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Lettera aperta alla città

 
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Lettera aperta alla città

Catechesi dei giovani di Bologna: il Samaritano e la Strada

Gesù incontra la peccatrice: condivisione biblica di Silvia, una giovane del campo

Imparare dalla Strada - riflessione di Elisa, una giovane del campo


Questa lettera aperta è stata inviata alla città di Bologna tramite gli amici del giornale di strada Piazzagrande, che ringraziamo, e gli amici dell'Opera Marella, che ci hanno sostenuti durante tutte le attività.

La lettera è risultato di un tentativo di scrittura collettiva di 30 giovani provenienti da varie parti d'Italia, che hanno vissuto dieci giorni a Bologna immersi tra gli esclusi e nella parola di Dio.

 

Agosto. Bologna è deserta. Così appare ad occhi distratti.

Noi siamo venuti a cercare quelle realtà e persone invisibili ai più.

Noi, un gruppo eterogeneo per età, provenienza e storie di vita.

Nei dieci giorni trascorsi in questa città ci siamo scoperti accomunati dal desiderio di incontrare e comprendere i diversi mondi messi ai margini.

In questa avventura siamo stati accompagnati dai missionari comboniani.

Con loro abbiamo provato a lasciare che la Parola di Dio e la quotidianità si interrogassero a vicenda; attraverso la conoscenza dei dormitori di via Carracci e via del Gomito, delle Comunità dell’Opera Marella a S.Lazzaro e della Rupe femminile, della comunità Papa Giovanni XXIII, dell’Associazione “Albero di Cirene”, del quartiere “Pilastro”, di Casa Rivani e della mensa popolare abbiamo toccato la concretezza e l’attualità dello stile di Gesù.

Come al Suo tempo, anche oggi la società impone determinati ritmi, dinamiche e modelli di vita; questo fa si che chi non rientra nella logica della maggioranza venga automaticamente escluso.

Ecco una società che prima crea emarginazione e poi la disconosce.

Nei luoghi che abbiamo visitato ci è stata offerta l’opportunità di svolgere un piccolo servizio ma soprattutto la grande possibilità di incontrare persone.

Uomini e donne che spesso inscatoliamo in categorie predefinite si sono invece rivelati persone in tutta la loro umanità e interezza.

La relazione con loro ci ha permesso di vivere l’importante esperienza della reciprocità.

Nell’interazione abbiamo voluto riconoscere la dignità e l’umanità di chi ci è stato accanto ascoltando le storie di chi ci ha accolto.

Attraverso semplici e concrete testimonianze di dono, essenzialità, fede e accoglienza ci siamo resi conto che la povertà appartiene, in forme diverse, ad ognuno di noi.

Fondamentalmente è stato, inoltre, condividere all’interno del nostro gruppo questo scambio che individualmente abbiamo sperimentato.

Un aspetto riscontrato da tutti è stato l’impegno del sociale a Bologna nel far fronte alle emergenze; più difficile ai nostri occhi, resta però la strada del reinserimento e della valorizzazione delle capacità di ogni emarginato.

Torniamo a casa con il fermo proposito di continuare a lasciarci

s-coinvolgere dalle diversità che rappresentano la ricchezza delle nostre comunità.

Siamo pronti ad assumerci la responsabilità che questa sfida comporta.

E voi?

 


 

E chi e’ il mio prossimo?

 

Catechesi del GIM Bologna al Campo di Bologna  - Lc 10, 25-37

(leggi un'altra catechesi del GIM su questo brano)

 

 

25 Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna? ". 26 Gesù gli disse "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi? ". 27 Costui rispose " Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". 28 E Gesù "Hai risposto bene; fà questo e vivrai".

29 Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù "E chi è il mio prossimo? ". 30 Gesù riprese

"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dallaltra parte. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e gli si sconvolsero le viscere. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò  ad una locanda (lett. "al tutti-accoglie") e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede al tutti-accoglie, dicendo "Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno".

36 Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? ". 37 Quegli rispose "Chi ha avuto le viscere sconvolte per lui". Gesù gli disse "Va' e anche tu fa' lo stesso".

 

 

Wow, che bella parola forte, che fitta al cuore leggere e rendersi conto di quanto sia vera questa Parola!

GRAZIE Gesù, perchè attraverso questa tua parola mi hai fatto svegliare,mi hai turbato...

