Spiritualità per un altro
mondo possibile
Secondo Forum Mondiale di Teologia e Liberazione
Nairobi, 16-19 gennaio 2007
Una rilettura di p.
Alex Zanotelli
Primo giorno (17
gennaio 2007)
Si è aperto ieri 16 gennaio a Nairobi, capitale del Kenya,
il secondo Forum mondiale di teologia e liberazione (WFTL):
spiritualità per un nuovo mondo possibile.
Il primo Forum si era tenuto a Porto Alegre (Brasile 2005)
subito prima del Forum Sociale Mondiale.
I teologi della liberazione che avevano partecipato al forum
sociale avevano notato che molti dei partecipanti ai forum
provenivano da una base cristiana, ma che nelle assemblee
dei forum, questa dimensione di spiritualità era
completamente assente. Per cui i teologi della liberazione
che si ritrovano nell' EATWOT (associazione ecumenica dei
teologi del terzo mondo) hanno fatto nascere un comitato
internazionale che preparasse un simposio sul tema:
liberazione e spiritualità, cercando così di offrire una
"anima", una spiritualità per chi si impegna a costruire un
mondo altro. Dato che il Forum Mondiale Sociale si tiene a
Nairobi dal 20 al 25 gennaio i teologi della liberazione
hanno voluto farlo precedere dal secondo Forum Mondiale di
Teologia e Liberazione. E' la prima volta nella storia che
questi due eventi si tengono in Africa.
La cerimonia di apertura che si è tenuta nel convento dei
Carmelitani a Langata (Nairobi) ha donato quel tocco di
africanità ecumenica che proprio ci voleva, e che ha messo i
partecipanti in un stato di ascolto sereno, di voglia di
entrare in un altro mondo, quello dell'Africa.
Aiutati dai canti e dai ritmi di una delle chiese
indipendenti africane, la Israeli African Inland Church -
Niniveh, l'assemblea si è posta innanzi al "Dio
creatore, madre" di cui si riconosce la grandezza ma
anche la sua "vulnerabilità".
I presenti hanno invocato gli antenati ("muovetevi qui con
noi", ripetevano tutti), i grandi martiri dell'Africa per "distinguere chiaramente
le cose essenziali per cui vale la spesa morire".
L'assemblea rispondeva: "Muovetevi qui con noi...",
un'assemblea sostenuta dai canti carichi di spiritualità.
"Liberi!" cantava il coro. "Alleluia", rispondeva
l'assemblea.
Il testo biblico proclamato era quello di Isaia, 65: "Ecco
io creo nuovi cieli e una nuova terra." Riletto in maniera
brillante dal prof. ghaneano E. Martey, come
promessa divina ad una Africa martoriata.
Un tema ripreso poi con forza dal pastore sudafricano
M. Dandala, segretario generale dell'AACC (Consiglio
delle Chiese di tutta l'Africa) che ha sede a Nairobi: "Ma
perchè l'Africa già così provata deve ora anche pagare per i
cambiamenti climatici prodotti dal 20% del mondo
ricco?" Infatti anche in Africa il clima sta cambiando e i
poveri sono i primi a pagarne le conseguenze (i rifugiati
climatici).
Davanti ad una sala gremita con rappresentanti provenienti
da tutti i continenti, il cappuccino brasiliano L. C.
Susin, presidente del WFTL ha ricordato a tutti che
per la prima volta, a differenza di Porto Alegre, il Forum
era aperto non solo ai teologi ma a tutti i rappresentanti
dei movimenti di base che hanno iniziato subito a
fraternizzare condividendo il cibo nella splendida cornice
della brillante Langata, sotto la luce di uno splendente
sole equatoriale.
Nel pomeriggio, François Houtart ha offerto
una potente panoramica del neoliberismo che oggi gestisce la
globalizzazione a favore di pochi e a spese di molti morti
di fame. "Il neoliberismo attuale -ha affermato
Houtart- conduce la sua offensiva su tre fronti:
contro la forza lavoro (precariato ecc...), contro gli Stati
(privatizzazioni), contro la natura (crisi ecologica).
