Cambiare Rotta!

Intervento di Francuccio Gesualdi
 Imola, 24  giugno 2000

cerca nel sito

 torna allo speciale sul Convegno di Imola

  scrivici

a cura di Elianna

Testo registrato durante il Convegno "Internet: creando reti di solidarietà missionaria", tenutosi ad Imola dal 22 al 24 giugno 2000
clicca qui per scaricare il testo in formato rtf

(per aiutarti ad affrontare il testo, puoi leggere gli appunti di Alessandro)

Situazione

Due Grandi Bombe

bomba ambientale bomba sociale
Analisi del Sistema
Interessi dei Mercanti : effetto sul Lavoro e sull'ambiente Dove si sono sviluppati i Mercanti

Meccanismo del "Bidone Aspiratutto":
colonialismo
meccanismi economici

La globalizzazione ed i suoi protagonisti
Il ruolo delle multinazionali Il WTO: la supercostituzione mondiale e i suoi obiettivi

Cosa possiamo fare?

 
clicca qui per leggere la seconda parte dell'intervento
 

 Centro Nuovo Modello di Sviluppo

 Via della Barra 32 56019 VECCHIANO (Pisa)

e-mail: coord@cnms.it

 

visita l'intervento di Gesualdi in occasione del Giubileo degli oppressi di Verona

Nel sito ci sono molte pagine dedicate al tema della Globalizzazione
Se vuoi approfondire questo tema ti consigliamo queste sezioni:
Testi di Approfondimento
Sud Mondo
Provocazioni di p. Alex Zanotelli
Gli Speciali sul Giubileo degli Oppressi e sul prima e dopo G8

Gesualdi e il CNMS hanno collaborato alla realizzazione del video


Tempo di Scelte
dalla globalizzazione dei profitti alla globalizzazione dei diritti

Troverai, riunite in un unico video, le ragioni per cui milioni di persone si oppongono alla globalizzazione dei profitti e  l'alternativa che propongono con le opportune strategie di impegno

clicca qui per maggiori informazioni

per una ricerca più approfondita sul tema delle globalizzazione, usa il nostro
motore di ricerca interno
Cambiare rotta!

Io per essere onesto, tanto per cominciare con una critica, non ho capito bene che fate qua, non ho capito bene che cosa mi fosse chiesto. Ho tentato di mettere a fuoco delle cose che a mio avviso sono interessanti: ve le dico, se per caso non vanno nella direzione che voi vi aspettavate, voi me lo segnalate e facciamo una inversione di tendenza.

Vorrei partire sottolineando che il mondo sta sedendo sopra due grandi bombe: una bomba ecologica ed una bomba sociale. Sono due bombe che, se non decidiamo di tapparci gli occhi, vediamo tutti.

Per quanto riguarda la bomba ambientale credo che non ci sia bisogno di molte spiegazioni. È ovvio che ancora non abbiamo toccato con mano gli abissi di questo problema, però tutto sommato gli scienziati ci continuano ad informare rispetto ai buchi nello strato di ozono, le piogge acide e al clima che cambia e da questo punto di vista qualche cosa cominciamo a vedere anche noi.

Per l’altra bomba, quella sociale, credo che, più che sentircelo dire dai giornali, cominciamo a toccarlo con mano, anche attraverso la nostra esperienza: le folle di migranti che arrivano in casa nostra sono la dimostrazione che, da qualche altra parte nel mondo, la gente non riesce più a vivere dignitosamente a casa propria.

