Ad Antonio Ramin
Chicago, febbraio
1978
Carissimo Antonio, mi congratulo con te per il quorum
di 4.400 preferenze che hai ottenuto e che ti hanno portato al Consiglio
Scolastico Provinciale; la cosa te la sei completamente meritata per il lungo
lavoro di dedizione di tutti questi anni. Lasciami però essere
un tantino perplesso nel considerare la scelta DC nella quale hai deciso
da così lungo tempo di lavorare. Più per renderti un servizio che per
polemica, mi sono dato da fare per documentare storicamente il partito nel quale
lavori; dalla ricerca, anche se contenuta e modesta, emerge che la DC è
costruita sulla basa di una federazione di destre cattoliche e laiche. Come puoi
accettare questo fatto così amaro? Nella lettera che mi hai spedito c’è una grossa
soddisfazione riguardante il successo strepitoso delle liste cattoliche che
hanno ottenuto il 55% dei voti in Italia. Anche questo non mi fa molto piacere,
specialmente se guardo in profondità ciò che sta sotto a tutto questo. Spero
tu sia a conoscenza che oggi, sulla linea della Gaudium
et spes e della Octogesima adveniens[1],
il cattolico non può più tenere a battesimo la DC nata nei documenti della
Chiesa con la Graves de comuni[2]
del 18 gennaio 1901. La collaborazione tra le classi sociali altro non è
che una versione rinnovata del paternalismo di stampo ecclesiastico. Come vedrai
nel breve studio che segue, la Pastorale della Chiesa veniva espressa in termini
politici. Credo non sia più tempo di ripetere lo sbaglio di avere una teologia
tradotta in ideologia politica, la dura esperienza dei cristiani ingaggiati
nelle lotte sindacali, vedi le ACLI che negli anni ’60 hanno abbandonato la
loro visione anticomunista e durante gli anni’70 hanno finito per assumere la
lotta delle classi nei loro programmi arrivando ad una autonomia politica più o
meno indipendente, questo ti dovrebbe fare
pensare. E’ la fine di una ideologia democratica cristiana legata più ad un
modello di Vaticano che ad un modello di fede. Tu giudica la giustezza o meno di quanto vado dicendo
nella sfera politica nella quale certamente conosci ed esperimenti in misura
maggiore di quanto possa io conoscere. Ma se la cosa è assodata dal punto di
vista politico, lascia a me quello della intromissione della Chiesa nel mondo
politico. Ci vivo vicino sia per la vita che faccio che per lo studio al quale
mi applico nei suoi documenti ufficiali. Carissimo Antonio, prendi tutto questo come un
servizio; la critica mi è lontana in questo momento. Un salutissimo a te, alla
Gabri, a Matteo e a Giacomo. Salutami anche Paolo ed Eugenia ed il loro Marco, e
non mancare di passare per via Col Beretta. Ciao, prego per voi tutti. Lele Ps: scusami ho scritto a macchina che sa molto di
impersonale. Allegato: La Democrazia
Cristiana in Italia
Espresso
in termini logici, la DC in Italia costituisce un enigma per un osservatore non
addetto ai lavori come si suol dire. E’ in effetti un partito politico che è
al potere da 30 anni a questa parte, non ha subito la minima interruzione, è
minato dalla corruzione, ci sono rivalità di tutte le sorti, ed è contestato
da un partito comunista che è il più potente dell’Europa occidentale. E’
chiaro che se la Dc ha resistito e resiste al potere per un così lungo periodo,
lo deve alla situazione alquanto privilegiata, in concomitanza con straordinarie
circostanze storiche e socio-politiche. La possibilità
della storia
La
DC è in effetti l’ereditaria di una corrente ideologica molto potente le cui
origini risalgono alla creazione dello stato italiano. All’indomani della
presa di Roma e della rottura con il Vaticano, questo ultimo ha imposto ai
cattolici italiani di ritirarsi dalla vita politica. La partecipazione alle
elezioni politiche (legislative) e nel governo era interdetta per loro. Dall’intervento
alla partecipazione
Il
cattolicesimo ritiratosi dalla vita politica, si è andato a rifugiare nella