Ha sottolineato il dramma del debito, specialmente in Africa
e il dumping (svendita dei nostri prodotti agricoli
immessi sui mercati del sud, a basso costo, perchè
sovvenzionati dai governi).
Ed ha aggiunto che le tre nuove frontiere del neoliberismo
sono: la distruzione dell'economia agricola locale, le
privatizzazioni e il controllo della biodiversità". Per
resistere a questo sistema deve nascere un nuovo soggetto
storico plurale (donne, poveri, lavoratori...) che "deligittimi"
l'attuale sistema mondiale.
A questa analisi impietosa della situazione hanno risposto
tre testimoni del sud:
il sudafricano T. Maluleke (Africa), R.
Silva (Asia) e il famoso teologo della liberazione
Jon Sobrino (America Latina).
Il prof. Maluleke ha posto tutta una serie di domande che
ogni religione deve farsi: "Che razza di religione è
quella che se ne sta tranquilla davanti a tutte queste
tragedie umane?"
Usando l'immagine di Martin Luther King che parlava di "paralisi
dell'analisi", ha ribadito con forza che "quello che è
importante è il fare".
Un pensiero portato avanti dal teologo cingalese R.
Silva, presidente del EATWOT in Asia: "Se non siamo
pronti a pagare il prezzo per stare a fianco dei poveri,
- ha detto- la nostra riflessione è vana".
Ha riaffermato l'importanza di una teologia delle religioni
e ha detto che il cristianesimo in Asia ha bisogno del
"battesimo di immersione" nelle acque delle grandi religioni
dell'Asia, ma anche nel "Calvario dei poveri".
Ed da qui che è partito Sobrino che ha ricordato il
dramma dell'Africa, "peccato dell'Europa". Sobrino con
forza si è soffermato sull'importanza primordiale delle
vittime, che sono lì a svegliarci. "Non ci siamo ancora
svegliati dal sonno dogmatico davanti ad una realtà così
disumana". Ricordando le recenti parole del cardinal Kaspers:
che la più antica eresia, il docetismo (negare la
realtà), è ancora molto presente nelle nostre chiese di
Occidente, Sobrino si è chiesto:
"Stiamo vivendo docetisticamente?"
Stiamo cioè vivendo nell'irrealtà e negando la
disumanizzazione di buona parte dell'umanità?
"Io voglio vivere nel reale", ha ripetuto Sobrino,
che ha chiesto all'assemblea: Accettiamo almeno in teoria
l'affermazione di Giovanni XXIII, «la Chiesa è la Chiesa
dei poveri?»
E i poveri sono il sottoprodotto dell'impero del denaro (imperium
magnum latrocinium, aveva definito Sant'Agostino
l'Impero Romano).
L'impero del denaro è oggi costruito sugli idoli che non
sono più di legno o di sasso, ma sono il mercato, il
profitto a cui si sacrificano milioni di persone. "Gli
idoli hanno bisogno di vittime", ha ribadito Sobrino. E
il peso degli idoli è talmente grande che... chi resiste
paga.
Per questo ha ricordato il martirio di
Romero, suo
grande amico, ma anche quello dei suoi confratelli gesuiti,
Ignacio Ellacuria e compagni, trucidati insieme alla
cuoca e alla figlia Celina, presenti, nel 1989, (lui è
scampato alla morte perchè si trovava in Thailandia).
Mi ha commosso vedere questo uomo fragile ma grande
testimone del nostro tempo, sostenere con forza l'aspetto
martiriale del confronto con il sistema.
Ma ci ha lasciato un monito finale forte: "Ricordatevi che
da solo il potere non può salvare il mondo!" Per questo ci
ha ammoniti: "Siate umani".
E' con queste parole che questa variopinta assemblea
ecumenica -sono qui presenti tutti i colori dell'umanità- ha
chiuso questa sua prima giornata alla ricerca di una
spiritualità per chi si sta impegnando per un altro
possibile mondo, ma "più vivibile di questo", afferma sempre
Sobrino, "di certo senza potere".