In effetti se noi approfondiamo l’analisi rispetto a ciò che succede nel Sud del Mondo, da un punto di vista sociale, e quella che è la realtà a livello mondiale, troviamo una situazione catastrofica. Catastrofica soprattutto per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza. Premesso che il pianeta non ha mai prodotto tanta ricchezza come ne ha prodotta oggi, dal 1950 ad oggi la ricchezza prodotta a livello mondiale è aumentata di ben 17 volte… nonostante questo la metà della popolazione terrestre, 3 miliardi di persone, vivono in condizione di povertà assoluta e vorrei ricordarvi che la Banca Mondiale definisce come povero assoluto chiunque viva con meno di un dollaro al giorno, ma nei 3 miliardi ci sono compresi anche quelli che vivono appena al di sopra del dollaro, ma comunque al di sotto dei due. Al di là dei numeri, dei valori monetari, vivere in condizione di povertà assoluta significa vivere in una condizione in cui non sono garantiti neanche i bisogni fondamentali e con questi intendo riferirmi al cibo, all’alloggio, al vestiario, alla possibilità di poter mandare i propri figli a scuola, alla possibilità di poter almeno curare le malattie più banali. Tre miliardi di persone vivono in questa condizione e l’altro numero, che da il quadro della situazione, del fracasso sociale che abbiamo creato a livello planetario, è la distribuzione della ricchezza: il 20% della popolazione mondiale, che non è lontana da noi, siamo noi, eccoci qua, guardiamoci allo specchio, ci siamo già individuati, si appropria ogni anno dell’86% della ricchezza che è prodotta a livello mondiale; quindi l’altro 80% deve accontentarsi del 14% che rimane. Sapendo che la statistica è una materia buffa, perché divide per le teste come se a tutti toccasse la stessa quota, se andiamo a vedere che come è distribuita la ricchezza tra il rimanente 80% della popolazione mondiale, che si trova quasi tutta nel Sud del Mondo, troviamo anche lì delle differenze abissali ed arriviamo al punto che il 20% più povero si deve accontentare appena dell’1,4% della ricchezza prodotta a livello mondiale.

Allora bisogna tentare di capire come mai siamo arrivati a produrre queste due bombe, questa bomba ambientale e questa bomba sociale. Non è un modo di dire parlare di bombe, sono veramente bombe innescate, che già cominciano a scoppiettare e un bel giorno potrebbero scoppiare in una maniera drammatica, quindi come se si trattasse di una bomba nucleare e nessuno sa quel giorno cosa potrebbe succedere.

Allora si tratta di capire come mai siamo arrivati a produrre queste due bombe, perché solo se capiamo come mai abbiamo prodotto le due bombe, riusciamo poi a capire che cosa possiamo fare per tentare di disinnescarle: questo è l’obbiettivo che dobbiamo porci.

(uno di noi passa a distribuire l’acqua)… Ma aspettiamo che lui abbia finito di dare l’acqua, perché mi pare vi distraiate… eh sì,vi state distraendo: io sono piuttosto esigente e quando vedo la gente che si distrae sono demotivato…una precisazione ragazzi: io mi sono alzato un quarto alle cinque stamane per venire da voi, per cui… ho fatto uno sforzo: o le cose che dico non vi interessano e quindi “chetati, ripiglia il treno e torna a casa”, oppure fate uno sforzo per ascoltarmi perché ho fatto un discreto sacrificio… tra l’altro io sento davvero profondamente questi temi, per cui se siamo davvero cristiano non bisogna lasciare che le cose rimangano appiccicate in un pezzo di carta, lontano dai nostri cuori, lontano dalla nostra vita, bisogna veramente porsi il problema di come riuscire ad incidere, se no sono soltanto chiacchiere che non servono assolutamente a nessuno, non servono a noi, non servono neanche a nostro Signore, che non si accontenta delle parole, perché tanto guarda nei nostri cuori e quindi sa, alla fine, se davvero vogliamo impostare una vita per l’impegno ed il cambiamento oppure no.

Quindi, ripeto, secondo me dobbiamo prendere consapevolezza di queste due enormi bombe che abbiamo innescato, dobbiamo porci l’obbiettivo di disinnescarle e, per essere capaci di capire che cosa dobbiamo fare per disinnescarle, bisogna innanzitutto capire come mai ci siamo arrivati. Dopodiché possiamo avere anche gli strumenti in mano per tentare di valutare cosa possiamo fare per invertire la tendenza.

Mi dispiace, potrei sembrare a volte semplicista, potrei sembrare dogmatico, però quando io parlo di analisi del sistema sono piuttosto drastico. Noi dobbiamo renderci conto che da due secoli a questa parte la nostra economia, l’economia planetaria, è gestita non per servire gli interessi della gente, ma è gestita per servire esclusivamente l’interesse dei mercanti e dei mercanti forti. Rispetto a questo bisogna essere estremamente chiari, perché se continuiamo a fare i buonisti alla cattolico-maniera, dove tutto va bene, dove bisogna essere amici di tutti, non arriveremo da nessuna parte. Noi siamo in un sistema che non è assolutamente pensato per servire gli interessi della gente, ma è pensato per servire esclusivamente gli interessi dei grandi mercanti.

Per capire appieno come questo sistema, che è il sistema capitalista, in piedi da grossomodo due secoli e stiamo avviando il terzo secolo di vita, ha prodotto questo tipo di situazione, abbiamo bisogno di fare due precisazioni.

