"Francesco profeta di pace - ripudiamo chi lo usa per i propri Fini!"

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  “Fratel Francesco perdonami, con tutto rispetto, fammi parlare:

andare seguendo il tempo in cui vivi, questo è il dovere dell’uomo vivo.

Andare contro il tempo in cui vivi, replica Francesco, questo è il dovere dell’uomo libero!”.
da: Nokos Kazantzkis, “Il poverello di Dio”

 

 

La redazione di www.giovaniemissione.it è solidale ai francescani che difendono Francesco come profeta di pace e nonviolenza
 
"E' come se dicessero che Daniele Comboni era uno schiavista!"
Così un comboniano ha reagito di fronte alla violenza e alla manipolazione esercitata sulla figura di S. Francesco nei giorni scorsi: il vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini ha usato parole interessate e irrispettose, per portare acqua al mulino della guerra e degli interessi militari-politici ed economici italiani.
 
Ecco alcuni stralci del suo discorso il 4 di ottobre presso la basilica di Assisi:
"Come la poverta', anche la pace era da lui desiderata come un mezzo non come un fine, e come un mezzo al servizio del bene comune. Lo ritrova il fatto che egli non condanno' mai la legittima difesa, sia del singolo che della comunita'. E' bene ricordare che Francesco ed i suoi successori, non fecero mai opera di dissuasione dal portare le armi per difendere i deboli e gli umili; non lo fece presso i cavalieri del Santo Sepolcro affiliati per regola al terzo ordine secolare ne' presso illustri terziari francescani che erano anche capi militari come Giovanni DeBrien, il valoroso principe di Gerusalemme che godette dell'amicizia personale del santo conosciuto proprio sul campo della Quinta crociata. Il famoso divieto di portare le armi - ha sottolineato Fini - stabilito nel 1228 per il terz'ordine secolare francescano e confermato da papa Nicolo' IV, cosi' recitava: i fratelli non portino con se armi offensive, se non per difesa della Chiesa Romana, della fede cristiana, o anche della loro terra e con il permesso dei loro ministri. Cio' dimostra che la regola francescana intende proibire non tanto l'uso delle armi, quanto l'aggressione armata, la violenza, la guerra, e questa giusta nozione di pace e' quanto mai importante in un'epoca come l'attuale, insanguinata da ogni conflitto e da ogni violenza, un'epoca in cui la liberta' e la sicurezza devono essere difese ogni giorno da chi in divisa e' al servizio del bene comune"
 
Le affermazioni del vicepremier hanno creato sconcerto tra alcuni gruppi francescani e tanti altri esponenti della chiesa di base, che si sono espressi ciascuno a suo modo. Volentieri riprendiamo gli interventi più interessanti, sentendo però il bisogno forte di un intervento di tutte le altre ricche espressioni del mondo francescano: Francesco è un testimone forte della pace, della nonviolenza e del ripudio netto di ogni forma di guerra. Le sue scelte radicali, l'essersi spogliato della ricchezza e delle armi, la fiducia estrema nel dialogo e nell'umanità, la profezia e la genialità di alcune prese di posizione ci provocano oggi più che mai.
 
                                                                    la redazione di www.giovaniemissione.it
 

 

 
 
Riportiamo qui di seguito alcuni interventi e articoli per approfondire la questione:

-Intervento dell'Ordine Francescano Secolare: A PROPOSITO DELL’INTERVENTO DELL’ON. GIANFRANCO FINI AD ASSISI
 

-MA SAN FRANCESCO ERA PACIFISTA, Intervista alla storica Chiara Frugoni

 di NELLO AJELLO

- S. Francesco e la “regola” di Fini Tonio Dell’Olio - coordinatore nazionale di Pax Christi

 

-San Francesco: il poverello di Assisi parlava solo di pace, Padre Coli, custode del Sacro Convento contesta l’uso di parte del Fondatore dei francescani

 

- Testo della lettera inviata da Franco Frazzarin al direttore del settimanale diocesano di Padova, "la Difesa del Popolo".
 

