IL
GIORNO DEI MORTI NELLA TRADIZIONE
POPOLARE
MESSICANA
Non credo che ci sia nessuna parte del mondo dove il
giorno dei morti sia vissuto così intensamente ed in modo così
speciale come in Mexìco!
In un paese surrealista come questo (parole di una esperta che ci
parlava della cultura locale) in cui la fede fa parte del tessuto
quotidiano della vita sebbene lo stato sia per sua natura laico al
massimo grado, il giorno dei morti è un giorno lavorativo come
tanti (quest’anno cadeva di martedì), ma nessuno si aspetta che
la gente lavori il 1° e il 2 di Novembre…
Così visto che quest’anno il tutto veniva a
formare un lungo ponte, già al venerdì una folla interminabile
di persone si moveva sia coi mezzi pubblici che privati per
raggiungere il proprio luogo di origine per onorare i propri
morti. Anche noi padri studenti dell’Anno Comboniano ci siamo
aggregati a questa massa umana.
In
viaggio…
Un nostro studente di teologia, Miguel Angel Ortega Peña mi aveva
da tempo invitato a casa sua e quale occasione migliore di questa
per andarci? E così al ritorno dalla messa che ho celebrato
la Domenica
nel carcere femminile ci siamo messi in viaggio. Come al solito la
parte più snervante del viaggio è uscire da città del Messico:
quasi due ore di treno leggero e metropolitana per raggiungere
l’enorme stazione degli autobus e poi un viaggio che di solito
dura due ore fino a Puebla. Visto che si trattava di una domenica
speciale il viaggio è però durato quasi 3 ore, di cui una e
mezza solo per uscire da questa caotica, tentacolare città.
Che peccato…. E io che morivo dalla voglia di
vedere i due vulcani Popocatepetl e
Ixtaccihuatl che si incontrano nel viaggio e invece quando
siamo arrivati al dunque era già così scuro che non si vedeva più
niente…
La
nostra destinazione era un paese dal nome quasi impronunciabile
per me, Huajotzingo, in prossimità di Puebla,
luogo reso famoso dalla conferenza dell’episcopato
latinoamericano a cui partecipò il Papa attuale nel suo primo
viaggio fuori del Messico, nel Gennaio del 1979. Come dice il nome
del paese ci troviamo in piena zona Azteca, Nàhuatl.
Arrivando tardi la famiglia di Miguel ci stava aspettando con
ansia e immediatamente ci hanno dato qualcosa da mangiare: un
gustosissimo (e naturalmente piccantissimo) pollo accompagnato da
una salsa di sesamo e servito, naturalmente, dalle immancabili tortillas
di mais calde. Che bontà!!!
Certo che non ho mai mangiato tanto peperoncino in
vita mia come in quei tre giorni!
Dopo
una notte ristoratrice (e fredda, visto che siamo a più di 2,000
m) quando mi sono alzato e sono uscito nel giardino per
lavarmi, ho potuto gustare di una mattinata limpidissima. Quale
occasione migliore per salire sul tetto (piano) della casa con don
Andrès, babbo di Miguel per poter finalmente contemplare i due
vulcani.
Che spettacolo incredibile! Ixtaccihuatl viene
chiamata
la Bella Addormentata
perché di fatto questa larga montagna con diverse
cime lascia intravedere la silhouette di una donna distesa. Nella
figura si distinguono particolarmente la testa con i suoi
dettagli, il petto ed i piedi. La tradizione vuole che questa
principessa azteca sia vegliata per sempre da un principe, il
maestoso Popo, vulcano attivo, che invece si erge
maestoso in una unica cima, spesso fumante.
C’è da rimanere estasiati di fronte a tanta bellezza e
possanza. Nonostante che l’inverno non sia ancora iniziato la
cima del Popo era abbondantemente coperta di neve.
Credo che il babbo di Miguel si chiedesse perché fossi lì a
bocca aperta come uno scemo a guardare i vulcani; ma certo voi mi
capite meglio.