Prima precisazione: quali sono gli interessi dei mercanti.

Seconda precisazione: dove si sono sviluppati i mercanti.

Se capiamo meglio questi due aspetti, poi riusciamo a capire il perché si siano messi in moto tutta una serie di meccanismi economici che hanno prodotto un certo tipo di risultato.

Per quanto riguarda l’interesse dei mercanti non c’è niente di complicato, è tutto molto semplice: l’interesse del mercante è fare quattrini. Non ce ne sono altri. Voi interrogate qualsiasi mercante…e quando parlo di mercante, non mi riferisco solo ai piccoli bottegai, anzi direi che questi tutto sommato sono i più innocui, perché tentano di farsi pagare un lavoro di intermediazione che è legittimo…oggi quando parlo di mercanti, intendo riferirmi alle grandi imprese e soprattutto alle imprese multinazionali, che oggi stanno prendendo il sopravvento. Il loro obbiettivo, al di là delle dimensioni, al di là dei numeri complicati che ci espongono, al di là della schiera di ragionieri, di ingegneri di economia e tutto il resto, hanno un solo obiettivo: fare quattrini. Fare quattrini in una corsa senza fine e l’obiettivo è accumulare quanti più soldi possibile, in un processo di accumulazione, che è l’obiettivo ultimo, sapendo che per fare quattrini i mercanti hanno bisogno di creare una differenza tra costi e ricavi.

Niente di complicato rispetto a questo, l’avete studiato, l’abbiamo studiato tutti fin dalla terza elementare: io ha fatto le elementari oramai una quarantina di anni fa e non so se ancora oggi si fanno fare i problemini “costi – ricavi – guadagni” in terza elementare, ma ai miei tempi si faceva, come se tutti dovessimo fare i mercanti… ma il condizionamento culturale passa così, passa fin dalla tenera età, attraverso questi insegnamenti che potrebbero sembrare scientifici e neutrali ma che di fatto hanno una impostazione.

Allora, l’obbiettivo è di fare sempre più denaro, accumulare denaro, creando questa differenza fra ciò che si è pagato per avere una produzione da vendere e ciò che si riesce ad incassare: una cosa veramente molto semplice. Il problema qual è? Il problema è che questo sistema valuta costo anche il lavoro, per cui inevitabilmente, immediatamente appena si è creato questa sistema, appena ha assunto una certa fisionomia, appena si è cominciato a costituire il mercante – imprenditore, il lavoratore, comunque il fornitore, è diventato uno dei principali antagonisti, nemici del mercante: tutto il capitalismo è segnato da questo conflitto costante tra i lavoratori, che pretendevano di riuscire ad avere una fetta più grande della ricchezza prodotta e gli imprenditori che invece gliela negavano, perché il lavoro è sempre stato concepito come un costo. Un costo che va mantenuto basso. Oggi siamo in una situazione in cui, in nome di mantenere il costo basso, non ci si fa neanche scrupolo a tenere la gente in schiavitù. Siamo arrivati a questo limite: si fanno lavorare addirittura i bimbi, in schiavitù, come succede nel caso dei tappeti. Questo tanto per dirvi che non sto parlando di questioni teoriche, sto parlando di cose molto pratiche, che hanno assunto veramente una dimensione drammatica. Oggigiorno, nonostante i nostri computer, nonostante l’alta tecnologia che siamo stati capaci di mettere in piedi, purtroppo siamo tornati indietro sul piano dei diritti.

Ecco quindi che questa storia del creare la differenza tra costi e ricavi, innanzitutto ha dato come risultato un’accanimento nei confronti del lavoro, ricordandoci che dietro al lavoro c’è della gente in carne ed ossa: ci sono dei lavoratori, ci sono delle lavoratrici, ci sono a volte anche dei bambini e dietro a loro ci sono le loro famiglie che, in base a quanto guadagnano o non guadagnano, fanno dipendere il loro tenore di vita, la qualità della loro vita.

Usciamo quindi fuori da questi schemi astratti e diamo un senso umano alle cose.

