La Resistenza dei "Fuori di Testa"

articolo di Filippo Ivardi Ganapini

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La Resistenza dei “Fuori di Testa”

La nostra società ci ha insegnato a proteggere la vita, a renderla sicura, a calcolare per un quieto vivere.

Il Vangelo dice che per trovarla dobbiamo buttarla.

Ci hanno insegnato a vivere dentro luoghi comuni, sentenze prefabbricate.

Il Vangelo ci dice di rischiare.

Vogliono che ci adeguiamo al modello dominante del successo, dei soldi, dell’immagine.

Il Vangelo ci dice: “ o Dio o Mammona”. Si tratta di fare una scelta.

Noi della Carovana della Pace ne abbiamo fatta una: come missionari di varie estrazioni, ci siamo riuniti e abbiamo costituito una “Comunità di Resistenza” per attraversare l’Italia, incontrare fratelli e sorelle, ascoltarci e annunciare il Vangelo di Pace e Giustizia.

Il nostro amico e compagno di resistenza Lello, di Nigrizia, ci chiama “fuori di testa”, e forse un po’ ci sta perché certo vogliamo una società alternativa a quella dominante di oppressione. Ma poi mi viene da chiedermi se “fuori” siamo noi o gli altri che si accontentano di come le cose vanno e magari ti dicono che non c’è più niente da fare.

Ma come fai a pensare solo a te o a chi ti sta attorno senza accorgerti che c’è chi soffre così tanto e magari muore per nulla? Lo sai che in questi giorni sono morti diversi nostri fratelli nel Mar Mediterraneo mentre cercavano, disperati, di raggiungere l’Italia? O forse ti lasci solo sfiorare dalla notizia e giri la pagina del giornale?

Possibile che il dolore degli altri sia sempre “altro” da noi?

Finché non ci lasceremo toccare dentro da chi sta male, come se potessimo esserci noi al suo posto, allora sarà difficile reagire.

E poi come si fa a vivere rassegnati che le cose non cambino?

E allora capite perché è bello essere “fuori di testa”: viviamo con un sogno e anche se non lo vedremo realizzato avremo lavorato per quello. Non ho capito perché noi ci dovremmo adeguare a chi si è seduto, a chi oramai vive in un mondo dove le decisioni spettano sempre agli “altri”.

Che si adeguino loro, si vive più carichi!

E poi non siamo certo soli: sapete quanti giovani abbiamo incontrato nelle varie città che si stanno muovendo e impegnando per progetti di Pace e per fare verità perché ci sia giustizia?

Sapete quante persone si stanno mettendo insieme partendo dal basso, da piccoli gruppi che decidono di cambiare, ripartendo dal Vangelo o comunque dall’esigenza che il mondo sia migliore?

I segnali di ripresa, nonostante tutto ci sono…piccole esperienze stanno crescendo, riportano speranza. La società civile se si mette in moto davvero può fare tanto. Altri “fuori di testa” stanno decidendo di dedicare la vita a qualcosa di più grande della carriera, del conto in banca, o del macchinone.

Francesca, una carissima amica, atea, mi ha detto che a Bologna alla conclusione del Giubileo degli Oppressi è rimasta davvero colpita perché testimonianze così forti non le aveva mai sentite. E che i politici non parlano così, al cuore della gente.

Emanuele lo abbiamo conosciuto a Genova e ci ha detto che il dolore dei popoli del Sud del mondo è anche il suo.

Sono ragazzi che si lasciano toccare dentro. E che vogliono impegnarsi.

La società ci propone di pensare sempre più a noi, al nostro benessere, a consumare, ad apparire.

Il Vangelo ci dice che l’altro è nostra sorella, nostro fratello, e dobbiamo amarli come noi stessi.  E se devo amarli non devo occuparmi di loro come faccio con me quando sono in difficoltà?

Si tratta di scegliere. Non c’è un’altra via

Filo

“Praticare la giustizia e l’equità
per il Signore è più di un sacrificio”

(Libro dei Proverbi, XXI,3)