“Apri gli occhi!” mi stai dicendo…

VOGLIO APRIRLI SIGNORE, AIUTAMI. Fammi vedere il mio prossimo ovunque io vada,
senza che mi tiri  indietro e senza aver paura di trasformare in azione il pensiero.

 

Iniziamo la catechesi con queste parole di una giovane che con noi ha pregato su questo brano. Sia l’invocazione allo Spirito per l’ascolto di oggi.

Le riflessioni che seguono vengono dalla preghiera personale e di gruppo di alcuni giovani del GIM di Bologna, che si sono impegnati anche  preparare il campo a Bologna. E così la Parola di Dio ha invaso anche il nostro cammino di preparazione: preghiera e prassi, in comunità: ecco il nostro pane quotidiano. Prendetele non come un insegnamento, ma come condivisione fraterna…

(abbiamo preso spunto anche da un breve testo di p. David M. Turoldo: le citazioni sono sue)

 

Il testo

Nel Vangelo di Luca incontriamo questo brevissimo racconto: sono solo 7 versetti, ma tutto è contenuto in questo Vangelo. Forse uno dei più piccoli racconti di tutta la letteratura del mondo, eppure qui dentro –dice Turoldo- “è raccolta la possibile soluzione della storia”.

 

E’ un passaggio questione di vita o di morte: Gesù non viene interrogato su un aspetto secondario, ma sul senso più profondo e intenso della vita: dove lo trovo? Come lo ottengo?

Due domande chiave il dottore della legge rivolge a Gesù:

“cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”

“chi è il mio prossimo?”

Sono domande decisive e, come vedremo, coincidono. Anzi, quando ti accorgi che coincidono trovi immediatamente la risposta!

Gesù dialoga con il dottore e alla fine dà due risposte altrettanto nette:

“Fa’ questo e vivrai”

“Va’ e anche tu fa’ lo stesso”

E’ diretto, Gesù, non dà scampo. Hai capito? Parti, va’, datti da fare!

E, da buon “e-ducatore”, tira fuori le risposte da dentro il dottore, le fa dire a lui…

Non siamo lontani dal Regno di Dio, occorre un po’ di lucidità, bisogna saper fare le domande giuste e avere il coraggio di assumere nella nostra carne le risposte!

 

Due passaggi

Ci sono due passaggi nel testo, scanditi dalle due coppie di domanda e risposta.

 

1)      Nel primo passaggio emerge il principio di fondo, la “regola d’oro” comune a molte fedi religiose (v. 27)

 “Religione di un solo comando, fede liberatrice. Qui c’è tutto l’uomo.

Fa’ questo, solo questo (non c’è bisogno d’altro) e vivrai. Avrai realizzato la tua vita nel tempo e avrai la vita eterna, che è Dio. Solo l’amore vince la morte. Chi ama non muore, perché si dona. E vive nell’altro, vive in Dio, per sempre.”

 

Il dottore della legge si era avvicinato a Gesù con delle domande vive, anche se fatte per metterlo alla prova. Sono domande che vanno all’essenziale, e per questo ottengono risposte così dense e forti. Ci siamo sentiti provocati da queste domande: noi siamo capaci di farle? Le abbiamo dentro?

Quali domande abbiamo dentro?! Di che vita sono segno?!

 

Ma il dottore della legge ha bisogno di giustificarsi… perché è rimasto fermo alle domande, non è ancora passato dal pensiero all’azione!

E allora domanda: chi è il mio prossimo? Il “prossimo”: parola difficile.

Prossimo, più prossimo, meno prossimo… prossimo nel sangue o nello spirito? Amare i vicini o i lontani? Da chi partire, in che modo amare? (è facile fermarsi sulle domande che disperdono, proprio per evitare quelle che ci inviano!)

E la sua domanda forse ha anche un altro connotato: “e chi è prossimo a me? Chi mi sta vicino? Chi mi sostiene in questa dura ricerca della vita?”

Ne hai molte di scuse, dottore, per evitare di camminare, di scendere dal giumento delle tue teorie e imparare dai poveri!

Ascolta la storia che Gesù ti racconta:

 

2)      Nel secondo passaggio ecco il piccolo racconto, sette versetti che da duemila anni si ricordano e mettono in questione il nostro agire…

 

I personaggi

Nessuno di loro ha un nome, perchè il nostro nome può abbinarsi, di volta in volta, a ciascun personaggio.