L’altro grande disastro di questa concezione è che l’ambiente è anch’esso considerato un costo, perché per mettere in atto tutto ciò che serve per proteggere l’ambiente, le aziende devono spendere: l’ambiente va quindi sul lato delle spese e le imprese non vogliono spendere; inoltre, siccome siamo in un sistema dove l’unica cosa che vale è il denaro, l’unica cosa che vale è solo ciò che ha un prezzo, e siccome l’aria, la natura il Buon Dio la mette gratuitamente a disposizione di tutti e nessuno è stato capace di prenderla ed imbottigliarla, come si sta facendo nel caso dell’acqua, alla fine l’aria non vale niente e siccome non vale niente, la possiamo addirittura utilizzare come una discarica, dove ci buttiamo tutti gli inquinanti che vogliamo. Le conseguenze le stiamo pagando perché la nostra aria, il nostro ambiente, sta diventando sempre più degradato e sempre meno adatto a farci vivere in una maniera salubre. L’ambiente paga questo doppio prezzo: da una parte le aziende non vogliono spendere per proteggerlo e dall’altra, siccome non ha prezzo, può essere bistrattato. D’accordo? Questo sul lato dei costi. Sul lato dei ricavi invece c’è tutta la concezione del mercato, ricordandosi che il mercato è uno strumento che consente di poter soddisfare qualsiasi bisogno, ma solo per chi ha soldi. Chi soldi non ne ha, al mercato ci va, curiosa e torna indietro con gli stessi bisogni che aveva all’inizio. Purtroppo per i mercanti, l’unica strada concepibile per soddisfare i bisogni è il mercato e negano che ci possano essere altre vie, principalmente la via della solidarietà, che è l’altro grande concetto che si contrappone al mercato, come vedremo dopo.

Direi che grossomodo sono questi i capisaldi: il mercato, la concorrenza, lo sfruttamento del lavoro, il fatto che l’ambiente non abbia costo e quindi la noncuranza, sono direi i quattro o cinque elementi che ci consentono di capire perché questo sistema è poi arrivato a non curarsi dell’ambiente, a sfruttare la gente ed a creare tutta una serie di squilibri.

L’altra questione su cui bisogna fare una serie di precisazioni è, da un punto di vista storico, dove sono nati i grandi mercanti che hanno fatto la storia.

Il sistema capitalista, incentrato sui mercanti, si è formato sostanzialmente in Europa e poi più tardi in America del Nord, perché l’America del Nord è stato luogo di emigrazione degli europei (gli inglesi furono i primi che se ne andarono negli Stati Uniti e nel Canadà). I due grandi poli sono stati quindi Europa, Stati Uniti e Canada, dunque America del Nord. Questi imprenditori, questi mercanti, che perseguivano l’obiettivo dell’accumulazione del denaro, che però doveva passare attraverso l’accumulazione degli investimenti per riuscire ad allestire tutto un apparato produttivo, avevano in mente di accumulare nella loro patria, questo è ovvio: il commerciante inglese sognava di poter avere delle manifatture che fossero in Inghilterra, non che fossero altrove. La globalizzazione, rispetto a come la concepiamo oggi, era di là da venire. Per cui c’è stato, per almeno un secolo e mezzo, ma forse anche due, un processo per tentare di concentrare nella nostra parte di mondo, quindi in Europa e nell’America del Nord, tutte le risorse che se ne stanno in giro per il pianeta, per realizzare quel processo di accumulazione produttiva, che poi era la premessa per riuscire a realizzare sempre più profitto, sempre più accumulazione.

Se vogliamo capire allora perché oggi siamo arrivati ad una situazione così assurda, per cui il 20% della popolazione mondiale si appropria dell’86% della ricchezza prodotta ogni anno nel mondo, dobbiamo tentare di capire quali sono i meccanismi che funzionano un po’ come bidoni aspiratutto, perché è come se la nostra parte di mondo fosse dotata di potenti motori aspiranti, che riescono ad aspirare risorse da tutto il resto del pianeta, perché non potete concepire che il Buon Dio sia stato così ingiusto da aver messo tutte le ricchezze della terra nella nostra parte di mondo: è ovvio che sono sparpagliate, noi però siamo stati capaci, attraverso i tempi, di congegnare questi motori che poi aspirano.

Il primo meccanismo è stato il colonialismo e quindi si è associata la forza bruta, con cui si è fatto questo processo di aspirazione. Poi naturalmente il colonialismo è stato condannato dalla coscienza collettiva. Però si sa che il lupo perde il pelo ma non il vizio e quindi non poteva il Sistema rinunciare a questo processo di accumulazione che aveva messo in moto, perché era una questione di vita o di morte per lui e quindi sono stati congegnati altri meccanismi molto più sofisticati, che sono i classici meccanismi economici e direi che due hanno giocato un ruolo di rilievo: il cosiddetto “scambio ineguale”, per cui i prodotti del Nord costano tantissimo, quelli del Sud molto poco e dall’altra il debito. Quindi la macchina commerciale e la macchina finanziaria.