“società civile”, si organizza culturalmente per difendersi contro la
offensiva laica e costitutiva un mondo parallelo. Il loro mondo era quello
economico-finanziario, vedi ad es. alcuni casi di mutualismo (cassa mutua),
cooperative e banche cattoliche. Alla
fine del secolo, la forte spinta del socialismo infiltratosi tra operai e
contadini, ha portato il Vaticano a modificare la sua analisi. Ora il nemico
principale per loro ha cambiato volto e si concretizzerà con il patto
“Gentiloni” passato nel 1913 tra i cattolici e Giolitti: chiaro che i
cattolici si rifiutano sempre a partecipare in quel che riguarda la vita
politica, ma accettano di far votare per i candidati conservatori contro quelli
socialisti. Questo accordo viene sfruttato in chiave politica con la
introduzione del suffragio universale. E’ un fatto il diritto di voto che però
è controllato dalla Chiesa; ma un tale patto seppur difensivo è sempre una
tappa dalla quale non si ritorna. Un partito popolare per praticare la dottrina sociale della Chiesa All’indomani
della prima guerra mondiale, in seguito alla iniziativa di Luigi Struzzo, si
costituisce un partito cattolico, il Partito Popolare Italiano (PPI). E’ la
prima versione della DC. Alle elezioni del 1919 ottiene un successo
considerabile e tallona il partito socialista. Il suo programma allora era
abbastanza progressista e pieno come un ovetto della dottrina sociale cristiana. Questo
partito già nel suo nascere ha delle forti contraddizioni interne: la sua ala
destra, conservatrice al massimo, rappresenta gli interessi dei grossi
proprietari fondiari; mentre la sua ala sinistra si accosta al sindacalismo
cattolico di stampo rurale. Il Vaticano si mostra “schizzinoso” verso un
partito troppo riformista. Quando allora cominciano le grosse rivolte del
1919-1920, il PPI si mostra alquanto esitante. Avviene una maturazione. In seno
al governo Giolitti, il partito popolare organizza la resistenza alle
rivendicazioni operaie e si impegnerà alla formazione di un fronte
operaio-contadino incorporando quindi gli elementi rivoluzionari del partito
socialista. Agonia del PPI Ma
non esiste più il tempo per progetti a lunga gittata perché siamo già alla
marcia su Roma, favorita dal Vaticano per permettere a Musssolini di sistemare
la cose “fuori posto”. Ma il PPI e, come è noto, Luigi Strurzo non
accettano di farsi forzare la mano e vogliono manifestare la loro ostilità al
Fascismo. Avviene pertanto una scissione dell’ala destra, si rompe con
Mussolini, si fa fronte unito con i socialisti. Questo “giretto turistico”
gli sarà fatale. Preferendo infatti negoziare direttamente con il Fascismo, il
Vaticano metterà una pietra sopra il PPI, ed entra così pubblicamente nella
scena politica-pubblica richiedendo per l’appoggio dato al Fascismo una
riforma scolastica, il Concordato ed un accordo finanziario. Il PPI è finito
senza il Vaticano e il buon Luigi Sturzo è costretto ad esiliare perché non più
protetto dal Vaticano nemmeno come prete. La Democrazia Cristiana. Inizi Alla
liberazione si cerca di far rinascere una mossa analoga a quella del 1919.
Autori sono i cattolici antifascisti e quelli che sono rimasti in sordina negli
anni 1925-1944; loro costituiscono la DC. Adesso, come per miracolo, la DC
benefica del sostegno incondizionato del Vaticano, tradito dal fascismo che non
va bene mai a nessuno, e di tutto il clero. A sua disposizione si mette anche la
Azione Cattolica e si mobilitano masse dalle parrocchie; ma anche qui c’è
sempre il suo buon motivo: arginare “l’ondata comunista e socialista”. Per
giustificarsi si tira fuori la colpa che la colpa del fascismo è da attribuirsi
alla destra laica, notoriamente i liberali, per la loro magra figura di
capitolazione davanti al Fascismo. La DC non ha dunque nessun avversario serio
alla sua destra; la sua integrazione della sinistra sindacale, fatta con L.
