Trascrizione tratta dalla relazione di Stefano Allevi sull'Islam

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Trascriviamo a seguire uno schema liberamente tratto da una relazione di Stefano Allievi su Islam, fondamentalismo e politica.

 

Stefano Allievi è docente di Sociologia a Padova; l’incontro si è tenuto nella stessa città, il 28 Novembre 2001.

 

 

“Tra le cose sicure, la più sicura è il dubbio” (B. Brecht)

In un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, è molto importante discutere, ma sapendo sempre conservare dubbi e interrogativi. In ricerca della verità, senza credere mai di possederla per intero.

 

Se oggi si chiedesse a una persona comune, a uno studente, a un passante, l’associazione diretta più immediata con il termine ‘Fondamentalismo’ sarebbe ‘Islam’.

In realtà, il termine ‘Fondamentalismo’ fu coniato in riferimento all’ambiente cristiano protestante degli inizi del 1900. Negli USA, in quegli anni, cominciarono a diffondersi le dottrine darwiniste nelle scuole, con ipotesi sulla creazione ed evoluzione ben diverse da quelle rappresentate nella Bibbia. E così la teologia del tempo volle tornare a recuperare i ‘Fundamentas’, i fondamentali, come ancor oggi li chiamiamo in termini filosofici. Si chiuse a qualsiasi interpretazione differente, stringendosi attorno alla rivelazione biblica.

 

Alla base del fondamentalismo c’è:

-         un rapporto stretto e ambiguo con il testo sacro, vincolandosi esclusivamente alla lettura letterale

(in questo possiamo definire ‘fondamentaliste’ alcune esasperazioni protestanti, dato che il protestantesimo si appella al principio ‘sola scriptura’, e chiamare invece ‘integraliste’ alcune posizioni rigide cattoliche, poiché i cattolici si riconoscono invece anche attorno alla tradizione)

-         una relazione diretta con le origini della propria religione, al fine di recuperare tutto ciò che si è perduto (distingueremo però tra fondamentalisti e tradizionalisti)

 

Dal latino Fundus derivano fondatore, fondamenta, fondatezza, fondazioni, fondamentali.

E fondamentalismo.

Possiamo definire quello islamico come “il rumore della glottide araba nel digerire la modernità”.

 

Nel 1798, poco dopo la Rivoluzione Francese e la freschezza ideologica di nuovi modelli politici,  Napoleone sbarca ad Alessandria di Egitto con navi cariche di sapienti e di scienziati (storici, chimici, fisici…). Si confronta con la vita intellettuale egiziana, che da sempre era stata significativa in molti suoi aspetti (algebra, astronomia…)

E l’incontro con le modernità dell’occidente, in un momento di progressiva decadenza politica islamica, fa sentire l’Islam più ‘indietro’ rispetto alle culture occidentali.

Nella dottrina delle rivelazioni successive questo è inconcepibile: lo stesso Dio si è rivelato prima agli ebrei, poi ai cristiani e poi agli arabi… quindi l’ultima rivelazione è la più completa e raggiunge il popolo prescelto. Come è possibile, ora, essere culturalmente più ‘indietro’?

 

Due furono le reazioni:

-         i modernisti si tuffarono nella cultura occidentale, desiderando assorbire tutto ciò che essa potesse offrire e garantendo la propria identità attraverso un Islam tradizionale (cf. le emigrazioni in Europa e USA già dalla fine del ‘700)

-         i fondamentalisti immaginarono che tale divario culturale fosse dovuto ad una sorta di tradimento del vero Islam. Risolvettero così di forzare un ritorno alla purezza delle origini. Piuttosto che modernizzare l’Islam, si è islamizzata la modernità.

 

Chiaramente le due reazioni non furono così distinguibili, e si crearono anche opposizioni interne, nei paesi arabi, al radicalismo fondamentalista.

 

Certo è che nell’atto di inghiottire la modernità, la si reinterpreta ed anche ci si lascia reinterpretare da essa. Nella maggior parte dei casi, la modernità ha cambiato l’Islam, ne ha reinventato le tradizioni. E’ così che si è delineata una sorta di ‘Terza via’ musulmana, a lato di quelle declinanti dell’occidente capitalista e del socialismo.

 

Nel mondo di oggi è necessario prendere coscienza che il fondamentalismo è una delle tante risposte alla globalizzazione, alla post-modernità.

Davanti alla pervasività dei contenuti, delle tecniche, dell’economia, è naturale una generale crisi di identità per le culture diverse. Assorbire o lasciarsi assorbire. Oppure reagire, e chiudersi a riccio, e anche attaccare.

In questa chiave, come il fondamentalismo religioso possiamo incontrare gli etnicismi, i localismi politici, i tribalismi metropolitani (cf. i gruppi più disparati, ma tutti con verità certe) e la dipendenza dalle varie ‘agenzie sociali per l’identificazione’.