Accogliere gli immigrati non è sufficiente: bisogna eliminare, "ab monte", le vere cause dei flussi migratori. Perché, prima di avere il diritto di immigrare, questa gente ha anche il diritto di poter restare a vivere, in sicurezza, nel proprio Paese.
IMMIGRAZIONE? È SOLO COLPA NOSTRA
TUTTO CIO' CHE I MASS MEDIA CI NASCONDONO.
Uno dei fenomeni più sentiti, oggigiorno, è quello dei flussi migratori. Basta leggere un quotidiano, o seguire un telegiornale, oppure navigare un po' su Internet: non si fa altro che parlare di migranti, di navi ONG, di sbarchi. Ogni giorno emerge la notizia di un barcone, pieno di immigrati, che girovaga nel Mediterraneo in cerca di un porto per sbarcare; o, peggio ancora, veniamo a sapere di poveri immigrati indifesi, morti annegati. Però la stessa televisione, o gli stessi giornali cartacei, descrivono anche quali sono le ragioni primarie del fenomeno migratorio? O, come succede quasi sempre, si limitano a parlarci di sbarchi, senza specificarne le cause? Credo che, per poter porre un vero limite a questi flussi migratori, occorrerebbe anche conoscerne dettagliatamente le vere cause. È logico che alla base di un qualsiasi fenomeno vi siano delle cause: eliminando le cause primarie del flusso migratorio, cesserebbe lo stesso. Ma quali sono i veri motivi che vi sono alla base del fenomeno migratorio?
Come già detto, spesso i mass media non ce li vogliono svelare. E sapete perché? Perché, spesso, i nostri mezzi di informazione sono politicamente orientati verso le nostre classi dirigenti, che vivono in funzione del Dio denaro, e che, pur di ficcarsi i soldoni nelle tasche, finiscono per opprimere i Paesi da cui provengono gli immigrati stessi. I mass media sanno benissimo che, se spiegassero alla gente le vere cause del flusso migratorio, il popolo proverebbe pietà per gli immigrati e si schiererebbe contro le classi dirigenti le quali, in tal modo, perderebbero consensi e soldi. Le nostre classi dirigenti vogliono tenere segrete le loro azioni vergognose nei confronti dei Paesi del terzo mondo per non guadagnarsi lo sdegno dei cittadini. Questo è il motivo per cui, ad esempio, in televisione sentirete parlare assai raramente delle cause primarie del flusso migratorio. Non solo, le nostre classi dirigenti opprimono segretamente i Paesi di provenienza degli immigrati, ma spesso rifiutano anche di accogliere gli immigrati stessi. Sicuramente delle situazioni vergognose, in quest'ambito, le abbiamo osservate soprattutto durante il primo governo Conte, quando Salvini venne incaricato della mansione di Ministro dell'Interno e chiuse senza pietà i porti italiani, lasciando annegare migliaia di uomini: il tutto andando contro la Costituzione Italiana, contro la Convenzione di Amburgo del 1979, e contro il Trattato di Dublino del 2003, che incaricano l'Italia, in quanto porto sicuro più vicino alle coste libico-tunisine, di accogliere le imbarcazioni delle ONG e di conferire i permessi di soggiorno agli immigrati ed ai rifugiati di guerra.
Fortunatamente, con l'attuale governo "Conte bis", sembra che la situazione sulla gestione dei flussi migratori sia migliorata, sia dal lato etico sia da quello organizzativo: il 23 settembre 2019, a Malta, durante un incontro dei ministri dell'interno, tenutosi tra Italia, Malta, Francia, Germania, e Finlandia, si è stabilito che l'Italia avrà il dovere di accogliere i migranti sulle imbarcazioni delle ONG e di ospitare, temporaneamente, gli immigrati, per poi essere questi redistribuiti nell'intera UE: in particolar modo per il 25% in Francia, per il 25% in Germania, e per il restante 50% nel resto dell'UE. Una soluzione etica, che cerca di prevenire, quanto più possibile, morti in mare. Ma accogliere gli immigrati non è sufficiente: bisogna eliminare, "ab monte", le vere cause dei flussi migratori. Perché, prima di avere il diritto di immigrare, questa gente ha anche il diritto di poter restare a vivere, in sicurezza, nel proprio Paese. Accogliere gli immigrati, senza cercare di eliminare le cause dei flussi migratori, è sbagliato.
