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4 settembre 2003 inizia la Carovana
della Pace 2003 - "Osare un tempo nuovo"
La Carovana della Pace 2003 ha iniziato il suo viaggio da Assisi.
Nella città di Francesco ha provato ad "Osare un tempo
nuovo" insieme agli amici del Movimento Nonviolento
camminando con loro per un tratto della marcia "La
nonviolenza è il varco attuale della storia". Con loro
riflette su come la nonviolenza sia l'unica risposta
possibile per cambiare il corso della storia, seguendo
l'esempio di San Francesco che chiamando il lupo fratello ne
trasforma l'aggressività in mitezza. E non è un caso che
tra le 10 parole che il Movimento ha individuato per
descrivere la nonviolenza ritroviamo anche la giustizia, la
verità, l'amore e la libertà i 4 pilastri della Pacem
in Terris, l'enciclica da cui vorremmo farci guidare
nella costruzione di un tempo nuovo.
La
seconda parte della giornata in Assisi è dedicata invece
all'incontro con la gente ed in particolare con alcune delle
numerosissime congregazioni religiose per conoscerle,
scambiare qualche opinione presentare le due campagne che
proponiamo lungo la strada. La prima proposta è di
carattere nazionale e vuole suscitare reazioni di
indignazione e scelte concrete alla gestione inumana
del fenomeno immigrazione (vedi documento "Non
molesterai il forestiero: un decalogo per aiutare gli
immigrati oggi");
la seconda invece è di tipo internazionale e vuole opporsi
all'espansione non democratica del Wto a Cancun, verso un
sistema internazionale giusto, equo e sostenibile nelle
relazioni commerciali, economiche e finanziarie (vedi sito
della campagna "Questo mondo non e' in vendita").
Molto bello e spontaneo inoltre l'incontro con il Vescovo, pastore di
questa cittadina famosa per essere luogo di incontro tra le
religioni e per i cammini di pace. Almeno per quanto
riportato dalle cronache.
Ma Assisi è l'inizio del cammino: è il 5 settembre e qui
la carovana riceve l'invio nella Porziuncola per la missione
popolare. La strada della piccola comunità itinerante di
resistenza prosegue ora verso Napoli, inviata a costruire la
Vera Pace con l'unica forza della sua povera fragilità.
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Il destino si decide
nelle periferie
Con questo spirito la carovana della
pace ha voluto inserirsi per tre giorni nei quartieri
popolari di Napoli, accolta dalla comunità di
recupero per tossicodipendenti “Crescere Insieme”, in
pieno quartiere della Sanità.
Nelle periferie sono scese (ed era la
rima volta per molti) molte associazioni della città:
Manitese, Agorà, il gruppo di pastorale giovanile Shekinah,
gli scout…: con loro la carovana ha incontrato la gente del rione Sanità e dei Quartieri
Spagnoli, durante due intensi giorni di sensibilizzazione
sulla pace, serate di preghiera o di riflessine sulla
profezia della Pacem in Terris, momenti di preghiera, di
festa, di celebrazione eucaristica in piazza, di visita alle
persone lungo la strada.
Nelle periferie abbiamo tracciato piste
di impegno insieme a chi vive a Napoli: la Chiesa Battista,
la Scuola di Pace, Giuliana Martirani, Tonino Drago, don
Tonino Palmese (testimoni rispettivamente della Difesa
Popolare Nonviolenta e della lotta contro tutte le mafie,
tramite la rete Libera).
Nelle periferie abbiamo scoperto cosa
significa ‘inserzione’, discesa umile e permanente nel
cuore della vita della gente, pista privilegiata verso la
pace. La comunità Crescere Insieme, le scelte delle Piccole
Sorelle di Charles de Foucauld, l’associazione quartieri
spagnoli ci hanno insegnato a ripartire dai piccoli, in
profondo ascolto, nello stesso stile di Dio che con la
creazione ha voluto restringersi per fare spazio alla vita.
La carovana si è inserita anche nel
mondo dell’immigrazione, dando tanti volti concreti alla
campagna “un decalogo per gli immigrati” che sta
sostenendo.
