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Atlanta. Otto del mattino. John ha studiato fino a tarda notte e si
siede, assonnato, di fronte al computer. Apre il browser e inizia la navigazione
in Internet. Come molti ragazzi americani dispone di un 'pc' che gli consente
d'avere accesso alla rete informatica più diffusa nel mondo. Okello, invece,
vive nel nord Uganda, a Lira dove i telefoni si contano sulle punte delle dita.
Nell'Africa subsahariana se ne trova uno ogni mille abitanti. A differenza di
John, Okello, non disponendo del servizio di posta elettronica, ampiamente
diffuso negli Stati Uniti, può inviare messaggi solo usando carta e penna.
Nonostante i traguardi consentiti dalle moderne tecnologie, la geografia del
cosidetto "cyberspazio", e più in generale
della comunicazione, rispecchiano fedelmente, i criteri della geografia
economica. Ciò significa che quanto affermato dai fautori del mondo
"villaggio globale" sia vero solo in parte. Nel 1995, ad esempio il
15% della popolazione mondiale possedeva il 75% delle linee telefoniche e oltre
il 50% non aveva mai fatto una telefonata. In Sierra Leone (Africa Occidentale)
si contano 233 radio, 10 televisori ogni 1.000 abitanti; mentre, negli Stati
Uniti, per lo stesso campione di popolazione, ci sono 2.122 radio, 850
televisori e 602 linee telefoniche. In sostanza, la tecnologia non è mai
neutra, ma porta con sé le implicazioni dell'iniquo rapporto tra Nord e Sud del
mondo.
Quando un fatto non diventa notizia
La questione non riguarda soltanto l'areopago della comunicazione, ma, anche
il settore 'strategico' dell'informazione. In questo ambito, il fenomeno della
colonizzazione culturale è tale da determinare un'interpretazione univoca della
realtà, quella dei detentori del potere massmediale.
La vita nel Sud del mondo è costituita da una sovrabbondanza di accadimenti.
E il giornalismo è proprio questo: individuare l'evento meritevole di notizia.
Nel giornalismo anglosassone la disposizione di ogni evento ad essere
trasformato in una informazione giornalistica è chiamata newsworthiness, mentre
il selezionare informazioni altrui è denominato gatekeeping. In realtà
soltanto in piccola parte il fatto è la fonte diretta della notizia perché tra
la fonte primaria, ossia l'insieme inesauribile degli accadimenti, e chi deve
compiere l'operazione inesauribile di selezione e codifica
l''industrializzazione del processo produttivo dell'informazione ha frapposto
una rete organizzata di strutture denominate agenzie di stampa.
Sono loro le vere "signore dell'informazione" che dettano le regole
del gioco. Oggi non sono i giornalisti che cercano le notizie, ma, quasi
sempre, sono le notizie che cercano i giornalisti; e le notizie delle
agenzie li raggiungono fino sui tavoli di redazione ricoprendoli di chili di
carta, sicché la produzione dell'informazione si trasforma, in larga misura, in
una elaborazione semipassiva di notizie. Se a Kinshasa, nell'ex Zaire
scoppia una bomba al mercato di Limete, sarà nel 99% dei casi lo stringer della
Reuters o dell'Associated Press a darne notizia. La sproporzione tra Nord
e Sud del mondo non riguarda, infatti, solo le tecnologie, ma innanzitutto
e soprattutto la dislocazione e il numero delle redazioni giornalistiche
internazionali. Quelle dei Paesi industrializzati (soprattutto Usa e Europa)
sono disseminate capillarmente in tutto il Nord del mondo, mentre nel Sud,
particolarmente in Africa, i giornalisti delle testate giornalistiche estere
scarseggiano. Basti pensare che la rete televisiva americana Cnn dispone per
l'Africa di sole tre redazioni, come anche l'agenzia italiana Ansa. Non solo.
La quasi totalità dei desk (redazioni) internazionali presenti nel Sud del
mondo sono delle agenzie di stampa. La regione è soprattutto di ordine
economico. Il direttore di una testata europea trova più conveniente pagare
annualmente il servizio delle "wires" (agenzie), piuttosto che
mantenere una redazione a Nairobi. Qualora ce ne fosse bisogno invierà un
reporter sul posto, ma per un breve periodo.
Non che in Africa manchino giornalisti autoctoni. Anzi, spesso sono di valore.
Purtroppo molti di loro, come Pius Njawé, direttore del Messager, il più
importante giornale indipendente del Camerum, hanno subito vessazioni d' ogni
genere per difendere il diritto sacrosanto della libertà di stampa. Una cosa è
certa. Scarsa quantità e pessima qualità sembrano caratterizzare le notizie
provenienti dai Paesi in via di sviluppo, condannati ad essere periferici nel
contesto più generale dei circuiti informativi internazionali.