 

  • Un uomo: nulla di più, non si sa niente di questa persona. Può essere un ricco o un poveraccio, un pellegrino o un brigante, un giudeo o uno straniero… E’ uomo, ed è sufficiente! E noi cosa guardiamo nelle persone? In base a cosa le qualifichiamo?
    Così in generale, senza nome, perché dietro a lui possiamo scorgere tutta un’umanità stanca e sfinita: “quest’oceano di uomini spogliati, percossi, umiliati, sfruttati, offesi, morenti, abbandonati ai margini della cosiddetta civiltà, ai margini delle grandi arterie della vita, dell’organizzazione, dell’industria, del commercio; abbandonati al limite del deserto; o ricacciati indietro come cavallette nella giungla”
    Questa strada da Gerusalemme a Gerico, allora, è simbolo del cammino dell’umanità.
    Gesù sta salendo (9,51) a Gerusalemme, Yerush-shalom, perché diventi definitivamente Città della Pace. Sulla strada, ai margini, incontra tanta parte dell’umanità che invece sta rotolando giù, a Gerico (sotto il livello del mare): chi perché escluso, chi perché indifferente o troppo chiuso su se stesso non si accorge che cammina dalla parte sbagliata!! Un uomo…

  • Un sacerdote, un prete… Perché Gesù chiama in ballo subito, per primo, un prete? Perché questo dovrebbe essere l’essenziale per un prete: prendersi cura dell’umanità. “Se una religione, o meglio una fede non si propone per prima la salvezza dell’uomo, una salvezza che sia concreta, tempestiva, operante… che fede sarà mai?”. E invece il prete passa dall’altra parte e va oltre. Cosa c’è oltre? L’inutilità della religione, il formalismo, le regole senza amore, un dio da ripudiare!!

 

  • Un levita: un uomo dell’ordine gerarchico. Classe dirigente di una teocrazia che –come abbiamo visto- si sta affermano sempre più anche oggi. Il potere di dio, in un sistema perfetto in cui la religione tiene sotto controllo più efficacemente di un’esercito. Un sistema fondato sul potere di dio… ma il nostro Dio ha rigettato sia il sistema che il potere!
    Il levita non ha tempo di fermarsi, le sue priorità sono altre, la sua visione del mondo non tiene in considerazione i margini.

 Peccato di omissione: il più grave nel tempo di oggi!

Vedono e passano oltre. Quanto ci capita, qui a Bologna... La gente sulle strade chiede, importuna, mendica: noi passiamo oltre.

“Questa povertà si risolve per via istituzionale, la risposta deve essere politica…”

Bene, vero, ma tu ti commuovi? Ti si sconvolgono le viscere? Lo senti un uomo?

Il vangelo sembra dirci qualcosa di diverso da quello che naturalmente potremmo pensare.

E allora, come affrontare la sfida della povertà? Che rischi corriamo? Che idee abbiamo?

Cosa succede quando incontri anche solo una persona in concreto?

 

Ci siamo chiesti quali possono essere i motivi che ‘ci fanno passare dall’altra parte’:

-         la paura dell’altro

-         il disagio (lo metto in imbarazzo se mi fermo?)

-         la consapevolezza che anch’io ho delle povertà: incontrare le sue metterebbe a nudo anche le mie. Lui sta male, io sto male, ma non dialoghiamo

-         sono autoreferenziale quando agisco. Gli occhi sono su di me, quello che faccio durante la giornata lo faccio per me…

 

  • il tutti-accoglie: secondo noi è la bella immagine della comunità cristiana, come Gesù la sogna. Non è il serbatoio in cui scaricare tutte le situazioni che non riesco a risolvere, ma l’appoggio sicuro che trovo quando scelgo di prendermi cura di qualcuno. Da solo non ce la farò mai, ma so che c’è una locanda che accoglie me e tutti, luogo del riposo e della rigenerazione. Da essa parto e ad essa faccio ritorno. Ecco la chiesa del Vangelo!