La comunità comboniana di Castelvolturno (CE) e la comunità
cristiana africana locale hanno accolto i giovani della
carovana in un momento intenso di celebrazione e di festa.
Immergersi tra la gente ci ha fatto
sperimentare il senso di isolamento, di lontananza delle
istituzioni e della chiesa istituzionale, così come della
“Napoli bene”. Vengono di conseguenza la rassegnazione,
l’impotenza, la necessità di ‘arrangiarsi’ e la
fatica di sognare insieme.
La speranza resiste nella scelta di
abitare il tempo e i luoghi della gente, stare in mezzo a
loro per incontrare e assaporare l’accoglienza, la festa,
la vita che ogni giorno ci sorprende e ci supera.
La carovana riparte, ma lascia a Napoli
i tanti gruppi inseriti nel cuore delle sfide di questa città
pulsante di vita. La nuova comunità in cui p. Alex
Zanotelli vivrà continuerà a cercare piste d’azione
perché vinca la vita.
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La
speranza ha tanti volti
L’otto settembre la Carovana della
Pace si rimette ancora in viaggio. Arriva a Roma, una nuova
realtà in cui immergersi, complessa ed articolata. Per
questo decide di dividersi in quattro gruppi, coinvolti il più possibile in contesti diversi:
- Immersione
tra la gente del quartiere Laurentino 38, un quartiere
periferico e degradato dove la Caritas locale,
l’associazione Ancora 95 e le Piccole Sorelle di Gesù
lavorano con le famiglie ed i più giovani;
- Incontro
con le comunità di rifugiati (sudanesi ed eritrei) nei
capannoni abbandonati
dei treni alla stazione Tiburtina. Quasi mille persone
conducono un’esistenza priva di prospettive
e servizi essenziali, molti di loro in attesa
dello stato di rifugiati politici
- Visita,
dialogo e confronto con numerose associazioni che
lavorano nella città di Roma per la pace, la legalità,
l’educazione, l’informazione e l’accoglienza di
chi è escluso (Casa di accoglienza per ragazze madri
gestita dalle suore di San Vicenzo de Paoli nella zona
della parrocchia Santa Maria dei Monti, SEPN – settore
educazione alla Pace e non violenza della Caritas di
Roma- Libera, Misna, Rete di Lilliput);
- Incontro
con la gente sulle strade attraverso le “ Tende del
Vangelo”, luoghi per incontrare, scambiare idee,
confrontarsi e distribuire del materiale
sull’iniziativa e sulle campagne.
La carovana riparte con la speranza della continuità
dopo il cammino fatto insieme ai ragazzi del GIM (Giovani
Impegno Missionario) di Roma ed ai tanti che ci hanno
accolto e con cui portiamo mattoni diversi allo stesso
edificio di Pace.
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È il 12 settembre: la carovana si
trasferisce sull’Appennino Emiliano, nei luoghi di una
delle più efferate stragi naziste, quella di
Montesole-Marzabotto. Negli stessi luoghi risiede la comunità
dei monaci e delle monache dossettiani: li interpelliamo per
recuperare il ruolo di Giuseppe Dossetti nella storia della
nostra Repubblica. Insieme ai pilastri indicati dalla Pacem
in Terris, riconosciamo l’importanza essenziale della
Costituzione, baluardo civile posto al termine di una
guerra, perché nulla si ripeta.
Incontriamo il Dossetti della
Costituente e il Dossetti dello scatto di coscienza, nel
’94, nel cuore della sua vita monacale: la sua storia
insegna che non possiamo tacere quando la Costituzione e i
valori della persona, della democrazia, del lavoro e della
pace vengono messi in discussione.
Recuperiamo il senso di politica per
Dossetti e l’idea di partito, molto vicini alla logica
partecipativa che oggi ci insegna il sud del mondo: non
elite rappresentative, ma processi di coinvolgimento di
tutti nella corresponsabilità delle scelte; anche questi
sono i presupposti della pace.
