Sì, salviamo le foreste d'Africa
di Francesco Rinaldi Ceroni

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tratto da www.nigrizia.it

Padre Francesco Rinaldi Ceroni racconta il suo impegno in Congo per l'ambiente. E aggiunge considerazioni sulla (in)sensibilità di molti africani all'argomento
 

Caro Direttore di Nigrizia,
ho terminato ora di leggere Nigrízia di Aprile, giunta qui a Rungu la settimana scorsa, e ho gustato, in modo speciale, il dossier "Com'era verde la mia Africa!". Non so come ringraziarti per averlo pubblicato: era veramente necessario far conoscere il problema della flora, indivisibilmente unito alla fauna, prima che sia troppo tardi, perché si ponga riparo finché si è in tempo, e non solo piangere, quando il "prevedibile" é già accaduto!

Dispiace veramente sapere che fra 50 anni, o addirittura fra 20, il futuro delle nostre Foreste Africane - chiamate per eccellenza le foreste vergini, cioè non toccate e intoccabili - si prospetti tetro e che quasi unicamente i parchi nazionali o le riserve di caccia resteranno gli unici luoghi di sopravvivenza per le foreste naturali e così per la fauna, i film di archivio saranno gli unici documentari che testimonieranno dei branchi di zebre, antilopi, bu-fali, elefanti, che una volta scorrazzavano liberi nelle grandi pianure del Kenya, Uganda, Tanzania, Congo!!!

Perché allora non proporre, ma su larga scala, per una vera protezione dell'ambiente in cui noi ci troviamo, che anche noi missionari, rimasti ancora sul posto, e tutte le chiese e comunità cristiane locali, ci diamo da fare, anche attraverso catechesi, predicazioni, filmati, cassette, ecc., per sensibilizzare tutta la gente, noi quaggiù e voi in Europa e in America, su questo grande problema, che può avere ripercussioni mondiali per la salute dell'ambiente, e limitarne così, per quanto è possibile, i danni per il futuro.

Un mezzo assai valido e, credo, non difficile, perché é già stato fatto in alcuni Paesi dell'Africa, sarebbe promuovere una grande campagna per il rimboschimento delle nostre zone già devastate, rispettare la foresta che ancora ci resta, fare nuove piantagioni, o rimettere a nuovo quelle degli antichi colonizzatori, specie Inglesi e Belgi - che su questo punto sono da lodarsi perché ci vedevano lontano e hanno lasciato per gli Africani delle immense tenute boschive e fruttifere!

Questo sarebbe un lavoro da fare o da rifare procurando e coltivando non solo alberi da frutto o da olio, o caffè, cacao, ecc… ma anche alberi di grosso fusto, da costruzione e uso locale, come Tek, Mogano…: fra 20 o 30 anni, quando le costruzioni fatte dai Missionari o dai Governi (scuole, case, ospedali, chiese), dovranno essere riparate ci sarà giù sul posto il materiale legnifero adatto. E' per questa mia idea, che io, nel mio niente (ho ormai 78 anni, 54 passati nell'Africa Centrale o in Brasile) ho iniziato, con un gruppo di ragazzi della scuola, cui do l'equivalente per comprarsi libri e quaderni, una piccola piantagione di 100 tek e 50 palme per olio di mbira attorno alla Missione di Rungu (Nord-Est del Congo): è proprio niente ma un semplice simbolo, che potrebbe incoraggiare altri ad imitarne l'esempio!

Nei discorsi e documenti che si sentono alla Radio Vaticana (l'ascolto quasi tutti i giorni da 30 anni), negli interventi dei nostri Vescovi e Superiori Maggiori ci continuano a dire che tutto ciò che è sviluppo e progresso umano è parte integrante dell'evangelizzazione, perché Gesù è venuto in terra per salvare tutto l'uomo, quindi anche il nostro corpo, e per elevarci ad un livello degno di ogni essere umano, inclusi tutti gli africani!!!

Se crediamo veramente che ciò sia vero, bisogna darsi da fare anche noi! Dal 22 al 26 Maggio di quest'anno era stato programmato a Kisangani, capoluogo della nostra Provicia (Alto Wele), un'azione internazionale nonviolenta per una pace vera e totale nella nostra Repubblica: "Anch'io a Kisangani". Anch'io, nonostante l'età, mi ero prenotato con un laico della parrocchia, Clemente Motoba… ma, causa i torbidi del 14 Maggio - non si sa se preparati ad hoc - tutto è stato annullato... Clemente ed io avevamo già preparato qualche cosa da dire se ci avessero permesso come rappresentanti della Diocesi di Isiro… Avremmo parlato di "lavoro", come mezzo necessario per la pace e il progresso del nostro Paese.

Si ha l'impressione che i Congolesi, specie quelli che appartengono ai vari Gruppi Ecclesiali delle nostre Diocesi, siano molto dediti a preghiere, canti, danze, letture, passandovi, nelle loro riunioni, lunghe ore del giorno e della notte… ma quando si chiede loro il "lavoro", per i loro quartieri, villaggi, sorgenti, strade, ponti, ecc., per il loro stesso bene, si mostrano molto meno disponibili, dandovi il minimo del tempo richiesto: sembra che considerino proprio il lavoro come una punizione di Dio ad Adamo, non pensando che il comando di Dio a lavorare, per completare la sua creazione, Dio l'ha dato prima del peccato: e così fanno l'opposto di ciò che ha fatto Cristo (seguito dal suo discepolo, Paolo, l'Apostolo Lavoratore) che ha lavorato con le sue mani 30 anni e solo tre nell'apostolato diretto: certo Cristo voleva insegnarci qualche cosa!!! Senza dubbio si deve molto a questa man-canza di amore al lavoro se noi, Popoli Africani, dipendiamo sempre dagli altri!....

Me lo faceva osservare qualche anno fa l'Abbé Luigi Katakape, sacerdote Madi di questa Diocesi, Erborista. Mi diceva un giorno con vera convinzione: "Quando Dio crea un popolo, in qualsiasi parte del mondo, gli mette accanto i mezzi non solo per nascere e svilupparsi, man-giare e bere, ma anche per curarsi le sue malattie: spetta a chi vive darsi da fare e cercare in ciò che si trova nelle sue foreste o fra i suoi animali quello che può servire a preparare medicine, pillole, decotti, ecc., per il suo corpo: non è affatto richiesto dal Volere di Dio che si debba cercare a 15, 20.000 km. ciò che è necessario per la salute!

E raccontava che un giorno un suo amico che aveva voglia di mangiare un po' di carne, prese le frecce e andò nel bosco a cacciare una scimmia. La trovò, la colpì ma non l'uccise, anzi la scimmia, ferita, si estrasse dalla coscia la freccia e corse a cercarsi la medicina… prese certe foglie di una pianta e le fece entrare nella ferita... l'uomo osservava e pensava: "Mio figlio ha una ferita alla gamba che dura da mesi: voglio provare anch'io a metterci su quelle foglie"... Le portò a casa, le applicò alla ferita del figlio.. dopo una settimana era guarito!!!

E noi, aggiungeva quel sacerdote erborista, lasciamo entrare nei nostri Paesi, Europei, Americani o altri Africani, che, dopo aver depredato e ridotte a nulla le riserve delle loro foreste, stanno invadendo ora anche le nostre, asportando erbe, radici, foglie e legname, che poi, confezionato e lavorato nei laboratori o officine di Parigi, Londra, Bruxelles, rivendono poi a noi a un prezzo disumano!!!

P. Francesco Rinaldi Ceroni
Rungu (Rd Congo)