  • Il samaritano: (come sempre Gesù ci sorprende e torna a scegliere un samaritano… per capire il livello della ‘categoria’, nella visione dei Giudei, basta tornare ad un passo precedente del Vangelo, in cui gridano a Gesù “abbiamo detto che sei un samaritano e che hai un demonio addosso!”). Anche in questo brano, sulla strada, è proprio un escluso che insegna il Vangelo al sacerdote, al levita e al dottore della legge.
    Al samaritano gli si “sconvolgono le viscere”. E’ questo che fa la differenza! La compassione, l’umanità (il segreto della ‘vita eterna’). Il samaritano è uno che vive col baricentro spostato: mette al centro l’altro. E proprio lui che aveva un programma di viaggio, non passava ‘per caso’, aveva dei viveri e dei soldi, probabilmente un appuntamento e una strada lunga da percorrere… smonta tutti i suoi progetti e mette al centro l’altro. Ecco la differenza!
    Ecco perché coincidono le due domande: cosa devo fare per ottenere la vita eterna? Chiediti chi è l’altro, se lo conosci, se sta al centro della tua vita!

  

L’inversione

 

Stupore e meraviglia, alla fine di questo brano e della nostra preghiera.

Ci siamo accorti di partire con un domanda (chi è il mio prossimo?), di intuire la risposta (sarà questo uomo incappato nei briganti)… e invece alla fine Gesù cambia le carte in tavola e chiede: “chi è stato prossimo a quell’uomo” (!!)

Gesù inverte tutto: sei tu che devi farti prossimo!

Non chiederti ‘chi mai mi sta vicino?’, chiediti invece ‘a chi posso stare vicino?’

 

In questo Vangelo c'è un principio di etica laica: paradossalmente, se non ci fosse uno che inizia a farsi prossimo, tutti aspetteremmo da soli, lontani gli uni dagli altri.

Ci giustifichiamo un sacco perchè le cose non cambiano e la gente non si avvicina. Ma noi?

 

E’ un brano sovversivo, ci stupisce con questa inversione che ribalta la logica della nostra società… e Gesù ne approfitta anche per ribaltare la logica della legge che finora ci ha governati: ci consegna con questo racconto un nuovo decalogo, misura dell’amore.

Quasi a dirci: fatti le domande essenziali, e poi sappi rispondere con la vita e la prassi: questa è la strada!

 

1.     lo vide

2.     si mosse a pietà

3.     si curvò su di lui

4.     gli fasciò le ferite

5.     gli versò olio e vino

6.     lo caricò sul suo giumento

7.     lo portò al tutti-accoglie

8.     si prese cura di lui

9.     pagò per lui

10. ritornò indietro a pagare

 

 

Per pregare:

 

Fermati sui passi che più ti hanno parlato.

In questa Parola c’è una parola per te, non lasciarla cadere!

-         ti stai facendo le domande essenziali?

-         a chi le fai, chi interroghi lungo la tua strada?

-         chi vedi lungo la strada di questa storia fragile e violenta?

-         cosa significa per te, per le tue scelte di vita, passare dal pensiero all’azione?

 

 


LUCA 7 , 36 in poi

 

Gesù incontra la peccatrice

 

- Analisi del testo e domande utili per la riflessione personale -

( di Silvia Parigi)

 

Il testo è diviso in due parti:

Gesù prima si sofferma su quello che il padrone di casa NON fa e poi su quello che la peccatrice FA: è un testo in cui sono importantissimi i verbi utilizzati.

 

I Parte:

Gesù si rivolge al padrone di casa che si scandalizza perché si lascia toccare dalla donna che ha peccato; Gesù sposta subito la sua attenzione dai gesti della donna, a quanto ha fatto lui, inducendo a un’autoanalisi (facendolo riflettere prima sui suoi gesti che su quelli delle altre persone: ossia prima giudica il tuo operato e poi puoi guardare quello che fanno gli altri).

Gesù infatti gli fa notare che è stato lui a venire nella sua casa dicendo:

SONO VENUTO

E gli fa notare quello che lui NON ha fatto, dicendo:

MA TU:

 

-         NON mi hai dato l’acqua per lavare i piedi

-         NON mi hai dato il bacio

-         NON mi hai cosparso il corpo di olio profumato “

 

Elenca una serie  di cose che egli ha NEGATO a Gesù.

 

Riportato a NOI: quante volte ci è successo che Gesù (il prossimo, i poveri, “l’altro”) è VENUTO da noi e noi NON abbiamo fatto nulla, rivolgendo l’ attenzione altrove, guardando e giudicando che cosa stavano facendo gli altri, senza preoccuparci del fatto che  NON stavamo facendo nulla per accogliere Gesù nella nostra vita?

Eppure Gesù era lì, “SEDUTO ALLA NOSTRA TAVOLA”.

