“ La verità non è mai stata
rivendicata con la violenza”
(M.K.Gandhi, Gandhi
parla di se stesso, EMI, Bologna,
p.132)
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Biografia
Mohandas
Karamchard Gandhi, detto il Mahatma
(soprannome
datogli dal poeta indiano R.Tagore che in sanscrito significa
“Grande Anima”), è il fondatore della nonviolenza e il padre
dell’indipendenza indiana.
Nasce
a Portbandar in India il 2 ottobre 1869. Dopo aver studiato nelle
università di Ahmrdabad e Londra ed essersi laureato in
giurisprudenza, esercita brevemente l’avvocatura a Bombay.
Nel
1893 si reca in Sud
Africa
con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana e vi
rimane per 21 anni. Qui si scontra con una realtà terribile, in
cui migliaia di immigrati indiani sono vittime della segregazione
razziale. L’indignazione per le discriminazioni razziali subite
dai suoi connazionali (e da lui stesso) da parte delle autorità
britanniche, lo spingono alla lotta politica. Il Mahatma si batte
per il riconoscimento dei diritti dei suoi compatrioti e dal 1906
lancia, a livello di massa, il suo metodo di lotta basato sulla resistenza
nonviolenta-
“satyagraha”:
una forma di non-collaborazione radicale con il governo
britannico, concepita come mezzo di pressione di massa. Gandhi giunge
all’uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni
pacifiche e le marce. Alla fine, infatti, il governo sudafricano
attua importanti riforme a favore dei lavoratori indiani
(eliminazione di parte delle vecchie leggi discriminatorie,
riconoscimento ai nuovi immigrati della parità dei diritti e
validità dei matrimoni religiosi).
Nel
1915 Gandhi torna in India,
dove circolano già da tempo fermenti di ribellione contro
l’arroganza del dominio britannico (in particolare per la nuova
legislazione agraria, che prevedeva il sequestro delle terre ai
contadini in caso di scarso o mancato raccolto, e per la crisi
dell’artigianato). Egli diventa il leader del Partito del
Congresso, partito che si batte per la liberazione dal
colonialismo britannico.
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1919: prima
grande campagna satyagraha
di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci
inglesi e il non-pagamento delle imposte. Il Mahatma subisce un
processo ed è arrestato.
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1921: seconda
grande campagna
satyagraha
di
disobbedienza civile per rivendicare il diritto
all’indipendenza. Incarcerato, rilasciato, Gandhi partecipa alla
Conferenza di Londra sul problema indiano, chiedendo
l’indipendenza del suo paese.
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1930: terza
campagna di resistenza.
La
marcia del sale:
disobbedienza contro la tassa sul sale (la più iniqua perché
colpiva soprattutto le classi povere). La campagna si allarga con
il boicottaggio dei
tessuti provenienti dall’estero. Gli inglesi arrestano
Gandhi, sua moglie e altre 50.000 persone.
Spesso
incarcerato negli anni successivi, la “Grande Anima” risponde
agli arresti con lunghissimi scioperi della fame (importante è
quello che egli intraprende per richiamare l’attenzione sul
problema della condizione degli intoccabili, la casta più bassa
della società indiana).
All’inizio
della Seconda Guerra Mondiale, Gandhi decide di non sostenere
l’Inghilterra se questa non garantisce all’India
l’indipendenza. Il governo britannico reagisce con l’arresto
di oltre 60.000 oppositori e dello stesso Mahatma,
che è rilasciato dopo due anni.
Il
15
agosto 1947
l’India conquista l’indipendenza.
Gandhi, però, vive questo momento con dolore, pregando e
digiunando. Il subcontinente indiano è diviso in due stati, India
e Pakistan, la cui creazione sancisce la separazione fra indù e
musulmani e culmina in una
violenta guerra civile che costa, alla fine del 1947, quasi un
milione di morti e sei milioni di profughi.
L’atteggiamento
moderato di Gandhi sul problema della divisione del paese suscita
l’odio di un fanatico indù che lo uccide il 30 gennaio
1948, durante un incontro di preghiera.
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Il
pensiero di Gandhi
si basa su tre punti
fondamentali:
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Autodeterminazione
dei popoli:
Gandhi riteneva fondamentale il fatto che gli indiani potessero
decidere come governare il loro paese, perché la miseria nella
quale si trovava dipendeva dallo sfruttamento delle risorse da
parte dei colonizzatori britannici.
-
Nonviolenza:
è necessario precisare che tale precetto non si ferma ad una
posizione negativa (non essere causa di male agli altri) ma
possiede in sé la carica positiva della benevolenza universale e
diventa l’”amore puro” comandato dai sacri testi dell’Induismo,
dai Vangeli e dal Corano. La nonviolenza è quindi un imperativo
religioso prima che un principio dell’azione politico-sociale.
Il
Mahatma rifiuta la violenza come strategia di lotta in quanto la
violenza suscita solamente altra violenza. Di fronte ai violenti e
agli oppressori, però, non è passivo, anzi. Egli propone una
strategia che consiste nella resistenza
passiva,
il non reagire, in altre parole, alle provocazioni dei violenti, e
nella disobbedienza
civile,
vale a dire il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste.
