Magouws
Catherine Morakabi |
Buon
giorno a tutti, vi saluto tutti nel nome della giustizia. Il
mio nome è Magouws, vengo dalla commissione Giustizia e
Pace della diocesi di Johannesburg. Voglio dirvi che sono
davvero contenta di aver partecipato a questa carovana del
Giubileo degli Oppressi. E voglio dire davvero che adesso
siamo tutti uniti come una famiglia, e siamo tutti fratelli
e sorelle in Cristo. Quello che ho notato in Italia è la
partecipazione, il coinvolgimento della Chiesa e anche di
diversi enti locali delle città.
Ma voglio anche assicurarvi che c’è bisogno di un
ulteriore impegno, si può fare di più per migliorare la
società: ci vogliono più persone che si mettano insieme,
che si prendano per mano e lottino per la giustizia e per la
pace.
(…)
Sono
rimasta molto impressionata dalla partecipazione di tanti
gruppi e associazioni, e voglio dire a tutti i giovani che
sono qui oggi di costruire insieme il futuro, di unire tutte
le forze, di stringere tutte le mani perché davvero insieme
abbiamo un grande potere. Per portare a un cambiamento, nel
nome della giustizia e della pace. Voi siete giovani,
attivi, siete il futuro, siete il domani, siete quelli che
salverete il mondo. Per incoraggiarvi ho preparato anche una
breve canzone, le cui parole significano: “Voi siete il
futuro, voi siete il domani, voi siete coloro che salvano il
mondo”.
Se
qualcuno ancora esita nel lavoro di costruzione della pace e
della giustizia, oggi ho un messaggio per voi. Noi troviamo
una grande forza in Sudafrica, quando ci troviamo a lavorare
in diversi gruppi, dal messaggio del profeta Michea, che
troviamo nel capitolo 6 al versetto 8: “Amate la pietà,
praticate la giustizia, camminate umilmente con il vostro
Dio”.
(…)
Oggi
voglio dirvi che c’è davvero la speranza che insieme ce
la possiamo fare! Se noi ci prendiamo per mano e lavoriamo
insieme, davvero possiamo raggiungere grandi risultati, nel
nome della pace e della giustizia. Per costruire davvero la
giustizia nella nostra società e sentire la presenza di Dio
tra noi. La pace sia con voi!
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Valdenia
Aparecida Paulino |
Buon
giorno, oggi io non mi chiamo Valdenia, ma Sud del Mondo.
Oggi sono la memoria degli Indios sterminati, le lacrime
della mamma nera che vede il proprio figlio morire di fame
perché toglie il suo latte per i bambini bianchi. Sono la
voce di un detenuto malato di aids, dei lavoratori senza
lavoro. Oggi sono la voce della nostra sorella in condizioni
di prostituzione. Oggi sono una senza terra. Oggi, non
dimenticarlo, sono una donna che voi chiamate
“extracomunitaria”.
Grazie
a tutti. Oggi è un giorno molto importante, in cui facciamo
la sintesi del nostro cammino. In questi giorni ho sentito
questa responsabilità di fare la voce di tutti i poveri del
Sud del mondo. Sono qui per denunciare la sofferenza che
ancora il nostro popolo del Sud porta sul suo corpo. Questa
sofferenza è stata causata da voi europei quando avete
iniziato la colonizzazione del nostro paese. Questa non ha
portato via il nostro oro o il nostro cacao, ma la nostra
radice, parte della nostra storia, la nostra dignità. Oggi
vengo a denunciare questo imperialismo americano che porta
la morte a tutto il nostro popolo, questo neoliberalismo che
privatizza tutto - la nostra storia, la nostra salute, la
nostra educazione – in nome di una economia per poche
persone, di un’economia che è la vera bestia, come dice
p. Alex.
