Febbraio 2016: Donne in attesa, mamme che accolgono
OrmeGiovani ComboniFem - Giovanna Ferrari
Neanche il tempo di arrivare che
già avevano preparato una cena deliziosa e si prodigavano a servircela con
gioia e così per i giorni seguenti coccolandoci con premure. E quando alla sera
ognuno tornava nella famiglia che lo accoglieva, ciascuna andava in cerca dei
suoi figli adottivi di quei giorni per andare insieme a casa. Si percepiva
proprio come nelle settimane precedenti al nostro arrivo avessero pensato ed
organizzato ogni cosa, e soprattutto avessero atteso il nostro incontro per poi
accoglierci con cura e gioia nonostante la fatica del tanto lavoro. Guardandole
mi veniva spontaneo pensare alla gravidanza, ai mesi di attesa, ad un grembo
che si allarga e fa spazio per accogliere.
Già! Perché una donna diventa
madre nell'attesa, in quei nove mesi che sembrano a volte eterni a volte troppo
veloci. Questo mi trasmetteva mia sorella ormai più di un anno fa quando vedevo
crescere il suo pancione che custodiva la mia nipotina. Ricordo ancora il suo
sguardo pieno di sorpresa, emozione ed incredulità quando mi ha annunciato che
era incinta e quei suoi occhi cambiare nel tempo come cambiava il suo corpo:
era più lo spazio che stava facendo dentro di sé che quello fuori che aumentava
con il crescere della sua pancia. E poi
ancora la sua espressione appena partorito, alla fatica che lasciava spazio
alla gioia, alla dolcezza e di nuovo alla meraviglia. E quelle braccia che mi
chiedevano di accogliere tra le mie quel dono così prezioso e fragile che
pesava appena tre chili e profumava di vita nuova.
Mamme… mamma… una parola che da
sempre mi risuona dentro insieme a casa, non di certo perché è il posto dove
troppo spesso a volte si vuole relegare la donna, né perché è il luogo dove di
solito incontro la mia di mamma come una certezza, ma per un senso di focolare
e di affetto che mi hanno trasmesso e insegnato anche tante altre donne
conosciute in questi anni: mamme di amiche ed amici, e soprattutto le tante
mamme e donne conosciute in Venezuela, che mi hanno accolto non facendomi mai
sentire straniera ma proprio a casa! Donne forti e dolci, coraggiose e timide,
allegre e tristi. Fra tutte nel mio cuore è riservato un posto speciale per
Gladys, che dopo qualche mese che conoscevo già chiamavo mamma ma ancor prima
lei mi benediceva come figlia. Mamma cileno – venezuelana che ha adottato una
figlia italiana: l’amore non si ferma al timbro sul passaporto. Gladys mi ha
davvero aperto il suo cuore e le porte della sua casa, abbiamo condiviso tanti
momenti, di gioia, di ascolto, di lacrime, di tenerezza, di scambio al
femminile. Mi ha sorpreso molto il giorno in cui mi ha detto che ci sono alcuni
figli che si partoriscono dal grembo e altri dal cuore, e che per casualità
della vita i nomi dei suoi figli iniziavano tutti con la G: Gladys, Gerardo,
Georgina e… Giovanna!
Per me un regalo grande di amore
e anche un esempio di umanità: un senso di maternità che si allarga al di là
dei legami di sangue, di un diventare madre che significa aprirsi
all'accoglienza anche di figli non tuoi perché l’importante è fare spazio
all'altro con amore. Per me resta un mistero, un dono a volte difficile anche
solo da comprendere come è la bellezza di collaborare con la creazione per
generare nuova vita.
Chissà davvero come si sarà sentita
Maria quando ha dato alla luce Gesù, tra il dolore che accompagna sempre un
parto, la paura di un luogo improvvisato, la gioia nel tenere tra le braccia un
bambino all'apparenza sembrava come tutti gli altri ma che allo stesso tempo
era il figlio di una promessa. Maria custodiva tutto nel suo cuore, che già era
pieno di un amore grande che le ha fatto affidare per prima cosa Gesù alle mani
ruvide e sporche dei pastori.