Mercoledì mattina come gruppo che incontra le
associazioni abbiamo visitato il centro Astalli, una realtà
che cerca di aiutare i rifugiati. Il centro Astalli nasce
circa vent’anni fa, grazie all’intuizione di un gesuita,
con l’obiettivo di aiutare i giovani eritrei che
scappavano dalla guerra dando loro panini caldi. Attualmente
il centro offre numerosi servizi tra cui una mensa per circa
duecento persone, un laboratorio con personale medico, la
cooperativa “Il tassello” (una lavanderia gestita dagli
stessi rifugiati) e una scuola d’italiano per stranieri.
Il centro lavora molto sui bisogni che i rifugiati
hanno in diversi momenti della loro vita, per questo
comprende anche tre centri di accoglienza (uno solo per
uomini, uno che ospita sessanta famiglie e la “Casa di
Giorgia” che accoglie donne con bambini) e un centro
d’ascolto che offre consulenza legale per ottenere asilo
politico e assistenza lavorativa collaborando con alcune
aziende del nord-est. Tutti i servizi portati avanti sono a
tempi fissi al fine di evitare l’assistenzialismo. Da
cinque anni poi esiste la fondazione Astalli che promuove
cultura alternativa sul tema dei rifugiati attraverso
progetti didattici nelle scuole e la pubblicazione del
giornale “Servil”. Il centro cerca anche di fare rete a
livello nazionale con altre associazioni per capire come
tutelare meglio i rifugiati e partecipa al coordinamento del
comune di Roma per iniziative di sensibilizzazione. A
livello internazionale promuove scambi d’informazioni
utili a capire meglio le problematiche dei rifugiati.
Il rifugiato è una persona che scappa dal paese in
cui ha la cittadinanza in quanto perseguitato per motivi di
razza, di religione, di nazionalità, appartenenza ad un
determinato gruppo sociale o politico. Egli può chiedere
asilo al paese in cui si rifugia, tuttavia questo sta
diventando sempre più difficile dopo l’undici settembre.
Inoltre molti paesi non assumono la difesa contro le
violenze subite dalle donne, e questo è un motivo più che
sufficiente per scappare questi stati.
Per toccare la realtà più da vicino abbiamo
ascoltato la storia di Mark, professore di matematica
scappato dal Congo perché torturato a causa del suo impegno
politico per la pace.
Si intuisce la necessità del lavoro di centri come
questo e allo stesso tempo l’urgenza di un cambiamento
delle leggi sull’immigrazione: bisogna mettere al primo
posto l’uomo. In Italia manca anche una legge precisa che
legiferi sul diritto d’asilo e la legge Bossi-Fini ha
lasciato in sospeso la questione.
L’attesa del riconoscimento di asilo per i rifugiati
è lunga e le condizioni di questa gente sono sempre più
precarie. Gli immigrati (rifugiati politici e non) che
raggiungono il nostro paese hanno alle spalle storie di
sofferenza, violenza e sfruttamento che richiedono prima di
tutto rispetto e accoglienza!
Associazione
LIBERA
Osare la
giustizia per essere liberi
Osare
un tempo nuovo, un tempo di legalità e di giustizia, di
diritti, di libertà … magari proprio nei luoghi resi
schiavi dal potere mafioso e dalla paura: questo è quello
di cui si occupa Libera.
Nata
nel 1995 per volontà di uomini e donne coraggiosi come don
Luigi Ciotti e Rita Borsellino, Libera riunisce numerosi
gruppi, associazioni, scuole e singoli che lavorano per
contrastare le organizzazioni mafiose. Gli amici di Libera
ci accolgono nell’appartamento dove l’associazione ha
sede in modo provvisorio, in attesa che sia completata la
nuova sede: un palazzo in centro città confiscato alla
criminalità organizzata romana. Libera infatti oltre ad
essere stata promotrice della legge 109/96 per il riutilizzo
sociale dei beni confiscati alla mafia, ha permesso
concretamente la nascita in edifici e terreni confiscati di
molte cooperative dove giovani hanno trovato un occupazione,
per esempio coltivando la terra e producendo alimenti di
qualità. Come ci racconta Davide questi progetti sono vere
e proprie rinascite e liberazioni: sono rinascite per i
giovani che vi lavorano, altrimenti condannati alla
disoccupazione; lo sono per quei terreni sfruttati dalla
malavita che invece ora donano vita; lo sono anche per tutti
i cittadini testimoni di un abitare quel territorio
finalmente con giustizia e per i diritti di tutti.