Strurzo, permette alla DC di concorrere con la sinistra laica. Dalla sua parte
ha un elettorato vero e proprio assicurato dalla stessa Chiesa, sicchè nel 1945
la DC si trova ad essere il primo partito italiano e non certamente per la sua
attività politica, ma per volontà di un “celeste” aiuto. Le contraddizioni di un partito interclassista La
rottura con la sinistra (PCI-PSI) con l’inizio della “guerra fredda”
permette un chiarimento. L’integralismo cattolico di cui la DC è pregna nella
sua dottrina, giustifica la sua autonomia: la ricerca di una condotta
“integralmente” cristiana nel dominio sociale-economico e politico
giustifica il suo rifiuto per discutere i diversi gruppi sociali della società
italiana. Gli operai, i contadini, le classi medie, i dirigenti di impresa e i
grandi proprietari terrieri hanno i lro rappresentanti nel partito e questo deve
essere la camera di compensazione dei differenti interessi. Questa concezione
interclassista del partito si affianca benissimo con quella della Chiesa che ne
fornisce il supporto “celeste”, e trova un capo promettente con Alcide
Degasperi. In
seguito a questo tipo di politica avviene l’allontanamento di Dossseti,
partigiano di una politica più dirigista e socializzante; la cosa non provoca
reazioni al partito grazie al buon supporto fornito dal Vaticano al partito.
Questo supporto però non è privo delle sue “grane”, infatti quando
Degasperi tenta di conservare una sua certa autonomia entrerà in conflitto con
l’ala integrista e ultra-conservatrice di L. Gedda, messo dal Vaticano come
“controllore del buon ordine”. Questo conflitto marca chiaramente gli anni
’50 e si risolverà solamente con la scomparsa di Pio XII e l’avvento del
buon Giovanni XXIII. L’aggiornamento: dal riformismo al pragmatismo
Il
cambiamento di direzione del Vaticano facilita l’evoluzione della sinistra.
L’anticomunismo diviene meno fanatico ed il PSI che ha rotto l’unità di
azione con il PCI si avvicina alla DC. Nasce così il famoso Centro-Sinistra
agli inizi degli anni ’60. Animatore Fanfani è il riformatore all’interno
della DC. Il suo obiettivo essenziale è di assicurare al partito una base
politico-sociale autonoma. E’ chiaro che la base non potrà più essere la
Chiesa, allora scopre lo Stato come base autonoma capace di fornire al partito
l’autonomia desiderata. Ma l’alleanza con i socialisti significa lotta con
il Padronato rappresentato dalla ala destra del partito. Si viene così ad un
accordo nel settore pubblico con il sistema della partecipazione statale e con
le nazionalizzazioni della elettricità e del petrolio: ENI di Enrico Mattei. Chiaramente
non tutto finisce a questo livello, la cosa infatti ha della conseguenze enormi
nella DC perché le differenti correnti nella DC cercano di accaparrarsi il
dominio nei settori economici ed amministrativi: la DC diventa una selva di
interessi da difendere. Le differenti branche vengono così controllate dalle
differenti correnti del Partito; è così infatti che Mattei si creerà la sua
corrente di “Base” per appoggiare una politica dirigista; Andreotti si
appoggia invece sulla burocrazia romana vedendoci un sicuro mezzo per il
controllo delle cose, mentre le “Forze Nuove”, approfittando della cambiata
situazione politica col PSI, rilanciano il sindacalismo cattolico. Lungo il
connubio DC-PSI, il riformismo di Fanfani viene considerato troppo volontarista
e viene messo in discussione dal partito. Come conseguenza ne scappa fuori una
nuova corrente di gestione moderata e pragmatica, che riesce a prendere in mano
il partito e lo controlla, malgrado i dissensi, fino al 1976: i “Dorotei” di
Aldo Moro-Mariano Rumor. La corrente Dorotea ridistribuirà ancora una volta le
carte. Struttura
interna della DC: equilibrio di correnti Durante
il periodo che va dagli anni ’60 al 1976, marcato dal centro-sinistra, abbiamo
come è noto le crisi del 1968-1973, che rappresentano il risveglio brutale
della classe operaia. La DC prende ora un viso che non ha maturato che
recentemente: l’interclasismo della clientela elettorale instaura una
dialettica interna tra le differenti correnti specialmente per l’impostazione
della campagna elettorale. A
sinistra, rappresentando il sindacalismo cattolico (e dopo il 1968 la destra
anti-unitaria della CISL e delle ACLI), c’è la corrente “Forze Nuove”.