Cerchiamo di analizzare quali sono, davvero, le cause dell'immigrazione. Iniziamo col dire una cosa: le cause dei flussi migratori sono molteplici. E, per eliminarle, occorre la collaborazione non solo di tutta l'Europa, ma anche di tutto il pianeta: occorre liberarsi da questo sistema capitalista che governa il mondo e in cui domina il Dio denaro. Ogni stato, pur di ficcarsi denaro nelle proprie tasche, sarebbe disposto anche a ricorrere ai metodi più disumani ed eticamente più scorretti, anche opprimendo altre nazioni ed altri popoli. Se il mondo continuerà ad andare in questa direzione, il flusso migratorio non cesserà mai. È troppo facile dire "aiutiamoli nel loro Paese": lo stiamo già facendo. Stiamo già aiutando gli immigrati nelle loro nazioni. Basti pensare ai missionari salesiani, ai missionari comboniani, ai Medici Senza Frontiere, ad Emergency, ad Amnesty International… Pensate che, nel 2018, i Medici Senza Frontiere hanno raccolto dall'Italia oltre 61 milioni di euro, con una crescita del 6%, rispetto al 2017. Ma aiutarli nel loro paese, come già da tempo fanno queste organizzazioni, non basta.
Le cause del flusso migratorio non si limitano alla fame, alle carestie, alle cattive condizioni igienico-sanitarie e, più in generale, alla povertà, così come si è soliti pensare, o così come vorrebbero farci credere i mass media. Le vere cause dei flussi migratori sono di ben altra natura e tutte le nazioni del mondo hanno le loro responsabilità. Come già detto, la causa di tutto ciò è il Dio Denaro: i potenti fanno di tutto per avere soldi, a costo di ricorrere all'oppressione ed alla violenza. E, chi ne va di mezzo, sono i poveri civili che, in queste condizioni disumane, si sentono costretti a lasciare i propri Paesi. E fino a quando non cambierà questa mentalità generale del mondo non cambierà mai NIENTE. Iniziamo col dire una cosa: è dai tempi più antichi che i Paesi europei hanno sempre oppresso i popoli africani, negando loro la libertà e colonizzando le loro nazioni. I popoli europei occupavano l'Africa soprattutto per le risorse minerarie, prime tra tutte l'oro. Nel 1936 l'unica nazione africana libera da coloni era l' Etiopia, per poi essere quest'ultima oppressa ed occupata dai fascisti italiani. L'Africa venne spartita tra diverse nazioni europee: Francia, Inghilterra, Italia, Belgio, Germania, Spagna, Olanda e Portogallo. Oltre a ridurre i popoli africani in uno stato di schiavitù, gli europei privavano gli Stati africani delle loro risorse, indebolendo ed impoverendo queste terre.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale tutti gli Stati africani iniziarono a riacquistare autonomia ed indipendenza: il cosiddetto fenomeno del DECOLONIALISMO. Ciò nonostante, il fatto che queste terre avessero riacquisito autonomia nazionale non significava affatto che queste nazioni si fossero liberate da qualsiasi problema. Le piaghe, lasciate in questi paesi dal fenomeno del colonialismo, restarono vive e tutt'oggi non sono ancora state debellate. Non solo perché questi Paesi, per secoli, vennero privati di risorse naturali ed umane, ma anche per le cattive eredità ideologiche trasmesse dagli europei e rimaste per molto tempo radicate nelle menti degli eredi dei coloni stessi, viventi in Africa, che hanno ad esempio provato odio e razzismo nei confronti dei neri. Basti pensare al fenomeno dell'Apartheid, che ha coinvolto il Sudafrica dal 1948 al 1991: il 20% dei bianchi, eredi dei coloni europei, opprimevano l’80% dei neri, i cittadini legittimi di questa nazione africana. Voi credete che oggi, nel 2019, gli europei abbiano smesso di depredare l'Africa? Sbagliato.