Secondo giorno (18
gennaio)
Seconda intensa giornata al Forum Mondiale di Spiritualità
in preparazione al Forum Mondiale Sociale che si aprirà qui
a Nairobi, il 20 prossimo.
Una giornata che è partita con una dolcissima preghiera del
popolo Maya (oferenda a la terra) guidata da due
Maya, Eleazaz Lopez e Nancy Cardoso
e conclusasi nel cuore delle baraccopoli di Nairobi: Kibera
e Korogocho, nel cuore delle contraddizioni di questa
metropoli, la "città al sole".
Una splendida e ricca città di quattro milioni di abitanti
ma che vive in stato di "peccato mortale". Oltre il 70% dei
cittadini di Nairobi vivono oggi da baraccati in oltre
duecento baraccopoli, impacchettati nel 2,5% della terra
totale della capitale. Ma neanche questo 2,5% della terra
appartiene a loro ma al governo del Kenya. L'80% dei
baraccati (sono circa tre milioni) non è proprietario della
baracca, ma ne paga l'affitto. Tutte le baraccopoli sono
poste sotto la linea fognaria.
Per questo è stato importante per tutti i partecipanti al
Forum, uscire dalla splendida Langata della Blixen (la mia
Africa) e scendere negli inferni umani degli impoveriti
di oggi.
Questo calarsi nei sotteranei della vita e della storia,
ha riportato la spiritualità alla realtà.
"Il negare la realtà", ci ricordava ieri Sobrino è la più
antica eresia cristiana, il docetismo.
Un primo gruppo di convegnisti è andato a vistare la più
grande baraccopoli dell'Africa nera, Kibera, un secondo a
visitare un centro delle suore di Madre Teresa collocato nel
cuore di un'altra baraccopoli, Huruma e un terzo è andato a
visitare Korogocho, la terza più grande baraccopoli di
Nairobi (in un km quadrato, centomila abitanti).
E stata una esperienza molto forte per tutti: incontrare i
prediletti di Dio, "i vicari di Cristo", poichè Dio è
il Dio degli impoveriti e degli oppressi, il loro Dio. Sono
loro che ci possono insegnare la vera spiritualità.
E' stato bellissimo essere ricevuti a Korogocho da una
delegazione di cristiani in rappresentanza delle ventisei
piccole comunità cristiane e delle varie chiese presenti in
baraccopoli.
"Non siete venuti qui a Korogocho" -ci ha detto un giovane,
J. Oluoch- per vedere uno zoo di sofferenza umana. Qui
troverete speranza, gioia di vivere, capacità di lottare
e di danzare la vita". Abbiamo anche ricevuto il benvenuto
dei rappresentanti dei pastori delle molte chiese di
Korogocho: siate i benvenuti e sentitevi a casa, è stato il
loro saluto.
Abbiamo potuto toccare con mano che cosa significa
l'ecumenismo sociale, quello vero, fatto a Korogocho. Un
lavoro ecumenico questo molto bello, animato da padre
Daniele Moschetti e da padre
Paolo Latorre (Chiesa di S.
John).
Alla luce di questa drammatica realtà anche il lavoro fatto
al mattino nel cuore della ricca Langata incominciava ad
assumere un altro significato. Il tema infatti della seconda
giornata era: realtà sociale africana a livello religioso
e cristiano.
Tale lettura della realtà è stata fatta da uno dei migliori
teologi dell'Africa orientale,
J. Waliggo che
però non è potuto venire dall'Uganda. La sua relazione
(letta da padre Lukwata) doveva aiutarci a leggere la
drammatica realtà africana. Quello che Waliggo non è
riuscito a fare, l'ha fatto l'impatto con la drammatica
realtà delle baraccopoli di Nairobi.
"Cosa sta dicendo a voi teologi lo Spirito di Dio davanti a
queste terribili realtà?" - ha chiesto una povera donna di
Kibera ad un teologo del Forum. La teologa kenyana che
insegna all'università Kenyatta, P. Mwaura
ha fatto una analisi del continente: L'Africa è il
continente più povero al mondo -ha esordito- ogni africano è
oggi più povero di venticinque anni fa.