Dall’altra parte, rappresentante le nuove classi medie, la “Base”. Al
centro troviamo i “Dorotei”, una parte di questi però si riconoscono
di più nella sinistra di A. Moro provocano la spaccatura della corrente
in due sezioni. Il grosso del gruppo comunque resta fedelissimo al buon Mariano
e a Piccoli. A destra Amintore Fanfani rinnovato da tutte quelle idee riformiste
di un tempo si rivela per quello che è, un fascista nello scudo crociato;
dirige con il suo “delfino” Arnaldo Forlani la corrente “Nuove
Cronache”. Molto vicino al suo pensiero un’altra corrente staccatasi dai
dorotei e rappresentante la destra classica e dirigista, dà vita o meglio
abortisce “Dovere Democratico” rappresentata da Andreotti e Colombo. Infine dulcis
in fundo “Forze Libere”, che raggruppa tutti gli elementi pro-fascisti. E’
all’interno di queste otto correnti che si muovono le alleanze per il
controllo del partito e del governo. I posti più ricercati sono quelli del
Presidente del Consiglio e del Segretario Generale del Partito, seguiti da
quelli della Presidenza della Repubblica e delle Camere. Dopo il 1970, il
controllo delle regioni (le cui aspettative verranno deluse dal suffragio
universale scatena una feroce guerra di correnti. La cosa è dovuta al fatto che
l’amministrazione regionale costituisce una forza clientelare molto fruttuosa
per il mantenimento della corrente stessa: basti pensare alle diverse banche
locali, alle società autonome, alle aziende piccole e grosse etc. Il controllo
di questo è la forza della corrente. A questo controllo del mondo economico ed
amministrativo bisogna aggiungere anche quello delle larghe frazioni del mondo
del lavoro. La potente “Coldiretti” per esempio costituisce una delle
migliori forze della DC per incontrare la classe rurale. Il partito è legato
anche alle ACLI, che è un gruppo di pressione cattolica, e alla CISL. E’ il
collateralismo. Il
potere della DC barcolla Il
potere barcolla in due fasi successive: 1968-69/1974-76. Si sviluppano infatti
delle non indifferenti scissioni tra i militanti del partito. La cosa è dovuta
alla maturazione delle lotte operaie, scattate nel ’68 fin tutto il 1972.
Queste lotte mettono a nudo l’unità o meno di azione tra la base ed il
vertice. Il gruppo dirigente della CISL fa linea unitaria con la CGIL comunista
e la UIL socialista. Questa alleanza non va certo a genio alla politica della DC
in favore al collateralismo con i sindacati. Matura così tra il 1970 ed il 1972
all’interno della CISL il proposito per una scissione. Il segretario generale
Bruno Storti, impegnandosi fino allo stremo, riesce ad evitare la scissione. Il
pericolo è completamente sorpassato solamente nel 1973, quando ci si impegna
per una politica di autonomia sindacale. Resta comunque sempre presente una
consistente minoranza che resta fedele alla DC e alla sua politica di
collateralismo. Lo
stesso fenomeno nelle ACLI, dove avviene la pressione della gerarchia episcopale
unitariamente a quella del partito. Avviene la scissione, sebbene seguita da un
compromesso con la destra, ma il collateralismo viene definitivamente rigettato
e rifiutato nel 1975. Emorragia
elettorale Questo
urto che non si concilia con i militanti si traduce elettoralmente nel 1974 e
1976. Nel ’74, il Referendum sul divorzio -errore politico della destra
democratica cristiana- ottiene un risultato fallimentare per la DC. Il partito
in questa occasione perde un quarto del suo elettorato. Questa emorragia si
traduce politicamente alle elezioni regionali del ’75 e si registra un
abbandono per la DC ed un incoraggiamento al PCI. E’ in questa occasione che i
vecchi feudi della DC passano al PCI: 3 regioni, Piemonte-Liguria-Lazio e le
grandi città Genova-Venezia-Napoli-Torino. E’ una sconfitta senza precedenti
per la DC, che viene compensata solo parzialmente alle elezioni legislative del
1976: se la DC conserva sempre il suo 38%, seppure alle spese dei partiti di
centro, il PCI non solo conserva il suo elettorato cattolico, ma ne acquista del
nuovo e soprattutto nelle terre “bianche” della DC, il Mezzogiorno e le
Isole. Si è girata qui senz’altro una pagina importante. Rifondare
la DC Con
la rottura del collateralismo della CISL e delle ACLI gli echi elettorali del
1974-75 e l’emorragia a sinistra della clientela elettorale cristiano
democratica si assiste ad una rifondazione a destra della DC. La rifondazione a
destra fa seguito ai tentativi disordinati di riorganizzare il partito. Rifondare
a “sinistra” All’indomani
delle elezioni del 1974-75 la DC si accorge di essere un partito della destra.