 

II Parte:

Gesù mette quindi in contrapposizione quello che sta facendo la “peccatrice”, a quello che NON sta facendo il suo ospite:

 

La donna cosa fa? Sono molto importanti i verbi che Gesù utilizza per descrivere le azioni della donna:

1)      Ha saputo di Gesù

2)      Venne

3)      Porta con sé l’olio profumato (rappresenta il suo “aroma”, se stessa, la sua essenza più profonda)

4)      Si “rannicchia” dietro di Lui (con umiltà: si fa piccola- piccola davanti a Lui, NON parla e NON chiede: l’esatto contrario del padrone di casa che parla e domanda senza fare nulla)

5)      Piange, piange, piange talmente tanto da bagnare i piedi di Gesù con le sue lacrime

6)      Lava i piedi, li asciuga, li unge (sono tutti verbi che indicano: AZIONE; la donna AGISCE)

7)      Bacia i piedi (dimostra in questo ultimo gesto l’amore più puro e sincero).

 

Quel che Gesù ha voluto in poche righe mettere in luce, è che il perdono non è stato CHIESTO, ma è ottenuto con l’umiltà dei gesti sinceri, con la purezza del suo essere.

Quindi: “ I suoi molti peccati le sono perdonati perché ha MOLTO AMATO”: una persona che agisce così non può che farlo amando, non sono gesti calcolati.

Gesù prosegue: “Colui al quale si perdona poco, ama poco”: come dire: se questa donna non viene perdonata, continuerà a peccare ossia ad :

 

 

AMARE POCO:                                             CHI?

                                                  Se stessa

                                                                     Gli altri           DIO

 

Riportato a noi:

Noi sappiamo agire con umiltà di gesti verso gli altri? Verso la vita? Verso Dio?

Noi conosciamo l’umiltà? O guardiamo e giudichiamo prima quello che fanno gli altri senza poi “AGIRE” verso Gesù?

 

 

IMPARARE DALLA STRADA

-TRACCE DI SPERANZA TRA LA POLVERE DEI MARCIAPIEDI-

Torno da questo campo ricolma di emozioni fortissime; un vortice di sentimenti che storie, volti e colori hanno scolpito dentro di me.

Avverto dentro di me la serenità di chi ha ricevuto le urgenti risposte che cercava e di chi ha imparato un oceano di cose.

Ho impresso nei miei occhi cose bellissime e cose bruttissime.

Ho riscoperto cos’è che conta nella vita…e quale sogno guida la mia.

Ho imparato a ridimensionare le mie paure e le mie certezze…senza dimenticare di saldare i miei piedi bene a terra e pur continuando a dirigere il mio sguardo verso la bellezza e la profondità del cielo.

Ho rinnovato l’entusiasmo di vivere con pienezza assaporando quanta poesia e luce addolcisce ogni mio giorno.

 

Qui di seguito vi voglio raccontare passo per passo la mia esperienza.

 


1)PREPARARSI ALLA STRADA

Attraverso l’originale modo dei missionari comboniani di fare catechesi, si è tentato fin dal primo giorno di dare un senso alle esperienze d’incontro fatte durante questo campo.
Abbiamo conosciuto un Cristo che cammina, con il quale abbiamo accettato di camminare per entrare in comunione con la gente che abitava dormitori, angoli di strade, centri di recupero…in una parola, con gli “invisibili”.

Abbiamo lasciato entrare la Parola dei Vangelo nella nostra storia, scoprendo quante analogie presenta con essa e come sia straordinariamente in grado di parlarci personalmente; di come sia attuale e “palpabile”; e di come rifiuti ogni indifferenza, ogni paura e ogni comodità.

Abbiamo riflettuto che in fondo Maria era una ragazza madre…e che gli albergatori che rifiutarono un alloggio a due immigrati com’erano la Sacra Famiglia…hanno rifiutato Cristo.

Abbiamo scoperto che la religione non è fatta di leggi e tradizioni…ma di esperienze di liberazione e vita piena.

 

2)SULLA STRADA PER IMPARARE




Ho imparato che è la solitudine ad uccidere le persone...e che non hanno senso i momenti in cui pensi di essere solo, perché in fondo sei circondato da persone che in un modo o in un altro ti vogliono bene. Basta uscire dalla tua camera e hai una famiglia. Basta uscire dalle mura della tua casa per accorgerti che c’è sempre qualcuno che, anche se a volte sembra essersi dimenticato di te, si farebbe in quattro per vederti sorridere.


