p Maurizio ci racconta il viaggio avventuroso e ricco di insidie e pericoli che lo ha portato a Kampala e quanto le persone più disagiate siano in grado di insegnarti che la vita è bella e che va vissuta gioiosamente.
Il popolo della notte - seconda puntata
Quanta vita si può incontrare lungo strade buie e piene di insidie.
Dunque… dov’eravamo rimasti? Chissà se ti ricordi che già ti ho inviato un primo racconto sul popolo della notte e questa seconda parte è rimasta in sospeso! Si vede che mi sto proprio lanciando in una vita notturna che non ho mai conosciuto nei miei precedenti 20 anni ugandesi…
Nell’ultima mia visita a Kampala, ormai mesi fa, dovevo fare un salto alla libreria delle suore Paoline per comprarmi il messale nuovo da usare nelle scuole superiori alla Domenica e fare comunque scorta di libri per il centro di spiritualità che dirigo e che sarà il mio nuovo impegno negli anni a venire. La libreria si trova proprio al centro di Kampala, luogo centralissimo che è l’ideale come punto vendita e un po' meno per abitarci visto che le suore, abitando sopra la libreria e sono tra le pochissime abitanti del centro città. Sono proprio a pochi passi da dove ci son stati recentemente i due attacchi suicidi. I fatti sono inquietanti visto che i bersagli erano la caserma centrale della polizia e il Parlamento; luoghi dove la sicurezza e i controlli sono al massimo livello. Incrociamo dunque le dita! In tempi normali per arrivare in centro si prende il taxi collettivo che per 50 centesimi di euro ti portano a destinazione senza dover preoccuparti di traffico, speronamenti e accidenti vari. Finito quel che si ha da fare, poi, si prende un altro taxi e si torna a casa. Di questi tempi covidosi mi han sconsigliato di usare i mezzi pubblici tra i quali i matato, che come magari già ti ho detto, sono un’avventura in sé. E allora quale modo migliore per andarci… di notte, o meglio al mattino presto, visto che da anni i comboniani si recano tutte le mattine a celebrare l’Eucarestia dalle suore alle ore 6. In questa occasione E SOLO IN QUESTA OCCASIONE ci si può avventurare fino in centro con l’auto, parcheggiare di fronte al bookshop con abbastanza sicurezza di ritrovare l’auto, tutta l’auto, ed agilmente tornare a casa, visto che tutto il traffico va in senso contrario, verso il centro. Dopotutto ormai qualche stradetta secondaria di Kampala la conosco anche io. E così verso le 5.20 a.m. mi sono incamminato, o meglio ammacchinato e iniziato a guidare verso la città. Già da subito fa impressione trovarsi in luoghi stipati tutto il giorno all’inverosimile che invece a quest’ora sono luoghi fantasma, con al massimo qualche pedone in mezzo alla strada, vista l’abbondanza di marciapiedi! In secondo luogo mi son subito trovato a disagio nel piombare nella più completa oscurità visto che l’illuminazione pubblica e di là da venire e che eravamo nella stagione delle piogge, col cielo perennemente nuvoloso. I pedoni, al buio, diventano ostacoli, possibilmente da evitare. C’erano naturalmente in giro i bodaboda, senza magari fari posteriori ma con potenti fari anteriori piantati nei tuoi occhi. In questo vanno completamente d’accordo con le poche auto e matato che ugualmente si trovano d’accordo nell’accecarti.
