|
|
Magistero
Sociale della Chiesa e “lettura
sociale” della Bibbia
Non
da archeologi ma da progettisti
Questo
spazio vuole essere un
cammino di “scoperta” della parola,
anzi del grido della Chiesa nel
“deserto” sociale che
sembra offrire poche alternative umane per
tutti. Una voce che grida anche nel
“deserto” ecclesiale, cioè nella
realtà dei cristiani (soprattutto
cattolici) che sembra non voler ascoltare.
Infatti la richiesta è esigente:
prendere in
mano con responsabilità
la costruzione della giustizia e
della pace; non come una
“emergenza”, ma come frutto della fede
in una persona concreta: Gesù Cristo.
La nostra avventura di scopritori
dell’insegnamento sociale della Chiesa
non sarà quella dagli archeologi che
fanno le scoperte per poi portarle nei
musei, la nostra sarà quella di scoprire
da “progettisti”: abbiamo già in
mente l’edificio che vogliamo costruire
o restaurare, siamo “progettisti di un
mondo più umano, giusto e fraterno.”
Strumenti
necessari:
1.
La Bibbia,
2.
Lettera enciclica “Pacem in
terris”,
3.
Schede d’analisi dei testi
biblici,
4.
Dinamiche di partecipazione.
“Pacem
in terris”
(11
aprile 1963)
Ecco il primo “oggetto
archeologico” da scoprire, per
trasformarlo in progetto concreto in un
contesto dove la violenza ormai è
diventata il modo di relazione e di
“risolvere” i conflitti. Proprio perchè
nell’individuo prevale una visione
dell’altro come un “pericolo” o un
“nemico” da evitare o distruggere,
recuperiamo la lettera enciclica “Pacem
in terris” di Papa Giovanni XXIII.
Alcuni
dati importanti:
Questa lettera è molto
significativa nella vita della Chiesa
perché marca l’inizio di una nuova
presenza ecclesiale, nel senso che si
rivolge non soltanto ai cristiani
cattolici ma a tutti gli uomini di buona
volontà (cattolici, non cattolici, di
qualunque ideologia, razza, cultura…).
Con quest’enciclica la Chiesa
inizia a parlare a tutti gli esseri umani,
quindi il suo messaggio diventa veramente
“cattolico” (universale).
È nata in un contesto di guerra
(la guerra fredda) e di corsa al
riarmamento: la pace era la preoccupazione
fondamentale della umanità. Giovanni
XXIII trasforma questa preoccupazione in
compito di tutti gli esseri umani sia come
individui che come istituzioni (economiche,
politiche, sociali, culturali,
religiose…).
L’enciclica è un discorso
illuminato dalla Rivelazione cristiana, ma
le linee “dottrinali” scaturiscono
dalla natura umana, cioè dalle esigenze
più intime della persona umana. È per
questo che diventa un messaggio
universale, perché la persona come
“umanità” è la stessa ovunque.
Metodologia:
1.
Prenderemo un piccolo testo della
“Pacem in Terris” facendo una lettura
continuata di tutto il testo. Questo testo
ci indicherà il tema di lavoro.
2.
Faremo un breve commento del testo,
evidenziando i punti chiave.
3.
Faremo una lettura sociale dei
testi biblici proposti nella lettera
enciclica per approfondire il messaggio e
costruire una “spiritualità sociale”
che sostenga il nostro agire ecclesiale
oggi e qui.
Condivideremo
le nostre “scoperte” e i suggerimenti
concreti, in vista di una prassi
ecclesiale che inizia da noi stessi.
torna
a inizio pagina |
|
|
Testo
(“Pacem
in Terris” n. 1)
“La
Pace
in terra, anelito profondo degli esseri
umani di tutti i tempi, può venire
instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto
dell’ordine stabilito da Dio.
I
progressi delle scienze e le
invenzioni della tecnica attestano
come negli esseri e nelle forze che
compongono l’universo, regni un
ordine stupendo; e attestano pure
la grandezza dell’uomo, che scopre
tale ordine e crea gli strumenti idonei
per impadronirsi di quelle forze e
volgerle a suo servizio.”
|
È
evidente che la parola che suona come un
ritornello in questo testo è l’ordine.
Sarà quindi questo il nostro primo tema
di riflessione e condivisione.
Commento
breve su questo testo
Il
testo comincia col dire che la pace è un
“anelito profondo” di tutti in
tutti i tempi. Questo ci può fare pensare
che:
-
la pace non è mai esistita nella storia
dell’uomo nel mondo, che non esiste
realmente nella persona e nei suoi
contesti concreti, e per questo rimane
come un anelito profondo.
-
Che nessun uomo vuole la violenza, la
guerra. Cioè che tutti gli esseri umani
vogliono la pace.
Comunque
sia, è chiaro che c’è un desiderio di
pace perché la pace non c’è. E la
proposta perché questo desiderio si
compia è “il pieno rispetto
dell’ordine stabilito da Dio”.
