Caro Direttore di Nigrizia,
ho terminato ora di leggere Nigrízia di Aprile, giunta qui a
Rungu la settimana scorsa, e ho gustato, in modo speciale, il
dossier "Com'era verde la mia Africa!". Non so come
ringraziarti per averlo pubblicato: era veramente necessario far
conoscere il problema della flora, indivisibilmente unito alla
fauna, prima che sia troppo tardi, perché si ponga riparo finché
si è in tempo, e non solo piangere, quando il
"prevedibile" é già accaduto!
Dispiace veramente sapere che fra 50 anni, o addirittura fra 20,
il futuro delle nostre Foreste Africane - chiamate per eccellenza
le foreste vergini, cioè non toccate e intoccabili - si prospetti
tetro e che quasi unicamente i parchi nazionali o le riserve di
caccia resteranno gli unici luoghi di sopravvivenza per le foreste
naturali e così per la fauna, i film di archivio saranno gli
unici documentari che testimonieranno dei branchi di zebre,
antilopi, bu-fali, elefanti, che una volta scorrazzavano liberi
nelle grandi pianure del Kenya, Uganda, Tanzania, Congo!!!
Perché allora non proporre, ma su larga scala, per una vera
protezione dell'ambiente in cui noi ci troviamo, che anche noi
missionari, rimasti ancora sul posto, e tutte le chiese e comunità
cristiane locali, ci diamo da fare, anche attraverso catechesi,
predicazioni, filmati, cassette, ecc., per sensibilizzare tutta la
gente, noi quaggiù e voi in Europa e in America, su questo grande
problema, che può avere ripercussioni mondiali per la salute
dell'ambiente, e limitarne così, per quanto è possibile, i danni
per il futuro.
Un mezzo assai valido e, credo, non difficile, perché é già
stato fatto in alcuni Paesi dell'Africa, sarebbe promuovere una
grande campagna per il rimboschimento delle nostre zone già
devastate, rispettare la foresta che ancora ci resta, fare nuove
piantagioni, o rimettere a nuovo quelle degli antichi
colonizzatori, specie Inglesi e Belgi - che su questo punto sono
da lodarsi perché ci vedevano lontano e hanno lasciato per gli
Africani delle immense tenute boschive e fruttifere!
Questo sarebbe un lavoro da fare o da rifare procurando e
coltivando non solo alberi da frutto o da olio, o caffè, cacao,
ecc… ma anche alberi di grosso fusto, da costruzione e uso
locale, come Tek, Mogano…: fra 20 o 30 anni, quando le
costruzioni fatte dai Missionari o dai Governi (scuole, case,
ospedali, chiese), dovranno essere riparate ci sarà giù sul
posto il materiale legnifero adatto. E' per questa mia idea, che
io, nel mio niente (ho ormai 78 anni, 54 passati nell'Africa
Centrale o in Brasile) ho iniziato, con un gruppo di ragazzi della
scuola, cui do l'equivalente per comprarsi libri e quaderni, una
piccola piantagione di 100 tek e 50 palme per olio di mbira
attorno alla Missione di Rungu (Nord-Est del Congo): è proprio
niente ma un semplice simbolo, che potrebbe incoraggiare altri ad
imitarne l'esempio!
Nei discorsi e documenti che si sentono alla Radio Vaticana
(l'ascolto quasi tutti i giorni da 30 anni), negli interventi dei
nostri Vescovi e Superiori Maggiori ci continuano a dire che tutto
ciò che è sviluppo e progresso umano è parte integrante
dell'evangelizzazione, perché Gesù è venuto in terra per
salvare tutto l'uomo, quindi anche il nostro corpo, e per elevarci
ad un livello degno di ogni essere umano, inclusi tutti gli
africani!!!
Se crediamo veramente che ciò sia vero, bisogna darsi da fare
anche noi! Dal 22 al 26 Maggio di quest'anno era stato programmato
a Kisangani, capoluogo della nostra Provicia (Alto Wele),
un'azione internazionale nonviolenta per una pace vera e totale
nella nostra Repubblica: "Anch'io a Kisangani". Anch'io,
nonostante l'età, mi ero prenotato con un laico della parrocchia,
Clemente Motoba… ma, causa i torbidi del 14 Maggio - non si sa
se preparati ad hoc - tutto è stato annullato... Clemente ed io
avevamo già preparato qualche cosa da dire se ci avessero
permesso come rappresentanti della Diocesi di Isiro… Avremmo
parlato di "lavoro", come mezzo necessario per la pace e
il progresso del nostro Paese.
Si ha l'impressione che i Congolesi, specie quelli che
appartengono ai vari Gruppi Ecclesiali delle nostre Diocesi, siano
molto dediti a preghiere, canti, danze, letture, passandovi, nelle
loro riunioni, lunghe ore del giorno e della notte… ma quando si
chiede loro il "lavoro", per i loro quartieri, villaggi,
sorgenti, strade, ponti, ecc., per il loro stesso bene, si
mostrano molto meno disponibili, dandovi il minimo del tempo
richiesto: sembra che considerino proprio il lavoro come una
punizione di Dio ad Adamo, non pensando che il comando di Dio a
lavorare, per completare la sua creazione, Dio l'ha dato prima del
peccato: e così fanno l'opposto di ciò che ha fatto Cristo
(seguito dal suo discepolo, Paolo, l'Apostolo Lavoratore) che ha
lavorato con le sue mani 30 anni e solo tre nell'apostolato
diretto: certo Cristo voleva insegnarci qualche cosa!!! Senza
dubbio si deve molto a questa man-canza di amore al lavoro se noi,
Popoli Africani, dipendiamo sempre dagli altri!....
Me lo faceva osservare qualche anno fa l'Abbé Luigi Katakape,
sacerdote Madi di questa Diocesi, Erborista. Mi diceva un giorno
con vera convinzione: "Quando Dio crea un popolo, in
qualsiasi parte del mondo, gli mette accanto i mezzi non solo per
nascere e svilupparsi, man-giare e bere, ma anche per curarsi le
sue malattie: spetta a chi vive darsi da fare e cercare in ciò
che si trova nelle sue foreste o fra i suoi animali quello che può
servire a preparare medicine, pillole, decotti, ecc., per il suo
corpo: non è affatto richiesto dal Volere di Dio che si debba
cercare a 15, 20.000 km. ciò che è necessario per la salute!
E raccontava che un giorno un suo amico che aveva voglia di
mangiare un po' di carne, prese le frecce e andò nel bosco a
cacciare una scimmia. La trovò, la colpì ma non l'uccise, anzi
la scimmia, ferita, si estrasse dalla coscia la freccia e corse a
cercarsi la medicina… prese certe foglie di una pianta e le fece
entrare nella ferita... l'uomo osservava e pensava: "Mio
figlio ha una ferita alla gamba che dura da mesi: voglio provare
anch'io a metterci su quelle foglie"... Le portò a casa, le
applicò alla ferita del figlio.. dopo una settimana era
guarito!!!
E noi, aggiungeva quel sacerdote erborista, lasciamo entrare nei
nostri Paesi, Europei, Americani o altri Africani, che, dopo aver
depredato e ridotte a nulla le riserve delle loro foreste, stanno
invadendo ora anche le nostre, asportando erbe, radici, foglie e
legname, che poi, confezionato e lavorato nei laboratori o
officine di Parigi, Londra, Bruxelles, rivendono poi a noi a un
prezzo disumano!!!
P. Francesco Rinaldi Ceroni
Rungu (Rd Congo)
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