Ho imparato che cosa voglia dire Patch Adams con: “entrare in punta di piedi nel tempio della vita”, senza lasciarsi trasportare dall’enfasi della piccola missionaria che vuole cambiare il mondo…perchè in fondo molte volte ci è chiesto solo di ascoltare.


Ho imparato che “nessuno è poi così ricco da non avere qualcosa da ricevere…e nessuno è poi così povero da non aver qualcosa da dare”.


Ho imparato che cosa vuol dire gioire per avere alla fine della giornata i piedi e le mani sporchi, segno di una condivisione profonda con la strada.


Ho imparato a sperimentare la libertà di essere veramente me stessa, di calare ogni maschera di fronte a chi è stato spogliato della sua dignità dalla miseria.


Ho imparato che il maggior danno che il benessere economico ti può infliggere è il farti dimenticare quali sono le cose più importanti ed essenziali nella vita.


Ho imparato che per molte persone i propri interessi valgono più di una vita umana e che c’è proprio la volontà socio-politica di non combattere la prostituzione e la droga...perché in fondo fanno comodo.

Ho imparato a riconoscere la vera condivisione…vivendo un pomeriggio in una casa famiglia.

Ho imparato che certe persone probabilmente non le rivedrai mai più…ma che comunque i loro volti e le loro parole non potrai impedire alla vita di inciderle dentro di te per sempre.


Ho imparato che dobbiamo cominciare a costruire progetti che includano le sorprese che la vita prevede.


Ho imparato che la vera bellezza è vedere gli occhi sorridenti di Maria, una delle mie compagne di stanza, tossicodipendente, quando le sussurravo “ciao stellina”; è accorgersi di quanto amore ha per la gente; è stringerla tra le mie braccia cercando di trasmettere il mio affetto trasparente e sincero, lasciando al silenzio eloquente di semplici gesti il compito di svelarle quanto è speciale; è guardarla sussurrare a bocca socchiusa le nostre canzoni durante una celebrazione; è sentirsi dire da lei, con le lacrime agli occhi “raga, io vi voglio davvero bene…è come se voi foste la mia vera famiglia…sono felice”; è scorgere la luce che trasmette nel dire con speranza:“Erano anni che non mi divertivo così. Vedervi ballare questa sera, stare qui con voi, mi ha provocato le stesse emozioni di una dose".


Ho imparato che qualsiasi sarà la nostra vocazione…Egli ha un progetto di felicità per ognuno di noi, e che quindi è importante rendersi conto che non siamo noi ad adeguare i nostri progetti a Lui, chiedendogli di avverarli.

 



Ho imparato cos’è la vera paura scorgendola negli occhi di una prostituta nigeriana. Ho imparato cos’è la vera fede pregando il “Padre Nostro”, la sera, sul ciglio della strada, prendendo per mano una prostituta che mentre piangeva ringraziava il Signore per la forza che gli dava di andare avanti. Ho imparato cos’è la vera speranza nelle parole di una di loro: “One day everything will change”.

Ho imparato che cos’è la vera forza vedendo una ragazza di strada riuscire, nonostante tutto, a ridere…non riuscirò mai a scordare quel sorriso, che faceva invidia al cielo stellato sopra le nostre teste…e quegli occhi così pieni di luce. Mi rimarrà per sempre impresso lo sguardo di uno dei ragazzi che come me hanno vissuto quest’esperienza di servizio che si vergognava di essere uomo dopo aver visto piangere una prostituta.


Ho imparato che siamo tutti poveri e che gli emarginati sono solo una sintesi estrema di tutte le nostre debolezze.


Ho imparato che quanto cominci a dire “poveretto” significa che non credi in chi hai di fronte, nelle sue capacità, e che non vale la pena di attivarti per trovargli gli strumenti che gli permettano di riscattarsi.


Ho imparato da un operatore di strada che i propri errori possono aiutare gli altri…Enzo è in strada da 13 anni e ha deciso di condividere tutto con chi ha meno di lui perché è stanco, ha detto con le lacrime agli occhi, di vedere la gente soffrire.


Ho imparato che se vuoi aiutare il povero devi farti tu per primo povero e che la carità non è basata sul dare ma sul condividere.