Sulla stampa occidentale - è inutile nasconderlo - si parla di Sud del mondo
solo per fatti eclatanti come lo sbarco dei Marines in Somalia, o
eccezionalmente cruenti: il genocidio ruandese del '94. Altrimenti, potrà
interessare la cronaca rosa di qualche attrice o personaggio in safari o
l'informazione sul ritrovamento di un bimbo vissuto nella foresta con le
scimmie. E dire che in Africa, ad esempio, di avvenimenti culturali di notevole
spessore se ne segnalano non pochi. Quando mai sulle testate occidentali si
legge qualcosa del Festival Panafricano del Cinema e della televisione di
Ouagadougou in Burkina Faso? La prossima edizione è in programma dal 24
febbraio al 3 marzo del 2001, ma è quasi certo che sarà ignorata dai media
occidentali, per l'ennesima volta, questa Hollywood africana. Mentre invece,
tanto interesse ha suscitato, nel marzo del 2000 il suicidio di massa di Kanungu
in Uganda. Un fatto macabro che peraltro i giornalisti occidentali hanno
raccontato con grande imprecisione, secondo
parametri culturali che con l'Africa hanno ben poco a che spartire. I criteri di
selezione delle notizie, dopo tutto, non hanno purtroppo nulla a che vedere con
i valori sociali, culturali e professionali dei singoli giornalisti. Così, ad
esempio, quanto maggiore è la distanza di un paese rispetto al lettore, tanto
più gli eventi che vi accadono devono essere rapidi (ecco perché i lenti
progressi dello sviluppo nel Sud non interessano quotidiani e telegiornali del
Nord) e corrispondenti a certe aspettative ("L'Africa ha sempre
fame"); oppure quanto minore è l'importanza di un paese, tanto più gli
eventi devono essere negativi, stereotipati e riguardare Vip.
Una voce controcorrente
Di fronte a questo scenario, segnato da pesanti squilibri dei flussi di notizie,
occorre decisamente identificare le possibili alternative per far parlare il Sud
del mondo, per dare voce ai senza voce. Se lo scenario degli anni '80 e '90 è
avvenuto sul campo di battaglia della televisione, è ormai scontato che la
partita del nuovo millennio si stia già giocando sul terreno delle tecnologie
digitali, Internet in testa.
E' per questo che la Fesmi (Federazione Stampa Missionaria Italiana) e la Sermis
(Servizio Missionario Italiano), in collaborazione con tutte le forze vive del
mondo missionario hanno dato vita nel dicembre del 1997 alla MISNA (Missionary
Service News Agency), un'agenzia d'informazione specializzata
sul Sud del mondo e sulle giovani chiese. Si tratta di un'esperienza che,
partita con pochi mezzi, ma con uno strumento tecnologico innovativo quale
Internet, è riuscita in un anno e mezzo d'attività a diventare un punto di
riferimento per molta stampa e televisione italiana e internazionale. Carta
vincente della MISNA sono le migliaia di missionari(e) e volontari(e)
disseminati in Africa, Asia, America Latina ed Oceania. Si tratta di fonti
privilegiate che testimoniano con la vita il servizio alla verità del
Vangelo. Sono proprio loro i punti di riferimento di un'informazione
alternativa che, fuori dai facili schematismi occidentali, dalle logiche di
potere che condizionano l'interpretazione della realtà, dal catastrofismo e
dal sensazionalismo che accomunano la stampa nostrana, si impegnano ad
essere voce dei senza voce . La MISNA è una realtà giovane e ha ancora molta
strada da fare. Al momento vi lavorano, assieme al direttore e alla
segretaria di redazione, sette giornalisti laici che confezionano un
notiziario giornaliero in tre lingue (Inglese, Francese e Italiano). C'è da
augurarsi che questa esperienza, con il sostegno della Chiesa Missionaria
possa crescere per servire la causa dell'uomo immagine di Dio.
Incredibile, ma vero
Come mai tanto interesse intorno ad una piccolissima agenzia, specializzata
nel Sud del mondo, in quelle zone, cioè, che fino alla sua comparsa non
avevano vetrine? Come è riuscita addirittura ad influenzare un capo di Stato
europeo come Jacques Chirac, che nel '99 cercò di smentire una sua news,
che dava la Francia coinvolta militarmente in Guinea Bissau? A portare alla
ribalta la Misna sono stati proprio i tanti scoop come questo, che in due
anni di attività è riuscita a proporre. La storia dell'agenzia dei
missionari è indubbiamente affascinante, perché, pur disponendo ancora a
tutt'oggi su scarsissime risorse umane, finanziarie e tecnologiche, può
contare su decine di migliaia di testimoni diretti dei fatti che racconta. I
suoi "potenziali" collaboratori sono i 14.000 missionari italiani (di
40
circa congregazioni diverse) presenti in quelle zone, che diventano
facilmente 200.000 se si aggiungono quelli stranieri e la società civile
laica (associazioni, gruppi e movimenti per i diritti civili), con cui la
Misna è perennemente in contatto. Controcorrente rispetto alla
globalizzazione del sapere, il potenziale informativo di cui è dotata è
enorme, basta collegarlo. Questo il primo punto di forza dell'agenzia, che è riuscita a sfruttare le presenze capillari sul territorio e che comunicano
costantemente tra loro con qualsiasi mezzo: fax, telefoni tradizionali,
satellitari, Pc e modem. Ma ciò che ha reso possibile il raggiungimento dei
suoi obbiettivi è la natura indipendente della testata. Una testata libera,
espressione della civiltà civile e non una voce istituzionale, che ha potuto
denunciare, in tempo reale, massacri e crimini di guerra, anche solo
annunciati, di qualsiasi matrice. Il suo servizio, on line e free per tutti,
ha circa 45.000 accessi/mese, di cui la maggior parte sono tutte le più
grandi agenzie di stampa del mondo, che a loro volta fanno da cassa di
risonanza alle sue news. Ne esce fuori un aggiornamento di venti/trenta
notizie (news update) giornaliere, oltre a 30 speciali di approfondimento
mensili, in tre lingue. L'accesso alle notizie del giorno è gratuito, mentre
è a pagamento la consultazione dell'archivio e del motore di ricerca.
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