Vi ricordo che il debito provoca ogni anno al Sud del Mondo un’emorragia di 300 miliardi di dollari. Sono 300 miliardi di dollari che il Sud riesce a regalare al Nord perché lavora, lavorando crea tutta una serie di prodotti per le esportazioni, li esporta in casa nostra ed in cambio non riceve neanche una lira, si fermano tranquillamente nella nostra parte di mondo.

Questi sono, da un punto di vista storico, i tre meccanismi. Il colonialismo è stato poi rimpiazzato, salvo che la situazione non richieda ancora l’intervento armato: l’Iraq insegna, tanto per fare un esempio; il caso del Nicaragua ha insegnato altre forme per mettere in ginocchio i governi che non accettano i dictat dei nostri stati, come adesso nel caso di Cuba. Questo meccanismo, dicevo, è stato poi rimpiazzato dalle armi economiche, sostanzialmente lo scambio ineguale ed il debito.

Su tutta questa situazione, si innesta la globalizzazione, parola entrata ormai in grande uso: la utilizziamo tutti. Ma tentiamo di dire due parole rispetto a questo concetto, perché magari non ci possono essere le idee chiare, nonostante la utilizziamo come parola. La globalizzazione tutto sommato significa che si sta facendo di tutto per trasformare il mondo intero in un unico grande mercato. L’obiettivo è questo: fare in modo che il, mondo sia una sorta di palla da biliardo, dove non c’è più nessun ostacolo, per consentire alle merci di poter viaggiare liberamente, da una parte all’altra del globo. Gli economisti vorrebbero farci credere che la globalizzazione fa parte del processo naturale dell’economia, ingannandoci, perché in economia di naturale non c’è assolutamente niente: l’economia è frutto delle decisioni degli uomini e delle donne, in base ai loro valori, ma molto più spesso in base ai loro interessi ed in base ai rapporti di forza che si creano all’interno della società.

Se vogliamo quindi capire perché avvengono i fenomeni economici, dobbiamo capire quale è la premessa filosofica che ci sta dietro, soprattutto quali sono gli interessi e poi chi è che ha avuto la forza per far prevalere il proprio interesse.

Noi dobbiamo capire che la globalizzazione così intesa, o che almeno parte così e poi si arricchisce di molti altri aspetti, si è creata perché, da 50 anni a questa parte, le imprese che si sono affermate non sono più le imprese di carattere nazionale, come avevamo un tempo, quindi imprese che, tutto sommato, operavano nell’ambito dei propri confini e per la verità tiravano i loro governi per la giacchetta, affinché creassero tutta una serie di condizioni perché fossero protette all’interno dei loro mercati e magari, se gli riusciva, strappavano l’apertura nei mercati altrui. Questa è stata sempre la grande contraddizione delle grandi imprese nazionali: protezione per se, libertà ed accesso ai mercati altrui, per l’estero. Questa è una contraddizione che non può rimanere in piedi: è come avere la botte piena e la moglie ubriaca. Ma diciamo che fino al 1995 gli stati si sono arrabattati per vedere di mantenere una situazione di equilibrio, che tentasse di accontentare tutti, dal momento che il grosso delle imprese continuava ad essere di dimensioni nazionali e quindi non avevano interesse ad avventurarsi in mare aperto. Però c’è stato un fatto nuovo che alla fine a fatto si che questo diventasse un ostacolo. Il fatto nuovo è che oggigiorno si sono rafforzate delle imprese che oramai vedono i confini nazionali non più come una protezione che le fa sopravvivere, ma come una sorta di camicia di forza che alla fine le fa morire, le strangola. Queste imprese sono le multinazionali, che hanno delle dimensioni enormi, molte di loro hanno fatturati che sono molto superiori ai prodotti interni lordi di paesi, anche industrializzati. Tanto per fare un esempio, General Motors ha un fatturato che è più alto del prodotto interno lordo della Danimarca. Per cui ecco, queste imprese multinazionali hanno delle dimensioni così vaste, per cui nessun paese ha un numero di consumatori sufficiente per assorbire i loro prodotti e quindi hanno bisogno di poter spaziare per il mondo, collocando i loro prodotti in qualsiasi parte della terra, proprio perché questa diventava una questione di vita o di morte. Questa è la ragione per cui hanno tirato ancora una volta i governi per la giacchetta, affinché venisse costituito una sorta di riferimento giuridico internazionale completamente nuovo.