Ha poi continuato ad elencare tutta una serie di drammi fino
all'ultimo dei problemi: l'Africa sta pagando pesantemente i
cambiamenti climatici creati dalle emissioni dei paesi
ricchi. Questo ha già prodotto già mezzo milione di
enviromental refugees (rifugiati climatici).
Come interpella tutto questo le chiese? Mwaura ci ha
ricordato che entro il 2025 metà dei cattolici saranno in
Africa e in America latina. E oggi le chiese dove sono?
Da che parte stanno? Mwaura ha infine ricordato le
pesanti parole del teologo keniano Mugambi:
"Come è possibile che il continente che prega di più sia
proprio quello che più soffre la povertà? Ma Dio ascolta la
preghiera dei poveri?"
Terminando, la teologa kenyana ha insistito che in una tale
drammatica situazione l'unica spiritualità che ci può essere
è una spiritualità liberatoria, trasformatrice della realtà,
che accentua però l'aspetto relazionale tipico dell'Africa.
Un concetto che passa oggi sotto il nome di Ubuntu
(una parola bantu proveniente dal Sudafrica) che
sottolinea in particolare il concetto di umanità, di essere
e di essere l'uno per l'altro. "Io sono perchè siamo",
recita un proverbio bantu.
E' a questa liberazione olistica a cui siamo invitati (ma
anche a liberare la teologia dall'impero, come ha detto un
partecipante durante uno dei gruppi di studio) perchè
l'Africa viva, perchè il mondo viva e perchè vinca la vita.
Terzo giorno (19
gennaio)
La terza giornata del Forum è stata voluta come momento di
scambio, di condivisione tra i partecipanti.
Il teologo cileno, Sergio Torres, presidente
dell'Associazione Ecumenica dei Teologi del Terzo Mondo (EATWOT)
ne spiega il perchè: "Al primo Forum ci sono state molte
lamentele, la principale che i teologi si sono parlati
addosso. C'é bisogno di partire dalla prassi delle persone e
delle comunità impegnate. La prassi della gente che lavora
alla base come si relaziona con il lavoro dei teologi?".
E i partecipanti, oltre trecento si sono dispersi in oltre
quaranta gruppi di studio guidati da persone qualificate sui
temi come Aids, cultura africana, vivere semplicemente,
eco/femminismo, la famiglia africana
Impossibile seguirli
tutti, ho partecipato a due: baraccopoli in Africa, Teologia
Cristiana e Impero Globale.
Il primo sulle baraccopoli è stato guidato da padre
Daniele Moschetti, comboniano, che lavora da cinque
anni in una baraccopoli di Nairobi, Korogocho, che un gruppo
di partecipanti aveva visitato il giorno prima. Ha
presentato i dati drammatici di Habitat (organizzazione
dell'ONU che si occupa di abitazioni) che afferma che tra
una ventina di anni oltre tre miliardi di persone vivranno
in baraccopoli e che già oggi il 70% degli abitanti delle
città africane vive in baraccopoli. Ha chiesto dove stanno
le chiese davanti a questo fenomeno globale e soprattutto
dove stanno i missionari? Quando partirà una seria
presenza missionaria nelle baraccopoli?
Ho parlato poi della mia personale esperienza a Korogocho,
dove sono vissuto per 12 anni, e ho sottolineato
l'importanza del vivere con i baraccati con
tutto quello che comporta.
E' la via dell'incarnazione, del battesimo dei poveri
i quali diventano poi i nostri maestri che ci aiutano a
leggere le Scritture.
Ho potuto poi partecipare al gruppo di Teologia Cristiana e
Impero Globale.
Mi aveva attirato subito il nome del teologo tedesco
Ulrich Duchrow, autore di Alternative al
capitalismo globale. Ha parlato per prima il teologo
coreano Kim-Yong Bock, che ha esordito:
Bisogna iniziare dal Gesù asiatico che ha sfidato l'Impero
romano. Purtroppo la religione cristiana é diventata la
religione dell'Impero. Dobbiamo dunque liberare Gesù
dall'Impero. Alla stessa maniera oggi Cristo é stato
cooptato dal neoliberismo e dal capitalismo globale.