Il fatto che questi paesi abbiano oggi riacquistato l'indipendenza nazionale non significa affatto che siano diventati del tutto liberi dal dominio europeo. Oggi, infatti, è vivo un fenomeno che assume il nome di NEOCOLONIALISMO: le nazioni più ricche, soprattutto gli stati europei e gli USA, sfruttano le risorse dei paesi africani, impossessandosene e privando l' Africa delle stesse. Per risorse intendiamo sia quelle minerarie quali oro, platino, diamanti, uranio, rame, petrolio, gas naturale, sia quelle alimentari quali cacao e caffè, ed altro ancora, come legname pregiato. Così come in passato, ancora oggi le nazioni più ricche si impossessano delle risorse minerarie presenti in molti territori africani: basti pensare alle miniere d'oro, presenti in Sudafrica, in Zimbabwe, nella Repubblica Democratica del Congo, e nel Ghana; oppure basti pensare alle miniere di diamante, presenti nello Zaire, in Namibia e Botswana. In Sudafrica c'è la miniera di Tautona, la più profonda al mondo (3,9 km), con una produzione annua di 15 tonnellate di oro. L'Africa è ricca anche di giacimenti di petrolio e gas naturale: basti pensare all'Angola, all'Algeria, all'Egitto, alla Guinea Equatoriale, al Gabon, alla Mauritania, ed anche alla Nigeria. La città di Hassi Messaoud, in Algeria, possiede 9 miliardi di barili di petrolio; la località di Kizomba Complex, in Angola, possiede 2 miliardi di barili; la città di Belayim, in Egitto, possiede più di 1 miliardo di barili; in Nigeria, nella città Dealta del Niger, vi sono più di 60 miliardi di barili. Così come per le risorse minerarie, anche gran parte di questo petrolio entra in possesso delle nazioni più ricche. Se queste risorse venissero lasciate ai singoli stati africani questi ne goderebbero e, a partire da questi stessi beni, potrebbero trarne degli elevati benefici economici. Invece sono gli Stati europei ad impossessarsi delle risorse minerarie dell'Africa. Giusto per fare un esempio, la Francia, in passato, ha avuto quattordici colonie africane.
Nonostante oggi queste terre abbiano assunto un'indipendenza nazionale, sono ancora economicamente legate alla Francia. Il franco CFA, moneta usata nelle ex-colonie (Benin, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Congo, Costa d'Avorio, Gabon, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Mali, Niger, Repubblica Centrafricana, Senegal e Togo), viene coniato in Francia. E la Francia, in cambio del denaro, costringe le nazioni a fornirle metà delle loro risorse. Basti ricordare lo sfruttamento dell'uranio in Niger, dell'oro nel Mali, e del petrolio in Senegal. Oppure basti pensare alla stessa Italia: l'azienda petrolifera italiana Eni, nel 2018, ha comprato un giacimento petrolifero nigeriano per ben 1,3 miliardi di dollari: la stessa Nigeria da cui sono arrivati, nel 2017, circa 173 mila immigrati. Questi sono degli esempi concreti, per evidenziare lo sfruttamento europeo delle risorse africane.