(…)
Devo
ringraziare davvero il mio maestro, in questi giorni: ho
sempre creduto che la donna deve alzarsi. Ora io invito
davvero la donna ad alzarsi: noi abbiamo l’intuizione,
l’affettività, il coraggio. Oggi chiedo alla donna di
alzarsi, non per la nostra sorella che si trova in
condizione di prostituzione, chiedo alla donna di prendere
coraggio di opporsi alla vera prostituta, la chiesa
prostituta, che ha schiavizzato tante persone, che ancora -
nonostante la chiesa che cammina con i comboniani - è
“machista” e chiusa. Prostituta del potere militare che
pensa solo a rompere questa struttura di potere giudiziario
che è così chiuso, la cui negligenza ammazza molte persone
che lottano per la vita. Queste sono tutte strutture in cui
la maggioranza delle persone sono maschi, strutture che sono
chiuse, conservatrici. Donne, davvero portiamo noi la nostra
forza per rompere queste strutture e fare insieme una
costruzione nuova, veramente di affettività e di rispetto!
Diciamo a queste strutture “machiste” e conservatrici
che c’è un’altra forma di fare affetto, una forma più
degna, che unisca Sud e Nord del mondo. E non una struttura
che pensa che il Sud del mondo è il cesso del Nord.
Cambiamo! Ciascuna di noi porti questa nuova mentalità,
questa nuova vita.
Oggi
voglio lasciare un messaggio: in questi giorni ho visto
tanto spreco nel mangiare, tante decorazioni inutili. Io,
Sud del mondo, chiedo a voi di non dimenticare che quello
che per voi, italiani e Nord del mondo, è superfluo, per
noi Sud del mondo è la nostra sofferenza.
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Giulietto
Chiesa |
Parliamo
di pace, ma stiamo già andando in guerra. La decisione è
già stata presa. La cosa che stiamo vedendo in queste
settimane è il modo con cui stanno indorando la pillola, ma
stiamo andando in guerra. p.Alex ha detto “una guerra
illegale e immorale”, è così, e in realtà è anche
peggio di così, perché stiamo andando verso una guerra
senza limiti
(…)
Stiamo
entrando in guerra perché la globalizzazione americana è
in crisi, è ferma e il resto del mondo si sta muovendo. Che
ne sarà di noi quando 1 miliardo e 300 milioni di cinesi
comincerà a mangiare tanto pane quanto noi, a bere tanta
acqua quanto noi, ad avere tante automobili quanto noi, a
consumare tanta benzina quanta ne consumiamo noi, a volersi
costruire delle case quanto noi, non di 20 metri quadri per
famiglia, ma di 70/80 metri quadri…
(…)
Questo
è quello che sta accadendo e purtroppo questo è quello che
quasi nessuno sa. Perché milioni di persone non sanno? Voi,
costruttori di pace, in qualche misura siete già vaccinati,
qualcosa avete già capito. Ma penso ai milioni di persone
che guardano il Grande Fratello o Stranamore o che guardano
tutte le sere Bruno Vespa, o che guardano i telegiornali del
primo, secondo, terzo, quarto, sesto canale, ogni sera per
scoprire che il mondo è fatto di calciatori, di Cogne, di
stupidaggini, di sfilate di moda, che il mondo è fatto di
Striscia la Notizia con le sue veline…
Noi
non abbiamo gli strumenti per difenderci: fino ad ora non
abbiamo mai cominciato una battaglia per toccare
direttamente i centri che fanno la produzione informativa e
la comunicazione in questo paese e nel mondo. E’ questo
che bisogna cominciare a fare. Dobbiamo cominciare a
organizzarci per costruire una democrazia nella
comunicazione
(…)
Costruttori
di pace, se noi vogliamo batterci per la pace, dobbiamo
sapere che questo sistema di comunicazione ci sta portando
alla guerra. Quindi noi dobbiamo rompere questo sistema di
comunicazione, perché questo è il modo per stare in piedi
a lottare per la pace. E’ la mia proposta, mille grazie.
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Giancarlo
Caselli |
Questa
mattina avete ascoltato una serie di interventi molto
coinvolgenti, molto forti e appassionati. Abbiate pazienza,
è il turno delle burocrazia e vi dovete accontentare.