Occorreva dunque trovare una nuova rappresentazione politica a sinistra della DC
per riconquistare l’elettorato perduto. La cosa fu specialmente messa in
risalto dai sindacalisti della CISL. Erano possibili due soluzioni. La prima era
di creare un partito cattolico di sinistra in chiara opposizione con la DC.
Questa soluzione non ha incontrato molti favori per via della controversia
riguardante il suo posto reale nello schieramento politico: sarà un nuovo
centro-sinistra o sarà più vicino allo schieramento comunista? Il dubbio era
sulla garanzia effettiva di un elettorato a favore. Il tentativo dell’MPL di
Livio Labor, leader delle ACLI, non è riuscito a trovarsi il posto politico. Il
fallimento era dovuto anche al fatto della crescente laicizzazione della società
italiana che non accettava più le mezze misure alla MPL. L’operazione
Zaccagnini: riformare l’interno della DC La
seconda soluzione è la più realista: tentare di riformare all’interno la DC.
Questa è la famosa operazione Zaccagnini. L’antico presidente del Consiglio
Nazionale del partito, reputato giustamente un uomo onesto era stato fin ad
allora una figura di second’ordine. Adesso è piazzato alla testa di una
coalizione piuttosto eterogenea da contrapporre al segretario generale Fanfani
minato dai due echi elettorali: Zaccagnini comunque, sebbene ora alla testa del
Partito, non era considerato che un uomo provvisorio; si trattava di guadagnarsi
il Congresso nazionale svoltosi nel febbraio del 1976 e di trasformare la
coalizione negativa, che aveva fissato Zac come segretario della DC, in una
coalizione positiva accentrata con un programma. Questo fu l’emblema di Zac,
fare pulizia della corruzione e ritornare alle sorgenti. Il nuovo segretario
generale costituisce una nuova èquipe, fa una epurazione alle spese di qualcuno
troppo “ringalluzzito” ma sempre comunque di figura secondaria e rilancia le
adesioni. Su queste basi tenta di guadagnare il Congresso Nazionale che presenta
una netta coalizione delle destre ( dorotei-fanfaniani-andreottiani) che
sostengono Arnaldo Forlani. Guadagnare
il Congresso comunque non significò controllare il partito. Il Consiglio
Nazionale –parlamento del partito- nonè eletto dal solo Congresso coma il
Segretario Generale, ma è composto ugualmente di membri di diritto e di
rappresentanti dell’apparato locale. Essendo realisti, Zac non aveva la
maggioranza, anzi questa gli era ostile. Zac quindi non ha potuto dar seguito ai
suoi progetti. L’operazione rifondazione del partito non ha dato seguito a
niente se non a dare una faccia un po’ più onesta al vecchio partito. L’operazione
Fanfani: un nuovo elettorato di destra Essendo
Zac in ospedale per la sua operazione alla prostata proprio durante la campagna
elettorale, Fanfani ne assume il comando tuonando sull’anticomunismo.
Sostenuto senza riserve dalla classe padronale e dal Vaticano, Fanfani
consiglierà agli elettori di destra di votare “utile”. IL suo consiglio
raggiunge lo scopo incamerando i voti dell’elettorato tradizionale della
destra PSDI-PRI-PLI. La Dc raggiunge ancora il suo quorum del 1972 con il 38%,
con la differenza che l’elettorato non è più lo stesso. Il partito si è
omogeneizzato a destra. Si è trasformato quindi l’inteclassismo della DC in
una federazione di destre cattoliche e laiche. Rifondata
a destra la Nuova Democrazia cristiana Questa
è la nuova realtà della DC. Il partito non è più quello di Sturzo o di
Degasperi; il fatto che Zac ne è alla testa non può fare certo una grossa
illusione. La DC non è più il partito popolare degli anni immediatamente
successivi alla seconda guerra mondiale. Il suo elettorale popolare l’ha
disertata. Quello che resta sul suo elettorato popolare proviene dalle
zone sottosviluppate d’Italia. La sua base è da ricercarsi nella piccola
borghesia a livello burocratico nazionale e locale, commercio ed artigianato,
impiegati che rifiutano la proletarizzazione. Oggi si è aggiunto il sostegno
senza condizioni della grande borghesia italiana: vedi U. Agnelli eletto tra le
fila della DC. Infine esiste ancora l’aiuto che il Vaticano presta alla DC che
costituisce sempre un punto decisivo, nonostante il declino della influenza
della Chiesa che sembra oramai irreversibile e per il quale occorrerà una volta
o l’altra intonare il Te Deum. E’ un partito quindi unificatore della
borghesia italiana, questo è il blocco socio-politico che controlla la DC.
