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RIFLESSIONE. NANNI SALIO: PERSUASI DELLA NONVIOLENZA PER SCONFIGGERE OGNI TERRORISMO
[Nanni Salio e' una delle figure piu' prestigiose della nonviolenza in
Italia. Per contatti: e-mail: regis@arpnet.it]
"Non vedo nessun'altra soluzione, veramente non ne vedo nessun'altra, che
quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume.
Non credo piu' che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver
prima fatto la nostra parte dentro di noi. E' l'unica lezione di questa
guerra, dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove".
E' da queste parole di Etty Hillesum, scritte nel suo Diario 1941-1943,
durante la seconda guerra mondiale, poco prima di morire nel lager, che
bisogna partire per riflettere sulla tragica serie di attentati dell'11
settembre negli USA. "Il regno di Dio e' in voi", diceva Tolstoi, ma
potremmo aggiungere: "...anche quello di satana".
Per i persuasi della nonviolenza, il compito e' oggi piu' difficile che mai.
Bisogna riuscire a interrompere la spirale della violenza che quasi
certamente verra' alimentata dalla ritorsione che il governo USA sta
pianificando. La via maestra e' quella del dialogo con tutte le parti in
causa, conoscerne e riconoscerne torti e ragioni, vedere e far vedere la
sofferenza e il dolore di tutte le vittime, aiutare i persecutori a
riumanizzarsi, analizzare i traumi subiti mediante una sorta di grande
terapia collettiva che apra la strada alla riconciliazione del genere umano.
Dobbiamo aiutare i cittadini americani a prendere coscienza della
irresponsabilita' della loro classe politica e del fallimento delle dottrine
militari, anch'esse basate sul terrorismo (di stato), che li hanno resi piu'
insicuri e vulnerabili. Cosi' come a suo tempo aiutammo i cittadini
sovietici a scrollarsi di dosso un regime che cadde quasi senza colpo
ferire, attraverso una strabiliante lotta nonviolenta culminata nel 1989,
ora dobbiamo aiutare i cittadini americani a liberarsi dal giogo altrettanto
odioso e pericoloso del complesso militare-industriale-scientifico che li ha
portati in un vicolo cieco.
Al contempo, occorre aiutare le popolazioni dell'islam e piu' in generale i
popoli oppressi a non cadere nella trappola della violenza e del terrorismo.
E' necessario un gigantesco impegno di educazione alla lotta nonviolenta,
l'unica strada che nel secolo scorso ha consentito di ottenere risultati
significativi e duraturi senza seminare odio, vittime, vendette, massacri,
tragedie ricorrenti e senza fine.
Non ci sara' vera pace senza giustizia e non ci saranno ne' pace ne'
giustizia senza una cultura della nonviolenza attiva. E' la globalita' dei
problemi che impone di riconoscere sia i limiti, i fallimenti e gli errori
sia gli aspetti positivi, creativi, costruttivi di ciascuna cultura. Non ci
sono popoli eletti ne' reietti, ma ciascuno ha il suo bagaglio di esperienze
storiche, miti, traumi, successi e insuccessi dai quali partire per
costruire una cultura che riconosca nella nonviolenza il seme comune
dell'umanita', le verita' antiche come le colline.
Chi si fara' carico di questo progetto, della trasformazione nonviolenta di
ogni conflitto, dal micro al macro? In tutte le principali tradizioni
culturali e religiose sono presenti uomini e donne che hanno saputo assumere
su di se' il dolore del mondo per compiere un'opera di redenzione: sono i
"giusti" della tradizione ebraica, il redentore della religione cristiana, i
bodhisattva della cultura buddhista, i rishi degli antichi Veda, i sufi
dell'islam. Oggi, questa eredita' culturale dev'essere raccolta e
disseminata da tutti coloro che hanno effettivamente a cuore le sorti
dell'umanita' intera e che intendono dare alla propria esistenza un senso
piu' profondo e autentico. Se ci sono persone disposte a immolare la propria
vita per seminare il terrore, dovra' esserci un numero ancora piu' grande di
satyagrahi preparati a donare la vita perche' persuasi della nonviolenza,
come ci hanno insegnato Gandhi, Martin Luther King, Etty Hillesum e tanti
altri che hanno vissuto in momenti della storia umana non meno drammatici
del nostro.
Il "movimento di movimenti", venuto alla ribalta negli ultimi due anni per
le sue iniziative di contestazione dei vertici dei potenti, si trova ora di
fronte a una scelta ineludibile: deve farsi carico consapevolmente di questo
ambizioso progetto e imboccare chiaramente e con determinazione la strada
della nonviolenza attiva, costruttiva e creativa per non soccombere nella
stretta fra i due terrorismi. La sua agenda diventa ancora piu' fitta e una
priorita' assoluta dovra' essere assegnata alla lotta contro lo strapotere
degli apparati militari, ovunque nel mondo, alla realizzazione di modelli di
difesa basati sulle tecniche di lotta della nonviolenza, alla
democratizzazione delle Nazioni Unite, al boicottaggio delle industrie
belliche, all'abolizione degli eserciti, alla disobbedienza civile di massa.
Solo cosi' la lotta per la giustizia sociale, per la salvaguardia del
pianeta, per la difesa dei deboli non si avvitera' nell'eterna e drammatica
spirale autodistruttiva della violenza diretta.