Dall’ingiustizia,
praticata con metodo e costanza, può nascere la rabbia. La
rabbia può degenerare in conflitti, anche violenti. Se
l’unica risposta alla violenza, alla violenza
terroristica, sta nella forza militare, significa sganciare
il terrorismo, sempre inammissibile, ingiustificabile,
criminale, dalle sue radici – non cause -, mentre bisogna
aggredire anche queste radici e non soltanto le
manifestazioni del fenomeno. Pace non è solo contrario di
guerra, si può sperare di sradicare il terrorismo quando
non ci si limita a dichiaragli guerra, quando oltre a
contrastarlo, doverosamente, si cerca anche di sradicare
l’ingiustizia che può esserne, ne è in molti casi,
l’elemento scatenante.
(…)
Allora,
se un sistema politico punta esclusivamente sulle logiche
della sicurezza, se alla disperazione di chi vive
nell’ingiustizia si contrappone solo uno schieramento
armato, se in questo modo si negano aiuti seri ed effettivi
all’istruzione, alla sanità, allo sviluppo umano –
unico sviluppo degno di questo nome – ecco che si finisce
dentro logiche non solo contorte ma soprattutto inefficaci,
ecco che facciamo come Penelope: gridiamo “pace” di
giorno, ma prepariamo ingiustizie e violenze di notte. Ecco
un circolo vizioso, che è urgente e necessario spezzare.
(…)
A
Basilea nel maggio 1989 si è svolta un’assemblea
ecumenica europea di tutte le confessioni cristiane,
intitolata appunto “Pace e Giustizia”. Nel documento
finale, al numero 10, si legge: “Nessuna nazione può
risolvere da sola i problemi dell’ingiustizia e della
povertà. Si richiede un nuovo ordine internazionale, in cui
i diritti umani vengano effettivamente riconosciuti, in cui
il diritto internazionale sia rafforzato e applicato con
istituzioni adeguate e siano stabilite relazioni economiche
giuste.” E non è un caso che il rappresentante italiano
fosse il cardinale Martini.
(…)
Tutti
conosciamo il Vangelo di Matteo. Tra le sue beatitudini ecco
queste parole: “Beati gli operatori di pace, perché
saranno – tempo
futuro- chiamati Figli di Dio. Beati i perseguitati a
causa della giustizia, perché di essi è –
tempo presente – il Regno di Dio”. Presente e futuro
si intrecciano sui temi della giustizia e della pace, perché
il futuro di pace è preparato, senza sconti e senza
ambiguità, dal nostro impegno di oggi per la giustizia.
Per
qualcuno, che così si sente moderno, questa parola
“beati” è sinonimo di “ingenui”, forse persino di
“stupidi”. In ogni caso significa essere fuori dalle
stanze del potere. Ma per le donne e gli uomini di buona
volontà questa parola significa libertà della coscienza
dell’agire nel presente, nella consapevolezza, nella
certezza che stiamo preparando un futuro che è segnato,
condizionato da questo presente. La parola “beati” vuol
dire assumersi la responsabilità di denunziare e
contrastare tutto ciò che si oppone alla giustizia, perché
in questo modo si contrastano più efficacemente la violenza
e la morte. Impossibile lavarsi le mani, meglio stare dalla
parte della giustizia e della pace, se occorre bisogna
gridarlo, anche perché di nuovo il Vangelo di Luca: “Se
questi taceranno, grideranno le pietre.”
