|
||||
SUPERARE
LA GUERRA Se
il Magistero della Chiesa senz'altro oggi non condanna in modo pieno e assoluto
la guerra, tuttavia da 40 anni a questa parte ha avuto una forte evoluzione
sulle tematiche della guerra e della pace, arrivando ad alcune conclusioni nuove
che oggi ormai si possono dare per acquisite. Tuttavia ancora oggi le
riflessioni sul tema degli addetti ai lavori (politici, militari, gli stessi
pacifisti..) sembrano non tenere in conto questa evoluzione. 1.
Già negli anni '50 diversi intellettuali e teologi cattolici, leggendo i
segni dei tempi (in particolare Hiroshima e Auschwitz) avevano riflettuto sia
sulla natura della guerra, scatenamento senza limiti delle forze del male, che
sulle tremende potenzialità distruttive emerse nel corso delle guerre più
recenti, ed erano arrivati ad una conclusione: o
la guerra viene totalmente bandita dall'umanità e si giunge a una pace
universale, o l'umanità è destinata a scomparire nel rogo atomico. In
questo contesto la dottrina tradizionale cattolica sulla guerra andava
completamente rivista. Questo assunto è stato in parte fatto proprio anche dal
Magistero, in particolare dal Concilio Vaticano II: "Se
non verranno in futuro conclusi stabili e onesti trattati di pace universale
l'umanità
sarà forse condotta funestamente a quell'ora, in cui non altra
pace potrà sperimentare se non la pace di una terribile morte" (Gaudium
et Spes, n. 82). 2.
Anche grazie al loro contributo, a partire da quegli anni il Magistero
della Chiesa Cattolica inizia, prima timidamente, poi con forza, una riflessione
nuova sul tema della guerra e della pace che porta ad infliggere dei colpi mortali alla
dottrina della 'guerra giusta', cioè della guerra intesa come strada
(ultima) per arrivare a ristabilire i diritti violati. Già
Pio XII nel 1951 affermava: " Oggi
meno che mai" la guerra può essere "un
mezzo atto a dirimere i conflitti e a ristabilire la giustizia", per
cui la guerra è nella sostanza legittimata solo nel caso della legittima difesa
(discorso al Corpo Diplomatico - 1/1/53). Giovanni
XXIII nel 1963 nell'enciclica "Pacem in Terris" scrive: "Nella nostra età, in cui è disponibile la forza atomica, riesce
impensabile che la guerra sia più strumento di reintegrazione dei diritti
violati." (n. 43) A
breve distanza il Concilio Vaticano II dirà che occorre "considerare
l'argomento della guerra con mentalità completamente nuova" (Gaudium
et Spes, n. 80). Nel
giro di pochi anni viene così scardinato il legame tra guerra e giustizia che
per 15 secoli ha guidato la riflessione ecclesiale sul tema. Gli
interventi successivi dei pontefici non faranno altro che ribadire queste
affermazioni: basti citare Giovanni Paolo II, che in Gran Bretagna, in piena
guerra delle Falkland, afferma: "Oggi
la portata e l'orrore della guerra moderna, sia essa nucleare o convenzionale,
la rendono totalmente inaccettabile come mezzo per comporre dispute e vertenze
tra le nazioni." (discorso a Coventry, 30/5/82). E
più recentemente, durante la guerra del Golfo: "La
guerra non può essere un mezzo adeguato per risolvere completamente i problemi
esistenti tra le nazioni; non lo è mai stato; non lo sarà mai"
(18/1/91). Dunque
su questo aspetto non c'è confusione, il Magistero si è espresso con
chiarezza, con interventi fortemente autorevoli e concordi, come quelli di un
Concilio ecumenico e di diversi Papi: non si parla più di guerra giusta.
Viceversa è facile notare che molti cristiani, tra cui anche presbiteri,
teologi
continuino a ragionare usando i medesimi schemi che nel passato. 3.
Questi pronunciamenti però non
significano che il Magistero della Chiesa oggi esprima una condanna totale della
guerra, né che si opponga alla presenza dei Cristiani negli eserciti,
ed anche questo è chiaro dai diversi pronunciamenti dei Papi e del Concilio, al
punto che durante la guerra in Bosnia Erzegovina il Papa ha sottolineato il
diritto che aveva il popolo di quel paese di difendersi anche con le armi.
