetti più di altri a malattie infettive per la mancanza
di igiene e di adeguati sistemi di fognatura.
La lettera pastorale – pubblicata lo scorso anno in inglese e
tradotta in nove lingue locali – riflette questa realtà e
contiene un appello ad ogni cittadino perché si prenda cura
dell’ambiente in cui vive, usando in modo oculato le risorse
naturali e cercando di limitare il degrado ambientale. Questo è
il messaggio che cerco di comunicare in incontri e seminari in
varie città, invitando chi mi ascolta a un aggiornamento continuo
sui problemi ecologici e ad impegnarsi in concrete azioni per la
salvaguardia del creato. Dal riciclaggio di materie di scarto alla
riduzione del consumo di prodotti che contengono sostanze nocive
all’ambiente, dall’uso parco dell’acqua e dell’elettricità
all’abitudine di riparare cose che si possono aggiustare anziché
gettarle e comperarne di nuove.
Al centro l’essere umano, ma non da solo
Nonostante la presenza sul territorio di parecchie ong che operano
nel settore ecologico, la questione della giustizia ambientale
rimane una novità per molti. Questo vale anche per chi ha già
compiuto un certo cammino di impegno sociale e non manca di
sensibilità verso i temi della giustizia e della pace. Allo
stesso tempo, però, l’esperienza di numerosi incontri e
seminari mi fa toccare con mano come siano tante le persone che
manifestano uno spiccato interesse e una curiosità di saperne di
più, e desiderano darsi da fare per risolvere i numerosi problemi
ambientali che riguardano il Sudafrica.
Oltre a provvedere un’informazione aggiornata in tema
ambientale, negli incontri che svolgo offro alcune riflessioni
basilari per una nuova spiritualità e teologia della creazione, a
partire da una lettura in chiave critica di noti passi biblici
come il comando di Dio agli esseri umani nel libro della Genesi
(1,28): «Riempite la terra e soggiogatela. Esercitate il vostro
dominio sui pesci del mare, gli uccelli del cielo e ogni essere
vivente che si muove sulla terra».
Occorre ripensare testi simili alla luce di sensibilità
provenienti da altre religioni che hanno un approccio meno
aggressivo nei confronti della natura. E alla luce dei risultati
della ricerca scientifica che ci rende maggiormente consapevoli
del complesso e delicato equilibrio della vita sul nostro pianeta.
Abbiamo bisogno di ridimensionare il concetto dell’essere umano
tradizionalmente posto al centro nel creato a favore di una
visione del mondo dove noi umani occupiamo un posto accanto agli
altri esseri viventi e non in posizione di superiorità ma di
reciprocità, uniti da legami di interdipendenza. Se non saremo
capaci di questo cambiamento mentale la nostra presenza finirà
con l’essere troppo pesante da sopportare per l’ecosistema
della terra che già manifesta segni di cedimento.
Indispensabile è il lavoro di coscientizzazione sulla crisi
ambientale, ma altrettanto imprescindibile è portare avanti
l’attività di pressione e di monitoraggio all’interno delle
istituzioni politiche, governo e parlamento in modo particolare.
Questo è il compito che ho assunto insieme al gruppo ristretto
che mi ha aiutato nella preparazione della lettera pastorale
sull’ambiente, gruppo con cui continuo ad incontrarmi per
programmare nuove attività. Mi sento appena all’inizio in
questo campo. So che è necessario intervenire con tempestività e
competenza.
Recentemente con il gruppo di consultazione stiamo affrontando la
questione dell’ingegneria genetica applicata soprattutto
all’agricoltura. Dopo che i paesi dell’Unione europea hanno
posto il bando ai prodotti transgenici provenienti per lo più
dagli Usa, le grandi multinazionali agricole stanno muovendosi
rapidamente verso i paesi in via di sviluppo per vendervi soia e
granturco geneticamente modificati, e proseguire con minori
controlli nella ricerca e sperimentazione di nuovi prodotti
geneticamente manipolati. Il Sudafrica, dotato di infrastrutture
moderne e di risorse, è un interlocutore privilegiato per questo
tipo di operazioni.
Come chiesa siamo chiamati a vigilare perché vengano approvate
leggi in grado di salvaguardare la vita nella sua molteplicità di
forme, e a monitorare l’applicazione delle stesse affinché
venga rispettato lo spirito e il contenuto di queste norme.
Personalmente sono disposto a continuare a dare il mio contributo
per limitare i danni causati dall’attività umana all’ambiente
e a lavorare insieme ad altri per garantire la sopravvivenza della
razza umana e della creazione affidata alle nostre mani dal
Creatore
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