(…)
E
qui si inserisce il problema della magistratura e della sua
indipendenza, un problema di grande attualità oggi nel
nostro paese. Non soltanto in Italia, in molte parti nel
mondo, ma nel nostro paese in modo particolare oggi
assistiamo a diffusi tentativi di rivedere la stagione
costituzionale, nel senso di ripristinare un vecchio
modello, in cui lo status e la libertà dei cittadini –
oggi anche immigrati – dipendono non tanto dalle regole,
ma piuttosto dai rapporti di forza. Ad esempio:
l’allentamento delle regole per le attività
imprenditoriali, la nuova disciplina del falso in bilancio,
che sostanzialmente riduce le violazioni di legge in questo
settore a bagattelle, nel momento in cui altrove, negli
Stati Uniti, le pene vengono portate a 25 anni per difendere
l’economia. Un altro esempio riguarda la riforma del
diritto del lavoro, dove si possono avere legittimamente
idee diverse, ma sono diverse sull’opportunità o meno di
allentare poco o tanto la tutela della parte debole. Un
altro esempio ancora riguarda il pluralismo
dell’informazione, indispensabile in democrazia, mentre
oggi ci sono problemi collegati al profilarsi di un
sostanziale monopolio. E l’ultimo esempio ancora è
l’indebolimento della magistratura, sia in punto di fatto,
mediante attacchi sistematici mirati alla sua
delegittimazione, sia in punto di diritto, mediante progetti
che vanno chiaramente contro il principio tradizionale della
separazione dei poteri. Possono sembrarvi esempi molto
eterogenei, e lo sono, ma pure in questa eterogeneità è
fondamentale cogliere il progetto complessivo, vale a dire
che la posta in gioco è il persistere della unitarietà dei
concetti di uguaglianza, libertà e giustizia. Perché la
libertà o è di tutti o si traduce nel suo contrario, così
come la pace e la giustizia: o sono di tutti, o si traducono
nel loro contrario. Cerchiamo di fare in modo che siano di
tutti.
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mons.
Luigi Bettazzi |
Io
mi sento più che mai uomo di Chiesa. Vorrei riassumere
tutto quanto detto con quello che papa Giovanni scriveva 40
anni fa (“Pacem in terris”) che, rivolgendosi a tutti
gli uomini di buona volontà, non solo cattolici, diceva che
la pace poggia su quattro grandi pilastri, il primo dei
quali è la verità. La verità, cioè il valore uguale e
profondo di ogni essere umano, che sembra una cosa ovvia, ma
tutti quanti abbiamo l’idea che ci sono degli esseri umani
che valgono di più e altri che valgono di meno. Ad esempio
tra uomo e donna (nella storia valgono più gli uomini delle
donna), i bambini, i “terzomondiali” (perché i
“primomondiali” siamo noi). Penso a quelli delle altre
religioni: per quanto tempo noi cristiani abbiamo detto:
“Se tu non sei cristiano ti faccio fuori”, come oggi
dicono qualche musulmano. O anche nell’interno della
Chiesa: “Se tu non sei ortodosso ti brucio”. O i
sovversivi… Credo che dobbiamo educare noi stessi e le
nuove generazioni al rispetto e al valore di ogni essere
umano. A questo segue allora la giustizia: l’America è
diventata “latina” perché siamo arrivati noi, eravamo i
più forti; quanti schiavi africani abbiamo portato in
America, perché eravamo i più forti!
Noi ci vantiamo delle nostre democrazie, ma le
abbiamo fatte sfruttando gli altri popoli, con la
colonizzazione politica, militare o economica. Perché l’Onu
conta così poco ?
(…)
Il
grande problema di oggi che tocca soprattutto noi paesi
ricchi è la nonviolenza: Gandhi diceva di averla imparata
dal Vangelo, ma di non essersi mai fatto cristiano perché
vedeva quanti cristiani non la mettevano in pratica. Noi la
nonviolenza non la capiamo: quando Gesù ha ricevuto lo
schiaffo, non ha detto di dargliene un altro, ma ha detto:
“Se ho parlato male, dimmi perché ma se non ho parlato
male, perché mi percuoti?” Nonviolenza è rispondere alla
violenza non con la violenza, ma facendo in modo che anche
l’altro smetta la violenza. Noi coinvolgiamo tutto il
mondo per la guerra, perché non proviamo prima a
coinvolgerlo per la pace? Perché ci sembra che la pace in
questo modo ci fa ridurre un po’ dei nostri interessi, del
nostro profitto e della nostra priorità. Il Vangelo lo
chiama “mammona”, cioè credere al profitto e al
prestigio, e il Vangelo dice: “O Dio, o mammona”.
(…
Giovanni
Paolo II diceva che non c’è pace senza solidarietà. E
convocando tutti ad Assisi e fa firmare a tutti: “Dio non
può essere strumentalizzato con la violenza. Dio è
l’animatore, l’ispiratore, il confortatore della
nonviolenza. Dobbiamo allora capire bene il valore della
nonviolenza, come processo di pace, e diventare, come uomini
dell’occidente, come uomini che hanno una fede, gli
apostoli della pace.
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