- visita anche la nostra pagina dedicata a San Francesco all'interno della sezione testimoni

 

per ulteriori  informazioni vai al sito http://www.ofm-conv.org/index.php  e al sito http://www.ofs.it/

 

 

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intervento dell'Ordine Francescano Secolare
A PROPOSITO DELL’INTERVENTO DELL’ON. GIANFRANCO FINI AD ASSISI
Dopo aver ascoltato le parole del vicepresidente del Consiglio dei Ministri, pronunciate ieri ad Assisi in occasione della Festa del nostro padre S.Francesco, noi, membri della Famiglia Francescana impegnati nel settore specifico di giustizia, pace e salvaguardia del creato, riteniamo che siano doverose alcune precisazioni.
Abbiamo rilevato infatti una grossa imprecisione storica nelle parole del vicepremier. La prima regola dei Fratelli e Sorelle della Penitenza (cioè l’attuale Ordine Francescano Secolare) è del 1221, vivente ancora il santo, e si chiama “Memoriale Propositi”. In essa il divieto di portare le armi è assoluto e inderogabile, tanto è vero che fu oggetto di questione e di conflitto a livello giuridico in numerosi contesti comunali e simili dell’epoca.
Così recita alla lettera il testo, al n.16: «Non prendano contro nessuno armi da offesa, ne le portino con sé».
Questo è quindi l’unico originale pensiero in merito che può essere attribuito a San Francesco.
L’articolo citato impropriamente dall’onorevole Fini («"i fratelli non portino con sè armi offensive se non per la difesa della Chiesa romana, della fede cristiana e anche della loro terra, o con licenza dei propri ministri») è tratto dalla regola “Supra montem” del 1288 (e non del 1228, come detto dal vicepremier) che è già frutto di mediazioni culturali e riferita alle specifiche situazioni storiche contingenti, e che, in ogni caso, non può essere attribuita a Francesco, morto da oltre sessant’anni.
Questo per amore di precisione storica e per rispetto della sostanza e della forma del pensiero del Serafico Padre.
Ma è altro ciò che ci preme sottolineare, soprattutto in questo particolare momento della storia del mondo e del nostro Paese.
La Regola dell’Ofs attualmente in vigore, donata nel 1978, dal papa Paolo VI dice con grande chiarezza ai francescani secolari che essi «quali portatori di pace e memori che essa va costruita continuamente, ricerchino le vie dell'unità e delle intese fraterne,attraverso il dialogo, fiduciosi nella presenza del germe divino che è nell'uomo...».
Questa impostazione, che attinge dall’originaria ispirazione francescana e dallo spirito del Concilio Vaticano II, rappresenta l’unica, autentica cultura della pace dei laici francescani, che ispira il nostro impegno senza subordinate contro ogni guerra, ogni violenza, per la soluzione pacifica dei conflitti, per la salvaguardia delle istituzioni internazionali, contro ogni unilateralismo, a fianco degli altri uomini e donne di buona volontà che in Italia e nel mondo chiedono ad una sola voce “Pace!”
Tutto il resto, comprese le maldestre falsificazioni storiche, fa parte di un tentativo di strumentalizzazione che non riconosce più come limite invalicabile neppure la memoria umile e gloriosa di Francesco d’Assisi.

Fabio Ceseri, Ofs Borgo San Lorenzo (rappresentante Ofs d'Italia nella commissione Interfrancescana GPSC)
Attilio Galimberti, Ofs Milano (membro del CdA Franciscans International)
Ettore Colli Vignarelli, Ofs Novara (direttore rivista nazionale Ofs)
Luca Castiglioni, Ofs Milano (componente redazione rivista nazionale)
Lorenzo Fantacci, Ofs Grosseto (ex presidente nazionale Gifra)

HANNO ADERITO:
Mario Bianchi, Ofs Napoli (Vice Ministro Fraternità Francescana di Santa Maria della Provvidenza)
Andrea Durante (Novizio Fraternità Ofs di Augusta - Siracusa)
Rosario Di Paola, Ofs Bagheria (Palermo)
 
Per rispondere a quest'appello: ofs@ofs.it
 
 

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MA SAN FRANCESCO ERA PACIFISTA
Intervista alla storica Chiara Frugoni
NELLO AJELLO

"Fini sbaglia lui era per la pace senza eccezioni" replica la sua più autorevole studiosa
"Il santo ammetteva l´uso delle armi per legittima difesa", ha detto Fini ad Assisi
Il documento a cui si rifà il vicepresidente è stato scritto due anni dopo la morte del santo
Fra lui e la Chiesa spiccano differenze sostanziali, anche a proposito delle Crociate.

