Pace a voi! (Frat. Paolo Rizzetto MCCJ da Wau, Sud Sudan)
Gesù venne, quando le porte erano ancora chiuse. Rimase in mezzo a loro e disse:“Pace a Voi” (Gv 20,26).
Pace a voi!
- […]Gesù venne, quando le porte erano ancora chiuse. Rimase in mezzo a loro e disse:“Pace a Voi” (Gv 20,26).
Carissimi, un saluto ed un sorriso da Wau.
C’è un proverbio africano che sicuramente avrete sentito che dice: “quando due elefanti combattono è sempre l’erba a rimanere schiacciata”. Non senza un certo rammarico, vi dico che questo è quello che è successo in alcune zone del Sud Sudan negli ultimi mesi. Come ho letto in uno scritto del nostro responsabile provinciale, la Quaresima pe ril Sud Sudan è iniziata con l’Avvento, a metà Dicembre, 2013.
Penso si sia saputo di quanto è successo, di come il Presidente ed il (licenziato) Vice Presidente si siano trovati su due fronti opposti, prima politicamente e poi anche militarmente. Questo conflitto di “elefanti” e’ stato esasperato a tal punto, facendo leva sull’affiliazione etnica di uno o dell’altro, fino a portare ad ebollizione tutti gli ingredienti per una guerra civile, limitata al momento all’area nord-orientale del Paese più nuovo del Pianeta. Quest’area corrisponde a tre stati federali: Jonglei, Unity ed Upper Nile (ma guarda un po’: le aree più ricche di giacimenti di petrolio!). Questi stati corrispondevano a (o meglio erano serviti da) una grande Diocesi, chiamata Malakal. Parlo al passato perché il conflitto tra le due fazioni, oltre ad aver lasciato un numero impressionante id morti (almeno diecimila) e rifugiati (quasi un milione) ha forzato l’anziano Vescovo emerito, l’Amministratore apostolico, il clero locale ed i religiosi a fuggire ed ad interrompere ogni attività pastorale per un periodo di tre mesi.
Il conflitto è rimasto finora circoscritto. Ma la devastazione di strutture di promozione umana (scuole ed ospedali, oltre che a proprietà della Chiesa, atte a questo scopo ed alla preghiera), è stata denunciata da molte organizzazioni non governative e dalle agenzie ONU.
La nostra città, Wau,, come pure tutta la la regione di cui è capoluogo, sono state risparmiate dal conflitto come pure gli stati vicini. Si è celebrato il Natale e l’ultimo dell’anno e ci si sta preparando alle celebrazioni pasquali. Comunque non è raro ascoltare da qualcuno con cui si parla di una perdita nella famiglia o tra gli amici (fare il soldato è stato un opzione molto comune, anche anche dopo l’indipendenza). Vorrei segnalare come un importate esempio su come essere operatori di pace, quello del Sindaco della città di Wau che, quando le avvisaglie del conflitto si sono fatte sentire, si è recato personalemente all’Università dove vivono giovani di diversi gruppi etnici, incoraggiandoli a continuare a vivere pacificamente come avevano finora fatto ed a non farsi prendere dal panico, correndo a cercare rifugio nelle guarnigioni delle Nazioni Unite. E’ stato ancora lui ad incoraggiare la gente a celebrare il Natale anche nella Messa di Mezzanotte e nella Vigilia del Primo dell’anno. Ha avuto sicuramente un ruolo determinante affinchè la gente potesse vivere serenamente ed in pace, pur con qualche apprensione.
E’ anche per questo che, alla nostra scuola per infermieri/e ed ostetrici/che (Catholic Health Training Institute), abbiamo salutato l’inizio del nuovo anno accademico con un po’ d’ansia e poi con grande gioia. Tutti gli studenti del secondo e terzo anno sono rientrati mentre alcuni del nuovo anno hanno avuto difficoltà a muoversi e sono arrivati in ritardo o non sono proprio arrivati… Comunque, per la prima volta abbiamo avuto studenti provenienti dallo stato di Unity e del gruppo etnico Toposa. Ora la scuola raccoglie veramente persone da tutti gli Stati del Sud Sudan e dai Monti Nuba. Tutto sommato, c’è un bel clima anche se un pò di magone ci è venuto quando abbiamo sentito l’Inno Nazionale cantato con un certo disagio. Sicuramente è il segno di una ferita profonda, che deve farci pensare.
