Quale motivo di attualità può assumere la presentazione
della vita di un obiettore contro il nazismo, morto quasi 60
anni fa?
Credo
non sia possibile avvicinarsi alla figura di Franz Jägerstätter
senza sentirne tutta la forza, la profondità, la vitalità.
Conoscere questa storia vuol dire essere coinvolti in una
esperienza ricca di umanità, di coraggio, di dignità, pur nel
dolore, nella sofferenza e nella morte.
Questo
incontro vivo e vitale significa per noi,oggi, toccare con mano
la capacità di dare senso e valore alla coscienza, al credere
in qualcosa, alla responsabilità di fronte a se stessi e, se
credenti, di fronte a Dio. Così è stato per Franz e così deve
essere per ogni uomo che voglia vivere con dignità nella
giustizia e nella verità.
Anestetizzati
dal benessere, noi rischiamo di cercare sempre le strada comoda
e facile, abbiamo disimparato la ricerca e l’impegno, facciamo
fatica a distinguere il vero dal falso e la giustizia
dall’ingiustizia.
Franz
ci insegna ad essere uomini, a partire dal primato della
coscienza, sapendo distinguere il nero dal bianco e sapendo dire
di “no” quando è necessario (anche se tutti fanno finta di
non vedere…).
·I
protagonisti della vicenda di Jägerstätter sono in realtà
due, Franz e sua moglie Franziska.
Franziska-
ancora vivente alla bella età di 88 anni- è, in un certo
senso, la vera “protagonista” del libro (a lei è dedicata
la traduzione italiana). C’è lei “dietro”le scelte del
marito, con cui ha avuto nel breve tempo del loro matrimonio
(solo 7 anni) un rapporto intensissimo di comunione, sintonia,
crescita spirituale e umana.
Non
fu certo, Franziska, ispiratrice o istigatrice, anzi! Ma il solo
fatto di non dire mai “no” al marito, fa di lei una
altrettanto coraggiosa e intelligente “obiettrice” al
nazismo, oltre che una cristiana dalla fede profonda.
Oltre
al dolore immenso della perdita di Franz, l’ostracismo
rancoroso che dovette subire per quasi 30 anni popola guerra
(sola con 3 figlie piccole) l’ha resa partecipe del martirio
del marito.
·Alla
base della scelta di obiettare c’è stata una fede profonda,
“nonostante” il rapporto con la comunità ecclesiale e le
istituzioni ecclesiastiche austriache.
La
vicenda di Franz si legge ben al di là della dimensione
istituzionale della Chiesa, in Austria pesantemente compressa
con il regime nazista. Direi che essa va anche oltre una
dimensione “umana” della religione, perché, nonostante le
prove, le incertezze, i dubbi (che rendono più vicino a noi il
protagonista) parla di una fede specchiata, radicata e radicale.
Non
si deve dimenticare, ad ogni modo, che appare comunque
documentato un certo humus resistenziale tra molti
sacerdoti del decanato dove Franz viveva.
·Nelle
riflessioni dal carcere oltre all’eco di
Bonhoffer non trovi
che ci sia il tema dominante che ritroveremo ne
“L’obbedienza non è più una virtù”?
Qualche
parallelo tra Franz Jägerstätter e don
Lorenzo Milani può
certamente essere tracciato. Entrambi provengono da un contesto
religioso “tradizionale”, non sono pacifisti né tantomeno
“rivoluzionari”. Sono due autentici cristiani, che hanno
capito come ciò non possa essere disgiunto dall’essere
pienamente “umani”: dalla fede, dunque, nasce il non voler
combattere il nazismo, così come la dichiarazione che il
cristiano non può imbracciare il fucile. Per entrambi il
percorso verso la pace si fa con la corona del rosario sempre in
mano.
|