«Quella di Francesco di Assisi fu sempre una pace senza se e senza ma», dice Chiara Frugoni, la massima studiosa italiana del Santo, autrice di volumi molto apprezzati, da Vita di un uomo: Francesco d´Assisi a Francesco e l´invenzione delle stigmate, ambedue editi da Einaudi. Invitata a commentare il «messaggio agli Italiani», pronunziato l´altro ieri da Gianfranco Fini alle celebrazioni francescane di Assisi («San Francesco non condannò mai l´uso delle armi per la legittima difesa»), la scrittrice lo definisce così: «Un´operazione ambigua, perché suggerisce l´ipotesi che con le armi e con la guerra Francesco avesse fatto qualche compromesso».

Una lettura politica, insomma, della lezione francescana?
«Una lettura erronea, direi. Nel testo di Fini, c´è una confusione evidente. Per evitare la quale - a patto di volerlo - bastava poco: uno sguardo alle Lettere di Francesco, alle Regole da lui elaborate, al Testamento. Ne emerge che la pace è l´atto costitutivo della sua dottrina e della sua azione. Ciò non esclude che un certo numero di frati francescani abbia poi potuto sedersi nei tribunali dell´Inquisizione. E´ tanto più essenziale, perciò, operare una distinzione fra Francesco e il francescanesimo. Ecco che cosa manca, fra l´altro, al "messaggio" di cui parliamo».

Per sostenere che quello di san Francesco fu un pacifismo relativo, e che egli non dissuase alcuno dal portare armi almeno come legittima difesa, il vicepresidente del Consiglio si rifà a un documento del terzo ordine francescano, emanato nel 1228, confermato poi da papa Niccolò IV. Vi si leggeva che l´uso di armi era consentito in caso di «difesa della Chiesa romana, della fede cristiana, della terra», e con il consenso dei superiori.
«E´ un documento che con Francesco non c´entra nulla. C´è una svista temporale. Nel 1228 il Santo era morto già da due anni, e la conferma da parte di Niccolo IV si sarebbe avuta addirittura sullo scadere del secolo XIII. Di fatto, in nessuna delle Regole di san Francesco, né in quella "non bollata", né in quella "bollata" (che ottenne cioè l´imprimatur pontificio nel 1223), si parla mai di armi. E ciò, in un´epoca irta di guerre, - fra Assisi e Perugia, fra Papa e Imperatore, per non parlare delle Crociate -, suonava quasi incomprensibile. Lo stesso saluto francescano - "Pax et bonum", "Pax huic domui", pace e bene, pace a questa casa - spingeva molti contemporanei a considerare i primi francescani dei puri folli».

Nel messaggio di Fini si legge, fra l´altro, che Francesco riportò la pace fra Chiesa e Stato.
«Non direi proprio. Egli era del tutto fuori da ogni gioco di potere. I suoi frati chiedevano ai rappresentanti politici del tempo lettere di presentazione o di privilegio che li aiutassero a svolgere la loro missione. Ma nel suo testamento san Francesco proibisce esplicitamente una simile pratica».

Si può considerarla una prova di ciò che oggi si direbbe il suo «anticonformismo»?
«Se ne trovano molte altre».

Anche nei riguardi delle autorità ecclesiastiche?
«Certamente. Fra lui e la Chiesa ufficiale spiccano differenze sostanziali. La Chiesa predicava la Crociata. Prescriveva, di fatto, che in ogni funzione religiosa si parlasse male degli infedeli: era consuetudine chiamarli "figli di cani". Lo stesso papa Innocenzo III definiva Maometto "bestia sporcissima". Nel corso di ogni messa si raccoglievano offerte per la Crociata».

E Francesco che fa?
«Non attacca la Chiesa, ma la contesta nei fatti. Per cominciare, considera quel genere di elemosine danaro sottratto ai poveri. E non inveisce contro gli infedeli. Anzi. In Egitto nel 1219, al tempo della V Crociata, chiede ai combattenti cristiani di smettere ogni atto di guerra. Ma non gli danno retta. Allora, essendosi fatto ricevere dal sultano Malik Al Kamil, non si limita a fargli una predica. Rimane lì molti mesi. E quando, colpito dall´accoglienza ricevuta, torna fra i confratelli, metterà nella sua regola che i frati vadano dai Saraceni, abitino con loro, non aizzino liti né dispute. "Se possibile - raccomanda - parlate loro di Cristo. In caso contrario siate disposti anche a morire". Ciò, rifacendosi al "porgete l´altra guancia" del Vangelo, rientra in pieno nel magistero di Francesco, che consiste nel divulgare la parola di Cristo in maniera mite, semplice, umana. Il contrario del missionario, che è sicuro della propria fede e la vuole imporre».

