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Signore

Veglia 2° GIM - Limone sul Garda, 3 maggio 2003

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Caro Giovane,

Ti auguro, caro giovane, di saper ascoltare la voce di Dio che ti chiama al servizio. E’ questa la strada che apre a tante forme di ministerialità a vantaggio della comunità: dal ministero ordinato ai vari altri ministeri istituiti e riconosciuti: la catechesi, l’animazione liturgica, l’educazione dei giovani, le più varie espressioni della carità ( cfr Novo millennio inuente, 46).

Ho ricordato, a conclusione del Grande Giubileo, che questa è “ l’ora di una nuova fantasia della carità” ( ibidem, 50): Tocca a te giovane, in modo particolare, far si che la carità si esprima in tutta la sua ricchezza spirituale ed apostolica.

Servire è vocazione del tutto naturale, perché l’uomo è naturalmente servo, non essendo padrone della propria vita ed essendo, a sua volta, bisognoso di tanti servizi altrui. Servire è manifestazione di libertà dall’invadenza del proprio io e di responsabilità verso l’altro; e servire è possibile a tutti, attraverso gesti apparentemente piccoli, ma in realtà grandi, se animati da amore sincero.

Il vero servo è umile, sa di essere “ inutile” ( cfr Lc 17, 10), non ricerca tornaconti egoistici, ma si spende per gli altri sperimentando nel dono di sé la gioia della gratuità.

Caro e cara giovane, coltiva l’attrazione per i valori e per le scelte radicali che fanno dell’esistenza un servizio agli altri sulle orme di Gesù, l’Agnello di Dio.

Non lasciarti sedurre dai richiami del potere e dell’ambizione personale. Risuona anche oggi l’appello del Signore Gesù: “ Se uno mi vuol servire mi segua” ( Gv 12, 26).  Non avere paura di accoglierlo. Incontrerai sicuramente difficoltà e sacrifici, ma sarai felice di servire, sarai testimone di quella gioia che il mondo non può dare. Sarai fiamma viva di un amore infinito ed eterno…

 

Giovanni Paolo II

 

 CANTO: Servo per amore 

 

QUALE SARA’

IL MIO POSTO?

 

 

 Lo so, non mi farai fare brutta figura,

non mi farai sentire creatura che non serve a niente,

perché Tu sei fatto così: quando ti serve una pietra per la tua costruzione,

prendi il primo ciottolo che incontri, lo guardi con infinita tenerezza

e lo rendi quella pietra di cui hai bisogno: ora splendente come diamante,

ora opaca e ferma come una roccia, ma sempre adatta al tuo scopo.

Cosa farai di questo ciottolo che sono io, di questo piccolo sasso che tu hai creato

E che lavori ogni giorno con la potenza della tua pazienza,

con la forza invincibile del tuo amore trasfigurante?

 

Tu sai fare cose inaspettate, gloriose.

Getti le cianfrusaglie e ti metti a cesellare la mia vita.

Se mi metti sotto un pavimento che nessuno vede

ma che sostiene lo splendore dello zaffiro

o in cima a una cupola che tutti guardano

e ne restano abbagliati, ha poca importanza.

 

Importante è trovarmi ogni giorno là dove tu mi metti, senza ritardi.

E io, per quanto pietra, sento di avere una voce: voglio gridarti, o Dio,

la felicità di trovarmi nelle tue mani malleabile,

per renderti servizio, per essere tempio della tua gloria.

( Card: A. Balestrero)

  •  Ognuno legge il suo racconto personalmente e in silenzio

  • Riflessione

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LA LEGGENDA DEL BAMBU’

 

C’era una volta un bellissimo e meraviglioso giardino. Era situato a ovest del paese, in mezzo al grande regno. Il Signore di questo giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno, quando il caldo della giornata era più forte.

C’era in questo giardino un bambù di aspetto nobile. Era il più bello di tutti gli alberi del giardino e il Signore amava questo bambù più di tutte le altre piante. Anno dopo anno, questo bambù cresceva e diventava sempre più bello e più grazioso. Il bambù sapeva bene che il Signore lo amava e ne godeva.

Un bel giorno il Signore si avvicinò al suo albero amato e l’albero, in grande venerazione, chinò la sua testa: Il Signore gli disse: “ Caro bambù, ho bisogno di te”. Sembrò al bambù che fosse venuto il giorno di tutti i giorno, il giorno per cui era nato. Con grande gioia ma a bassa voce il bambù rispose: “ Oh Signore, sono pronto: Fa di me l’uso che vuoi!”.

“ Bambù – la voce del Signore era addolorata – per usarti devo abbatterti”; il bambù fu spaventato, molto spaventato: “ Abbattere me, Signore, che hai fatto diventare il più bell’albero di tutto il giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore, ma, per favore, non abbattermi”:

“ Mio caro bambù – disse il Signore, e la sua voce era più triste – se non posso abbatterti, non posso usarti”.

Nel giardino ci fu allora un grande silenzio. Il vento non tirava più, gli uccelli non cantavano più. Lentamente, molto lentamente, il bambù chinò ancora di più la sua testa meravigliosa. Poi sussurrò: “ Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa di me quello che vuoi e abbattimi”.

