L’INDIFFERENZA, PESO MORTO DELLA STORIA
Lettera di Fr. Alberto Degan
A Rovigo pochi giorni fa è stato chiuso il Centro d’ascolto per i senza dimora; quanto allo sportello Informahandicap, è già da un anno che aveva chiuso i battenti. Motivo? Non ci sono più soldi. E la reazione qual è stata? Silenzio, quasi nessuna protesta. Tanta gente dice: ‘Che si può fare? ormai i Comuni hanno pochi soldi’.
Ma non ci domandiamo perché i Comuni hanno pochi soldi? E’ una fatalità o è una precisa scelta dei grandi Poteri quella di fare in modo che, mentre il volume globale della ricchezza cresce, i soldi si accumulano in un circolo sempre più ristretto di persone, e quindi diminuiscono i fondi per le iniziative pubbliche?
A Padova la Giunta comunale ha abolito la Consulta per gli stranieri, che dava voce ai circa 25.000 immigrati residenti in città. Motivo? Il Comune ha pochi soldi. Poi, però, per altre iniziative costosissime, come quella ‘fantastorica’ di completare e rafforzare le mura di Padova, di soldi se ne trovano, eccome!
Praticamente il Sindaco di Padova, mettendo fine a questa esperienza, ha voluto dirci: ‘La presenza di 25.000 stranieri nella nostra città si affronta facendo finta che non ci siano’. Certo, in termini elettorali, questa decisione farà guadagnare qualche voto all’estrema destra, ma chiunque è dotato di buon senso capisce che si tratta di una decisione – nelle migliori delle ipotesi – miope, se non addirittura criminale, come ha commentato qualcuno, nel senso che questa decisione mina alle basi il progetto di una convivenza interculturale pacifica per noi e per i nostri figli.
“Ero straniero e non mi avete accolto…” (Mt 25,43). Gesù oggi sbarca sulle nostre coste, entra nelle nostre città; e cosa trova? Trova muri, fili spinati, gas lacrimogeni, pallottole di carta, etc. Perché non crediamo nel progetto di convivenza tra diversi!
Quando il papa l'anno scorso annunciò di voler andare in Centrafrica per inaugurare là l’Anno santo, nel bel mezzo di una guerra, fu caldamente consigliato dal Governo francese di rinunciare alle sue intenzioni. Sappiamo che gruppi armati stranieri di religione islamica erano entrati in quel paese, prendendo di mira soprattutto le comunità cristiane. Questo aveva provocato, in alcuni casi, una reazione violenta contro cittadini musulmani. Insomma, un bel guazzabuglio. Quando l’aereo del papa stava atterrando a Bangui, capitale del Centrafrica, i soldati francesi gli mandarono un ultimatum: “Santità, torni indietro, siamo sicuri che qualcuno cercherà di abbattere il suo aereo”. Al che Francesco rispose: “Allora preparate un paracadute”. Per farla breve: il papa è atterrato incolume, ha incontrato le comunità cristiane e musulmane e - MIRACOLO! - dopo la sua visita gli scontri armati tra opposte fazioni sono cessati. Nella capitale e in larghe zone del paese le armi tacciono. Le grandi Potenze e i venditori di armi ti dicono: ‘La pace è impossibile! Non c’è alternativa alla guerra e allo scontro’. Il papa, invece, ha dimostrato che la pace è possibile, e che la guerra non è una fatalità ma una scelta politica, frutto di una strategia che risponde a interessi ben definiti.
Insomma, i potenti ci presentano come fatalità ciò che invece è frutto di un determinato progetto politico ed economico. A questo proposito, Antonio Gramsci affermava: “La fatalità che sembra dominare la storia non è altro che l’apparenza illusoria della nostra indifferenza e del nostro assenteismo”. In altre parole, tante scelte politiche ‘fatalmente’ inevitabili non sarebbero possibili senza la nostra indifferenza.
Questo vale anche per noi cristiani. Arrivano qui i rifugiati, e noi come rispondiamo? con il muro o con l’abbraccio? Chiudono il Servizio Informazioni per gli Immigrati, e noi cosa facciamo? rimaniamo in silenzio o esprimiamo pubblicamente la nostra contrarietà? Non possiamo rimanere neutrali di fronte al male. Davanti all’odio e davanti ai muri dobbiamo avere il coraggio e la chiarezza del papa, che ha gridato e continua a gridare: “Questo non è da Gesù!”.
