Scritti di mons. Rodolfo Cetoloni

 

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"Pace in terra agli uomini di buona volontà"

L’appello di mons. Cetoloni e mons. Giovannetti, vescovi di Montepulciano-Chiusi-Pienza e Fiesole, per la pace nella terra dell’Incarnazione

 

Seguiamo con dolore e preoccupazione i fatti che da più di due mesi stanno seminando morte, distruzioni e odio in Palestina e in Israele.

Alla CET (Conferenza Episcopale Toscana) è giunta una richiesta di aiuto da parte della comunità cristiana di Betlemme attraverso i francescani.

La CET ha risposto subito con un primo intervento economico al quale sta facendo seguito un lavoro di sensibilizzazione e di raccolta di fondi in varie chiese e Diocesi.

Vogliamo però lanciare anche un appello ai responsabili civili e militari israeliani e palestinesi perché facciano ogni sforzo per far cessare questa spirale di violenza. Siamo ormai a cifre da massacro e la terra che è santa per tutti i figli di Abramo si sta sempre più macchiando del sangue dei fratelli.

Ci rivolgiamo in particolare ai responsabili dello Stato e delle forze militari israeliane: vogliate dare un chiaro segno di volontà di pace: realizzate gli accordi promessi e sottoscritti. Lasciate che il popolo palestinese abbia la sua terra e i suoi diritti di dignità e di libertà.

Nessun altro meglio di voi, che avete alle spalle secoli di umiliazioni, può comprendere l’esasperazione e la prostrazione di un popolo più debole.


Rodolfo Cetoloni

Luciano Giovannetti
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(da www.fides.net)

DIOCESI DI FIESOLE E DI MONTEPULCIANO-CHIUSI-PIENZA

Signor Presidente,

Stiamo seguendo giorno per giorno, con grande angoscia, la terribile situazione che state vivendo in Terra Santa. Da parte nostra ci stiamo impegnando con tutti i mezzi per muovere azioni concrete di solidarietà verso il popolo Palestinese.

Le scriviamo in nome dell'amicizia e della solidarietà che noi, le nostre Diocesi e i Comuni che rappresentiamo hanno sempre dimostrato nei confronti della Sua persona, del suo popolo e in particolare della santa città di Betlemme.

Nell'agosto del 1997, grazie alle pressioni del nostro gruppo di 600 pellegrini, fu tolto il blocco che da trenta giorni chiudeva Betlemme. In questi anni abbiamo coinvolto le nostre istituzioni e tanta gente in gesti concreti di solidarietà e di aiuto economico verso la città di Betlemme: stiamo sostenendo la costruzione del St. Francis Millennium Centre, che Lei conosce e verso il quale ha espresso parole di ammirazione. In collaborazione col Comune di Betlemme stiamo sostenendo economicamente il Centro di Documentazione storica che è all’interno del Peace Centre. Specialmente in questi ultimi due anni abbiamo preso tante iniziative per aiutare i giovani e le famiglie di questa città, coinvolgendo persone semplici, imprenditori e Istituzioni di tutta la nostra Regione Toscana.

Le scriviamo ricordando anche i due incontri che Lei, Eccellenza, ci ha concesso ricevendoci tanto cordialmente nel suo Palazzo a Gaza (gennaio 2001) e a Ramallah (gennaio 2002), durante i quali apprezzammo le sue parole di stima verso la Chiesa cattolica, il Papa e il popolo italiano e di impegno per la Pace.