“ Mio caro bambù – disse di nuovo il Signore – non devo solo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie ed i rami”. “ Oh Signore – disse il bambù – non farmi questo: lasciami almeno le foglie e i miei rami”. “ Se non posso tagliarli, non posso usarti”.

Allora il sole si nascose e gli uccelli ansiosi volarono via, il bambù tremò e disse, appena udibile: “ Signore, tagliali!”

“ Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso farti questo non posso usarti”. Il bambù non poté più parlare. Si chinò a terra.

Così il Signore del giardino abbatté il bambù, taglio i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore dispose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte; l’altra la diresse verso il campo arido. La fonte dava acqua, l’acqua si riversava sul campo che aveva tanto aspettato. Poi fu piantato ilo riso, i giorni passarono, la semenza crebbe e il  tempo della raccolta venne.

Così il meraviglioso bambù divenne realmente una grande benedizione in tutta la sua povertà e umiltà.

Quando era ancora grande e bello e grazioso, viveva e cresceva soltanto per se stesso e amava la propria bellezza. Al  contrario ora, nella sua condizione di povertà, era divenuto un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.

  

 (Da un racconto popolare cinese)

 

LA STELLA VERDE

Esistevano milioni di stelle nel cielo. Stelle di tutti i colori: bianche, argentate, verdi, dorate, rosse e azzurre.

Un giorno, inquiete, si avvicinarono a Dio e gli dissero: "Signore Dio, ci piacerebbe vivere sulla terra, tra gli uomini". "Così sarà fatto – disse il signore – Vi conserverò tutte piccoline, così come siete viste, affinché possiate scendere sulla terra…"

Si racconta che in quella notte ci fu una bellissima pioggia di stelle. Alcune si accovacciarono nelle torri delle chiese, altre andarono a giocare  e a correre con le lucciole nei campi, altre si mescolarono ai giochi dei bambini e la terra divenne meravigliosamente illuminata.

Ma col passare del tempo le stelle decisero di abbandonare gli uomini e di ritornare in cielo, lasciando la terra oscura e triste. "Perché siete tornate?" domandò Dio mentre esse arrivavano poco a poco. "Signore, non è stato possibile rimanere sulla terra. Laggiù c’è tanta miseria e violenza, tanta cattiveria e tanta ingiustizia". "Eh si! – disse il Sifone - Il vostro posto è qui nel cielo. La Terra è il luogo di ciò che è transitorio, di ciò che passa e se ne va e di ciò che muore: niente è perfetto laggiù. Il Cielo invece è il luogo di ciò che è perfetto e immutabile, di ciò che è eterno e dove nulla finisce".

Dopo che le stelle furono arrivate, Dio verificò il loro numero e parlò di nuovo dicendo. "Ci manca una stella! Non sarà che si è persa nel cammino?"

Un angelo che gli stava vicino rispose: "No, Signore! Una di noi ha deciso di restare tra gli uomini. Essa ha scoperto che il suo posto è esattamente là dove c’è imperfezione, dove c’è limite, dove le cose non vanno bene, dove c’è lotta, fatica e dolore". "Che stella è mai questa?" "E’ la speranza, Signore. La stella verde. L’unica stella di quel colore".

Ma quando guardarono sulla Terra, quella stella non era sola. La Terra era nuovamente illuminata perché vi era una stella verde nel cuore di ogni persona. Infatti l’unico sentimento che l’uomo ha e che Dio non ha bisogno di avere è la speranza: Dio conosce già il futuro e la speranza è propria della persona umana: è propria di chi sbaglia, di chi non è perfetto, di chi non sa come sarà il suo futuro.

Ricevi,  amico/a, anche tu questa stella nel tuo cuore: è la speranza la tua stella verde. Non lasciare mai che vada via e che la sua luce si spenga. Abbi la certezza che essa illuminerà il tuo cammino; tu sii sempre positivo e ringrazia Dio per ogni cosa. Sii sempre felice e illumina con la tua speranza le persone che ti sono accanto.

 

GOCCIOLINA

 

All’alba, una goccia di rugiada brillava su una foglia lucida.

Una farfalla passò di là e volteggiando sussurrò: “ Gocciolina, come staresti bene sul mio vestito azzurro”. “ Saresti ammirata da tutti se venissi a ingemmare la mia tela d’argento”, le disse il ragno. “ Vieni ad illuminare la mia casa” la pregò una formica.

Gocciolina si guardo attorno un po’ confusa e scorse per terra un piccolo fiore, inaridito e senza vita. Pareva dicesse: “ Ho sete”. Gocciolina scivolò rapida sulla foglia lucida, e si lascio cadere ai piedi del fiore appassito che subito riprese vita.

 

(S. Lawrence)

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  • Ci si divide in tre gruppi, secondo la storia che ciascuno ha ricevuto e si fa una breve condivisione delle prime sensazioni.

  • Si ritorna tutti in assemblea e, dopo un periodo di silenzio, ciascuno esprime con una sola parola il sentimento che lo abita

I

 

 CANTO: Vieni e seguimi

 Barche...