La domanda che verrebbe da porgersi, a tal punto, è questa: riusciremmo a fare a meno di codeste risorse africane e sopravvivere con quelle dei nostri paesi? La risposta è sì. Se non lo sapevate, o nessuno vuole farcelo sapere, ci sono dei giacimenti petroliferi in Germania, a Mittelplate; in Norvegia, a Ekofisk (3,3 miliardi di barili), a Troll Vest (1,4 miliardi), a Statfjord (3,4 miliardi), a Gullfaks (2,1 miliardi), a Oseberg (2,2 miliardi), a Conorre (1,5 miliardi), a Draugen; nel Regno Unito ci sono 31 giacimenti petroliferi, compresi quelli di Breut e Goliac; in Russa ci sono dei giacimenti petroliferi a Samotlor (20 miliardi), a Romashkino (16-17 miliardi), a Priobskoe (13 miliardi); negli USA ci sono 11 giacimenti, con un totale di quasi 30 miliardi di barili di petrolio. Con tutto questo petrolio è logico che potremmo mantenerci da soli, senza sfruttare il petrolio africano. Uno potrebbe dire: il petrolio finirà? E, allora, a cosa servono le fonti energetiche rinnovabili, i pannelli solari, le centrali idroelettriche? Fino a quando è possibile usare dei sistemi alternativi al petrolio, usufruiamone: il problema è che, come abbiamo già detto, questo è un mondo capitalista, dove pare che il potere del Dio Denaro domini sulla tutela ambientale, e sul rispetto etico dei popoli più deboli.
Un'altra causa dell' immigrazione, sicuramente, la possiamo collegare alle MULTINAZIONALI ALIMENTARI, che operano in Africa: basti pensare alla Ferrero, oppure alla Coca-Cola. Diverse multinazionali gestiscono delle piantagioni in Africa, in cui vengono coltivati prodotti quali canna da zucchero, cacao, caffè, frutta tropicale, palme da olio. Spesso, però, le stesse multinazionali sfruttano i lavoratori nei campi, oppure provocano seri danni ambientali che non solo rendono il territorio poco abitabile per l'uomo, ma minacciano l'estinzione di molte specie di animali. La Ferrero, tra tutte le aziende dolciarie alimentari, è forse l'unica a non aver ancora rinunciato all'olio di palma. La coltivazione intensiva delle palme da olio, attiva soprattutto in Costa d'Avorio, Uganda e Camerun, sta provocando il fenomeno della deforestazione, mettendo a repentaglio la vita di molte specie viventi.
Ci sono delle aziende operanti in Africa che, oltre a provocare danni all'ambiente, sfruttano i lavoratori nelle piantagioni. È il caso della Del Monte. Nel 1999, la Del Monte venne accusata di maltrattare i coltivatori, operanti in Kenya: questi si ritrovavano a lavorare in condizioni igienico-operative penose, operando con pesticidi pericolosi senza le adeguate misure protettive. Le libertà sindacali, inoltre, sono state costantemente minacciate. La COOP, resasi conto della situazione, a partire dal giugno 2000, iniziò a boicottare i prodotti della Del Monte. Il boicottaggio cessò solo ad aprile 2001, quando la Del Monte iniziò ad aver rispetto dei lavoratori.
Un'altra multinazionale, accusata di sfruttare le risorse africane e, più in generale, dei Paesi del terzo mondo, è la Coca-Cola: l'azienda è stata accusata, in più situazioni, di consumare acqua nei paesi più a rischio di siccità, nella produzione della bevanda, in modo incontrollato ed eccessivo. Una delle nazioni più danneggiate, dai consumi idrici della Coca-Cola Company, è l'India. Nel 2016, la Coca-Cola ha dovuto chiudere tre stabilimenti in India, precisamente a Jaipur, Andhra Pradesh e Meghalay, per il totale esaurimento delle risorse idriche in questi territori, provocato dalla Coca-Cola stessa. E, chi soffre la sete, chiaramente, sono gli abitanti di codesti territori, che si ritrovano in assenza totale di acqua potabile, per colpa delle Multinazionali.