Eld ìa de los muertos
Il giorno dei Santi mi è servito per vedere
per la prima volta la realtà del Messico, visitando
la Parrocchia
(nella quale per la prima volta ho celebrato da solo in spagnolo;
che sudata….) ed alcune famiglie. Nelle case già ci si dava da
fare per preparare Las Ofrendas, gli altari per le
offerte ai morti. Sopra un tavolo coperto da belle tovaglie si
pongono candele, bracieri in cui brucia incenso, fiori, cibo e
bevande cotte; quelle che più piacevano al defunto. La vivanda più
caratteristica di questi altari sembra essere il mole,
salsa preparata con cacao (non bisogna dimenticare che il cacao
è originario di queste parti e che il suo nome significa cibo
degli dei) e vari tipi di peperoncino e spezie.
Caratteristici sono anche los pan de muerto,
il pane dei morti che assume diverse forme che però sempre
ricordano ossa o figure umane. Questi pani dolci vengono anche
comunemente consumati in questi giorni di celebrazione.
Assieme a questi ci sono le calaveras,
ossia piccoli teschi di cioccolato o zucchero decorati a colori
vivaci le cui orbite oculari sono di un rosso o blu psichedelico.
Anche questi vengono comunemente consumati come dolci
tradizionali. Immaginate con quanta insistenza i bambini chiedono
ai genitori di comprar loro un teschietto di cioccolato… Questa
ultima usanza è soprattutto frutto dell’inquinamento di
Halloween dai vicini Stati Uniti, festa che come quella messicana
ha radici (Celtiche) profonde che si sono però deteriorate col
tempo.
Tradizionale è anche l’offerta di pannocchie di
mais, simbolo della vita come da noi lo è il grano, lo stesso
grano, fagioli e altre
granaglie.
Gli altari sono poi arricchiti e decorati con interessantissimi e
coloratissimi disegni che mirano a demitizzare la morte:
si vedono così un gran quantità di sorridenti scheletri
danzanti (in realtà ciò che sorride sono i denti…) e vestiti a
festa, spesso coi sandali ai piedi per far vedere meglio vedere le
ossa del piede, ma spesso anche vezzose donzelle coi tacchi alti.
Gli scheletri femminili abbondano in rossetto e sono dotati di
lunghe e ricciolute capigliature o di leggiadri cappellini, mentre
gli uomini sono spesso baffuti e suonano con gusto strumenti vari.
Talvolta le dimensioni di questi altari sono monumentali, come
quello che ho visto al centro dell’enorme seminario di Puebla.
Una cura particolare è data ai cosiddetti altari nuovi,
quelli che si preparano per coloro che sono morti durante
l’anno. Questi sono particolarmente ricchi ed oltre a portare le
foto del defunto presentano anche i suoi attrezzi da lavoro e
alcuni oggetti personali. Questi altari sono i più visitati dagli
amici che possono visitare la famiglia intrattenendosi fino a
tarda notte chiacchierando, mangiando e bevendo.
Assieme alle foto del defunto non mancano certo
quelle dei santi protettori della famiglia.
Oltre che nelle case questi altari sono anche
preparati nelle Chiese e nei cimiteri. Ed è particolarmente la
loro presenza nelle chiese che chi non viene dal Messico fa fatica
a conciliare quello che certamente in larga parte è un rito
precristiano preispanico con la fede cristiana.
Una
intensa preparazione
Nel frattempo nelle strade c’è un gran fermento di preparazione
per quello che è l’appuntamento più importante, cioè la
visita al cimitero. Già alla sera in fronte a ciascuna casa
vengono fatte delle grandi croci coi petali di tagete
(fiori gialli che Firenze chiamiamo puzzole). Questi sembrano
essere il fiore dei morti per eccellenza che, perché giallo,
assume nella cultura Nàhuas significato rituale.
E’ come se tutte queste croci che si illuminano con la luce del
sole formassero un cammino perché il morto non si perda.
Al mattino del 2 Novembre si vedono ovunque gruppi di persone che
si muovono con quantità industriali di fiori, spesso carriole
intere! Destinazione: cimitero.
