Era tutto successo ieri, non vent’anni fa! Il piano del presidente, visto che era fin troppo chiaro che presidente e guerriglia collaborassero, era a quel tempo, di distruggere gli Acholi, suoi oppositori.
Un passato molto presente con le sue ferite sempre aperte
Camminando per le vie trafficate di Gulu si respira oggi un’aria serena e laboriosa dove anche l’incubo Covid sembra essere lontano, visto che le mascherine sono un optional per molti… Nelle nostre città africane, che perlopiù sono zone di commercio e non certo residenziali, tutto ferve di solerte attività. Con anche tanta gente seduta naturalmente! Difficile così pensare che ci possano anche essere delle realtà sanguinanti o di pericolo. Anche a Gulu, città in rapida crescita dopo la trentennale guerriglia terminata verso il 2004, è emergente il fenomeno dei bambini di strada che qui vengono chiamati agò. Si stima che in e attorno alla città questi siano circa un migliaio che seminano terrore dopo il tramonto ma che sono visibili anche di giorno. La settimana scorsa in zona mercato ho visto la polizia arrestarne un gruppetto che la gente pestava di santa ragione. La comboniana sr Giovanna Calabria ha iniziato un’attività con loro e visto che spero di iniziare presto a collaborare con lei, ve ne parlerò meglio in futuro. Difficile pensare che trent’anni di indicibile sofferenza non abbiano lasciato tracce. Se anche nella mia vecchia missione di Lira ero venuto a contatto con le efferatezze commesse in quegli anni e almeno la metà dei miei studenti catechisti avevano avuto qualche parente anche stretto ucciso in quegli anni, quanto più a Gulu che del movimento LRA è stato l’epicentro. Solo recentemente ho toccato con mano le menomazioni perpetrate in quegli anni: una donna a cui son state tagliate le labbra, persone con arti amputati, un uomo che veste un corpetto per contenere le viscere che non son più contenute nel corpo (non pensavo che si potesse sopravvivere a questo…), ma tutto sommato niente di troppo visibile.
Ho appena terminato al centro di spiritualità gli esercizi spirituali del consiglio generale di una congregazione di suore locali fondate dal vescovo Comboniano Angelo Negri, le Little sisters of Mary Immaculate. E qui per la prima volta a Gulu, visto che purtroppo non ho ancora avuto molto contatto con la gente, le ferite di quegli anni si son fatte visibili. E lo è stato a causa di eventi accaduti all’interno del compound delle suore, visto che in quegli anni nessuno veniva risparmiato e come forse già sapete, si assisteva prima del tramonto ad un tragico esodo quotidiano verso il bus park, l’ospedale di Lacor, la nostra parrocchia della città e pochi altri luoghi “protetti”. Era lì che talvolta il vescovo Odama di Gulu passava la notte sdraiato per terra con gli altri, attirandosi così le ire del presidente. Una suora mi raccontava così della sua esperienza di sequestrata dai ribelli, esperienze che generalmente termina in modo tragico, anche se per lei, fortunatamente, non fu così. Questo però non vuol dire che l’esperienza sia stata indolore. Si trattò di vivere giorni d’angoscia; quanti non mi è stato detto e non so. In questi casi si può solo ascoltare e recepire solo quanto l’altro è in grado di dire. Mi diceva di avere comunque in quei giorni terribili iniziato quel processo di annichilimento comune ai rapiti dall’Lra. Ormai la sua volontà iniziava a cedere; la mattina al risveglio si rendeva conto con stupore di essere ancora viva e “integra”. La suora diceva che tutto sommato per quello che era fu rispettata ma l’esperienza più pesante è stata la sofferenza degli altri, delle grida dei compagni di sventura, del pianto dei bambini che soffrivano di fame, sete e subivano torture. Sofferenza che ti entra nelle ossa anche se non è tua e che comunque potrebbe diventarlo presto. Per una donna, poi, questo deve essere ancora tanto più tragico. Quando è riuscita a fuggire non sapeva esattamente dove fosse e un giovane (molto coraggioso visto le circostanze) si è offerto di accompagnarla alla casa più vicina delle suore. Un lungo viaggio pericoloso in quel tempo. Arrivati finalmente al convento, le suore non se la sono sentita di aprire la porta. Faceva parte della strategia della guerriglia, infatti, di inviare i rapiti nei loro stessi villaggi, dove erano conosciuti, così che la gente potesse poi essere attaccata, distratta com’era da quel gioioso ritorno. Si arrivava a dubitare dei tuoi stessi figli! Così le suore, e a ragione, temevano che la loro sorella fosse soltanto un’esca e il giovane invece un guerrigliero che la sorvegliasse. Solo dopo un tempo interminabile (i ribelli potevano arrivare anche a qualunque ora del giorno) e quando ormai stava tramontando e arrivando il momento più pericoloso della giornata, si convinsero a far entrare sia la suora sia il giovane che ormai doveva assolutamente trovare un riparo.