Ma
Libera non si occupa solo di questo, sono numerosissime le
sue attività: Libera Scuola studia e propone percorsi di
educazione alla legalità ed ai diritti in molte scuole;
Libera Sport promuove il valore educativo dello sport e
combatte contro il doping; Libera internazionale è
l’espressione del progetto di fare rete con tutte le realtà
che nel mondo contrastano le mafie.
Libera
inoltre crede fortemente nella memoria come valore e
strumento per costruire il cambiamento: ogni anno, il 21
marzo, promuove la giornata della Memoria in cui ricordare
le vittime delle mafie ed il loro impegno per la legalità.
Vi sono poi molte altre attività (la Carovana antimafie, la
corsa per la pace e per i diritti …) organizzate a livello
nazionale ed internazionale.
Insomma,
Libera osa la libertà di essere cittadini responsabili. Non
mancano le difficoltà e le fatiche: da quella di lavorare
con tanti soggetti diversi sparsi sul territorio a quella di
continuare a parlare di legalità in un paese che molte
volte appare politicamente insensibile. “Quelli di
Libera” tengono però a sottolineare che per loro legalità
non ha il significato di cieca obbedienza alle leggi,
significa invece promozione di leggi giuste e del loro
rispetto per la promozione della giustizia. Non vi è
legalità se non è per la giustizia.
Vorrei
salutarvi con parole di Antonino Caponnetto, splendido
esempio di impegno e di umanità, rigirando la dedica che mi
ha lasciato nella mia adolescenza “a tutti noi e alla
nostra meravigliosa giovinezza”:
“…
in una fase così
delicata e pericolosa per il paese nessuno può tirarsi
indietro,
quel
poco che posso ancora fare lo farò …
Una
lunga strada ci attende: dovremo percorrerla insieme, mano
nella mano.”
Agenzia MISNA
Un’agenzia di informazione dal Sud del mondo: Misna.
Ad accoglierci c’era il fondatore e direttore p. Giulio
Albanese che ci ha raccontato la storia di questa agenzia.
Stando in Africa nel 1995 egli ha sentito la necessità di
un’informazione più giusta; per questo cercò di creare
un network capace di riunire tutte le comunità comboniane
sparse nel continente. Inizialmente trovò diverse difficoltà;
oggi Misna raccoglie le informazioni provenienti dalle
missioni di diverse congregazioni religiose, lavora
ventiquattro ore su ventiquattro, tutto l’anno, e passa il
materiale a diverse testate soprattutto estere. Le notizie
arrivano direttamente dai missionari presenti in loco e
vengono elaborate in articoli nella sede dell’agenzia dai
tredici giornalisti stipendiati secondo il contratto di
categoria. L’agenzia è finanziata dagli istituti
missionari, dalla Rai, e dalla vendita di alcuni servizi
(fotografie, accesso data base…).
p. Giulio sottolinea come un’ informazione corretta
sia la prima forma di solidarietà nei confronti dei poveri.
Discutiamo dell’importanza di una stampa che trasmetta
valori cristiani e allo stesso tempo riesca a raggiungere un
gran numero di lettori: il problema della stampa cattolica e
missionaria è che troppo spesso si rivolge ad una cerchia
ristretta di lettori. La mobilitazione nazionale contro la
guerra all’Iraq ha dimostrato che il popolo italiano con
tutte le sue diverse sfaccettature è sensibile alle
tematiche della pace e della giustizia, il problema è avere
il coraggio di investire in una informazione tale da mettere
al primo posto queste tematiche e non i pettegolezzi sui vip
o le partite di calcio dimenticandosi delle quaranta guerre
nel mondo che continuano ogni giorno a massacrare milioni di
innocenti. La visita alla Misna si è conclusa con un breve
giro nei vari uffici per salutare le giornaliste e i
giornalisti al lavoro.
