Aprile 2014 - Oltre il sistema
Mt 19,16-26 - p. Daniele Zarantonello
OLTRE IL SISTEMA
Mt 19,16-26
16 Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». 17 Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». 18 Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, 19 onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso». 20 Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». 21 Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». 22 Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze. 23 Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. 24 Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». 25 A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?». 26 E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
In più occasioni ci è toccato di presentare a Bogotá, o partecipando a qualche grande appuntamento ecclesiale, la situazione di Tumaco, a partire da ciò che concretamente stiamo vivendo, raccontando fatti, eventi, persone. La risposta è quasi sempre la stessa: sembra che parliamo di un altro pianeta. In un paio di occasioni mi è stato rimproverato di non peggiorare la situazione della Colombia, perché “non siamo poi messi così male”, che non c’è bisogno di cercare di commuovere la gente per attrarre l’attenzione, o per veicolare contributi economici. Uli, coordinatrice diocesana dei giovani qui a Tumaco, è appena tornata da un incontro nazionale della pastorale giovanile a Barranquilla, che si è svolto dentro un seminario di lusso a mezz’ora dalla città, dove si è ritrovata con tutti preti meno una suora. Lei, unica laica. In quattro giorni di conferenze non si è mai parlato di conflitto armato, di narcotraffico, dei dialoghi di pace con la FARC, di disoccupazione, di violenza. Uli é tornata esterrefatta, stupita di chi può parlare quattro giorni di pastorale senza nessun riferimento alla realtà. Ricordo quando Alberto Maggi, biblista, che saluto con amicizia e gratitudine, spiegava le Beatitudini in un incontro pubblico a Padova nel 2006. Sottolineava con forza che la prima Beatitudine, quella dei “beati i poveri in Spirito”, si traduce in “Felici i poveri per lo spirito”, e spiegava: “i poveri per lo spirito sono coloro che liberamente, volontariamente, per amore si sentono responsabili della felicità e del benessere degli altri” e decidono di entrare nella povertà non per aumentare il numero dei poveri, ma per combattere le povertà con i poveri. Non sono solo belle parole, è una realtà che sto sperimentando tutti i giorni, dentro la realtà, a fianco della gente. Se come Chiesa non entriamo nella povertà, non ci mettiamo al fianco della gente, allora la nostra vita negherà la realtà: allora negheremo l’incarnazione di Gesù, la sua scelta di fecondare con la sua vita e la sua morte questa terra martoriata, seminando la buona notizia della resurrezione, la vita in pienezza per questa umanità.
Ogni mese cerco di parlarvi
della realtà che vivo, ogni volta da un’angolazione diversa, perché alla
fine di questo nostro cammino insieme possiate conoscere anche voi, e
amare, questa Tumaco difficile, complessa e appassionante.
Sono
appena tornato da un incontro di tre giorni, a San José di Roberto
Payan, una riunione con i leaders delle tre parrocchie di quella zona
(San José, Santa María di Barbacoas e Jesús Nazareno di Maguí Payan).
San José da Tumaco in linea d’aria sarà a 40 km di distanza. Ci si
arriva per acqua o per terra. All’andata siamo andati via acqua,
attraversando la baia di Tumaco, entrando per i boschi di mangrovie di
Salahonda, percorrendo i fiumi Patía e Telembí. Sono sei ore di canoa,
il viaggio è molto costoso, e c’è sempre il rischio di essere bloccati
dalla guerriglia. Al ritorno, visto che si è riaperta la strada dopo le
ultime piogge torrenziali, siamo tornati via terra: un’ora di canoa fino
a Barbacoas, e nove ore di strada, tra impantanamenti, infelici
incontri con paramilitari, e la strada bloccata per lo sciopero dei
coltivatori di palma. Se ne va un giorno ad arrivare, un giorno a
tornare. (Forse esagero ... perché in Colombia le strade sono tutte
belle e a più corsie, il vero problema è il traffico!!! Sigh).
La
grande sfida di quel settore della diocesi è l’estrazione mineraria
illegale. Stanno arrivando centinaia di scavatori (solo a Barbacoas se
ne sono contati 412) per togliere la cappa di terra che separa dalle
rocce aurifere alluvionali che abbondano in tutta la regione. Gli scavi
si stanno facendo dappertutto, senza controllo né permessi. La gente
vende la terra a grandi impresari che vengono da altre regioni per la
febbre dell’oro, terre che per legge (70/2001) appartengono alle
comunità negre, e che per legge dovrebbero essere tutelate. I soldi
comprano tutto: terre, permessi di transito per gli scavatori, il
silenzio delle autorità locali. Il potere del denaro ha bisogno del
potere delle armi per autosostenersi, perché c’è sempre qualcuno che
vuole andare “oltre il sistema” e mettere in questione la sua
tracotanza. Si arricchiscono quindi le autorità politiche, le autorità
militari, i gruppi paramilitari, le guerriglie presenti (ELN, FARC-EP).