Signor Presidente,
dalla stampa e dalle dichiarazioni dei Suoi rappresentanti, designati alle trattative per la risoluzione della situazione, ormai insostenibile, creatasi nella Basilica della Natività a Betlemme e nelle sue adiacenze, risulta che Ella non abbia ancora autorizzato la Sua Delegazione ad avviare i negoziati con l'altra Parte. Diverse ragioni sono state riferite per questo atteggiamento attribuito a Vostra Eccellenza. L'amicizia che nutriamo per il Popolo della Palestina, espressa in diversi momenti nelle parole e nei fatti, ci autorizza - crediamo - a rivolgerci ora a Lei, con fiduciosa franchezza, per chiederLe un gesto di generosità e di magnanimità, che non mancherà di meritarLe il dovuto riconoscimento. La preghiamo di ritirare ogni riserva ed ogni ostacolo che ci possano essere all’immediato avviamento delle trattative, fossero anche le esigenze più giuste e più comprensibili Le gravissime condizioni in cui versano i frati, le suore francescane, i monaci greci ed armeni, ma anche i molti Suoi concittadini palestinesi che si trovano asserragliati nel Luogo Santo, nonché il Santuario medesimo, non consentono, crediamo, di prolungare il tormento a motivo di esigenze non sostanziali, e non attinenti direttamente all'essenza della tanto sospirata soluzione pacifica.

Confidiamo, Signor Presidente, che Ella non vorrà mai strumentalizzare il Luogo Santo, e le Persone consacrate che vi si trovano, o subordinare la loro sorte a qualsiasi altro obiettivo, pur giusto e comprensibile in se stesso.

A nome di Mons. Luciano Giovanetti,
Vescovo Diocesi di Fiesole

Mons. Rodolfo Cetoloni,
Vescovo Montepulciano-Chiusi-Pienza

Per i Comuni gemellati con la città di Betlemme:
Orvieto, Assisi, Verona, Greccio, Civitavecchia, Pietralcina, Pratovecchio:
il Sindaco Angiolo Rossi

 

Un decalogo contro la pena di morte

Documento dei Vescovi toscani

Il giorno 30 novembre ricorre l’anniversario dell’abolizione della pena di morte in Toscana, prima abolizione della pena di morte in Toscana, prima abolizione della pena di morte in Europa e nel mondo.

Noi vescovi della Toscana riteniamo importante ricordare e celebrare tale momento, significativo di una profonda svolta nella storia della legislazione penale, momento che onora la nostra Toscana.Per questo accogliamo l’invito del Presidente del Consiglio regionale di far suonare le campane della Regione alle ore 17,00 del giorno 30 novembre e ne diamo mandato a tutti i parroci e rettori delle nostre Chiese. Intendiamo motivare questa nostra scelta con la seguente dichiarazione

1. Per il cristiano ogni vita umana è un progetto di Dio che crea e che salva, un progetto che – dal suo accendersi nel seno materno al suo temine naturale – mai è dato all’uomo di interrompere.

Riteniamo pertanto che la pena di morte sia moralmente inaccettabile in qualunque caso e in qualunque situazione e ci sentiamo così uniti a tutti coloro che in ogni parte del mondo si dichiarano sinceramente difensori dei diritti dell’uomo – come sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo delle Nazioni Unite (1948) – e riconoscono nella tutela della vita il primo e supremo diritto di ogni essere umano.

2. Sappiamo bene che nei secoli scorsi la Chiesa si è spesso trovata a esercitare un potere temporale, lasciandosi anche coinvolgere in una logica sociale e giuridica talvolta contrastante con la lettera e con lo spirito del Vangelo: di questo il santo Padre ha solennemente chiesto perdono nel corso dell’attuale Giubileo e noi vescovi della Toscana vogliamo associarci a questa richiesta di perdono, nella speranza che il prossimo millennio possa vedere nuovi traguardi per una sempre più autentica convivenza umana.

3. Una più profonda comprensione del Vangelo nella Chiesa, e una più matura esperienza umana forgiata dalle tante tragedie del secolo scorso, ci spingono oggi, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, a considerare inaccettabili sia sul piano morale che su quello giuridico tutte le ragioni che hanno sostenuto la pena di morte e che ancora in molti Paesi della terra vengono addotte per giustificarla.
Il Papa Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Evangelium Vitae, ha chiesto non solo un’applicazione assai limitata ma anzi una totale abolizione della pena di morte.

4. La pena di morte non è di per sé una pena: è pena invece il periodo angoscioso in cui il presunto reo attende l’esecuzione e spesso anche la macabra sceneggiatura che lo caratterizza; poche altre realtà sono altrettanto disumane e disumanizzanti per chi le subisce come per chi vi assiste.