Gianfranco, Isabella e Stefano, con p.
Vincenzo, hanno visitato il quartiere LAURENTINO 38. Costruito circa venti anni fa dall’Istituto Autonomo
Case Popolari
(ed
anche da cooperative) con criteri urbanistici considerati
all’epoca
avveniristici, consta di numerose
strutture abitative con palazzi alti sedici piani uniti da ponti sormontanti la strada a due carreggiate.
Sui ponti
erano
attivi negozi, uffici e servizi vari. Il Laurentino 38 oggi
è alquanto
degradato ed in uno stato di semi
abbandono anche se popolato da migliaia
di
persone. E’ da precisare, comunque, che le situazioni di
maggiore degrado
interessano solo alcuni ponti, mentre
negli altri le condizioni sono più normali. E’ in corrispondenza di uno di questi ponti che opera
l’Associazione
ANCORA
95 dove è stato aperto un centro di ascolto ed è li che il
gruppo è stato ospitato. Agli associati presenti
è stato spiegato che cosa è la
Carovana,
illustrate le finalità e lo scopo, le campagne di
sensibilizzazione
sui temi dell’immigrazione e
dell’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO), il riferimento alla Pacem in Terris, all’impegno di
creare condizioni
di
pace partendo dal basso, dalle cose più semplici e piccole.
Il Presidente, che si chiama Salvatore
(che coincidenza!!), persona
di
buona volontà, ha illustrato alla Carovana le condizioni in
cui versa
il quartiere, particolarmente alcune zone:
appartamenti e locali sui ponti occupati abusivamente e trasformati in abitazioni, commercio degli
stessi ad
altri disperati, alta percentuale di abbandono scolastico,
uso e spaccio
di sostanze stupefacenti, persone che non
hanno alcun punto di riferimento civile ed istituzionale. La parrocchia, in cui opera la Caritas con
una buona
organizzazione e con persone veramente dotate di buona
volontà (Marta
è una di queste), è troppo vasta e
popolata, quindi poco incisiva nei confronti del popolo di Dio. E’ un disagio che molti sentono ed
auspicano la costituzione
di
una seconda Parrocchia, cosa questa che depone molto a
favore della gente
del quartiere troppo spesso e da lungo
tempo etichettata come difficile e quindi emarginata. Sono state incontrate due splendide donne: una
suora di
Nevers ed una delle Piccole Sorelle, molto apprezzate dalla
popolazione. Dopo lo spuntino offerto dall’Associazione abbiamo
effettuato un giro nel quartiere accompagnati da alcuni soci per incontrare la gente, soprattutto altri ragazzi
oltre a
quelli già incontrati nella mattinata. Mentre si apprestava
a rientrare,
abbiamo ha incontrato una sig.ra di nome Vittoria
che ci ha informati di
avere
costituito un comitato di inquilini (un comitato spontaneo,
una piccola
comunità, uno spaccato di società
civile) che si prefigge lo scopo di riscattare il Laurentino 38 dal degrado e dall’abbandono mobilitando quanta
più gente
possibile
e facendo opera di sensibilizzazione. Con la sig.ra Vittoria
ci siamo impegnati
per un incontro, domani presso la sede dell’Associazione per un
reciproco ed
approfondito
scambio di informazioni.
Secondo giorno
Partiamo cercando di svuotare la bisaccia piena di
domande, di dubbi, di curiosità, di entusiasmi, di schizzi
di risposte alle sfide incontrate il giorno prima. Abbiamo
sperimentato che solo nell’avere la bisaccia vuota
possiamo incontrare le persone nel vero ascolto che non
pretende, che non misura, che non semplifica, ma che
accoglie e si prende cura.
Salvatore, Katia, Luciano e gli altri volontari
dell’Associazione L’ancora 95 ci aspettano e ci
accolgono con gran calore, pensando per noi una seconda
colazione che guai rifiutare. Davvero speciali!!! Hanno
aperto la loro sede mettendosi a completa disposizione per
il passaggio della Carovana, facendo da riferimento per le
altre associazioni che lavorano nel quartiere e per noi
carovanieri...Sentono il passaggio e la presenza della
Carovana come un dono per loro e il loro quartiere, come
un’opportunità di scambio, di nuovo impegno e di
condivisione della speranza e della vita che nasce e che
vuole fortificarsi tra le vie e i palazzoni.