Parliamo della storia della nostra
Repubblica, del pericolo di “nuove incubazioni fasciste”
in un luogo segnato dal sangue, in giorni in cui il
presidente del consiglio sembra voler cancellare la memoria.
Francesco Pirini, sopravvissuto alla strage, ci aiuta a
recuperare il dramma di quei giorni.
Ha perso amici e parenti, ha visto gli
orrori della follia nazista e per vent’anni non è
riuscito a parlarne; dopo tanto tempo finalmente un gruppo
di bambini lo ha coinvolto nel grande esercizio di memoria e
perdono, che da allora non ha più interrotto. Gli chiediamo
cosa significhi per lui perdono e risponde che altrimenti
non avrebbe nemmeno senso parlare della violenza, perché
non ci sarebbe via d’uscita.
La via d’uscita invece sta nella
coscienza dei tanti che non dimenticano e che vogliono
ripartire per riscattare il dolore che ha segnato questa
terra: di notte, con p. Alex Zanotelli, due monaci di
Dossetti e tanti altri amici, la carovana cammina in
preghiera e riflessione attraverso i luoghi della strage,
scandendo passo passo le parole della poesia “Le querce di
Montesole”. Hanno memoria, le querce, e ora di questa
memoria fa parte anche il nostro passaggio: una
responsabilità in più per il cammino che riparte verso
Barbiana.
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I
care
Sabato 13 settembre: il cammino della
Carovana incontra un altro grande profeta dei nostri tempi,
don Lorenzo Milani. E’ grande l’attesa di incontrarsi
con un maestro che dalla periferia della storia ha cambiato
il mondo. Al Centro Documentazione di Vicchio, Bruno,
insegnante, e Nanni, il falegname di Barbiana, rivivono con
il loro racconto la vita e la testimonianza di don Lorenzo,
un prete che ha voluto vivere con verità e radicalità il
Vangelo di Pace e di Giustizia.
Poi tutti insieme, con alcuni gruppi
che ci raggiungono, saliamo per una stradina stretta e
ghiaiosa verso il paesino dove il Priore fu “esiliato”
nel 54.
La chiesetta è gremita e la presenza
di don Lorenzo si respira in ogni angolo, nei volti dei
tanti che ne portano in cuore la speranza e la gratitudine,
nei lumini accesi per la preghiera, nelle parole dei
testimoni.
Ci parlano di lui con emozione gli
amici di Calenzano, dove don Lorenzo ha vissuto la sua prima
esperienza pastorale e Carlo che con i suoi ragazzi vive a
Parma un impegno di famiglia allargata che trova le sue
radici nell’esperienza della scuola di Barbiana.
Il silenzio e la commozione sono forti
nel piccolo cimitero sotto la chiesetta, quando ci
ritroviamo a pregare e a lasciare un piccolo cero, segno
della luce che guida la nostra missione.
Scendendo gli amici del Forteto ci
aspettano a Vicchio per pranzare insieme e per raccontare
come più famiglie alla luce del Vangelo, “vivono
controcorrente” attraverso il lavoro di diverse
cooperative e la comunione dei beni.
Ma la strada della Carovana non si
arresta: nel pomeriggio ci trasferiamo nei pressi di
Pistoia, ad Agliana, per la Marcia della Legalità che
quest’anno ripercorre i “Diritti degli Altri”, ad
iniziare da quelli di tutti i baraccati, dei senza casa, di
chi vive al limite. Al telefono da Korogocho Padre Daniele
ci racconta della loro marcia in parallelo tra gli slums di
Nairobi e ci ricorda
di continuare a lottare insieme prendendo esempio da chi,
ogni giorno, ci insegna dal dolore e dalla fame ad andare
avanti con coraggio e a resistere.
In un clima familiare, di denuncia e di
festa, la marcia approda a Quarrata, dove c’è il tempo
per le forti provocazioni, riflessioni ed autocritica di
Gianni Minà, Gherardo Colombo, Giancarlo Caselli, Vauro,
Beppe Grillo. Per concludersi con le infuocate parole di
Gino Strada e p.Alex Zanotelli accompagnato dalla
testimonianza di Gino e Monica che hanno vissuto con lui
nella discarica.