Che la ferita fosse a tutt’oggi ancora aperta era chiaro dal fatto che anche questa suora (non dico i loro nomi per privacy) non riusciva ad aprirsi e a raccontare delle sue ferite quando delicatamente la invitavo. Poi all’improvviso mi parlava degli incubi, del pensiero ricorrente, delle paure. Un’altra di loro mi raccontava che, giovane novizia, i guerriglieri più di una volta erano entrati nel convento e radunato le suore sotto il grande mango dove venivano fatte stendere per terra. Questo anche due volte in un giorno, e ciò rende palpabile la sensazione di insicurezza (o peggio) ora dopo ora, giorno dopo giorno, per trent’anni. La suora, della tribù Acholi, ma dal colorito più chiaro era stata mandata da un maestro a prendere dei libri nella sua casa. Non avendo trovato nessuno si sedette ad aspettare fin quando una ragazza arrivò trafelata informando che gli Olum, la gente dell’erba, era entrata nel convento e aveva rapito le ragazze con la pelle chiara che in qualche modo potevano anche non essere Acholi. Uff, l’aveva scampata bella! Ma durò poco perché vennero di nuovo. Le ragazze erano asserragliate nel noviziato, protetto da sbarre robuste alle finestre, così che si sentivano abbastanza sicure. E invece si misero a colpire un muro sotto la finestra; muro che, pensavano, non avrebbe mai ceduto e che sarebbe stato una sicurezza certa! Invece, sotto i colpi, un varco fu aperto e i guerriglieri entrarono. Erano terrorizzate, visto anche che erano tutte giovani e belle ragazze, ancorché novizie. Era ormai buio e i soldati caricarono le novizie delle loro stesse macchine da cucire (avete presente le vecchie Singer a pedali con tutta la sua struttura?), dei rotoli di fil di ferro per i rosari e di quant’altro trovarono. La suora mi diceva che “erano tanto pesanti”! E le facevano correre, sotto il peso del bottino saccheggiato, nel buio della notte, finché furono sfinite. La madre maestra pur non essendo stata rapita non voleva lasciare le ragazze, ma fu costretta a tornare a casa con la promessa che, se avessero ricevuto abbondanti medicinali, le ragazze sarebbero state liberate. Un filo di speranza, dunque, c’era ma bisognava far presto. E nonostante il fatto che di notte fosse follia anche il solo muoversi corsero all’ospedale di Lacor dove l’eroico Fratel Elio, missionario di una gigantesca statura morale da poco scomparso per Covid, riuscì a racimolare alcuni pacchi di medicinali e si mise in moto verso dove i guerriglieri potevano essere, e li trovò! Naturalmente, però, il suo arrivo poteva esser facilmente salutato coi fuochi artificiali, e non di quelli a salve. Per fortuna, probabilmente anche grazie al fatto che tutti conoscevano fratel Elio e la sua macchina, compagna di tante avventure, non gli spararono addosso. Dopo qualche contrattazione con Elio che conosceva bene la lingua, le medicine furono giudicate sufficienti, consegnate e le ragazze restituite. In fondo si trattava solo di barattare differenti tipi di merce. E via di corsa verso il convento: anche per questa volta l’avevano scampata.
Pensate: dopo la morte di fratel Elio, quella macchina l’ho ereditata io al centro di spiritualità. Auto che ha trasportato di tutto, tra vivi e morti, malati e morti di ebola, corpi squassati da proiettili e mine, civili e guerriglieri. Che responsabilità guidare quel cimelio e appartenuta a un fratello santo! Anche questa seconda suora era un fiume in piena quando raccontava, per poi tacere di colpo quando il racconto fosse diventato troppo coinvolgente ed occorresse riprender fiato e rilassarsi. Era tutto successo ieri, non vent’anni fa! Il piano del presidente, visto che era fin troppo chiaro che presidente e guerriglia collaborassero, era a quel tempo di distruggere gli Acholi, suoi oppositori. Certamente non c‘è riuscito fisicamente, ma non c’è dubbio che sia comunque riuscito nell’intento, colpendo questa gente dall’interno, cosicché tutti portano ferite che difficilmente si rimargineranno. Stando qui mi è chiesto di continuare la missione di farlo accompagnando le persone in un cammino di crescita interiore che possa sanare le ferite e, per quanto possibile, uscire dall’incubo per una vita veramente serena.
P Maurizio, Obanga-tye-kedwa