14 dicembre,
il significato del nostro digiuno
articolo dal GIM di Venegono

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articolo di Emauela e Floriana

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14 dicembre 2001

 

In questa giornata di digiuno e preghiera per la pace, posta a poco più di dieci giorni dal Natale, risuonano forti nella nostra mente le parole di Gandhi che dice: “Quando sento cantare Gloria a Dio e pace in terra, mi domando dove oggi sia resa gloria a Dio e dove sia pace sulla terra … Finché la pace sarà una fame insaziata e finché non avremo sradicato dalla nostra civiltà la violenza, il Cristo non sarà mai nato”.

Accanto a queste parole, che interpellano fortemente ogni cristiano, cade su di noi anche la valanga di provocazioni che ci hanno letteralmente sommersi durante l’ultima veglia GIM di novembre.

Quel sabato sera il gran numero di gommini che aveva preso d’assalto il Castello, dopo uno splendido pomeriggio trascorso respirando aria d’Uganda attraverso la figura di alcuni grandi testimoni della vera pace a tempo pieno, in cappella ci viene consegnato un foglio con scritto TU NON UCCIDERE a caratteri cubitali.

A questo punto ciascuno di noi, direttamente chiamato in causa, si trova a navigare in un mare tempestoso con la sua piccola e fragile imbarcazione. Da ogni parte, onde gigantesche (domande come: vale ancora la legge pagana, se vuoi la pace, preparati alla guerra? … Una guerra può essere chiamata giusta o santa? … Perché dopo venti secoli di Vangelo gli anni di guerra sono più frequenti dei quelli di pace? …).

A poco a poco ci siamo però accorti che, in questo mare tempestoso non eravamo soli. Accanto alla nostra piccola barca se ne potevano vedere delle altre, alcune vicine, altre più lontane, alcune più fragili, altre più solide. E tra le grandi imbarcazioni, senz’altro quelle che ci hanno dato maggiori sicurezze e la forza di metterci realmente in gioco per la pace, sono state quelle di don Primo Mazzolari che ci ha accompagnati  attraverso i suoi scritti durante tutta la veglia, e “suor coraggio”, la missionaria comboniana sr. Rachele Passera, della quale abbiamo sentito parlare nel pomeriggio.

Don Primo Mazzolari infatti dice: “il cristiano è un ‘uomo di pace’, non un ‘uomo in pace’: fare la pace è la sua vocazione”. Realizzare questa vocazione significa NON UCCUDERE e come ha fatto sr. Rachele con i guerriglieri che avevano rapito le sue ragazze, rendersi conto che IL DIALOGO è SEMPRE POSSIBILE.

Spesso però, si preferisce la linea “dura” per apparire vincitori giocando con il bene più prezioso posseduto dall’uomo: la vita.

Di fronte a tanta violenza, a volte, verrebbe voglia di ritirare i remi in barca e lasciarsi inghiottire dal mare, ma come sr. Rachele non dobbiamo arrenderci e continuare a gridare che la non violenza è l’unica vera “arma” del cristiano, l’unico “abito da società veramente firmato dal Signore”, come ha scritto don Tonino Bello.

 

Emanuela & Floriana