Ho imparato che molte delle persone che hai la grazia di incontrare sono un dono che il Signore ti mette tra le mani per trasmetterti tutto il suo Amore.


Ho imparato che la tolleranza non è sufficiente, perché in qualche modo è solo un contentino ipocrita che sottintende la tuo crederti comunque superiore.


Ho imparato quanto grave è la nostra cecità visitando la zona del “lungo Reno” di Bologna, in cui vi è una vera e propria baraccopoli stile terzo mondo. E’ una zona che tutti conoscono…ma nessuno fa nulla per quella gente. E’ un luogo dove la contraddizione grida, e fa male: dall’altra sponda dell’argine dove ci sono le "baracche di fortuna" c’è un campo da baseball curatissimo e un gattile curato dagli anziani del quartiere in cui i gatti dormono in casette di legno su morbidi cuscini e con a disposizione ciotole di cibo sempre piene.


Ho imparato che l’assistenzialismo è una soluzione inutile e provvisoria perché ciò che è importante è far riscoprire a chi hai di fronte la sua potenzialità, il suo essere sempre e comunque una risorsa e una ricchezza.


Ho imparato a non prendere abbagli; a pensare ai poveri come individui che non si possono catalogare esclusivamente come buoni o cattivi, che non sono né diavoli né angeli…solo esseri umani; e che è necessario un cuore intelligente che non si faccia troppe illusioni e sappia dire con coraggio che non tutti i problemi si possono risolvere, ma qualcuno sì.


 

3)     SULLA STRADA PER DECIDERE.

Le numerose vite che ho incrociato mi hanno chiesto di guardare con più attenzione al sogno che penso abbia Dio su di me, per assumere una presa di posizione ben precisa; mi hanno sbattuto in faccia interrogativi profondi, che mi hanno costretta a ricordare per quale passione palpita il mio cuore e la motivazione che sta alla base delle mie scelte.

 

 

4)     SULLA STRADA FEDELI FINO IN FONDO

Ora che torno a casa mi si chiede una grossa responsabilità di testimonianza, poiché: “nessuno, dopo aver acceso la lucerna, la copre con un vaso o la pone sotto il letto, ma la colloca sul porta lucerne, affinché coloro che entrano vedano la luce” (Lc 8, 16-17).

È importante che il rinnovato entusiasmo di cui mi sono ricaricata in questo tempo non si perda. Sono consapevole che il ritorno alla vita “normale” sarà durissimo. Eppure, sono certa che, attraverso una fedeltà alle persone che mi hanno regalato un pezzettino di loro stesse e con cui ho condiviso un infinità di emozioni, manterrò vivo e attivo il ricordo dei colori che mi hanno contagiata, riuscendo a far tesoro di tutto quello che ho imparato.

 

Beh…non mi resta che concludere con alcune strofe di una bellissima canzone, “Mani”:

 

Vorrei che le parole mutassero in preghiera
e rivederTi, o Padre, che dipingevi il cielo.
Sapessi quante volte guardando questo mondo
vorrei che tu tornassi a ritoccarne il cuore.
Vorrei che le mie mani avessero la forza
di sostenere chi non può camminare.
Vorrei che questo cuore che esplode in sentimenti
Diventasse culla per chi non ha più madre.


Rit: Mani, prendi queste mie mani
fanne vita, fanne amore, braccia aperte
per ricevere chi è solo.
Cuore, prendi questo mio cuore
fa che si spalanchi al mondo germogliando
per quegli occhi che non sanno pianger più.


Sei Tu lo spazio immenso che desidero da sempre,
so che mi stringerai e mi terrai la mano,
fa che le mie strade si perdano nel buio,
ed io cammini dove cammineresti Tu...
Tu soffio della vita, prendi la mia giovinezza,
con le contraddizioni e le falsità.
Strumento fa che sia per annunciare il Regno
a chi per questa via Tu chiami beati.

 

Rit.

Noi giovani di un mondo che cancella i sentimenti
e inscatola le forze nell'asfalto di città.
Siamo stanchi di guardare, siamo stanchi di gridare.
Ci hai chiamati siamo tuoi, cammineremo insieme.


Rit: Mani, prendi queste nostre mani
fanne vita, fanne amore, braccia aperte
per ricevere chi è solo.
Cuori, prendi questi nostri cuori
fa che siano testimoni
che Tu chiami ogni uomo a far festa con Dio.

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