Il teologo coreano ha chiesto un ecumenismo di conversione
di fede in solidarietà contro l'Impero.
Le fedi devono convergere in unità, in resistenza all'Impero
e in solidarietà con i poveri.
Duchrow ha poi costruito su questo, riprendendo un recente
studio su Gandhi che diceva: "Coloro che affermano che la
religione non ha nulla a che fare con la politica non
conoscono cosa sia la religione".
E' ritornato sul sogno biblico di una economia del
sufficiente per tutti. Per realizzare questo bisogna essere
pronti a pagarne il prezzo, a volte con la vita.
Un altro professore musulmano sudafricano Farid Esak,
ha aggiunto benzina al fuoco: "L'Impero sente l'Islam come
una minaccia" - ha detto. E rivolgendosi ai cristiani ha
continuato: "Cosa c'é di così sbagliato con voi
cristiani, che l'Impero non vi veda come una minaccia?".
A queste provocazioni sono nate tante reazioni e domande da
parte dei partecipanti.
Alla domanda di come le chiese del nord del mondo reagiscono
a questo, Duchrow ha detto che nella sua esperienza le
più dure a convertirsi sono proprio le chiese di Europa.
Quarto giorno (20
gennaio)
L'ultima giornata è stata intensa e stracolma di incontri ed
eventi. I volti, questo incrociarsi, intuizioni... che fanno
nascere il Mistero della vita e della storia. C'era tutto
questo nell'ultimo giorno. E quante sorprese per gente che
proveniva da tutto il mondo e che qui si incontrava per la
prima volta!
Al mattino una tavola rotonda sulla spiritualità per un
altro mondo possibile: dialogo interreligioso in una
prospettiva di liberazione.
Importante l'intervento del teologo tanzaniano L.
Magesa che ha portato nel dibattito la prospettiva
della Religione Tradizionale Africana. Molto contestato
invece l'intervento del prof. Patrik Ryan che,
partendo da un punto di vista cristiano, metteva in guardia
sul pericolo islamico, visto come una minaccia al
cristianesimo.
Il pomeriggio è stato dedicato ad un'altra tavola rotonda
sul tema: Spiritualità e rispetto della diversità.
Interessante l'intervento del teologo spagnolo J. J.
Tamayo che ha affrontato il problema di tanta
spiritualità "asservita all'Impero" e ha definito la
religione di tanti, oggi, la "teologia del mercato". Per
tanti è una "spiritualità a immagine e somiglianza
dell'Impero" ha affermato Tamayo, il quale non ha esitato a
dire che l'Impero di oggi "ha fatto del cristianesimo la sua
religione".
Così il Dio della vita diventa il Dio della morte e la
nostra una "spiritualità necrofila" (amante della
morte).
Gli altri due teologi al tavolo: la teologa nigeriana
Teresa Okure e la pastora portoricana Vuyani
Vellen non hanno aggiunto molto al dibattito.
Nel frattempo girava in assemblea un documento in omaggio a
due sacerdoti coraggiosi presenti al Forum, l'uno belga,
François Houtart e l'altro il salvadoregno Jon Sobrino. Un
omaggio a due grandi, in particolare a Sobrino.
Dopo una breve sosta fatta di abbracci, di contatti, di
ricercarsi, la conclusione del Forum in una sala stracolma
di gente, alla presenza dell'arcivescovo sudafricano
Desmond Tutu, premio Nobel per la pace. E qui si è
ritornati alla grande spiritualità, perchè proveniente dalla
vita, dalla testimonianza, dalla tensione morale.