Fini definisce il francescanesimo un «movimento religioso ascetico».
«Francesco non era un asceta. Ammirava il creato. Amava il cibo, purché consumato con parsimonia. Quando sta per morire chiede a una matrona romana, sua amica spirituale: "Portami quei mostacciòli, che mi piacciono tanto!". E lei glieli offre. In un tempo in cui tutti sono molto osservanti quanto a regole ed astinenze, dice ai suoi: "Se vi offrono un pollo di venerdì, mangiatelo, perché è essenziale che percepiate la carità di chi lo offre". Un novizio, dedito a digiunare per sacrificio, una certa notte si sente morire. Lui, Francesco, lo rimprovera: "Non fare più così". Poi fa accendere le lucerne e indice una cena con tutti i frati. Quando si trova in Egitto, Francesco viene raggiunto da un frate, inviatogli per informalo di certi sintomi di dissoluzione del suo Ordine. Il messaggero trova il Santo mentre, in compagnia dei suoi confratelli, sta consumando un pasto di carne. Ed è di venerdì».

Un´ulteriore prova di santa duttilità, si direbbe.
«Più precisamente un richiamo alla lezione di san Paolo contro la precettistica intesa come obbligo invalicabile: "La lettera uccide e lo spirito vivifica"».

Ma torniamo alla sostanza politica del "messaggio". Dimostra che non è facile modernizzare la lezione di san Francesco a livello dell´attuale guerra al Saraceno. A meno di non voler commettere qualche arbitrio.
«Le rispondo con un episodio. Al presepe allestito in una notte di Natale nel paese di Greccio, san Francesco fa collocare soltanto un bue e un asino. E pronunzia un discorso trascinante, quello che sarà detto della "nuova Betlemme". Nell´allegoria presepiale, il bue rappresenta gli ebrei e i saraceni, l´asino i pagani e gli eretici. Mangiando insieme il fieno, metafora dell´ostia sacra, essi troveranno la pace. Cristo, in sostanza, è venuto a redimere tutti, a pari condizioni. Basta ascoltarne il messaggio d´amore. Non occorre partecipare a Crociate. La Terrasanta è dovunque».

da Repubblica, 6-10-04

 

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S. Francesco e la “regola” di Fini

Tonio Dell’Olio - coordinatore nazionale di Pax Christi

Gianfranco Fini ieri era ad Assisi a rappresentare il governo nel corso dell’annuale cerimonia in occasione della festa di San Francesco, patrono d’Italia e avrebbe fatto la sua figura dignitosa se si fosse limitato a portare il saluto delle istituzioni. Ha preferito invece offrire all’Italia una lezione di spiritualità francescana. San Francesco «non condannò mai l'uso delle armi per la legittima difesa» - ha detto - e, ricordando che egli «desiderava la pace come mezzo al servizio del bene comune», ha puntualizzato che la regola francescana non proibì l’uso delle armi ma l’aggressione armata. «Una nozione importante - ha osservato infine - nell’epoca attuale, in cui la libertà deve essere difesa ogni giorno dalle persone in divisa». E’ davvero singolare che sia Gianfranco Fini a fare l’esegesi della regola di San Francesco. Isolare una frase non solo dal contesto storico in cui viene pronunciata, ma addirittura dalla testimonianza di un’intera vita, è quanto meno “capzioso”. Questo è tipico della lettura fondamentalista della Bibbia, molto frequente oggi negli Usa e utilizzata anche da Mr. Bush. Proviamo a capirlo con un esempio. Una volta Fini avanzò proposte sul voto agli immigrati. Ma quella posizione non ci ha fatto cambiare opinione sulle politiche di condanna a morte degli immigrati rispediti, dalla legge che porta il suo nome, verso le terre da cui scappano a causa della guerra e della fame. Quella legge non ci pare particolarmente ispirata allo stile dell’accoglienza francescana. Ma a proposito dell’uso delle armi, Gianfranco Fini ha l’abilità di capovolgere i termini della questione e piuttosto che esaltare il fatto assolutamente inusitato, innovativo e rivoluzionario della proibizione per quell’epoca, lo legge con le sue lenti e arriva a concluderne che ne consente l’uso solo agli uomini in divisa. In realtà dalla regola e dalla vita, dai gesti compiuti e da innumerevoli messaggi, Francesco è e rimane un modello di nonviolenza, un uomo fatto in tutto ultimo tra i poveri e disarmato tra i violenti, per protestare con la propria vita che il Vangelo, la libertà e la pace non si annunziano con la forza. Da sempre nella storia la nonviolenza è stata strumento povero degli oppressi e la guerra, arma degli oppressori. Nella regola infatti chiede ai suoi fratelli di ”amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano. Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli”. Capisco il disagio di Fini di rappresentare un governo in guerra al cospetto di un santo nonviolento ma volerlo trasformare in un teorizzatore della guerra preventiva mi sembra francamente troppo.

