VIVERE SOTTO LO STESSO CIELO
Lettera di Natale di Fr. Alberto Degan
VIVERE SOTTO LO STESSO CIELO
Lettera di Natale
Il Messia vicino
”In principio era il Verbo, e il Verbo era vicino a Dio, e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, vicino a Dio” (Gv 1,1-2). Il Messia è vicino al Padre. La preposizione greca ‘pros’ – usata da Giovanni - indica uno stare ‘presso’ o ‘vicino’ a qualcuno, ma indica anche un andare ‘verso’ qualcosa. Insomma, non si tratta di stare fermo immobile accanto a qualcuno, ma di voler avvicinarsi a lui: è una vicinanza dinamica. In effetti, stare vicino a una persona significa continuare ad andare verso di lei: se rimango allo stesso punto, rischio di allontanarmi. Stare vicino a una persona è un processo creativo e dinamico, mai concluso: ogni giorno sono chiamato ad avvicinarmi.
Questo Messia da sempre vicino al Padre adesso vuole essere vicino anche all’umanità:“E il Verbo si fece carne, e pose la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14). Anche qui si tratta di una vicinanza in movimento: i pastori nomadi muovono spesso le loro tende, per cui se voglio rimanere vicino a loro devo camminare con loro. E’ una casa nomade, una tenda che cammina, secondo il principio della ‘vicinanza dinamica’.
Tutti noi nella nostra vita cerchiamo di avere qualche persona vicina. E’ la nostra principale sete: tutti noi cerchiamo di mettere la nostra tenda in mezzo alle persone che amiamo. La nostra vita dipende dal contatto con le persone amate. Ed è commovente vedere che anche la vita di Dio dipende da questo. Il Verbo è vicino a Dio: fra le tre persone della Trinità c’è questo stesso bisogno di contatto, questo stesso desiderio di vicinanza che alberga nel nostro cuore.
Pace in terra
Quando annunciano la nascita di questo ‘Messia vicino’, gli angeli a Betlemme proclamano “pace in terra” (Lc 2,14). Ma cos’è questa pace? Ce lo spiega S.Paolo nella lettera agli Efesini: “In quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele… Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra PACE, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia… Così dunque non siete più stranieri né ospiti ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio” (2,12-14.19).
In questo passo la pace è contrapposta all’esclusione e alla lontananza. Noi siamo in pace quando ci sentiamo vicini. Il ‘Messia vicino’ elimina l’emarginazione e la discriminazione: è venuto al mondo perché tutti possiamo sentirci parte di una stessa famiglia. Di fatto, non ci sarà mai pace finché fra i popoli c’è distanza e diffidenza, e finché qualcuno si sente sistematicamente escluso. La vicinanza che ci porta il Messia, dunque, ha delle conseguenze molto concrete anche a livello sociale e politico: nel tempo messianico non ci sono più stranieri, ma siamo tutti familiari di Dio.
Pace è diventare vicini; pace è quando i lontani, i dimenticati, i disprezzati si sentono vicini. E dunque quando ci sarà finalmente pace in terra? Quando si creeranno le condizioni in cui tutti si sentano familiari e concittadini; quando si abbatterà il muro di separazione e i popoli si uniranno in una relazione di vicinanza che distrugge l’inimicizia; quando sentiremo e capiremo che siamo tutti in viaggio sulla stessa carovana. E’ straordinario: duemila anni fa Dio sognava già l’ ‘uomo planetario’, cioè l’uomo consapevole che - prima di appartenere a uno stato o a una nazione - appartiene all’umanità o, per dirla con Francesco, l’uomo che riconosce come sua prima patria tutto il Pianeta Terra. In futuro o l’uomo diventerà uomo planetario, o sarà guerra e massacro. L’umanità potrà continuare a vivere solo come umanità planetaria, in cui nessuno sarà disprezzato o respinto come straniero ma tutti saremo vicini, familiari e concittadini.
