Scolasticha
Kimanga
Il
mio nome è Scolasticha Kimanga, vengo da Nairobi
in Kenya e desidero oggi condividere con voi la mia esperienza di
lavoro tra la gente senza terra. Lavoro con un’organizzazione
che si chiama Pamoja Trust che richiama l’idea di stare insieme
per lavorare con tutte le persone che hanno problemi relativi alla
terra. Per darvi
un’idea di cosa significhi il problema della terra a Nairobi
vorrei fare una breve storia di quelle che sono stati gli usi
della terra nel periodo precoloniale, coloniale e in tempi
recenti. Prima dell’arrivo degli inglesi la terra era di
proprietà della comunità e tutti i membri avevano diritto alla
terra. In quel periodo tutti avevano diritto a una terra che
potevano usare per l’agricoltura, per la pastorizia e per la
caccia. La terra era considerata come la primaria fonte di risorse
per vivere. Quando arrivarono gli inglesi si impadronirono di
tutte le terre buone e confinarono le popolazioni indigene in
delle riserve in zone povere e meno produttive. La gente non
poteva praticare le proprie colture, perché non c’era
abbastanza spazio per farlo. Le prime forme di privatizzazione
sono state introdotte dagli inglesi sia come forma di proprietà
privata di cittadini inglesi sia come forma di proprietà del
governo britannico. Quando gli inglesi lasciarono il Kenya il
sistema rimase esattamente lo stesso. Quindi le terre attualmente
sono o proprietà privata o del governo. La terra veniva suddivisa
sulla base della domanda e offerta e quindi solamente coloro che
si trovavano all’interno del sistema potevano avere accesso alla
terra. Gli inglesi hanno dato al governo del Kenya del denaro
perché il governo potesse ricomprare la terra. Questo fu molto
difficile da accettare per le persone che lottavano per
l’indipendenza, perché così si resero conto che tutta la terra
era stata sottratta loro. Questo ha avuto come conseguenza anche
una forte migrazione verso le città in cerca di lavoro e di un
modo per sopravvivere.
Oggi
a Nairobi vivono circa quattro milioni di persone e la metà di
questa popolazione vivono su una superficie complessiva che è
l’1,5% del totale di Nairobi. Le terre
che essi occupano non appartengono loro perché sono comunque
appartenenti al governo e quindi queste persone non possono
costruire delle strutture permanenti in queste zone. Secondo le
mappe del governo queste persone non esistono e quindi non sono
incluse nelle politiche del governo. La situazione per questi due
milioni di persone è molto grave: non hanno sostegno sociale, non
hanno sanità, educazione, strade. Il fatto che si sia ereditato
il sistema britannico che coinvolgeva tutti gli ufficiali fino al
livello più basso, quindi anche gli amministratori, isola ed
esclude la gente ancora di più. Nel 1996 si è verificata una
situazione molto critica, perché il governo ha iniziato a vendere
queste terre. Questo ha portato alla nascita di un movimento che
si è sollevato contro questa forma di ingiustizia e la richiesta
fondamentale è la distribuzione equa delle terre come risorsa di
base per poter vivere. La vita del movimento non è stata facile,
alcune delle persone che sono coinvolte sono state uccise per il
fatto che esse sfidano apertamente il sistema di distribuzione
delle terre in particolare a Nairobi. Il movimento rimane comunque
determinato e il primo luglio di quest’anno hanno lanciato la
prima campagna sulla terra. Stanno portando avanti una serie di
istanze, la prima delle quali è che non si verifichino più
demolizioni. Chiedono di essere riconosciuti come i proprietari di
diritto della terra che occupano. Chiedono di poter avere accesso
ai servizi sociali come qualsiasi altro cittadino. Nel 2000 anno
del Giubileo il movimento si è rivolto alle Chiese chiedendo che
prendano una posizione precisa nei confronti del problema della
terra. In questo momento in cui il Kenya sta rivedendo anche la
propria Costituzione, il movimento chiede che i problemi della
terra sia presi in considerazione nelle discussioni, quindi che
entrino in un’agenda da cui sinora sono rimasti esclusi. C’è
stato un coinvolgimento anche delle NU alle quali il movimento si
è rivolto per vedere quale sarà la loro posizione e come intende
intervenire. Un altro campo di attività del movimento è nei
confronti dei parlamentari e dei politici eletti dalla popolazione
e quindi si chiede loro come hanno intenzione di rispondere. C’è
anche un tentativo di coinvolgere molti professionisti di ambiti
lavorativi diversi. C’è un richiesta di sostegno da parte di
quelle organizzazioni non governative che si occupano di diritti
umani. In questo momento il movimento sta anche cercando di
espandere la propria base sociale e quindi di lavorare in termini
di sensibilizzazione della base per avere una maggiore forza per
opporsi al governo.