Per arrivare nel quartiere anche qui si scende, si
lascia la strada principale dell’EUR, ci si passa solo se
ci si vuole passare. E’ una caratteristica dei luoghi che
si vogliono lasciare fuori...
E’ molto s-coinvolgente vedere e sentire quanta
passione questi volontari e amici mettono nel lavorare e nel
pensare la loro gente. Nelle loro parole si sente la
preoccupazione per i giovani che fanno fatica a studiare,
che vivono a stretto contatto con il mondo della droga e
della violenza, per le famiglie, che vivono nei negozi
occupati perché per loro non c’è posto, in condizioni
che minano la dignità della persona, per gli anziani e
disabili che vivono in palazzi dove non c’è l’ascensore
e sono costretti a non uscire di casa....Ieri abbiamo fatto
amicizia con un gruppetto di adolescenti che passano gran
parte del loro tempo sotto le tettoie dei palazzi a parlare
e ... Sono stati loro i primi ad accoglierci, salutandoci e
togliendo subito quel muro di imbarazzi... incominciano a
raccontare le loro storie, i modi in cui passano il tempo,
ci domandano chi siamo e cosa siamo venuti a fare...ma
quello che gli interessa di più è che stiamo con loro, che
“perdiamo” del tempo con loro...ce lo chiedono più
volte nei loro modi, con i loro linguaggi...ma sempre ci
buttano la battutina...domani tornate??? Esperienze di vita
completamente diverse che si incontrano e si provocano
profondamente. Flavio, Valerio, Francesco, Vincenzo,
Veronica, Viviana, Giada, Francesca, Martina, Marco...sono
impressi nei nostri cuori...ci siamo affezionati a questi
ragazzi...e portiamo con noi i ponti che ci hanno lanciato
con coraggio: rappresentano le loro speranze, i loro sogni,
il loro disagio, la loro voglia di futuro. Abbiamo voluto
condividere insieme il nostro desiderio di osare un tempo
nuovo nelle nostre vite e con loro, lasciandoci provocare da
alcune storie di pace della videocassetta...Abbiamo provato
insieme a farci delle domande, a lasciarci interrogare dalla
loro esperienza di vita nel quartiere, a trovare insieme
strade di speranza e di vita... Siamo stati testimoni di
come la storia e la vita assumono significati diversi, i
quali dipendono dal punto di vista da cui la guardi, da dove
la abiti e la vivi....
Nel pomeriggio abbiamo visitato l’associazione H
AMICI che lavora con i ragazzi disabili. E’ un esperienza
molto bella nata dall’ascolto di alcuni giovani disabili
con il desiderio di trovarsi, di stare insieme…è un vero
centro diurno organizzato e portato avanti da soli volontari
del quartiere. La cosa bella che abbiamo respirato è che i
ragazzi sentono loro questo spazio di ritrovo, di sostegno,
di incontro, di amicizia…
Questi sono i piccoli grandi segni di speranza che ci
stanno accompagnando, che cercano ascolto, accoglienza e
attenzione.
Durante questo secondo giorno, sono
state visitate alcune famiglie nei luoghi più difficili del
quartiere. Nella povertà e miseria c’è tanta umanità e voglia di riscatto
specialmente morale. Le accompagnatrici hanno illustrato le
finalità della loro opera
che non consiste nelle mera carità (e
purtroppo ce n’è tanto bisogno), ma
sono
vicine alle persone con il dialogo, l’ascolto, il
consiglio.
Alla sig.ra Vittoria, come promesso, ed
anche ad altre persone convenute, sono state illustrate le
finalità della Carovana, mentre lei ha voluto descrivere più dettagliatamente cosa intende adoperarsi per il quartiere con
il comitato
che
presiede. Tutti si sono mostrati interessati ai contenuti ed
alle finalità
della Carovana e l’hanno incoraggiata a
perseguire la strada intrapresa. I presenti sono stati invitati a partecipare alla S. Messa di
domani pomeriggio
con
preghiera di divulgare l’invito a quante più persone
possibile. Vittoria
ha detto di non poter essere presente
perché impegnata con il comitato degli inquilini.