5. La pena di morte non può essere assimilata alla legittima difesa della società. In tutta la tradizione etica di ispirazione o di radice cristiana si può parlare di uccisione per legittima difesa, del singolo o della comunità, solo quando vi sia un’aggressione in atto e non solo in progetto. Lo Stato può uccidere un reo solo dopo averlo catturato, e quindi nel momento in cui egli non è più in grado di aggredire.

6. La pena di morte non può essere considerata una difesa della società da potenziali delinquenti, non è un deterrente: non esiste alcuna indicazione statistica che colleghi la pena di morte con una diminuzione di reati gravi, mentre esistono evidenze statistiche che indicano l’irrilevanza della pena di morte sul numero dei reati gravi: alcuni studi comparativi poi rilevano che tale pena sembra costituire un incitamento all’omicidio, in quanto lo Stato omicida può costituire una giustificazione psicologica dell’omicidio privato.

7. La pena giudiziale ha sempre avuto nella tradizione etico-giuridica occidentale, sia civile che canonica, una primaria finalità medicinale: si è sempre considerato, insomma, che una società si difende proprio nella misura in cui è capace mediante una pena, di restituire il reo a quell’ordine giuridico e morale che egli ha violato. Il sistema penale attuale ovunque nel mondo ha ben poco di medicinale, ma la pena di morte ne esclude ogni possibilità.

8. La pena di morte ha dunque solamente un carattere vendicativo, in contrasto però con la grande tradizione giuridica che attribuisce alla «vindicatio» una rilevante funzione sociale, quella cioè del ripristino nella sensibilità collettiva di un ordine giuridico-morale violato; tale funzione viene però completamente negata dalla pena di morte.

9. La pena di morte è l’unica pena irreversibile e non appare in nessun modo giustificabile: la giustizia umana infatti, anche nei sistemi giuridici più avanzati, presenta sempre un margine di incertezza, o circa la responsabilità del condannato o sulle condizioni oggettive e soggettive in cui il reo ha agito. Solo Dio conosce il cuore dell’uomo, e può esserne il giudice ultimo e infallibile. 

10. Il cristiano, per quanto offeso possa sentirsi, non potrà mai invocare l’uccisione per chi ha ucciso e, ricordando che il Signore ha duramente rifiutato la legge del taglione, dovrà sempre perdonare sinceramente. Potrà desiderare e anche chiedere alla pubblica autorità una giusta pena per chi si rende colpevole di un reato, ma tale pena, proprio per essere giusta, non dovrà mai violare i diritti essenziali del reo, il quale resta comunque una persona umana che in ogni caso ha diritto alla sopravvivenza, magari nella speranza di un futuro umanamente accettabile, forse anche in grado di risarcire almeno in parte il male compiuto.

Firenze 21 novembre 2000

Silvano Card. Piovanelli
Arcivescovo di Firenze

 Gaetano Bonicelli
Arcivescovo di Siena - Colle V.E. - Montalcino

 Alessandro Plotti
Arcivescovo di Pisa

Bruno Tommasi
Arcivescovo di Lucca

 Alberto Ablondi
Vescovo di Livorno

Simone Scatizzi
Vescovo di Pistoia

Luciano Giovannetti
Vescovo di Fiesole

Eugenio Binini
Vescovo di Massa Carrara - Pontremoli

 Edoardo Ricci
Vescovo di San Miniato

Giacomo Babini
Vescovo di Grosseto

 Gastone Simoni
Vescovo di Prato

Vincenzo Savio
Vescovo ausiliare di Livorno

Giovanni De Vivo
Vescovo di Pescia

 Gualtiero Bassetti
Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro

Mario Meini
Vescovo di Pitigliano - Sovana - Orbetello

Giovanni Santucci
Vescovo di Massa Marittima - Piombino

 Mansueto Bianchi
Vescovo di Volterra

 Rodolfo Cetoloni
Vescovo di Montepulciano - Chiusi - Pienza

 Michelangelo Tiribilli
Abate di Monte Oliveto Maggiore

 

Testo integrale del messaggio dei vescovi toscani in occasione dell’anniversario dell’abolizione della pena di morte in Toscana, pubblicato nel settimanale d'informazione "TOSCANAoggi" .