http://www.liberazione.it/commento.asp?tutto=1

 

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San Francesco: il poverello di Assisi parlava solo di pace

 

Padre Coli, custode del Sacro Convento contesta l’uso di parte del Fondatore dei francescani

 

Assisi (Italia), 6 ottobre  (VID) - E’ la prima volta  che san Francesco viene utilizzato anziché per parlare di pace, per sostenere la liceità della legittima difesa armata. Lo ha fatto parlando ad Assisi, nella festa del santo, il vicepresidente del governo italiano, Gianfranco Fini, leader di Alleanza nazionale,  suscitando in questo modo dibattito e proteste in ambito politico e religioso.

“Bisogna essere cauti – ha osservato padre Vincenzo Coli, custode del sacro Convento – prima di fare certe affermazioni, occorre verificare se storicamente san Francesco ha veramente autorizzato l’uso delle armi per la legittima difesa”.

 

A suo parere “le fonti francescane vanno lette attentamente. San Francesco era un uomo del suo tempo e prendere le sue parole senza tenere  presente il contesto in cui operò può essere pericoloso”.

 

Sull’incontro di san Francesco con il sultano d’Egitto, evocato da Fini, padre Coli rileva che Francesco “ci andò a mani nude, solo con la forza della fede. Trovò poi una persona illuminata come il sultano El Kamil con il quale parlò come un fratello. Ma non portava armi. Francesco parlava solo di pace. E’ questo il suo autentico insegnamento”.

http://www.ofm-conv.org/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=345

 

 

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12/10/2004
Discorso di Fini: un intervento di Franco Frazzarin, consigliere internazionale Ofs per l'Italia
 

Ecco il testo della lettera inviata da Franco Frazzarin al direttore del settimanale diocesano di Padova, "la Difesa del Popolo".