Il discorso, da codesto punto di vista, è leggermente diverso rispetto a quello affrontato precedentemente per il petrolio o le miniere d' oro. Vi sono chiaramente degli alimenti, quali il caffè e il cacao, coltivabili solo nei paesi tropicali, essendo il nostro clima europeo d'altra parte inadatto per la coltivazione di questi prodotti. Comprare questi alimenti dall'Africa e, più in generale, dai Paesi del terzo mondo, servirebbe pure per aiutare economicamente queste nazioni. Dal 1994 esiste il "Commercio equo e solidale", gestito dalla COOP, il quale si occupa del commercio dei prodotti alimentari coltivati in Africa, con massimo rispetto dell'ambiente e della dignità dei lavoratori, che vengono pagati in modo equo. È un sistema valido per aiutare la crescita dell'economia dei Paesi poveri, verso il quale dovremmo tutti orientarci. Un'alternativa all'olio di palma? Potremmo puntare sull'acquisto di prodotti "senza olio di palma", ottenuti con oli vegetali alternativi, coltivabili nel nostro Paese, stimolando di conseguenza lo sviluppo della nostra agricoltura nazionale. Basti pensare all'olio di oliva italiano: l'Italia è il secondo produttore industriale di quest'olio vegetale. Sono diverse le aziende dolciarie, italiane e non, che negli ultimi anni hanno rinunciato all'olio di palma: un esempio è la Barilla-Mulino Bianco, che ha iniziato a rinunciare all'olio di palma a partire dal 2014. Dovremmo iniziare a puntare su questi "nuovi stili di vita": iniziando a boicottare i prodotti delle multinazionali, così come è capitato con la Del Monte nel 2000, le stesse aziende potrebbero iniziare a lavorare con maggior rispetto dell'ambiente e dell' essere umano.
La causa più grave però, che sta alla base dei flussi migratori, è sicuramente quella legata alla guerra e alla vendita delle armi. Che ci fossero continui episodi di violenza e guerra in molti paesi dell' Africa lo sapevamo: e, spesso, ne sentiamo parlare in televisione. Capita, ad esempio, di sentire parlare di attentati, ad opera dei fondamentalisti islamici dell'ISIS, contro i civili residenti in Africa, specialmente cristiani. Episodi del genere, purtroppo, si sentono troppo spesso. Giusto per farvi qualche esempio, il 3 novembre 2018, in Egitto, l'Isis ha attaccato un bus di fedeli cristiani, provocando 11 morti; il 17 giugno 2019, in Nigeria, dei Kamikaze, legati a Boko Haram, ossia una filiale nigeriana dell'Isis, hanno provocato la morte di 30 persone, con 42 feriti. Già questo susseguirsi di attentati dovrebbe stimolarci a riflettere su quali siano i veri motivi che portano gli immigrati a fuggire in Europa: se dite che gli immigrati "vanno aiutati nel loro Paese", in questo caso non è possibile. Secondo voi, è umano trattenere gli immigrati in un territorio pericoloso?
Se non lo sapevate, in Congo, c'è un genocidio, in corso da più di 20 anni, che ha provocato la morte di oltre 6 milioni di persone. Dall' INCHIESTA INTERNAZIONALE SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI, risulta che ci siano 400.000 bambini a rischio di morte per fame; tra maggio e giugno 2017, inoltre, sempre in Congo sono state scoperte 42 fosse comuni, per oltre 400 morti. Purtroppo di questo terribile genocidio tutti i mass media vogliono fare silenzio.