Il card. Lercaro, uno dei protagonisti del Concilio, ci ammoniva con questa esortazione: “La via della Chiesa non è la neutralità, ma la profezia”, cioè fare nostra la Parola di Dio, parlare e agire come parla e agisce la Parola di Dio.
Il grande Arcivescovo di Bologna avrebbe voluto che il Concilio condannasse in maniera inequivocabile le armi nucleari, ma molti altri vescovi gli si opponevano, con queste argomentazioni: ‘Meglio evitare una condanna esplicita, sennò ci faremmo nemiche le grandi potenze nucleari, a cominciare dagli Stati Uniti. E’ preferibile parlare genericamente a favore di una politica di pace e poi, dietro le quinte, cercare di convincere queste nazioni ad intraprendere una politica di disarmo. Così, se non le denunci apertamente, poi ti ascoltano di più e tu, dietro le quinte, puoi fare tanto bene’. Al che mons. Romero obbietterebbe: “La Chiesa, ovviamente, non si schiera con nessun partito ma, di fronte ad ogni scelta o strategia politica, deve dire se questa scelta è conforme o no al Regno di Dio”. Deve dire se questa scelta è ‘da Gesù’, per usare il linguaggio di Francesco. Questo la Chiesa è chiamata a dirlo!
Insomma, non si può rimanere indifferenti di fronte alle continue misure che impediscono l'incontro tra diversi e alimentano la diffidenza reciproca. Prendiamo il caso dell’abolizione della Consulta per gli stranieri del Comune di Padova. Convivere con 25.ooo persone che non si sentono nè ascoltate né consultate non solo non è democratico, ma è assurdo: è come convivere con una bomba a orologeria! Chiaro che tutto questo potrebbe provocare in loro risentimento, rancore, e forse odio! E’ questo il futuro che pensiamo per i nostri figli?
Nella parabola del Buon Samaritano, il sacerdote e il levita vedono l’uomo ferito e “passano oltre”: perchè? Soprattutto perchè hanno paura: i briganti potrebbero essere ancora lì vicini e attaccare di nuovo. Ma non è solo per questo, commenta Jon Sobrino: ridare la vita al moribondo è una cosa che non fa piacere ai briganti, perché il moribondo potrebbe denunciarli. E così il sacerdote e il levita preferiscono non immischiarsi in queste cose, e “passano oltre”. Secondo il papa, i briganti della parabola rappresentano quei potenti che, con le loro decisioni politico-economiche, provocano l'emarginazione e la morte di tante persone. E’ evidente allora che, se non denunciamo quei briganti e se non ci mettiamo apertamente dalla parte delle loro vittime, quel poveraccio lasciato al bordo della strada morirà, e altri poveracci saranno tramortiti; anche i nostri figli moriranno alla speranza e saranno condannati ad una vita di violenza e di odio.
E tutto questo per colpa soprattutto della nostra indifferenza, il “peso morto della storia”, come la chiamava Gramsci. Sì, la nostra indifferenza è ‘pesante’, nel senso che avrà conseguenze devastanti e concrete su quel poveraccio tramortito: lo farà morire. Allo steso modo la nostra indifferenza è un peso morto sul futuro dei nostri figli e sul futuro di tutta l’umanità.
Ovviamente questa indifferenza non è frutto della casualità o della fatalità, ma è ‘figlia’ di un disegno politico che viene da lontano. Come afferma Naomi Klein, noi siamo il prodotto di un progetto ideologico che ci ha convinti ad accettare come indiscutibile il 'dogma' secondo il quale gli esseri umani sono isole unicamente concentrate sulla propria gratificazione immediata e sul proprio profitto personale. E’ un progetto che ci ha strappati dalla nostra comunità, che ci ha reso persone senza radici, programmate per vivere nell’indifferenza verso tutto ciò che capita agli altri. Ad esempio, pensare che le regole del mercato e il nostro interesse immediato valgano più della vita del Pianeta e di tanti nostri fratelli è un’ideologia che si è imposta in tutta la sua brutalità ‘solo’ negli ultimi 30 anni. Non è la natura ‘inevitabile’ dell’uomo essere meschino e indifferente alla sorte degli altri, ma è solo il frutto di una deliberata scelta politica e ‘culturale’.
Insomma, l’ideologia e la globalizzazione dell’indifferenza è un peso morto sul nostro presente e sul nostro futuro. Sta a noi combatterla. E’ possibile combatterla. E insieme possiamo farlo.
Fratel Alberto Degan