E qui la cosa che colpisce è l’atmosfera che regna. Al posto
della mesta e composta processione di persone che si vedrebbe da
noi regna più una serenità e gioia natalizia. Questa frotta di
gente si incrocia con grandi sorrisi e saluti in questo giorno di
festa. Già da lontano si intravedono in fronte al cimitero una
gran quantità di chioschi che non
vendono fiori, che la gente ha già, bensì le più
disparate cose commestibili. Eh si, perché questo è l’aspetto
più interessante della festa: si va al cimitero non solo per
pregare, ma anche per stare in compagnia dei nostri cari che sono
vivi, vivissimi. E così assieme ai fiori si va al cimitero con la
comida, col pranzo che sarà consumato da tutta la
famiglia sulle tombe in un clima di gran festa.
Già entrare nel cimitero è un’impresa… Mentre pian piano il
paese va spopolandosi, il cimitero va riempiendosi
all’inverosimile ed è difficile districarsi in questa massa
umana carica di ogni ben di Dio. Anch’io ho fatto la mia parte
muovendomi a fatica caricato con un enorme fascio di gladioli.
Più che la città dei morti sembra la città
dei vivi
che brulicano per ogni dove. E più che una distesa di tombe
sembra un giardino multicolore. Ogni tomba è ricoperta di
tantissimi fiori e in fronte alle cappelle e sopra le tombe ci
sono le immancabili croci di tagete gialli fatte da persone
oranti. Sempre sulle tombe si vedono alcune offerte di cibo e
anche bottiglie di birra e di tequila (spero che questo avvenga
soprattutto sulle tombe dei maschietti…).
L’aria è dolcemente pregna di un forte odore
di incenso che brucia su molte tombe, anche questo in
quantità industriale.
Per prima la gente dispone i fiori che ha portato (cercando di
farceli star tutti!), facendo il giro di tutte le tombe di
famiglia, o meglio visitando tutti i membri della famiglia
ospitati colà.
Una
volta ottemperato questo e disposto magari anche il cibo ci si
siede in prossimità della tomba o sulla tomba stessa per
celebrare questa riunione di famiglia, vivi e morti assieme.
Visto che durante il giorno fa abbastanza caldo
entrano qui in gioco i gelati e le bibite. I gelati qui si
chiamano gelati, ma anche gelo o più
comunemente neve. Si vendono bibite imbottigliate,
ma anche buonissime (anche se un poco rischiose in un clima
tropicale…) artigianali acque di frutta.
I miei amici sembravano essere abbastanza
interessanti anche a cocchi interi sbucciati al cui
latte era stato aggiunto abbondante peperoncino e tequila o
gin. Prima si beve il succo e poi si mangia il cocco.
Vista l’insistenza dei miei amici ho preferito bermi con una
cannuccia il latte di un intero cocco (senza alcol e peperoncino!)
che era stata versata in un sacchetto di plastica trasparente.
Ma
c’è anche ogni sorta di squisito cibo messicano tutto a base di
tortillas con la quale si preparano, arrotolandole, come
dei panini con dentro salsiccia piccante, formaggio, carne,
avocados, oppure come falde fritte e perciò rigide sopra cui si
pongono fagioli o altro. Tutto, naturalmente, condito con
abbondante peperoncino.
Mentre si sta seduti sulle tombe a chiacchierare si
vede la gente passare con le mani ingombre di tutta questa comida.
Il
convivio
Naturalmente per i bambini questa visita al cimitero
non costituisce né una esperienza stressante
né noiosa. Tutt’altro. Prima di tutto perché tutti i
bambini del paese sono lì e poi perché al cimitero ci si
comporta con naturalezza e, cosa importantissima, non è proibito
giocare! Ed ecco che nella confusione generale si aggirano per le
tombe anche i venditori di zucchero filato colorato (neanche a
dirsi sono gli stessi colori di cui si tingono pian piano le facce
di bambini…), di girandole e di palloncini. Peccato che le
parole non bastino per farvi vedere la gioiosa confusione che
regna in ogni dove.