“La
mia non-cooperazione non nuoce a nessuno; è non-cooperazione con
il male,… portato a sistema, non con chi fa il male” (Gandhi,
Gandhi Parla di
Stesso,
p.128).
-
Tolleranza
religiosa:
”…
il mio più intimo desiderio” dice Ghandhi “… è di
realizzare la fratellanza … tra tutti gli uomini, indù,
musulmani, cristiani, parsi e ebrei” (M.K.Gandhi,
Gandhi Parla di Se Stesso, p.83).
Gandhi sognava la convivenza pacifica e rispettosa dei tantissimi
gruppi etnici e delle diverse professioni religiose presenti in
India. Queste erano delle ricchezze che dovevano convivere e non
dividere politicamente la nazione. Purtroppo, gli eventi non
andarono come sperava Gandhi.
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Il
messaggio che il Mahatma ci lascia è molto attuale e
la storia contemporanea, purtroppo, continua ad essere macchiata
dalla guerra e dalla violenza.
Gandhi,
“piccolo grande uomo”, riesce con le sue sole forze, a
sconfiggere il potente Impero britannico e a realizzare il suo
grande sogno dell’indipendenza per il suo paese.
Come? Con la forza sbalorditiva della nonviolenza, del
boicottaggio pacifico, della resistenza passiva e della ricerca
della Verità (Dio).
Come
possiamo rendere attuale Gandhi? Come possiamo essere anche noi
portatori di pace?
Gandhi
dimostra che la forza di un singolo uomo può diventare la forza
di un popolo intero. Non dobbiamo quindi disperare se ci sembra
che poteri superiori vogliano decidere per noi e armarci la mano. Gandhi
stesso, con le sue parole, ci incoraggia a “cercare
… la propria strada e … seguirla senza
esitazioni”
e a “non
avere paura”.
Rivolgendosi a ciascuno di noi aggiunge: “…affidati alla
piccola voce interiore che abita il tuo cuore e che ti esorta ad
abbandonare …, tutto, per dare la tua testimonianza di ciò per
cui hai vissuto e di ciò per cui sei pronto a morire” (The
Bombay Chronicle, 9 agosto 1942).
Il
precetto della seguente strofa didattica di Gajarati – rispondere
al male con il
bene
– fu il principio guida di Gandhi:
“Per
una scodella d’acqua,
rendi
un pasto abbondante;
per
un saluto gentile,
prostrati
a terra con zelo;
per
un semplice soldo,
ripaga
con oro;
se
ti salvano la vita,
non
risparmiare la tua.
Così
parole e azione del saggio riverisci;
per
ogni piccolo servizio,
dà
un compenso dieci volte maggiore:
Chi
è davvero nobile,
conosce
tutti come uno solo
e
rende con gioia bene per male”.
(M.K.Gandhi,
L’Arte di Vivere, p.90).
“La
nonviolenza è
il primo articolo della mia fede e l’ultimo del
mio credo” (M.K.Gandhi,
Gandhi parla di se stesso, EMI, Bologna, 1998, p.63).
“Sono
un incorreggibile
ottimista.
Il mio ottimismo si fonda sulla mia convinzione che ogni individuo
ha infinite possibilità di sviluppare la nonviolenza. Più
l’individuo la sviluppa, più essa si diffonderà come un
contagio che a poco a poco contaminerà tutto il mondo”. (Id.,
p.142)
“…non
c’è liberazione per alcuno su questa terra, né per tutta la
gente di questa terra, se non attraverso la
verità e la nonviolenza, in
ogni cammino della vita, senza eccezione”. (M.K.Gandhi,
La forza della Verità, vol.1, Sonda, Torino, 1991, p.78)
“La
mia vita è il mio messaggio”
(Id.,
p.248)
“La
vera moralità non consiste nel seguire il sentiero battuto, ma
nel cercare
ciascuno la propria strada e
nel seguirla senza esitazioni”. (M.K.Gandhi,
L’Arte di
Vivere,
EMI,
Bologna, 1992, p.190)
“…l’amore
non conosce mai la paura”.
(Id.,
p.184)
“Una
cosa è certa. Se la folle corsa agli armamenti continua, dovrà
necessariamente
concludersi in un massacro quale non si è mai visto nella storia.
Se ci sarà un vincitore, la vittoria vera sarà una morte vivente
per la nazione che riuscirà vittoriosa. Non c’è scampo allora
alla rovina incombente se non attraverso la coraggiosa e
incondizionata accettazione del metodo non violento con tutte le
sue mirabili implicazioni. Se non vi fosse cupidigia, non vi
sarebbe motivo di armamenti. Il principio della non violenza
richiede la completa
astensione
da qualsiasi
forma
di sfruttamento.
Non appena scomparirà lo spirito di sfruttamento, gli armamenti
saranno sentiti come un effettivo insopportabile peso. Non si può
giungere a un vero disarmo se le nazioni del mondo non cessano di
sfruttarsi a vicenda”.
(M.K.Gandhi,
Antiche come le Montagne, ed. di Comunità, Milano, 1981).
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