 

Conosco delle barche che restano in porto per paura

che il mare le trascini via con violenza.

 

Conosco delle barche che arrugginiscono in porto

per non aver mai rischiato di issare una vela.

 

Conosco delle barche che hanno paura del mare,

e onde non le hanno mai portate al largo.

 

Conosco delle barche che restano ad ondeggiare,

per essere sicure di non capovolgersi.

 

Conosca delle barche talmente incatenate

che hanno dimenticato come liberarsi.

 

Conosco delle barche

che si graffiano sulle rotte dell’oceano.

 

Conosco delle barche che escono dal porto in gruppo

per affrontare insieme il vento forte.

 

Conosco delle barche che non hanno mai smesso di uscire dal porto

ogni giorno della loro vita.

 

Conosco delle barche che tornano lacerate dappertutto,

ma più coraggiose e più forti.

 

Conosco delle barche straboccanti di sole

perché hanno condiviso viaggi meravigliosi.

 

Conosco delle barche che hanno navigato

fino al loro ultimo giorno e sono di nuove pronte

a spiegare le loro grandi vele

perché hanno un cuore a misura dell’oceano.

 

PROCLAMAZIONE VANGELO: Gv 15, 1 - 17  

“ Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

  •  Silenzio

  • Esposizione e Adorazione Eucaristica

  • CANTO: Motteto di Taizé

  • Silenzio

  • Si proclama di nuovo il Vangelo

  • Risonanza della Parola ( solo i versetti)

DAGLI SCRITTI DI DANIELE COMBONI: Il Primo Amore...

“ Se non che, il cattolico, avvezzo a giudicare delle cose col lume che gli piove dall’alto, guardò l’Africa non attraverso il miserabile prisma degli interessi umani, ma al puro raggio della sua fede; e scorse colà una miriade infinita di fratelli appartenenti alla sua stessa famiglia, aventi un comun Padre su in cielo… (…) . Allora, trasportato egli dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulla pendici del Golgota, ed uscita dal costato di un Crocifisso, sentì battere più frequenti i battiti del suo cuore; e una virtù divina parve che lo spingesse a quelle … terre, per stringere tra le braccia e dare il bacio di pace e di amore a quegli infelici suoi fratelli...”

 

“ Il primo amore della mia giovinezza fu per l’infelice Nigrizia, e, lasciando quanto per me v’era di più caro al mondo, venni, or sono sedici anni, in queste contrade per offrire al sollievo delle sue secolari sventure l’opera mia. Appresso, l’obbedienza mi ritornava in patria, data la cagionevole salute… Partii per obbedire: ma tra voi lasciai il mio cuore; e, riavutomi come a Dio piacque, i miei pensieri e i miei passi furono sempre per voi.

E oggi finalmente riacquisto il mio cuore, ritornando fra voi, per dischiuderlo in vostra presenza al sublime e religioso sentimento della spirituale paternità (…). Si, io sono di già il vostro Padre, e voi siete i miei figli; e come tali, la prima volta vi abbraccio e vi stringo al mio cuore… Io ritorno fra voi per non mai più cessare di essere vostro, e tutto al maggior vostro bene consacrato per sempre. Il giorno e la notte, il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente pronto ai vostri spirituali bisogno: il ricco e il povero, il sano e l’infermo, il giovane e il vecchio, il padrone e il servo avranno sempre uguale accesso al mio cuore….

Il vostro bene sarà il mio, e le vostre pene saranno pure le mie.

Io prendo a far causa comune con ognuno di voi, e il più felice dei miei giorni sarà quello, in cui potrò dare la vita per voi.”

 

 

  •  Condivisione libera

PREGHIERA

Ci impegniamo noi e non gli altri

senza pretendere che gli altri si impegnino con noi o per conto nostro,

senza giudicare chi non si impegna,

senza accusare chi non si impegna.

 

Ci impegniamo, per trovare un senso alla vita, alla nostra vita,

una ragione che non sia una delle tante ragioni che ben conosciamo

e che non ci prendono il cuore.

 

Si vive una sola volta e non vogliamo essere giocati in nome di un piccolo interesse.

Ci interessa di perderci per  Qualcosa e per Qualcuno che rimarrà

anche dopo che noi saremo passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.

 

Ci interessa di portare un destino eterno nel tempo,

di sentirci responsabili di tutto e di tutti, di avviarci.,

sia pure attraverso lunghi erramenti, verso l’Amore.

 

Ci impegniamo, non per riordinare il mondo,

non per rifarlo su misura,

ma per amarlo.

Per amare anche quello che non possiamo accettare,

per amare anche quello che non è amabile,

anche quello che pare rifiutarsi all’amore,

poiché dietro ad ogni volto e sotto ogni cuore c’è,

insieme ad una grande sete d’amore

il volto e il cuore dell’Amore,

la sola certezza che non teme confronti,

la sola che basta per impegnarci,

perdutamente.

 

(Primo Mazzolari)

  • Padre Nostro

  • CANTO FINALE