Oggi
sono qui per chiedere anche il vostro sostegno nella
sensibilizzazione delle persone. Si sono fatte molte iniziative,
ma noi abbiamo la sensazione che le cause profonde di questo
problema non siano ancora state prese in considerazione. I questo
momento c’è molta sofferenza in Kenya e non si può dire che
sia un paese libero, perché ci sono delle condizioni che vengono
dal Nord, dal FMI, dai paesi ricchi. Le persone che sostengono il
sistema conoscono il funzionamento del FMI, della BM,
però di fatto è la struttura del sistema dal basso che non si
comprende e non si conosce fino in fondo quindi alla fine il
debito viene pagato dalla gente comune. La mia richiesta è quella
di affrontare i veri problemi, quelli che stanno alla radice. La
cosa fondamentale è cercare risorse che mirino alla soluzione dei
principali problemi. Considerando queste radici profonde bisogna
dire che esse sono situate al Nord così come al Sud così ci
dobbiamo considerare tutti come agenti di questo problema.
Ciascuno di noi dovrebbe avere una consapevolezza per le azioni
che compie tutti i giorni le cui conseguenze vengono pagate al Sud
in termini di ulteriore marginalizzazione. Quindi se cerchiamo di
avere un mondo più giusto, ciò non vuol dire un Nord più
stabile mentre il Sud viene svalorizzato. Un’altra cosa che vi
chiedo è di cercare di raccogliere informazioni corrette e di non
essere coinvolti in un sistema che distribuisce notizie distorte
per poter avere maggiore consapevolezza nell’agire. Vi chiedo
poi di sostenere gli sforzi di queste persone che stanno lottando
per riappropriarsi della dignità. Nel momento in cui si
intraprendono iniziative bisogna cercare di soffermarsi sulle
conseguenze anche perché siamo tutti coinvolti in un sistema che
offre informazioni funzionali a rinsaldare se stesso.
Vorrei
aggiungere che le donne sono i soggetti che stanno soffrendo di più
anche perché sono la maggioranza della popolazione degli
insediamenti informali. Una delle cause è che il costume è molto
discriminatorio nei loro confronti: una donna non può ereditare
la terra e quindi le donne vengono in città cercando un lavoro
per poter sopravvivere. In questo momento stiamo affrontando il
problema dell’AIDS e
lo consideriamo soprattutto come problema economico che colpisce
le donne ancora di più. Le iniziative avute fino oggi per
contrastare la malattia non siano stati sufficienti e siano
comunque stati discriminatori nei confronti delle donne. Ci sono
movimenti che si stanno rafforzando che sono guidati dalle donne e
stanno promuovendo i loro diritti. Sono felice di dire che
l’organizzazione per cui lavoro si occupa soprattutto di donne e
al suo interno le donne sono la maggioranza e sono convinta che se
le donne hanno le risorse di cui hanno bisogno possono far
succedere le cose. Sono felice di dire che le donne sono state
capaci di gestire questioni di governo e di governabilità
all’interno delle loro comunità. L’importante è dare
sostegno, perché sono condotte da persone che meritano la nostra
fiducia. Chiediamo anche sostegno per contrastare le pratiche
culturali che sono violente nei confronti delle donne. Per
sviluppare la sensibilizzazione delle donne soprattutto perché
smettano di pensare di essere loro la causa dei loro problemi.
Stiamo lavorando anche per l’educazione delle donne, ci sono
movimenti che lavorano per l’educazione delle ragazze e delle
bambine per evitare che si riproducano ancora queste
discriminazioni. Se tutti i diritti delle donne venissero
riconosciuti e rispettati allora il mondo sarebbe un posto
migliore dove vivere. Il messaggio che vi porto oggi è di avere
la vostra collaborazione al nostro sforzo. Dobbiamo tutti essere
responsabili l’uno per l’altro come fra fratelli e sorelle per
fare del mondo un luogo migliore.
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