Terzo giorno
Anche oggi, ultimo giorno di permanenza
nel quartiere Laurentino 38, abbiamo incontrato alcuni
giovani ponendoci in ascolto
e
dialogando con loro. E’ stata fatta visita alle Piccole
Sorelle presso
la loro abitazione inserita nel quartiere,
tra la gente. Dopo l’accoglienza suor Bruna e suor Rosetta hanno illustrato le finalità della
loro presenza
fatta di testimonianza e lavoro. Un
esempio di umiltà e amore. Suor Rosetta ha poi accompagnato Gianfranco a visitare una anziana signora
ultranovantenne,
originaria
di S. Leo, che vive sola ma non abbandonata, accudita da una
brava ragazza Ucraina. I familiari sono
spesso presenti. E’ stato un momento di gioia per la signora che con Gianfranco ha potuto scambiare
anche qualche
battuta
in dialetto Feretrano (Montefeltro, San Leo). Una delle socie dell’Ancora 95, la sig.ra Catia coadiuvata dalla
figlia Mirella,
ha mostrato alcuni lavori in ceramica eseguiti da lei in
occasione
di una delle tante attività che porta
avanti l’associazione e che vorrebbe che fosse potenziata. Nel pomeriggio, alle ore 16.00, nelle sede
della citata associazione che
ospita
la Carovana, P. Vincenzo ha celebrato la S. Messa cui hanno
assistito
anche alcuni ragazzi e ragazze. I primi,
purtroppo, fuorviati ed istigati da quelli rimasti fuori sulla porta, un poco alla volta sono usciti
creando anche
della confusione benevolmente tollerata dai presenti come
testimonianza.
Era la prima volta che entravano nella
sede dell’Associazione ed è stato considerato già un successo. Commovente il momento della preghiera
dei fedeli
quando
una mamma in lacrime ha pregato ed invitato a pregare per il
figlio gravemente ammalato. E’ riuscita a
partecipare anche Vittoria (“visto che sono venuta a salutarvi!!”).
Al termine, dopo calorosissimi saluti e
propositi
di
dare continuità al passaggio della Carovana indicando come
punto di contatto
p. Vincenzo, il Gruppo si è ricongiunto
con gli altri in attesa di partecipare alla veglia di preghiera.
Nei giorni del nostro soggiorno romano,
abbiamo cercato anche di incontrare la gente più
“comune” allestendo due gazebo (uno in P.zza Vittorio
Emanuele per tutti e tre i giorni e l’altro nei pressi di
stazione Termini per un giorno). L’obiettivo era informare
e sensibilizzare la gente sulla carovana, le sue campagne e
la Pacem in Terris tramite il dialogo, l’animazione e del
materiale in distribuzione.
Abbiamo provato sulla nostra pelle
l’indifferenza dei passanti: gente che camminava con lo
sguardo basso, quasi per sfuggire a ciò che si vede
camminando; gente che andava di fretta, senza nemmeno dare
un brevissimo cenno di saluto; gente rinchiusa con i propri
problemi quotidiani e con chissà quali punti interrogativi;
gente che non ha tempo di capire, di fermarsi, di sentire
palpitare il mondo attorno ad essi. Molti rispondevano
“non ho tempo”, oppure “sono di fretta”: quasi
sempre la solita risposta. Quante volte anche noi stessi ci
comportiamo allo stesso modo: non diamo del tempo agli
altri, perché non lo abbiamo per noi stessi. La società
nella quale viviamo ci impone ritmi sempre più veloci e
frenetici, ritmi quasi al limite dell’umanità, che viene
lasciata da parte. Si corre, si va, si passa per strada
senza accorgersi di niente e di nessuno, si cammina senza
neppure gustare né volti di persone, né paesaggi, né
niente…si va e basta.
I gazebo sono stati chiamati “Tende del
Vangelo": già il nome porta in se l'importanza della
nostra missione, che è quella di portare il Vangelo fuori
dalle chiese e condividerlo con la gente comune. E’ stato
difficile soprattutto frenare la frenesia, i ritmi vorticosi
del mondo occidentale, incontrare le persone che hanno ormai
perso la speranza e la voglia di farsi carico di cammini e
impegni per costruire la pace.