Questo fatto chiaramente presenta qualche problema di identità per le correnti
di sinistra all’interno della DC. Ma forse la cosa non si pone nemmeno in
termini politici, visto che la corrente “Forze Nuove” ad es., con a capo
Donat-Cattini, ha perduto il suo feudo nel Piemonte passato ai comunisti ed il
suo appoggio nelle ACLI e nella CISL si è rarefatto di molto per il cambiamento
di direzione del Partito. Un fatto che mi lascia perplesso è il constatare che
la destra di Andreotti abbia ottenuto il massimo dal PCI senza tuttavia
compromettersi e meriterebbe uno studio a parte. Un
nuovo sospetto: Comunione e Liberazione Nello
spazio di due anni si è costituita una nuova tendenza, meglio un movimento di
destra chiarissimo per l’appoggio dato nel milanese, dove trova parecchie
simpatie, agli uomini di Fanfani. E’ un movimento di destra e per giunta
cattolico sulla linea del “ma sì vogliamoci tutti bene che ne ho visto di
peggio”. E’ nato come un’attività studentesca per fronteggiare le azioni
della estrema sinistra; si indirizza soprattutto alla classe studentesca e agli
intellettuali cattolici. Sembra proprio che con l’appoggio della gerarchia
italiana sia stato lanciato alla conquista della DC e questo specie in
Lombardia. In questa regione i suoi leader sono stati eletti nel giugno del
’76. E’ mia opinione che il movimento non riscuota molto incoraggiamento da
altre falde nel mondo cattolico, che non vede di buon occhio questo mescolamento
tra politica e religione. Di qui infatti l’accusa di interclassismo. Il
problema essenziale comunque di CL è che il suo discorso di riconquista
cattolica viene un po’ troppo tardi: la sua strategia anticomunista non sembra
avere una eco popolare. Basti pensare ai cristiani per il socialismo desiderosi
come sono di liberare la Chiesa da una ideologia politica. Faranno anche
l’impossibile per fermare a livello ecclesiale-politico la marcia di questa
gente che parla di Spirito Santo nelle assemblee studentesche. Chi
sostiene dall’estero la DC? La
DC è protetta dalla Germania Federale e dagli USA. La direzione dell’Italia
in mano alle DC resta al condizione “sine qua non” si possono ottenere nuovi
prestiti o rimborsi immediati. Questo pesa parecchio sugli altri partiti ed è
usato dalla DC come arma efficace. La minaccia comunista permette di ottenere
prestiti dagli USA, dalla Germania e dalla Comunità Economica Europea. Un
questo modo si possono portare avanti le riforme di struttura indispensabili. Ma
è chiaro che se un Carter si permette di richiamare pubblicamente l’Italia
sui giornali di tutto il mondo significa che influenza pure largamente alcune
cellule del partito dominante; la cosa altrimenti non si spiega. La
DC i8n conclusione resta sempre un partito forte nel quadro politico dominante
in Italia, ma se si vuole cambiare qualcosa, il voto occorrerà darlo in
un’alta direzione, visto che storicamente parlando la DC è diventata un
paradosso di involuzione in direzione diametralmente opposta alle sue origini
che l’hanno resa famosa. *Lettera
inedita; E.Santangelo riporta le prime 4 righe (p.35) 1.Enciclica
sociale di Paolo VI del 14 maggio 1971, in occasione dell’80 anniversario
della Rerum novarum di Leone XIII. 2.Enciclica
di Leone XII che si proponeva di controllare il movimento della democrazia
cristiana, fondato da don Romolo Murri, sottoponendolo all’autorità dei
vescovi. |
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