Caro Don Cesare sono certo che non ti sono sfuggite le parole del vicepresidente del Consiglio ad Assisi lo scorso 4 ottobre, hanno creato un forte sconcerto nella famiglia francescana e tra le molte persone impegnate per la pace, ti chiederei un po’ di spazio sulla "Difesa" per proporre qualche argomento ai lettori.
Innanzitutto cosa ha detto Fini? Che ne Francesco né i suoi successori dissuasero dal portare le armi per difendere i giusti e gli umili, e che ciò “è quanto mai importante in un’epoca come l’attuale, insanguinata da conflitti d’ogni tipo, ed in cui la libertà e la sicurezza devono essere difese ogni giorno da chi, in divisa, è al servizio del bene comune” inoltre Fini spiega che “Francesco esortò sempre i diseredati a pazientare dignitosamente insegnando loro non la superbia dei diritti ma l’umiltà dei doveri”; oltre a ciò il vice-premier cita passi della Regola dei laici francescani in maniera un po’ approssimata e per giustificare l’uso delle armi. Il discorso è teso a legittimare molte scelte del governo a partire dall’intervento in Iraq, come mi hanno confermato alcuni presenti alla cerimonia in Assisi, e a screditare chi la pensa diversamente, pacifisti in primis. Vediamo ora quale fosse la volontà di Francesco riguardo i comportamenti dei francescani: “non prendano contro nessuno armi da offesa né le portino con sé” questo recita la regola antica dei francescani secolari redatta finché Francesco era in vita e non c’è dubbio che questa fosse la volontà di Francesco e dei suoi seguaci. Questi ultimi più volte nel corso dei successivi decenni chiesero la protezione del papa e delle autorità ecclesiastiche per avere la libertà di aderire a questo impegno assunto abbracciando la Regola di San Francesco, l’episodio più noto accadde a Rimini e fu l’esempio che successivamente ispirò molti altri. La Regola in questione è quella dei francescani che si fanno francescani vivendo la secolarità, ora come allora, vivendo nelle proprie case e con una vita quotidiana che nei suoi ritmi e nelle sue opportunità e difficoltà è in tutto uguale a quella di qualsiasi cittadino, credente o meno. Era a questi che Francesco chiedeva di non usare armi, né di portarle con sé.
Fini ha citato una Regola successiva redatta quasi 70 anni dopo la morte di Francesco dal primo Papa francescano che mitigava, senza peraltro snaturarla, la volontà del fondatore permettendo l’uso delle armi per difendere la fede, la chiesa e la propria terra.
Al contrario di quanto afferma l’Onorevole Fini la pace per Francesco era un fine, uno scopo fondamentale della propria azione, un obiettivo che faceva corpo unico con la ricerca e l’annuncio della Fraternità anche nel contesto civile. Voleva che il saluto dei suoi fosse l’augurio della pace e che “come annunciate la pace con la bocca (..) nessuno sia provocato da voi”, in nessun modo.
Tutto questo è confermato anche da cronisti non francescani che raccontano che “tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace” (FF 2252).
Le citazioni e i riferimenti sono stati un po’ lunghi ma non si può dire al vice-premier che sbaglia senza indicare le solide basi delle proprie posizioni. Come si intuirà il repertorio di Francesco e dei francescani in ordine all’impegno per la pace è ben più corposo ma intanto queste linee bastano per motivare tutto il disappunto dei francescani e degli amanti della pace per le parole pronunciate da Fini.
Non è accettabile la sua linea che sembra voler dividere i pacifisti buoni da quelli “finti”, i cittadini che rispettano l’autorità e la divisa da altri che le irriderebbero, i “poveri” buoni e pazienti da quelli cattivi che “la vogliono mettere in politica”. Soprattutto non è più accettabile la distinzione fra i pacifisti e i pacificatori che è un esercizio dialettico ormai consunto di tanti dibattiti televisivi e non.
I francescani hanno avuto ed hanno comportamenti coerenti e ne ricercano di nuovi adatti a questo frangente storico per annunciare la pace; questo fa si che da secoli siamo i custodi dei luoghi della Terrasanta e che si sia “presenti” con molteplici ed intuibili difficoltà ma accettati in contesti critici del mondo islamico.
Non si può fare di Francesco d’Assisi uno strumento per dire che tutto va bene che bisogna avere uno scrupoloso rispetto delle autorità e usare la regola dei francescani per dire che solo chi usa le armi difende il bene comune.
Non è così, la pace è promossa e difesa anche da comportamenti che cercano altre strade per trovare soluzioni pacifiche ed accettabili ai molti conflitti del nostro tempo. E sarebbe in questo momento fin troppo facile far notare che le scelte del governo italiano oltre che impopolari (la maggior parte della popolazione non voleva la nostra partecipazione al conflitto irakeno) si sono rivelate inefficaci e pericolose; al punto che negli ultimi giorni abbiamo assistito alle dichiarazioni di esponenti del governo volte a creare le condizioni per uno sganciamento dal “pantano” nel quale ci hanno portati.
Quanti fanno appello alla propria libertà di coscienza per adottare e sostenere comportamenti non violenti vanno garantiti, come i molti che cercano vie alternative per giungere alla pace. L’insegnamento della Chiesa rivendica e sostiene il diritto alla obiezione di coscienza e alla ricerca di strade certo più scomode e difficili per garantire la vita e la pace. Certo si tratta di percorsi non retorici, che abbisognano di tempi lunghi e dunque poco adatti al mercato politico che esige tempi più rapidi, di immediato impatto, che cerca nel mezzo televisivo il sostegno per la popolarità dei leaders.
La pace però abbisogna di processi la cui efficacia si manifesta nel lungo periodo come può essere quello che cerca di restituire ruolo all’Onu nel quale la famiglia francescana è presente ed accreditata con la sigla di Franciscans International; servono tempi e scelte che promuovano il dialogo tra chi si combatte, l’affidabilità tra chi diffida, la possibilità di verificare la serietà degli impegni assunti.
Ringrazio per lo spazio concesso e vi lascio con il saluto di San Francesco d’Assisi “Il Signore ti dia pace”
Franco Frazzarin

 

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