Molti passanti non rispondono neanche ad
un saluto, ad un sorriso e i pochi che lo contraccambiano
fanno fatica a condividere realmente il nostro messaggio. Da
ciò arriva la nostra difficoltà di fermarci, rimanere con
i poveri più poveri della nostra società. Non solo i
poveri che soffrono per la strada, che vanno alla ricerca di
un lavoro, che "non sanno se la vita è un progetto o
un inferno"; ma soprattutto quei poveri che sono stati
avvolti dalla “schifosa indifferenza”.
Di fronte a questo tipo di povertà, è
difficile portare anche un semplice aiuto, non basta infatti
un pezzo di pane per riempire il vuoto che è in loro e nei
loro cuori. E’ stato significativo per noi vivere
l'indifferenza dalla parte di chi la subisce e non di chi la
prova nei confronti dei propri fratelli. Il morale a terra
di tante persone, le facce scocciate della gente e
l'allontanarsi di coloro ai quali tentavamo di avvicinarci
ci chiedono di essere ancora più sensibili nei confronti
altrui.
Contemporaneamente alle tende, due di noi
sono stati chiamati a parlare in diretta in un programma
trasmesso da Radio Vaticana: l’emozione era forte; si
credeva di non essere all’altezza; si pensava di non
essere pronti; cosa vanno a fare due giovani in quella
radio, nella quale parlano persone illustri, competenti e di
una certa notorietà? Andiamo volentieri: il programma dura
venti minuti, e oltre che a parlare della Carovana, il
conduttore accenna al capitolo generale dei comboniani.
Viene intervistato via radio p. Alex Zanotelli. Noi, dopo di
lui, parliamo della carovana e ci soffermiamo in modo
particolare negli appuntamenti di Roma.
Altri due di noi hanno voluto incontrare
informalmente i responsabili dell’Azione Cattolica: in
quei giorni è prevista l’Assemblea straordinaria
dell’associazione. Incontriamo parecchia gente, al di
fuori dei luoghi ufficiali degli incontri; parliamo anche
con alcuni assistenti che sono sacerdoti. L’accoglienza e
l’interessamento dimostrato da alcuni ci lascia
sbigottiti: si fermano, chiedono ulteriori informazioni,
vogliono avere dei recapiti e dei riferimenti per
approfondire, sottolineano come parlare di Pace vuol dire già
di per se “Osare un Tempo Nuovo”, ci fanno capire di
come sia fondamentale continuare a sensibilizzare sulla
Pace, quale proposta del Vangelo. Qualcuno ci offre
addirittura il pranzo. Non tutti comunque sono così
disponibili e felici di starci a sentire: tutti si fermano,
però qualcuno va di fretta, qualcun’altro tenta di
sfuggire, qualcun’altro ancora scappa via subito un
pochino infastidito. Non importa: proviamo a coinvolgere più
gente possibile.
Per recarci alle sedi degli incontri,
proviamo a suonare qualche campanello: della CGIL, di
qualche casa religiosa, andiamo alla libreria delle paoline
nei pressi di S. Pietro. Anche qui alcuni ci accolgono a
braccia aperte e instauriamo un dialogo, un piccolo
confronto, come è accaduto con la CGIL; altri invece ci
aprono, ma ci dimostrano una certa freddezza, diffidenza e
indifferenza, che notiamo soprattutto quando “battiamo”
alle porte delle case religiose: abitazioni grandi, buie,
forse anche in parte vuote…
La serata del 9 settembre invitiamo fr. Arturo Paoli
perché ci aiuti a riflettere sulle sfide della missione per
il terzo millennio. Lo facciamo insieme ai comboniani
riuniti in capitolo. I giovani della carovana riescono
quindi ad entrare direttamente e in modo approfondito nella
riflessione del capitolo, facendosi essi stessi protagonisti
della riflessione. Fr. Arturo va alla radice della
questione, riflettendo sulla cultura occidentale e il
pericolo di continuare ad esportarla acriticamente, nei suoi
lati più violenti e necrofili.