Comunque, uno dei conflitti più sanguinosi attualmente in corso in Africa è la guerra civile in Libia. Questa guerra, nel solo periodo tra il 2014 e il 2016, ha causato ben 8220 morti: più passa il tempo, più le vittime aumentano in maniera incontrollata. E se la guerra civile non fosse sufficiente, in Libia hanno creato dei "campi di concentramento", nei quali vengono incarcerati gli immigrati, provenienti da diverse località africane, e giunti in Libia per poi attraversare da qui il Mediterraneo e salpare in Europa. Negli stessi campi di concentramento questi immigrati vengono chiusi in gabbie e vengono schiavizzati, con qualsiasi forma di violenza, in condizioni disumane ed igienicamente penose. Se vi lamentate per l'elevato numero di richiedenti asilo, sappiate che nel caso in cui in Libia non ci fossero i "campi di concentramento" gli immigrati che attraverserebbero il Mediterraneo sarebbero molti, ma molti di più: coloro che navigano nel mare sono solo i più fortunati, che sono riusciti a scampare i campi libici. Questa, dunque, è la terribile situazione di guerra e violenza, che sta massacrando il continente africano, costringendo gli immigrati a fuggire in Europa.
Ma voi pensate forse che l'intera Europa, insieme agli USA, non abbia alcuna responsabilità circa codesti conflitti? Non è assolutamente così. Se stiamo assistendo a questi conflitti, attentati terroristici, schiavizzazioni di immigrati, la colpa è anche, e soprattutto, dei nostri Capi di Stato. Iniziamo ad analizzare le cause, della guerra civile in Libia. La Libia, per circa 42 anni, a partire dal 1969 fu governata dal colonnello Gheddafi, il quale instaurò una dittatura. Questo regime di Gheddafi, negli anni 80, venne duramente condannato dall'ONU, con accusa di favoreggiamento del terrorismo internazionale: rilevante fu un attentato aereo, nel 1989, a Lockerber (Scozia), dove persero la vita oltre 200 persone: Gheddafi venne accusato di essere responsabile dell'attentato stesso. In seguito però, dalla fine degli anni 90, Gheddafi iniziò ad adottare una politica di maggior moderazione, risarcendo le famiglie delle vittime del terrorismo libico e iniziando ad aprire un dialogo con gli stati dell'Europa occidentale, inclusa l'Italia. Nel primo decennio del 2000, grazie a questa politica cauta di Gheddafi, la Libia visse un periodo di stabilità sociale. Il tutto durò fino al 19 marzo 2011, quando alcune nazioni dell'ONU, su iniziativa della Francia e degli USA, in collaborazione con la NATO, dichiararono guerra a Gheddafi, in una Libia già travolta da alcune proteste civili. Gheddafi venne ucciso il 20 ottobre 2011 e, undici giorni dopo, la guerra cessò ufficialmente. Si poteva pensare che, con il crollo del regime di Gheddafi, la Libia potesse finalmente vedere una situazione di pace e di democrazia. E, invece, non è stato assolutamente così. Tre anni dopo, nel 2014, in una Libia già stremata dal conflitto del 2011 è scoppiata una nuova guerra civile, tutt'oggi in corso, della quale abbiamo già parlato in breve. Questo discorso è servito per farci capire come, i responsabili dell'attuale guerra in Libia sono proprio le nazioni europee, dove fuggono gli immigrati. Durante il governo di Gheddafi, nonostante fosse una dittatura, la situazione sociale libica era molto più stabile rispetto ad oggi: e la gente, di conseguenza, sentiva minore necessità di lasciare la Libia per l'Europa. È stata la stessa guerra del 2011 ad indebolire la società libica e a creare i presupposti per il conflitto odierno.