Il primo giorno che sono andato ho pensato bene di evitare Jinja Road, l’arteria principale verso l’est e il Kenya soprattutto perché mi preoccupava salire fino allo stretto ponte sulla ferrovia che è lì miracolosamente in piedi da tempo immemorabile su cui si possono incrociare, con attenzione, solo due auto con direzioni opposte. Quel che mi preoccupava di più era però la salita con una bella scarpata sia a destra che a sinistra, naturalmente senza guard-rail e con buche su tutti i lati. Passare dalla zona industriale sembrava così la soluzione migliore. Non avevo però tenuto conto delle voragini in mezzo alla strada che se son visibili in pieno giorno (grazie anche ai veicoli che ti precedono e che sculettano entrandovi ed uscendovi), di notte son sempre lì ma in subdolo agguato. E così non essendo ancora passato da quella strada e non conoscendo le buche attuali, ho trovato veramente molta difficoltà. Procedevo abbastanza lentamente per evitare pericolosi decolli anche perché coi fari altrui piantati negli occhi procedevo veramente a tentoni verso l’ignoto. Tornare su Jinja Rd è stata una bella liberazione anche se comunque bisognava procedere con cautela per evitare moto e veicoli privi di fanali e i pedoni che si dirigevano al lavoro. C’era una altra incognita costituita dai lavoratori (in genere donne) del KCC (Kampala City Council) con tanto di pettorina gialla che durante la notte con degli enormi spazzoloni puliscono le strade da tutto quello che la gente vi butta e dalla tanta polvere che alla fine si raduna in cumuli di terra ai lati delle strade. È stupefacente come in mezzo a tanto caos, buche e quant’altro, le strade siano pulite con tanto di segni dell’essere state spazzate di recente. Ho trovato perfino alcuni operai che con acqua e sapone pulivano i Jersey, i blocchi che dividono le corsie; da non credere! Insomma il setting per un perfetto e micidiale videogame dove non è davvero inverosimile incappare in qualcosa che ti fa scoppiare. Sta di fatto che naturalmente io di vite ne ho una sola e che sia anche responsabile di altri poveri mortali come me che vivono la stessa povertà. E un’altra grande povertà l’ho toccata con mano passando davanti a quella che per noi potrebbe essere la questura. Già prima delle 6 del mattino c’era già gente in coda, che probabilmente aveva passato lì la notte. Te ne parlerò in una prossima puntata. Iniziando a salire verso il centro città già inizia il traffico. Anche se non ha niente a che vedere con la bolgia diurna, l’attenzione deve comunque restare alta! Come Dio volle, son riuscito incredibilmente ad arrivare in circa 20 minuti. Inimmaginabile, se si pensa che di giorno è assolutamente impossibile prevedere quanto ci si possa mettere. Riesco a parcheggiare su Kampala Rd assurdamente deserta e scendo dall’auto guardingo non sapendo quanto potessi fidarmi dei passanti del popolo della notte. Ed ecco un altro ostacolo che non avevo previsto. Come tutti i negozi vecchi di Kampala le suore hanno un porticato davanti al negozio e cosìsia davanti alla saracinesca che al portone delle suore c’era una selva di persone arrotolate nelle loro coperte e cartoni, beatamente addormentate. Conoscevo già un po' questa realtà per averla incontrata anni fa coi giovani italiani durante la nostra esperienza in Uganda però ti garantisco che il cuore mi si è stretto. Tra l’altro: come arrivare al campanello delle suore? E così in un miracolo di equilibrio (tenendo conto che non erano ancora le 6 del mattino, della tensione del guidare nell’oscurità di Kampala e quant’altro, non è che fossi proprio rilassato) mi sono sporto verso portone e campanello cercandolo a tentoni e provando a premerlo sperando di non cadere rovinosamente addosso a queste povere persone che dormivano. Risultato: campanello trovato ma non suonato. Si vede che nonostante tutta la cautela, però, un po' di confusione l’avevo fatta perché un ragazzo spunta dalla coperta e mi fa un bellissimo sorriso ugandese a 40 denti dicendomi con grande dolcezza: Father! Sembrava così felice di vedermi anche sin realtà non mi conosceva. Gli ricambio il sorriso cercando di scusarmi per l’incomodo, ma lui sembra non farsi problemi e si sposta un po' così che riesca a suonarlo ‘sto benedetto campanello e dopo che la suora è scesa, disattivato l’allarme e aperto un bel po' di chiavistelli, scavalcarlo ed entrare dopo avergli augurato: buongiorno! Wosusortia ssebo? Mettetevi nei miei panni: mi sentivo un verme, come sempre quando si tocca con mano non la povertà ma la miseria in cui tanti miei simili sono costretti! Ma cos’altro potevo fare? Che bel regalo inaspettato per me quel sorriso e quel tono affettuoso che mi chiamava Father, Padre. Anche quando mi sembrava assolutamente stonato che un padre non potesse fare niente per i suoi figli e che li scavalcasse, ancorché con attenzione e cautela, trovandoli come ingombro, impiccio sulla sua strada. La vita è spesso crudele ed è un dato di fatto che son proprio le persone più disagiate che spesso ti insegnano che la vita è bella e va vissuta gioiosamente! Dopo l’Eucarestia celebrata con le suore e un po' di provvista di libri son tornato a casa senza particolari problemi nonostante l’assoluto caos che regnava ovunque! Ti lascio col fiato in sospeso fino alla prossima puntata.
Tuo, p Maurizio Bwambale