La fragilità umana e la forza della preghiera, nella
speranza, sono i filo rosso lungo cui ci accompagna.
Mercoledì 10 settembre: Parrocchia di S. Saturnino
con testimonianza di
Bienvenue (Congo) e Sr. Rachele
(Uganda)
Cerchiamo di scendere in periferia, di stanare Dio
immerso tra i poveri, ma anche di stanare l’umanità della
gente che corre o che sembra lontana.
Per questo, oltre alle tende del Vangelo, ci inseriamo
il 10 settembre sera in una parrocchia del centro, nello
sforzo di coinvolgere le persone che anche lì cercano di
essere cristiane.
Tentiamo di spiegare quale spirito guida la carovana e
quale passione sta risvegliando in noi. Ci riferiamo di
nuovo alla Pacem in Terris e tentiamo di scavare più
a fondo, perché anche alla gente ‘venga appetito’ e
tramite il lavoro “Riscoprirsi persone responsabili”
si sforzi di tradurre la profezia dell’enciclica in azione
fedele e dirompente per la pace oggi. E’ urgente capire
quanto può essere forte il contributo delle nostre piccole
comunità cristiane nella costruzione della pace.
Il cuore della serata è raccolto attorno alla vita di
Bienvenue e sr. Rachele. Vengono dall’Africa entrambi (un
giovane congolese e una suora comboniana che ha vissuto in
Uganda): ci interessa restituire la parola all’Africa
violentata dalla guerra perché sia questo il grido che ci
convoca alla responsabilità.
Bienvenue racconta del suo lavoro, in un’equipe di
difesa dei diritti umani. Viene dal Kivu, terra insanguinata
dalla guerra dei grandi laghi. Ci ha messo troppo la comunità
internazionale ad ammettere che è stata una guerra
d’invasione. Sono passati quattro milioni di morti, e
ancora si combatte.
Denunciare la violenza, fare i nomi dei guerriglieri,
esigere giustizia è ancora troppo pericoloso e Bienvenue
viene arrestato. Sottoposto a torture insieme ai suoi, perde
un amico morto in carcere, riesce a fuggire, a stento esce
dal Congo e scappa. Arriva in Italia senza riferimenti,
anche qui viene arrestato, rilasciato in strada, dorme in
stazione, orientato da un altro africano finché trova il
canale che lo porta fino allo status di rifugiato politico.
Sta terminando ora la facoltà di Scienze Politiche con
indirizzo rivolto alla costruzione della pace nella comunità
internazionale. Segue il travaglio del suo paese da lontano:
nei giorni delle stragi più grandi ne cerca notizia sui
nostri giornali, ma la vittoria della Lazio ha la meglio:
otto pagine sulla squadra del cuore e nemmeno un trafiletto
per l’ennesima strage di migliaia di morti in un giorno
solo.
Sr. Rachele è comboniana. Lo era di nome dopo i voti
e molti anni passati in Uganda, lo è diventata di fatto un
giorno di marzo dell’ 89, ne ricorda ancora la data.
Ci racconta del suo travaglio correndo dietro alle
dieci studentesse (“mie figlie”) rapite dall’esercito
di Cony (LRA) insieme ad altre decine di donne del
villaggio. “In quel momento, disperata in cammino sulle
loro tracce, l’ho sentito nel cuore: sto facendo causa
comune”.
Sr. Rachele è madre della Nigrizia. Lo è diventata
di fatto quando si è inginocchiata davanti ai ribelli e si
è offerta in cambio della liberazione di più di cento
ragazze. Bambini e bambine rapiti dalla Lord Resistence Army
e addomesticati alla guerra, ipnotizzati dalla violenza.
Storie dilanianti, di adolescenti costretti a uccidere i
loro compagni. Ha sofferto sr. Rachele per raccoglierle
dentro di sé e parlarcene, le taciamo qui in profondo
rispetto e in un silenzio denso di dolore.
Tratteniamo solo l’immagine di questa suora dalla
voce timida, che ci ha inchiodati al suo dolore. La
ricordiamo con quel crocefisso davanti a sé, posato sulla
bandiera della pace, perché è lui che ha agito e le ha
dato in quei momenti la forza e le parole: solo in Dio è la
nostra forza. A fianco un pezzettino del cranio di p.
