Omelia ai fedeli*Cacoal, venerdì santo 1985 Fermiamoci un poco, perché stiamo davanti a un uomo che sta morendo. Quante cose potremmo dire sopra questa morte! Ma parlare della morte è svuotare la vita concreta di Cristo, di Gesù di Nazareth. Perché soltanto la morte dovrebbe avere valore redentore? Forse che tutta la vita di Gesù non fu ugualmente liberatrice? Non mostrò egli, effettivamente, che cosa è redenzione nella vita che condusse, nel modo in cui si comportò nelle varie situazioni e nella maniera di affrontare la morte? La morte di croce fu conseguenza di un conflitto e il termine di una condanna ufficialmente giudiziaria, per questo della decisione e dell’esercizio della libertà umana. Deploro che la morte di Cristo non sia vista come conseguenza della sua vita, ma come fatto prestabilito, indipendentemente dalle decisioni degli uomini, dai rifiuti dei Giudei, dalla condanna di Pilato. Pare che Dio Padre trovi allegria e soddisfazione nella violenta e sanguinante morte di croce del proprio Figlio. Morte espiatrice, soddisfacente, come forma adatta a stabilire il diritto e la giustizia. Diritto e giustizia di chi? Guardate fratelli, i ladroni crocifissi con Cristo, per vedere l’altra realtà. Quante volte si vide in Roma crocifiggere un ladrone per avere rubato poca cosa e nello stesso giorno essere portato in trionfo un dittatore che con l’esercito e le legioni aveva spogliato e rubato la terra degli altri popoli. Chi ruba una barca è pirata, chi ruba un’armata è imperatore. Chi ruba terre è onorato latifondista, proprietario, commerciante; chi occupa un pezzetto di terra per sopravvivere è ladrone; mentre questi sottrae un palmo di suolo e resta soggetto a vivere in continuo rischio e pericolo di morte, i grandi rubano senza timore e senza pericolo. Se i poveri rubano sono impiccati; ma se sono i ricchi a rubare…essi rubano e impiccano. Il grande poliziotto uccide i ladroni per avere la libertà di poter rubare da solo. Soltanto il buon ladrone entra in Paradiso, mentre per gli altri valgono quelle parole di Cristo: “Chi non entra per la porta è ladrone due volte”(Gv 10,1). Poiché colui che non entra attraverso la porta che è Gesù, già è ladrone e rimane nella notte: questa è la vera morte senza risurrezione. Davanti a Cristo pensate, cari fratelli e sorelle, al dovere di restituire… In questa restituzione, che cosa danno e che cosa lasciano? Ciò che danno è quello che non hanno e ciò che lasciano è quello che non possono portare con sé. “Nudo sono venuto nel mondo e nudo ne uscirò”, diceva Giobbe (Gb 1,21). La croce è la solidarietà di Dio, che assume il cammino e il dolore umano, non per renderlo eterno, ma per sopprimerlo. La maniera con cui vuole sopprimerlo non è attraverso la forza né col dominio, ma per la via dell’amore. Cristo predicò e visse questa nuova dimensione. La paura della morte non lo fece desistere dal suo progetto di amore. L’amore è più forte della morte. In mille modi siamo oppressi, ma non ci abbattiamo; ci troviamo nelle angustie, ma non ci disperiamo, perseguitati ma non abbandonati, abbattuti ma non annichiliti1; morti ed ecco che viviamo, tristi ed ecco ci rallegriamo, poveri ma arricchiamo molti, nulla avendo e tutto possedendo. 1 Espressioni riprese da s. Paolo, 2Cor 4,8-9 *Documento pubblicato in E. Santangelo, pp.131-133; l’originale è in portoghese
|
||