In un
mondo, dove sembra impossibile una strategia alternativa alla
violenza per regolare i conflitti, Desmond Tutu ci racconta,
pieno di fede e fiducia nell'uomo, il "miracolo"
sudafricano: la transizione pacifica dal regime dell'apartheid
alla democrazia. I sudafricani hanno infatti avuto il coraggio
di affrontare i massacri e le violenze disumane del deposto
regime con uno spirito di autentica pacificazione senza cedere a
vendette ma neppure ignorando il passato concedendo un'amnistia
generale.
Grazie alla
Commissione per la Verità e la Riconciliazione, le vittime o i
loro parenti potevano per la prima volta raccontare le violenze
subite ed essere ascoltati, gli oppressori (le cui storie
confermano la "banalità del male " descritta da
Hannah Harend) potevano ricevere l'amnistia in cambio
dell'intera verità. Grazie al pentimento degli assassini e al
perdono concesso dai familiari delle vittime nasceva la
possibilità di un futuro di pace.
L'esemplare
esperienza sudafricana dovrebbe convincerci che sono possibili
soluzioni molto diverse in Medio Oriente, in Irlanda del Nord,
nei Balcani, in Afghanistan, nello Sri Lanka, in Sudan, in
Congo, in Ruanda…
Vi riporto
alcuni passi.
"Abbiamo
avuto la grazia di poter contare, in entrambi gli schieramenti,
su leader eccezionali, disposti a correre il rischio di puntare
la carriera politica e la vita sull'elogio della pace, del
perdono e della riconciliazione."
"A
rispondere alla sfida di de Klerk non fu un uomo vendicativo,
deciso a ripagare i bianchi con la stessa moneta. Fu un uomo
regalmente dignitoso, magnanimo e sinceramente desideroso di
dedicare le proprie forze alla riconciliazione tra coloro che le
ingiustizie e le sofferenze del razzismo avevano reso nemici.
Nelson Mandela non uscì di prigione pronunciando parole di odio
e di vendetta. Al contrario, riuscì a meravigliarci per la
capacità di incarnare in tutti i suoi atti la volontà di
riconciliazione e di perdono. Prima del suo arresto era stato
braccato per anni, e privato della possibilità di condurre una
normale vita familiare; quando fu rilasciato, l'11 febbraio
1990, aveva fatto ventisette anni di prigione. Nessuno poteva
dire che non avesse conosciuto la sofferenza. Una foto famosa
nel cortile di Robben Island lo ritrae intento a spaccar
pietre: un lavoro futile ed ingrato, così privo di senso da far
vacillare una tempra meno salda. Tutto ciò che era possibile è
stato fatto per abbattere il suo spirito ed instillare odio nel
suo cuore. Per fortuna, in questo, il sistema ha fallito
clamorosamente. La tragicità dell'esperienza non ha incrinato
l'integrità di Mandela.
Umanamente
parlando, potremmo essere inclini ad affermare che quei
ventisette anni di prigione siano stati uno spreco vergognoso;
basti pensare a quale contributo avrebbe potuto dare in quel
periodo per il bene del Sudafrica e del mondo. Ma io non
considero la questione in questi termini. Penso che quei
ventisette anni permeati
dalla sofferenza
siano stati la fiamma
che ha temprato il suo acciaio purificandolo dalle scorie. Forse
non sarebbe stato capace di tanta generosità e compassione se
non avesse attraversato quell'esperienza."
La
testimonianza
di una vittima a cui un poliziotto sparò in
faccia rendendolo cieco :"Sento che …il
fatto di essere qui e di aver raccontato la mia storia mi
ha come ridato la vista. Mi sembra che per tutto questo tempo la
cosa che mi ha fatto star male sia stata il fatto di non aver
potuto raccontare ciò che ho vissuto. Ma ora, avervi raccontato
la mia storia è come se mi avesse guarito."
Opponendosi
all'idea di una giustizia punitiva dice "noi sosteniamo che
esiste un altro tipo di giustizia, la
giustizia
restitutiva, a
cui era improntata la giurisprudenza africana tradizionale. Il
nucleo di quella concezione non è la giustizia o il castigo.
Nello spirito dell'ubuntu, fare giustizia significa innanzitutto
risanare le ferite, correggere gli squilibri, ricucire le
fratture dei rapporti, cercare di riabilitare le vittime quanto
i criminali, ai quali va data la possibilità di reintegrarsi
nella comunità che il loro crimine ha offeso."
"Perdonare
e riconciliarsi non significa far finta che le cose sono diverse
da quelle che sono. Non significa battersi reciprocamente la
mano sulla spalla e chiudere gli occhi di fronte a quello che
non va. Una
vera riconciliazione
può avvenire soltanto mettendo
allo scoperto i propri sentimenti: la meschinità, la violenza,
il dolore, la degradazione…la verità. "
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Desmond
Tutu
premio Nobel per la pace
nel 1984 per la sua lotta contro
l'apartheid, intimo amico di Nelson Mandela, è'
stato arcivescovo
di Città del Capo (Sud Africa) fino al
1996.
Ha
presieduto la Commissione per la Verità e la
Riconciliazione sudafricana fortemente voluta
dallo stesso neopresidente Mandela al termine
dell'apartheid.
E'
attualmente visiting professor presso la Emory
University di Atlanta. |
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Desmond
Tutu
"Non c'è futuro senza perdono"
Feltrinelli Editore
"Serie Bianca"
maggio 2001 pag. 216
Euro 13.43
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