Fino ad oggi i riferimenti economici e politici erano gli stati ed esistevano ed esistono tuttora delle strutture sovra – nazionali, delle organizzazioni mondiali, che però non sono niente altro che degli organi consultivi: la stessa ONU fa delle risoluzioni ogni tanto, assume delle decisioni, ma sono decisioni che non hanno capacità di imporsi, perché è difficile trovare il meccanismo che poi imponga agli stati l’obbligo del rispetto di ciò che si è deciso a livello internazionale.

Tutto questo cambia con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization WTO), che è una superistituzione, creata praticamente da quasi tutti i governi del mondo: mi pare che all’appello oggi manchi la Cina, la Russia, Cuba e pochi altri, anche se la Cina ha già bussato per entrare, la Russia ha già bussato per entrare, Cuba non so per quanto resisterà e poi anche lei alla fine deciderà di entrare.

È quindi una superistituzione mondiale, della quale fanno parte quasi tutti i paesi del mondo, che hanno scritto una sorta di supercostituzione mondiale. Vorrei ricordarvi che la costituzione rappresenta un pacchetto di leggi alle quali tutte le altre leggi successive debbono uniformarsi: la legge ordinaria non può essere in contrasto con la legge costituzionale. Il fatto dunque di aver scritto una sorta di supercostituzione mondiale significa che le leggi dei singoli stati debbono fare delle leggi interne che non possono discostarsi da ciò che sta scritto all’interno di questi trattati: i trattati che stanno dentro questa organizzazione, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, assumono il valore di leggi internazionali di riferimento, che limita di fatto la sovranità dei singoli stati.

Qual è il contenuto di questa sorta di supercostituzione mondiale?

…potreste rischiare di percepire queste informazioni come notizie tecniche. Di fatto hanno un significato politico profondo, come vedremo un pochino più in là. Per questo si sta anche creando un grande movimento internazionale, che sta cominciando a dare del grande filo da torcere a tutti i governi del mondo e a tutte le superistituzioni che si sono create, perché ci sono delle concezioni filosofiche e sociali che si stanno scontrando. Quindi dovete fare uno sforzo per capire…

I modi per tentare di regolamentare l’ingresso e l’uscita delle merci sono innanzitutto di carattere doganale: se io metto un dazio del 30% su un frigorifero che viene dall’estero, ovviamente la gente preferisce comprare quello interno invece che quello che viene da fuori.

Fino a ieri, la maggior parte delle manovre si facevano su questo piano ed il grande sforzo che si è fatto da 50 anni a questa parte è stato quello di far si che i paesi si mettessero d’accordo per portare i dazi doganali ad un livello più basso possibile. Ma adesso, per le multinazionali, questa manovra non è sufficiente. Le multinazionali hanno avuto bisogno di andare molto più in là, di obbligare gli stati per rivedere tutta una serie di questioni di carattere qualitativo, perché gli ambiti, che in fin dei conti possono ostacolare l’ingresso delle merci che vengono da fuori, possono essere giustappunto anche di carattere tecnico, anche di carattere tecnico, di carattere sanitario, di carattere ambientale. Se faccio una legge che dice che è proibito l’ingresso di carne che contiene ormoni della crescita, perché abbiamo tutti i motivi per ritenere che gli ormoni della crescita, somministrati ai bovini, poi non facciano bene ai consumatori, perché fanno crescere le mammelle ai maschietti, perché fanno venire i tumori agli organi genitali, questa è una legge di carattere sanitario che naturalmente si contrappone agli interessi degli allevatori americani. Ho fatto un esempio molto pratico di come le leggi in ambito sanitario poi possono trasformarsi in un ostacolo al commercio.

L’organizzazione mondiale del commercio ha assunto una serie di trattati per porre le regole agli stati. Ricordatevi che l’oggetto della regolamentazione non sono le imprese, sono i parlamenti: sono state allora adottate una serie di trattati per scrivere le regole che i parlamenti devono rispettare quando fanno leggi in ambito ambientale, in ambito sanitario, in ambito sociale e su tutte quelle materie che in qualche modo possono incrociarsi con gli interessi commerciali. L’imperativo è di portare queste regole al livello più basso possibile, in modo da creare meno ostacoli possibile al commercio.