Siamo in una fase davvero pericolosa
della nostra storia, in cui ognuno deve essere pronto ad
alzare la testa senza piegarsi di fronte allo strapotere dei
grandi oppressori, perché “la nostra patria”, come ci
ricorda don Lorenzo, “siano sempre i diseredati e gli
oppressi”.
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La
profezia di Daniele Comboni per osare un tempo nuovo
Si è concluso il 15 settembre il
cammino della carovana della Pace 2003.
Dopo aver accompagnato a Brescia la
partenza di 6 nuove missionarie comboniane per il mondo e
per la missione i giovani della carovana si sono raccolti a
Limone sul Garda per fare memoria di Daniele Comboni.
Proprio nella casa dove è nato il profetico sogno del
missionario, i carovanieri hanno potuto ringraziare per
l’esperienza fatta e raccoglierne i frutti e le sfide.
Sinteticamente hanno voluto tradurre cosa significhi per
loro “Osare un tempo nuovo”nel seguente documento:
OSARE
UN TEMPO NUOVO - Carovana della Pace 2003
Siamo
giovani che sentono la responsabilità della pace nelle
nostre mani. Ci siamo messi in cammino attraverso l’Italia
come Carovana della Pace 2003, insieme ai Missionari
Comboniani; a partire dalle provocazioni e dai segni di
speranza incontrati scriviamo a tutti i giovani e a coloro
che ci hanno accompagnato.
Crediamo
che ognuno di NOI nella sua quotidianità può e deve osare
un tempo nuovo.
Ogni
luogo ci chiama alla missione, come singoli e come comunità.
La
società civile e la chiesa, popolo di Dio in cammino,
devono mettersi al servizio del bene comune iniziando nella
marginalità, nelle
periferie, con gli immigrati, ovunque c’è abbandono e
povertà, contestualizzati nelle sfide globali.
Il
nostro impegno comincia da ieri con i profeti che, anche se
perseguitati e uccisi, hanno denunciato l’ingiustizia e la
povertà. Insieme a loro viviamo nell’oggi e nel domani la
fatica di riumanizzare il mondo e riscattare la persona.
E’
urgente Osare un Tempo Nuovo:
1)
Nell’Ascolto
che restituisce la parola ai poveri. Per questo occorre inserirsi e abitare la strada, andando
in cerca della gente, soprattutto i più lontani e
dimenticati, gli indifferenti o coloro che hanno perso la
speranza.
2)
Nella Memoria:
della storia dei popoli e di tutti i volti incontrati. Da
loro trae vita la spiritualità della nostra resistenza.
3)
Nella Debolezza
che salva: siamo coscienti della nostra impotenza e
fragilità; per questo scegliamo di incontrare l’altro in
uno stile umile, paziente, che lascia spazio alla
nonviolenza e tenerezza di Dio.
4)
Nella Speranza
che Dio abita la storia: ricerchiamo i segni di vita
nascosti tra i piccoli che attendono la liberazione, certi
che il bene vince sempre sul male.
5)
Nella Politica,
che è per tutti e non per pochi: mossi dall’indignazione
etica, vogliamo risvegliare ogni piccola comunità
cristiana alla partecipazione
politica e creare rete tra tutte le realtà locali impegnate
nel costruire pace e giustizia. Sentiamo l’importanza di interpellare
continuamente la chiesa e le istituzioni pubbliche perché
diano voce al popolo di Dio e alla società civile.
6)
Nella Responsabilità
dei giovani: in un percorso di informazione alternativa,
di denuncia e di proposta si impegnano in azioni
coinvolgenti nel contesto locale e in questo modo si sentono
protagonisti nella costruzione di un mondo diverso
possibile.
Le
tante rinascite che abbiamo toccato con mano alimentano in
modo forte la nostra speranza in un cambiamento necessario
anche per le realtà più ai margini.
Nessuno
può più tacere e nemmeno interrompere il cammino perché
troppa è la responsabilità di cui siamo investiti dalle
ferite ancora aperte negli uomini e nella nostra storia.
I
giovani della Carovana della Pace |
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