E' da qui che è partito il teologo cileno Sergio
Torres, ricordando due drammatiche realtà politiche:
la dittatura militare di Pinochet, da cui ha dovuto fuggire
e rifugiarsi negli USA e il regime dell'apartheid contro cui
ha lottato Desmond Tutu. In ambedue i casi, profetiche voci
di uomini di chiesa hanno espresso la resistenza della
propria gente: il cardinale Silva Henrique in Cile e uomini
di chiesa come Tutu, B. Naudé e Hurley, in Sudafrica. E'
stata importantissima questa memoria di grandi testimoni.
"Ci siamo sentiti rappresentati dalla tua voce - ha detto
Torres a Tutu.
In una atmosfera carica di tensione morale, abbiamo sentito
aleggiare lo spirito dei vegliardi, degli antenati.
Muovetevi qui con noi, pregavamo il primo giorno.
Muovetevi qui con noi: Martin Luter King,
Romero, Steve
Biko, Gandhi...
E' questa la spiritualità di cui abbiamo bisogno oggi.
Torres ha fatto notare che mentre, grazie a Tutu, c'é stata
una commissione "Verità e Riconciliazione", questo non é
avvenuto in Cile, dove Pinochet é morto senza chiedere
perdono.
E' stato bello che a questo punto non sia stato Tutu a
intervenire, ma il vescovo anglicano Dandala,
segretario generale del Consiglio delle Chiese di tutta
l'Africa: un uomo che ha sofferto e lottato sotto il regime
dell'apartheid. Ricordando questa sua esperienza ha
raccontato quando la polizia è entrata nella sua casa, si è
diretta verso la biblioteca, ha bruciato i suoi libri, in
particolare quelli di Gustavo Gutierrez, strappandoli foglio
per foglio. "Stolti! Non sapevano ha detto Dandala- che
quei libri io li avevo ormai depositati nel mio cuore e
nella mia mente".
Dandala con incisività ha affermato che per far nascere una
"solida teologia contestuale bisogna partire da serie e
profonde domande pastorali".
Dandala ha affermato che Tutu ha il coraggio anche oggi di
porsi domande sul perchè ieri abbiamo combattuto
l'apartheid. Ieri a cena -confessò Dandala- Tutu mi ha
chiesto: «E' questa la democrazia del Sudafrica, quella per
cui abbiamo combattuto?».
E Dandala si è lasciato andare ad una lunga serie di
domande: "Quand'é che l'Occidente la finirà di esportare
teologie? Quand'é che permetteremo che queste teologie
partano dal basso? Cos'é una teologia contestuale?".
Ha tentato qualche risposta: "La teologia contestuale é
quella che ascolta le teologie che nascono dal basso, ma che
si confronta con il testo biblico letto in profondità e con
l'aiuto scientifico".
E con forza ha detto: "Il tempo di coscienza nera (black
consciousness di Steve Biko ucciso nel 1978) é oggi!".
Per questo Dandala chiede un intervento serio anche
finanziario da parte delle chiese per centri di ricerca, per
approfondire questi temi.
"Tutu, ci hai lasciato il mantello," ha detto Dandala.
"Dio mi ha fatto ritirare al tempo giusto!" ha risposto
Tutu, fra le risate generali. "Questo é uno dei tempi più
difficili per le chiese".
La chiesa è diventata una delle tante cose che trovi al
supermercato -ha sottolineato Tutu-. Ma é questa la chiesa?
E Tutu si è lasciato andare a fare memoria di cosa era per
lui la chiesa nei tempi della lotta contro l'apartheid. Poi
ha aggiunto: Noi la cosa più rivoluzionaria che abbiamo
è la Scrittura. Nessun manifesto politico é così
rivoluzionario.
Nelle Scritture é talmente chiaro che Dio non é neutrale
ma è un Dio di parte, dei poveri, degli affamati, degli
oppressi. "Voi dovete proclamare a tutti che Dio ha
compassione, sente la sofferenza di ogni oppresso,
impoverito, affamato".
Ed ha concluso dicendo che ogni uomo ha diritto di avere "il
suo pezzetto di torta qui su questa terra". Questo mondo
così com'é non é accettabile, un mondo altro é possibile,
anzi per i credenti, necessario.
Alex Zanotelli