Si è fatta quindi una sorta di supercostituzione mondiale, che di fatto limita la sovranità degli stati. I popoli hanno un bello sbraitare, se per caso la legge fatta dal parlamento è in contrasto con l’Organizzazione Mondiale del Commercio: oggi questa organizzazione ha gli strumenti per obbligare gli stati a rispettarla. È la prima volta nella storia che si siano creati gli strumenti per obbligare gli stati a seguire certe regole internazionale e lo si è fatto per il commercio.

Questo vi dà quindi la dimostrazione di quali siano davvero gli obiettivi che si stanno perseguendo a livello mondiale.

Rispetto a questa globalizzazione, che è partita come una globalizzazione del mercato, si potrebbero dire molte altre cose per farvi capire come poi non ci si è fermati solo alla globalizzazione dei mercati, ma si è sfociato poi anche nella globalizzazione della produzione, degli investimenti e del movimento dei capitali. Ma non c’è il tempo oggi per parlare di questo e lo dovete assumere come un dato di fatto: oggi la globalizzazione a cui si punta è una globalizzazione totale, che coinvolge anche queste altre sfere.

Da un punto di vista della produzione non c’è mistero, voi stessi guardate i capi che vi mettete addosso e vi accorgerete che è molto difficile trovare qualcosa “made in Italy”, viene da Taiwan, da Singapore, dall’Indonesia. Il tutto secondo la logica di trovare il costo più basso possibile.

Il perché, nell’epoca della globalizzazione, si è messo in moto anche la globalizzazione della produzione, alla ricerca dei costi più bassi possibile, ha una sua storia ed ha una sua logica e non la posso raccontare: assumetela come dato di fatto.

Però la cosa drammatica è appunto che, dopo aver creato i meccanismi che hanno generato tanto squilibrio a livello mondiale, si è anche creata tutta una situazione, che si innesta sopra questa altra storia, che di fatto ci fa vivere come sotto una sorta di nuova dittatura, la dittatura delle multinazionali, che vogliono imporre a tutti i popoli del mondo delle regole che siano finalizzate a servire i loro interessi. Noi oggi ci troviamo di fronte ad un sistema che non ha creato solo una situazione conflittuale con il mondo del lavoro, con l’ambiente, questa enormità di squilibri a livello mondiale, ma che appunto oggi tenta di soggiogare, di subordinare, di sottomettere tutte le altre sfere del vivere civile e del vivere politico ai loro interessi commerciali. Questa è la grande novità della globalizzazione con cui dobbiamo incominciare a fare i conti e rispetto alla quale tanta gente comincia a ribellarsi. Noi dobbiamo stabilire se questo sistema ci sta bene o se invece anche noi vogliamo ribellarci. La mia scelta l’ho fatta, io ho scelto di ribellarmi.

Allora a questo punto si tratta di capire che cosa possiamo fare per tentare di invertire il senso di marcia. Quello che, secondo me, bisogna essere capaci di fare è di saperci muovere in due direzioni contemporaneamente. Da una parte bisogna affrontare le emergenze e dall’altra bisogna essere capaci di riprogettare di sana pianta questo sistema economico. Le due cose si debbono integrare a vicenda. La riprogettazione richiede tempio molto lunghi, ammesso che il pianeta abbia pazienza. Oggi ci troviamo di fronte a questo problema, ci prendiamo il lusso di prendercela comoda, però può darsi che il pianeta crolli molto prima di quando noi abbiamo fatto la nostra maturazione e a quel punto pazienza, si piglierà quello che viene. È evidente che una riprogettazione dell’economia richiede tempi lunghi e proprio per questo bisogna avere anche la capacità, contemporaneamente, di muoverci rispetto alle emergenze che questo sistema ha creato. Affrontare le emergenze significa tentare di tamponare le falle più grosse, i problemi più seri che questo sistema ha creato, sia in ambito sociale che in ambito ambientale e dall’altra invece tentare di capire come riscriviamo una nuova economia, in modo da servire gli interessi della gente, nel rispetto del creato.

Consentitemi un attimo di affrontare questi due capitoli, questi due livelli

 

vai alla seconda parte dell'intervento, clicca qui

se vuoi tornare all'inizio del testo clicca qui

se vuoi tornare all'inizio della pagina, clicca qui