Chi tocca il tema della minería illegale muore. Sabato scorso uno dei
leaders che monitorava la compravendita illegale dei terreni e cercava
di coscientizzare le comunità, ha dovuto andarsene minacciato.
Attorno
alle miniere si cerca lavoro in tutti i modi: o come operai
dell’impresa, o come “indipendenti” setacciando l’oro nei grandi buchi
fatti dagli scavatori, in zone estremamente pericolose per i continui
cedimenti della terra rimossa dalle macchine, o distraendo con alcool e
musica per lavorare e non pensare, e per le donne come prostitute o
lavandaie e cuoche. La terra si sta rendendo sterile, i fiumi si stanno
avvelenando di cianuro, mercurio, uccidendo la fauna ittica. I prodotti
agricoli sono scarsi e molto cari.
Mi ha impressionato il coraggio
con cui i nostri leaders comunitari hanno toccato questo tema,
leggendolo alla luce della parola di Dio in comunità. Con loro abbiamo
preparato la via crucis per la vita, un’attività diocesana che
realizzeremo il 6 di aprile nelle tre zone o vicariati della Diocesi.
Per ogni stazione della Via Crucis abbiamo deciso di seppellire il male,
nelle sue molteplici forme: 1° stazione: seppelliamo l’ingiustizia, 2°
stazione: seppelliamo la disoccupazione, 3° stazione: seppelliamo il
reclutamento dei nostri giovani, ... e poi la paura, la mala sanità, le
estorsioni, l’abuso sessuale, la menzogna, l’abuso del territorio, la
rassegnazione, la scarsa memoria, l’indifferenza di fronte al dolore di
tante madri, il pessimismo. La 15° stazione sarà: “i nostri leaders e
familiari assassinati risorgono con Gesù”. Per ogni stazione una piccola
lettura della realtà di un fatto reale accaduto, e un testo biblico per
illuminarlo.
Il vangelo di Matteo racconta al capitolo 19 l’incontro
tra Gesù e il giovane ricco. In quell’incontro Gesù ribadisce quello
che già affermò nel discorso delle beatitudini: “se vuoi essere
perfetto, va’, vendi i tuoi beni, dalli ai poveri, e avrai un tesoro in
cielo, poi segui me”. Quel giovane conosceva i comandamenti, si è sempre
comportato bene e sinceramente cercava di essere felice. Gesù gli dice
di entrare nella Vita, non da ricco, ma da signore, ovvero non come
colui che possiede, che accumula, ma come colui che dà, inizialmente
cose (“i tuoi beni”) e finalmente dà se stesso.
In Mt 5,3 Gesù dice:
“Beati i poveri in Spirito perché di essi è il regno dei cieli”: la
scelta della povertà comporta l’appartenenza al Regno di Dio ed è
condizione di felicità; in Mt 19,24 dice che l’attaccamento alla
ricchezza comporta l’esclusione dal Regno di Dio (“è più facile che un
cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei
Cieli”) ed è condizione della tristezza (“se ne andò triste, perché
aveva molti beni”). Gesù non può essere più chiaro di così. E ci domanda
se davvero siamo interessati ad essere felici. Il cammino della
felicità è comunitario, ed è lento; richiede persone che facciano con
coraggio e passione missionaria la scelta personale di entrare dentro
la vita della gente, con tutte le loro problematiche, per tracciare
rotte di Resurrezione.
Io non so come entreremo dentro questo mondo
della minería illegale: per ora è un problema che abbiamo pastoralmente
sfiorato ma che dovremo mettere al centro del cammino delle comunità e
della formazione dei laici. I nostri leaders cominciano ad esporsi, a
leggere tutti questi eventi di morte alla luce della parola di Dio. Il
prossimo passo sarà mettersi in rete con altre persone, movimenti,
organismi internazionali, per dar visibilità e orientazione a quello che
ci sta succedendo.
Vogliamo essere felici, come popolo. Cammina con noi Gesù di Nazareth, abbiamo bisogno della tua luce.
p. Daniele Zarantonello