SUGGERIMENTI PER LE RELAZIONI
TRA LE DUE SPONDE

HENRI TEISSIER

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Questo articolo  di mons. Teissier è tratto  dalla rivista Missione Oggi dei Missionari Saveriani

http://www.saveriani.bs.it/missioneoggi/


Le note che seguono sono la seconda parte della relazione di mons. Teissier al convegno organizzato dal Regno a Camaldoli (30 giugno - 2 luglio 2000). Titolo originario della relazione: Fondamentalismo, testimonianza e dialogo. Un punto di vista a partire dall’Algeria. Testo in nostra traduzione e leggermente ridotto.

   Dopo aver evocato, nella prima parte, le evoluzioni della società algerina, vorrei proporre alcune conclusioni per le relazioni tra il Nord, di tradizione cristiana, e il Sud musulmano, nel bacino occidentale del Mediterraneo.

1ª – Non trascurare i pregiudizi secolari.

   Permangono tuttora. In entrambi i campi, c’è chi cerca di utilizzarli per mantenere la distanza, o anche una certa aggressività, tra le due sponde: bisogna essere lucidi per sventare questi tentativi e allertare le due società sui pericoli che essi nascondono per il futuro del rispetto tra cristiani e musulmani e della pace nel Mediterraneo. Non si può tuttavia credere che le paure secolari siano già superate e che una nuova relazione sia automatica.

2ª – Non fare il gioco dell’islamismo violento.

   L’islamismo violento è stato molto vicino a prendere il potere in Algeria. Questo avrebbe avuto conseguenze molto gravi per la pace nel Mediterraneo. Penso, ad esempio, alle ripercussioni che avrebbe avuto in Tunisia e presso le minoranze musulmane in Europa. Una accresciuta tensione tra le popolazioni d’origine cristiana e d’origine musulmana avrebbe ingenerato un risveglio degli odi secolari e minacciato seriamente la pace.
   L’islamismo violento condanna in blocco le società occidentali ma anche le proprie società. È una malattia storica. Insieme a tutta l’altra parte del mondo musulmano, bisogna cercare come guarire le società musulmane da questa malattia. Dare all’islamismo violento uno statuto d’interlocutore è schierarci dalla sua parte, contro la parte dei musulmani che, a prezzo della propria vita, resistono agli eccessi disumani di questa deviazione ideologica.

3ª – Avviare scambi e solidarietà reciproche con i musulmani aperti al rispetto del pluralismo.

   La crisi algerina ha mostrato la reazione di coscienza di molti musulmani di fronte all’islamismo violento. Bisogna moltiplicare gli scambi e le solidarietà reciproche con i musulmani che s’aprono al rispetto del pluralismo. Gli islamici violenti hanno offerto dell’islam un volto che fa torto alle comunità musulmane. Dobbiamo sentirci vicini alla maggioranza pacifica delle comunità e incontrarle nel rispetto della loro fede e del loro attaccamento ai valori spirituali. La maggioranza delle comunità musulmane è costituita da questo tipo di persone. Accostarle è di estrema importanza per il futuro.

4ª – Non confondere il dialogo con le persone e gli eventuali negoziati con le società islamiche.

   Il dialogo interreligioso può portare frutti solo se si fonda sulla solida base d’un concreto impegno per i diritti umani e la costruzione di autentiche comunità umane. Per cogliere questo punto di vista, basta prendere in considerazione due situazioni concrete, l’Arabia Saudita e l’Iran. Nei due paesi non mancano persone o strutture che cercano di promuovere incontri di dialogo interreligioso; ma com’è possibile sperare di ottenere dei frutti dall’incontro con sistemi costruiti sulla negazione, in diversi campi, dei diritti umani?
   Questi partner non sono per nulla interessati al dialogo interreligioso, cercano solo delle alleanze per ottenere questo o quel risultato in una conferenza internazionale. Per esempio, le delegate delle associazioni femminili dell’Algeria alla conferenza di Pekino, cinque anni fa, sono ritornate esterrefatte nel constatare che la delegazione che rappresentava la chiesa cattolica alla conferenza aveva come partner privilegiato la delegazione iraniana.
   È chiaro che dobbiamo cercare d’incontrare ogni persona per farci reciprocamente interpellare. Ma quando si tratta di un incontro con i rappresentanti di un sistema che permette la libertà di pensiero solo quando esso è conforme all’ideologia ufficiale, come possiamo aspettarci un’apertura reciproca? Questo non è un dialogo interpersonale, ma un negoziato tra due sistemi.
   Le negoziazioni sono necessarie, ad esempio con il sistema sudanese, per far evolvere il regime al potere e portarlo al rispetto delle sue minoranze. Ma questo non è dialogo interreligioso. I sistemi non dialogano. Solo le persone dialogano. Ma per poterlo fare, devono essere libere e avere la possibilità di interrogarsi sul sistema di pensiero a cui sono legate. Ci sono società dove alla persona non è permesso interrogarsi sul proprio sistema, pena l’esclusione dalla società o la minaccia di prigione, di esilio o anche di morte. Lasciar credere che si dialoghi con questi sistemi è fornire loro un credito che inganna l’opinione pubblica e prolunga l’oppressione delle coscienze.

5ª – Privilegiare il dialogo con i musulmani "umanisti".

   Dobbiamo rispettare ogni persona che incontriamo e cercare di raggiungerla nel suo terreno per evolvere insieme. Ma si devono anche operare delle scelte, che ci portano a privilegiare i rapporti con le persone che, all’interno della propria comunità, lavorano per aprire e far percorrere cammini di liberazione. Per esempio, posso parlare con rispetto con un poligamo, come con ogni persona che incontro; ma per il futuro dell’uomo, della donna e della famiglia è più importante incontrare i responsabili delle associazioni femminili e coinvolgermi nelle loro iniziative con tutta la simpatia e solidarietà possibili.
   Certo, non si può pensare che i musulmani "umanisti" rappresentino la maggioranza della comunità musulmana; ma neanche ci si può unire ai loro avversari tradizionalisti, ritenendoli magari più fedeli alle radici e alla loro gente.

6ª – Accostarci spiritualmente ai musulmani che riprendono le vie della loro tradizione mistica.

   Sarebbe troppo lunga una riflessione sulle somiglianze e le differenze tra la mistica cristiana e la mistica musulmana. La bellezza di certe espressioni del patrimonio dell’islam non basta a colmare la distanza tra il tawhid (monoteismo) dell’islam e il Dio-comunione del cristianesimo. Ma va detto che molte comunità musulmane stanno oggi conducendo delle ricerche spirituali: trovano delle affinità chiamate a stimolare ulteriormente la testimonianza reciproca dei due universi, cristiano e musulmano, nel mondo contemporaneo.

HENRI TEISSIER
© MISSIONE OGGI