Come anche mi ha fatto pensare la condivisione del Vescovo di Wau, alla nostra tavola, quando era stato invitato a celebrare la Messa con gli studenti ed a parlare con loro. Nel suo discorso con gli studenti, ha saputo essere molto incisivo, ricordando loro che, assumendo la professione paramedica, di fatto assumono di fatto il ministero di servizio di Cristo. Più tardi, a cena con noi, ha condiviso molto onestamente che in quasi 50 anni di sacerdozio, ha dovuto spendere quasi tutto il tempo a parlare al suo popolo di Pace e di come oggi, dopo tutto questo tempo, si senta stanco e forse demoralizzato a vedere che poco è cambiato. Mi ha toccato molto questa sua sincera condivisione. Penso che questo è il motivo per cui sembri più anziano di quanto realmente sia… eppure continuiamo a guardare alui come un operatore di pace.
Ci sono segni di speranza e sarà lavorando su questi che si potrà portare avanti il Paese. Sono segni piccoli, agli occhi di qualcuno, piccoli come il lievito nella pasta.
Il personale religioso della Diocesi di Malakal è stato accolto ed accompagnato in un esperienza di guarigione dal trauma subito (alcuni missionari e preti locali hanno dovuto scappare nella foresta per salvare le loro vite dal conflitto che avanzava). Un ritiro è stato organizzato a Juba per accompagnare queste persone ad integrare l’esperienza vissuta in modo da guarirne le cicatrici interiori.
C’è stata molta solidarietà con comunitaà religiose e cristiane pronte ad accogliere profughi ed offire un posto di ristoro per il corpo e per la mente in angoscia. Anche nella nostro Comunità di Solidarity 2 suore della Comunità di Malakal (la città maritre, più volte conquistata da una o dall’altra fazione), Barbara e Caroline hanno condiviso un mese con noi. Devo ammettere che la loro presenza è stata importante. Anche per gli studenti del primo anno, per i quali esse si non prodigate per lezioni extra di inglese ed altri corsi. Fu molto bello vedere il saluto organizzato dagli studenti alla vigilia della loro partenza per il ritiro: canzoni, poesie , balli, tutto per dire “grazie” e “buona fortuna” . Ed ho visto alcuni studenti piangere per il fatto di perdere delle amiche così preziose, qualcuno così ben disposto ad accoglierli, chiamarli per nome ed accompagnarli… E pensare che erano Caroline Barbara le persone che stavano andando al ritiro di guarigione! La loro presenza ha fatto molto bene anche a noi della Comunità.
Ho cominciato questa lettera con un riferimento al Vangelo di Pasqua. Poi mi sono perso nel ricordare con voi quello che più mi ha toccato. Ma l’ho fatto per non perdere di vista quello che più di altro mi ha ricordato il modo di essere ed i operare del nostro Dio.
Credo che il Sud Sudan e la sua bellissima Gente ha bisgno di un annuncio di Pace, quella che il mondo, il Presidente ed il suo Vice non possono dare. Gesù entra quando le porte sono ancor chiuse. E sta, resta in mezzo a noi. Per augurarci Pace.
E’ questo il mio augurio per voi tutti ed anche per me. Speiamo di aprire le porte della solidarietà, della semplicità del gusto del bello… e se proppio non ci riusciamo, cerchiamo di credere che Egli sta proprio con noi, dandoci coraggio.
Vi auguro una Pasqua dove le porte del nostro intimo essere e vivere possono essere spalancate per lasciar fluire l?amore che ci eè stato donato. In fondo se un Sepolcro è stato aperto, che ci vuole ad aprire una porta?
Vi abbraccio con tantissimo affetto.
Frat. Paolo Rizzetto MCCJ da Wau, Sud Sudan