Un cuore vicino
Nei mesi scorsi migliaia di profughi hanno invaso parchi e stazioni di molte città europee, e sono approdati sulle spiagge di Lesbo e di altre isole ‘turistiche’ greche e italiane. Siamo ormai fisicamente vicini a loro ma il nostro cuore è molto lontano da tutti i rifugiati che stanno arrivando. C’è chi soffia sul fuoco e vuole aumentare la distanza tra ‘noi’ – persone brave e civili – e ‘loro’, barbari pericolosi. Ma con la distanza aumenteranno anche le incomprensioni e le paure reciproche. E a pagarne le conseguenze saremo tutti: ‘noi’ e ‘loro’, perché in questo caso ci aspetta una vita di paura e di tensioni continue, una vita disumana, incapace di cogliere il dolore e la speranza dell’altro. Se vogliamo affrontare in maniera efficace questi esodi ‘biblici’ cui stiamo assistendo, dobbiamo farci vicini ai migranti “in un contatto giornaliero sempre più profondo”, considerandoli familiari e concittadini, con la speranza che questa vicinanza “provochi una fusione dei nostri orizzonti”, come dice Bauman, una reciproca comprensione delle nostre difficoltà, paure, sofferenze e attese.
Cosa posso fare di fronte a tanti profughi? Beh, prima di tutto posso… avvicinarmi. Le inevitabili tensioni che nascono da queste migrazioni di proporzioni bibliche si risolvono solo con un cuore vicino, solo avvicinandoci alle sofferenze e alle speranze di tutta questa gente, e non con le bombe.
Certo, per fondere i nostri orizzonti saranno necessari cambiamenti faticosi, condivisioni di ricchezze, sforzi di creatività non indifferenti, eppure non c’è altra scelta: il cuore vicino è l’unica via per affrontare in maniera umana la grande sfida che ci attende. L’alternativa è la violenza, la disumanità, la guerra.
Fondere gli orizzonti: vivere sotto lo stesso cielo
Dobbiamo vivere sotto lo stesso orizzonte. In realtà stiamo già vivendo sotto lo stesso cielo, ma non ne abbiamo ancora preso piena consapevolezza: è un segno dei tempi che dobbiamo contemplare e meditare. Vox temporis vox Dei: la voce del tempo è la voce di Dio: Dio ci parla attraverso i segni dei tempi, attraverso le inquietudini e le speranze che suscita nell’umanità della nostra epoca. E Dio ha voluto che vivessimo sotto lo stesso cielo, dentro la stessa storia con queste centinaia di migliaia di immigrati. Viviamo nel tempo in cui non è più possibile vivere la nostra quotidianità senza la consapevolezza del momento storico che stiamo vivendo a livello planetario. Anche le nostre ferie, le nostre spiagge e i nostri parchi sono ‘invasi’ dalla storia. Nel passato era possibile vivere le proprie giornate senza quasi essere toccati dalle problematiche della politica internazionale. Ad esempio, gli appassionati di Jane Austen notano che nei suoi bellissimi romanzi le guerre napoleoniche che si stavano svolgendo in quegli anni hanno un ruolo del tutto marginale: la lotta contro Napoleone – che pure vedeva l’Inghilterra impegnata in prima fila - in realtà non incideva quasi nulla sulla quotidianità di chi viveva nelle cittadine e nelle campagne inglesi.
Quell’epoca è ormai passata. Un tempo era possibile vivere con un ‘cuore lontano’: lontano dalla storia e dall’umanità di altre terre. Oggi no. Oggi viviamo tutti sotto lo stesso cielo. E questa sfida ineliminabile si può affrontare solo con un ‘cuore vicino’. La vicinanza è il fondamento dell’unica spiritualità politica all’altezza di questo momento storico. La politica dovrebbe aiutarci a capire le sfide del nostro tempo, e ad affrontarle in maniera realista, efficace ed umana. In quest’ottica la Chiesa ha una grande missione, perché chi più di Gesù può prepararci ad avere un cuore vicino?
Insomma, il nostro cuore è chiamato a fare un salto di qualità, ad abbracciare tutto il pianeta. L’Homo sapiens è chiamato ad allargare la sua capacità di compassione come mai prima gli era stato chiesto.
Durante l’anno giubilare della Misericordia, il ‘Messia vicino’ ci chiede di fare questo salto di qualità, consapevoli che l’umanità potrà sopravvivere solo se coltiva la spiritualità della vicinanza e della fraternità planetaria.
Ormai tutti i popoli vivono sotto lo stesso cielo: è una grazia e una sfida. Ricordiamolo: il Messia di cui ci accingiamo a celebrare la nascita è venuto per abbattere il muro di separazione e per renderci tutti vicini e familiari. Diamogli una mano!
BUON NATALE!
Fr. Alberto Degan