Raffaele Di Bari, bruciato vivo in Uganda, perché non c’è
altra strada se non questa: amare i nostri nemici e dare la
vita per chi amiamo.
Abbiamo sentito ancora un po’ di più la forza della
nonviolenza, narrata e vissuta dal cuore di una donna che
convoca subito tra noi i cammini di altre donne, come Valdênia
e Magouws.
L’umanità di sr. Rachele, l’impotenza di chi si
abbandona e la sua ostinazione: questo ha salvato tante sue
figlie. Come Comboni, si è mossa al cospetto dei grandi
della terra, attraverso l’Europa e l’Africa, dove tutti
ascoltano, promettono ma dimenticano presto. E allora è
proprio a noi, piccoli pellegrini, che consegna una
responsabilità immensa: proteggere la vita dei più
piccoli. Ci raccogliamo in silenzio, capaci solo di
rinnovare con tutte le energie il nostro impegno personale.
Bienvenue ha osato un tempo nuovo, in un brevissimo
tempo ha fatto un cammino interiore liberante, una promessa
di vita.
Rachele ha incisa nella carne un’alleanza fatta di
volti che continuano a scorrerle davanti.
E noi, noi cosa aspettiamo ad assumere completamente
il nostro posto, a donare tutto una volta per sempre?
“…una buona misura, pigiata, scossa e traboccante
vi sarà posta in grembo”.
Per
leggere la testimonianza di suor
Rachele clicca qui
Giovedì 11 settembre: Parrocchia di S. Maria in Campitelli
Veglia di preghiera contro tutti i terrorismi
“Io sogno un giorno di entrare in una chiesa dove
non si trova un crocifisso ma i nomi delle vittime dei
terrorismi”. Tuonano così le parole di d. Luigi Ciotti
nella chiesa di S. Maria in Campitelli, durante la veglia
contro tutti i terrorismi. Affaticato e sofferente, Luigi
invoca l’impegno per la giustizia e la verità, che stanno
alla radice della pace. Commenta con coraggio e passione la
nonviolenza di Gesù di Nazareth, che ha insegnato a mettere
al primo posto sempre e comunque l’uomo. Affronta con
veemenza la nostra società e i valori che ci accomodano: il
possesso, l’apparire, il successo, il sesso. E rivendica
l’essere inadeguati di fronte a questo sistema,
riconoscere i propri limiti, accettarsi per quello che si è,
sicuri di essere amati dal Padre.
Sono tre quarti d’ora di grida, di meditazione e
condivisione che penetrano la Parola di Dio e ce la
restituiscono applicata alla realtà di oggi per riconoscere
i segni della sua incarnazione: i poveri, i derelitti, gli
esclusi.
E’ poi p. Alex che ribadisce l’origine cristiana
della nonviolenza e che afferma l’esigenza di “Osare un
tempo nuovo” per cambiare rotta rispetto al sistema di
morte che ci troviamo di fronte. Con calma e profonda
coscienza che ogni parola che lo anima scaturisce dal
Vangelo, Alex prega per tutte le vittime dei terrorismi e in
particolare per coloro che vivono ogni giorno “l’11
settembre” a causa della fame e della guerra. Terrorismo
non è infatti solo una serie di azioni violente che
vogliono minare la base e la fiducia di un popolo, ma è
anche una serie di politiche e decisioni economiche da parte
dei “grandi” della terra, che determinano la sorte di 40
milioni di persone all’anno!
Accorrono diverse persone, molti giovani per pregare e
riprendere speranza. E’ bello chiedere perdono ai popoli
dei cinque continenti per gli errori e gli abusi commessi
nei loro confronti. Ha un significato profondo e profetico
scambiarsi qualcosa di proprio con il vicino: piccolo segno
di condivisione della lotta.
Allora è possibile “Osare un tempo nuovo”,
mettercela tutta e ripartire con coraggio senza mai perdere
la Speranza, spendersi completamente per e con gli altri,
che sono sempre una ricchezza, contro ogni terrorismo, a
favore della vita, della pace, della giustizia.
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