Soltanto una volta che un bambino era un po’ troppo
irrequieto la mamma gli ha detto deja el defuntito que no se
enoje, lascia in pace il defuntino perché non si arrabbi.
In Messico tutto viene detto con cariño e così
anche il morto diventa… defuntino!
Inutile
dire che ogni volta che ci si sposta è un dramma perché questo
significa destreggiarsi in delicati equilibrismi tra queste tombe
coperte di ogni ben di Dio e tra la gente le cui mani sono
ingombre di tutto.
Ma è anche un problema perché tanti sono lì colle
loro sedie e le donne si riparano dal sole con ombrelli nel corso
di questa coloratissima festa paesana (che si svolge anche nelle
città) che prende luogo nel cimitero. Con un pò di invidia ho
guardato le persone più fortunate le cui tombe erano scavate nel
sottosuolo a diversi piani. Lì si che faceva fresco e mi sembrava
che tutti si accomodassero abbastanza bene in questa specie di
cantina fresca anche se un po’ troppo …affollata. Di tanto in
tanto qualche persona accalorata veniva ospitata dabbasso per
trovare un po’ di
refrigerio.
Al centro del cimitero, il tetto di una cappella era stato
preparato per
la Messa
del pomeriggio a cui, però, non ho preso parte.
Presto
nel pomeriggio, infatti, siamo tornati a casa perché per me e
Miguel era arrivato il momento di tornare a Mexìco, prevedendo un
enorme massa di gente sulla via del ritorno. Il paese sembrava un
luogo fantasma popolato per di più da cani randagi, visto che la
maggior parte della gente non era lì.
Provo a riflettere su quello che ho visto….
E’ difficile commentare questa particolarissima forma di
devozione ai morti in Messico. Certamente si tratta di una
esperienza unica al mondo nella sua commistione tra fede cristiana
e riti antichi. Il fatto che anche nelle chiese si preparino gli
altari delle offerte ci assicura che tutto questo è conciliabile
con una visione di fede, anche se non c’è dubbio che molte
manifestazioni della religiosità popolare
latinoamericana sembrino a noi parecchio strane e finanche folcloristiche.
In un mondo che non è più eurocentrico (anche se
purtroppo ancora largamente colonizzato dall’occidente)
certamente ci serve
fare uno sforzo per entrare nella cultura di altri; cultura che,
anche se diversa, ha
esattamente lo stesso valore della nostra…
Il senso profondo della celebrazione è quella di demitizzare
la morte, di convivere con essa (già che tanto dobbiamo
farlo!) nel miglior modo possibile. Come dire… con amicizia più
che con ostilità. Certamente è forte questa fede nella vita
futura, nel fatto che i morti vivano in Cristo e che non siano
completamente alienati da noi e dal nostro mondo.
Mi
sembra anche positivo e perfino simpatico che i bambini vengano
educati a considerar la morte come evento umano, naturale, di cui
non si debba aver paura. E pensare che nei vicini Stati Uniti
questa demitizzazione delle morte consiste nel far apparire quanto
più possibile il morto come ancora vivo..
Il rischio, semmai, è quello di togliere completamente la paura
di fronte ad un evento che certamente può essere frutto di
profonda riflessione e, perché no, di CONVERSIONE. Chi, di fronte
alla morte non questiona il proprio stile di vita?
Forse non sempre in questo giorno la priorità viene
data alla preghiera di intercessione per il defunto che, alla
fine, è l’unico gesto che può veramente portargli beneficio,
il migliore atto di carità. Da quanto ne so l’unico morto al
quale finora sono piaciuti i manicaretti dei suoi amici è Gesù
Risorto e certamente
non ho visto nessun morto rifocillarsi all’altare delle offerte.
A risentirci…
P.
Maurizio Comboniano
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P.
Maurizio, missionario comboniano
originario di Firenze, è stato ordinato nel
'90, dopo aver compiuto i suoi studi in Uganda.
Dopo alcuni anni passati in Italia, è tornato a Kampala, capitale dell'Uganda, dove svolge la
sua missione come animatore missionario.
Attualmente
si trova in Messico per un anno di revisione e
rilancio. |
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