Tuttavia secondo il Magistero la guerra oggi è lecita solo se è una guerra di
difesa e se è un intervento di 'ingerenza umanitaria' a difesa di popoli
oppressi, ed è in ogni caso sottoposta
a fortissime limitazioni. Per citarne alcune: ·
è proibita con fermezza
la guerra totale, cioè "ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di
intere città o di vaste regioni e dei suoi abitanti", e quindi la
guerra combattuta con armi atomiche, batteriologiche e chimiche, nonché i
bombardamenti a tappeto (Gaudium et Spes, n. 80); ·
i militari sono obbligati
a ribellarsi agli ordini dei superiori che obbligano a compiere dei crimini, tra
cui "i metodi sistematici di
sterminio di un intero popolo, di una nazione o di una minoranza etnica"
(Gaudium et Spes, n. 79); ·
anche altre categorie
professionali sono chiamate all'obiezione di coscienza contro la guerra (ad
esempio i medici riguardo alle guerre combattute con armi nucleari,
batteriologiche e chimiche, o gli scienziati riguardo alla ricerca militare); ·
si sospende il giudizio
sulla corsa agli armamenti, che viene in ogni caso sottoposta a fortissimi
vincoli (Gaudium et Spes, n. 81); ·
nel caso di interventi
'umanitari' essi devono avvenire sotto la guida di un'autorità internazionale
universalmente riconosciuta, cioè l'ONU. 4.
In quegli stessi anni la
riflessione teologica sulla pace si approfondisce: la pace non è più vista
solo come assenza di guerra, essa invece implica un nuovo modello di società,
basata su valori quali la fiducia reciproca, il rispetto, la fratellanza
;
viceversa la guerra ha le sue radici ultime nell'ingiustizia e nello
sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Inoltre si chiarisce che la pace per il
cristiano è una persona, Gesù Cristo (Ef 2,14), e che quindi per vivere la
pace occorre seguire le sue orme.
Tutto
ciò porta gradualmente il Magistero a promuovere
la via della nonviolenza
come strada più
limpidamente evangelica per costruire la pace,
e a considerare
anche
questa strada tra quelle percorribili prima di usare lo strumento militare. I
Padri Conciliari dichiarano: "Noi non
possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione
dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla
portata anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei
diritti e dei doveri degli altri o della comunità" (Gaudium et Spes,
n. 78). Ma
è soprattutto col pontificato di Giovanni Paolo II che si moltiplicano le
dichiarazioni a favore della nonviolenza. Basti qui citare le più
significative: ·
L'unico antidoto alla
violenza è "il nobilissimo principio
della non violenza", praticato al massimo da Cristo; "nel
sistema del pensiero cristiano il principio della non violenza non ha solo
portata negativa
bensì anche positiva e di gran lunga superiore: si può
dire infatti che la più cristiana delle massime inculcateci dal Redentore
è questa: non ti lasciar vincere dal male, ma vinci il male col bene"
(discorso ai giuristi cattolici italiani, 6/12/1980) ·
"Ogni
forma di povertà per cui voi soffrite ... è uno scandalo. Ci sono poveri,
molti poveri che non ne possono più
Bisogna dunque lottare sempre con
lucidità, con una determinazione non violenta, contro le povertà umilianti e
schiaccianti e contro le strutture che le mantengono e le aumentano"
(discorso ai membri del movimento "Aiuto ad ogni disperazione") ·
"E'
necessario che dai cristiani siano sistematicamente sviluppati i principi, la
prassi e la strategia della non violenza, dopo che siano stati criticamente
enucleati. In questo modo i cristiani possono e devono dimostrare che la non
violenza è un metodo non meramente utopico per eliminare le ingiustizie e le
violenze e per instaurare un giusto ordine sociale ed internazionale"
(Sinodo dei Vescovi sui laici, 1985) ·
"La
resistenza passiva apre una strada più conforme ai principi morali e non meno
promettente di successo" (Istruzione della Congregazione per la
Dottrina della Fede "Libertà cristiana e liberazione, n. 79, 1985) ·
Riguardo gli avvenimenti
del 1989 "Alla caduta di un simile
"blocco" o impero, si arriva quasi dappertutto mediante una lotta
pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia.
Sembrava che l'ordine europeo, uscito dalla seconda guerra mondiale e
consacrato dagli Accordi di Yalta, potesse essere scosso soltanto da un'altra
guerra. E' stato, invece, superato dall'impegno non violento di uomini che,
mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo
trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità.
Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza,
rinunciando alla guerra nelle controversie internazionali!" (enciclica
Centesimus Annus, n. 23, 1991). ·
"Tra
i segni di speranza va annoverata la crescita, in molti strati dell'opinione
pubblica, di una nuova sensibilità sempre più contraria alla guerra come
strumento di soluzione dei conflitti tra i popoli e sempre più orientata alla
ricerca di strumenti efficaci ma "non violenti" per bloccare
l'aggressore armato" (enciclica "Evangelium vitae", n. 27,
1995) Proprio
i fatti del 1989 sono stati storicamente una delle più lampanti dimostrazioni
dell'efficacia della lotta nonviolenta: i regimi comunisti sono stati abbattuti
senza l'uso delle armi, senza causare spargimento di sangue, grazie alla
pazienza e alla lotta pacifica di un gruppo di persone, nonostante
fossero regimi oppressivi e dittatoriali. Di
fronte a questo episodio cadono tutte le critiche di utopia rivolte nei
confronti dei nonviolenti: a confronto sarebbe stata più irreale la scelta
della lotta armata, che sarebbe stata molto probabilmente piegata ed in ogni
caso avrebbe causato enormi sofferenze a quei paesi. E nel frattempo l'equilibrio
del terrore ha dimostrato tutti i suoi limiti: storicamente è evidente che
esistono particolari concatenazioni di avvenimenti che portano automaticamente
alle scelte più gravi anche quando inizialmente nessuna delle parti l'avrebbe
voluto (ciò è successo ad esempio nella crisi dei missili di Cuba che con ogni
probabilità senza l'intervento di Giovanni XXIII avrebbe portato allo scoppio
di un conflitto nucleare tra URSS e USA). 5.
Di fronte a questo quadro vorremmo che tutti sia credenti che non
concordassero su questi temi. Il Magistero, che offre contenuti forti e
profetici, viene ignorato! Si ripete quanto diceva Erasmo da Rotterdam nel 1500:
"Quando un Papa
chiama alla guerra, ci si affretta ad obbedirlo ma, se quello stesso Papa invita
alla pace, perché non lo si obbedisce egualmente?". Così
succede che le affermazioni del Magistero non vengono calate nelle situazioni
concrete, e il Popolo di Dio rimane senza un'indicazione morale su questi temi. 6.
Pensiamo che sia necessario ed urgente avviare un cammino di conversione
su questi temi. Chiediamo ai nostri Vescovi di aiutarci: stimolandoci con
fermezza a scegliere la pace e richiamandoci quando vedono che partecipiamo o
rimaniamo indifferenti di fronte ad una guerra. Vorremmo
inoltre, in occasione del Giubileo dei militari fare
un esame di coscienza insieme ai nostri fratelli che fanno parte degli eserciti e che in quella giornata
giubilare saranno presenti in S. Pietro a Roma. Per analizzare con chiarezza le
scelte e confrontarle coi pronunciamenti del Magistero, per poi chiedere insieme
come Chiesa perdono per tutte le volte che il Vangelo e il Magistero sono stati
traditi. Ci
rivolgiamo al S. Padre e ai Vescovi delle varie diocesi del mondo affinché alla
Giornata Mondiale della Pace dell1 gennaio 2001, siano convocate tutte
le persone che in questi anni hanno cercato con la vita, in obbedienza alla loro
coscienza e al vangelo, strumenti efficaci ma nonviolenti di risoluzione dei
conflitti nazionali ed internazionali. Desidereremmo
un appello alle coscienze di ogni uomo affinché assumano la scelta Evangelica
della nonviolenza. Vorremmo
inoltre che il S. Padre chiedesse alle comunità cristiane e ai governanti degli
Stati la creazione di Corpi civili di pace. Siamo
certi che col crescere di una cultura di pace ladesione alla nonviolenza sarà
così forte da rendere insopportabile il ricorso alle armi, diverrà di fatto
superfluo celebrare un ulteriore giubileo dei militari.
Consapevoli
che ognuno di noi deve convertirsi al vangelo e alla pace: dal 4 novembre al 19
Novembre 2000 pregheremo e digiuneremo senza sosta perché in questo tempo
giubilare la via tracciata dal magistero della chiesa sul tema della pace si
traduca in un impegno concreto di ogni cristiano e divenga la scelta
preferenziale per tutte le comunità che si riconoscono nel vangelo di Cristo. Rimini
4 novembre 2000 Cordiali
saluti Servizio
Pace & Obiezione - Caschi Bianchi "Operazione
Colomba" - Corpo civile di pace dell'Associazione
Comunità Papa Giovanni XXIII "Non
è il Vangelo che cambia, siamo
noi che cominciamo a comprenderlo meglio" |
||||