Cosa sta dietro a codeste guerre? Il DIO DENARO. Le nazioni europee, in collaborazione con gli USA, traggono vantaggi economici dai conflitti internazionali: è sempre stato così, a partire dalle due guerre mondiali. E sapete perché la Francia, a marzo del 2011, dichiarò guerra a Gheddafi? Per il rifiuto, da parte del regime libico, di acquistare delle armi francesi per 4 miliardi di dollari, preferendo, alle armi francesi, quelle russe. Questo è il vero motivo della guerra in Libia, il DIO DENARO!!! I mass media non ne parlano, ma la verità è questa. Credete che, al di fuori della guerra libica, gli STATI EUROPEI siano totalmente innocenti circa gli altri conflitti africani? Sbagliato. Pare che le armi con cui vengono fatte le guerre, nei Paesi da cui provengono gli immigrati, siano proprio di provenienza europea. Da un'inchiesta che si è tenuta il 14 novembre 2018 a Strasburgo è risultato che l'UE è il secondo maggior fornitore di armi al mondo (27% delle esportazioni totali), dopo gli USA (34%). Dalla stessa inchiesta è risultato che, nel 2016, siano state vendute delle armi all'Arabia Saudita, all'Egitto ed agli Emirati Arabi Uniti per ben 58 miliardi di euro. Con le stesse armi, l'Arabia Saudita ha bombardato lo Yemen. E gran parte di queste armi finiscono spesso nelle mani dell'ISIS: la stessa ISIS che compie gli attentati terroristici in Egitto e Nigeria. Da un'indagine del SIPRI (Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma) risulta che la stessa Italia si classifica al nono posto tra i maggiori esportatori di armi nel mondo. Dai sondaggi risulta che, nelle aree comprese tra la Siria e l' Arabia Saudita, l'export delle armi italiane, a partire dal 2013, è cresciuto del 75%; inoltre, ben il 2,5% delle armi nel mondo proviene dall' Italia. Nel 2018, l'Italia ha venduto all' Arabia Saudita 129.746 pistole revolver e 1.202.268 fucili, per un totale di 1,3 milioni di dollari. Nello stesso anno l'Italia ha guadagnato, dalla vendita delle armi, ben 2,5 miliardi di euro. Come se non fossero sufficienti le guerre in Libia e, più in generale, in Africa, anche la Siria dal 2011 è vittima di una terribile guerra civile che sta provocando milioni di morti, aggravata, a partire dal 2014, dall'invasione dell'ISIS.
Di fronte a tale situazione, a partire dallo scorso ottobre, si è messa di mezzo anche la Turchia di Erdogan, che ha invaso la Siria, specialmente la regione curda, massacrandola con bombardamenti. È notevole come l'intera UE, affianco agli USA e all'ONU, stia difendendo la Siria, condannando il governo di Erdogan. Ma non possiamo comunque dimenticare che gran parte delle armi di cui oggi dispone Erdogan sono di origine europea: la sola Italia, dal 2015 al 2018, ha venduto armi alla Turchia per ben 463 milioni di euro. Nel 2018, inoltre, la Turchia è stato il terzo paese di destinazione del nostro export bellico.
Ecco gli effetti del DIO DENARO, la vera causa dell' immigrazione. E, queste cose, i mass media ce le tengono segrete perché, come già detto, darebbero fastidio agli stessi capi di Stato che non vogliono far sapere la verità alla popolazione civile per paura di perdere consensi. Sappiate solo una cosa: nel nostro piccolo possiamo fare di tutto per aiutare gli immigrati. Ma fino a quando gli USA e l'UE non cesseranno di privare l'Africa delle proprie risorse e di vendere le armi ai Paesi mediorientali e nordafricani, la situazione non migliorerà MAI!!!
Il Mediterraneo continuerà a restare colmo di barconi di immigrati, nei prossimi decenni? Se non si abbandona questo sistema capitalista, che domina il mondo, la risposta è SI! Smettiamola di far finta di nulla, SVEGLIAMOCI!!!
Nicola Gonnella, GIM di Bari
SITI INTERNET CONSULTATI
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https://www.greenme.it/consumare/acqua/coca-cola-acqua-india/
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https://www.tempi.it/perche-la-francia-ha-fatto-guerra-alla-libia-per-un-mancato-acquisto-di-armi/
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https://www.ilsole24ore.com/art/turchia-terzo-mercato-l-export-armi-italiane-ACMfgEs