Questo
vuol dire che non c’è pace perché non
si rispetta o si rispetta poco
quest’ordine nell’universo del quale
fa parte anche l’uomo.
Il
testo parla anche della grandezza
dell’uomo attestata dalla scienza e
dalla tecnica, come scopritore
dell’ordine del universo e come
creatore di strumenti idonei per
mettere quest’ordine al suo servizio.
Condivisione.
In
questo testo non ci viene suggerito nessun
brano biblico, quindi passiamo subito alla
condivisione dei punti che ci sembrano
importanti. A me sembrano fondamentali
questi aspetti per il nostro lavoro
concreto di promotori di giustizia e di
pace:
1.
Ogni cuore umano anela alla pace.
2.
Bisogna scoprire l’ordine
stabilito da Dio nell’universo e quindi
nell’uomo, rispettarlo e promuovere
questo rispetto.
3.
Occorre fare un’analisi degli
strumenti della scienza e della tecnica
che usiamo in tutti campi e giudicare la
loro “idoneità”.
Per
te quali elementi sono importanti?
torna
a inizio pagina |
|
|
3.
Una
lettura antropologica
Testo:
Ma
i progressi scientifici e le invenzioni
tecniche manifestano innanzi tutto la
grandezza infinita di Dio che ha creato
l’universo e l’uomo.
Ha creato l’universo, profondendo
in esso tesori di sapienza e di bontà,
come esclama il salmista: “O Signore,
Signore nostro, quanto è ammirabile il
tuo nome su tutta la terra!” “Quanto sono
grandi le opere tue o Signore! Tu hai
fatto ogni cosa con sapienza”; e ha
creato l’uomo intelligente e libero,
a sua immagine e somiglianza,
costituendolo signore dell’universo;
“Hai fatto l’uomo”, esclama ancora
il salmista, “poco inferiore agli
angeli, lo hai coronato di gloria e di
onore; e lo hai costituito sopra le opere
delle tue mani. Hai posto tutte le cose
sotto i suoi piedi.” (PT
n. 2)
|
Commento
breve sul testo:
In questo testo ci troviamo davanti
una antropologia teo-logica. Cioè
un discorso sull’uomo, un “concetto”
di uomo fatto da Dio stesso. In altre
parole la Chiesa in questo testo ci mette
davanti alla “logica di Dio
sull’uomo”.
L’uomo
immagine e somiglianza di Dio, è il
“concetto” di uomo che ha la Chiesa,
è questo il suo punto di partenza.
Cioè l’uomo intelligente (intus
– leggere = leggere interiormente, in
profondità), libero, degno di gloria e
onore, signore dell’universo… è
questo l’uomo creato da Dio.
In questo testo appare l’ordine:
prima Dio creatore, poi la creazione di
Dio: l’universo e l’uomo, ma il centro
della creazione è l’umanità, tutto è
in funzione della sua vita. Ed è
quest’ordine che non si rispetta, per
questo manca la pace.
Lettura
“sociale” dei testi proposti
dall’enciclica:
Testo
base: Genesi 1, 26 – 2,1-25
Testi
ausiliari: Salmo 8 e 103
Tramite
questi testi biblici tenteremo di entrare
nella logica antropologica di Dio, cioè
nella essenza che Dio ha dato l’uomo.
A
questo punto bisogna fare un lavoro di
ricerca e raccolta di dati usando in un
principio soltanto il testo della Genesi
che abbiamo selezionato. Quindi adesso non
saremmo lettori “pietosi” della
Bibbia, ma lettori “intelligenti”, cioè
persone capaci di leggere in profondità
il testo: ci avviciniamo al testo come
ricercatori, niente di più.
Il nostro scopo è tentare di
conoscere un po’ l’antropologia di
Dio. Io suggerisco di chiamare questa
lettura che faremo “lettura
antropo-logica”.
In
questo tipo di lettura si tratta di
“leggere in profondità” le persone
che ci troviamo nel testo:
1.
Il Signore Iddio,
2.
L’uomo-Adamo,
3.
La donna.
Riguardo
a ciascuno di essi, dobbiamo analizzare
molto attentamente:
-
cosa
dice ognuno di loro e perché.
-
cosa
si dice di ognuno di loro e perché.
-
cosa
fa ognuno di loro e perché.
Posso
prendere un foglio per ogni aspetto: tre
fogli per personaggio. E’ molto
importante scrivere i dati così come
appaiono nel testo. Poi nella condivisione
comunitaria mettiamo in comune le nostre
interpretazioni o punti di vista.
Io
soltanto lascio questa domanda:
-Perché
credi che è necessario iniziare un
discorso sulla pace a partire dalla
conoscenza della persona o delle persone?
-Perché
iniziare da una antropologia teo-logica e
non direttamente dalla sociologia?
torna
a inizio pagina
|
|
|
I primi
numeri della Pacem in Terris ci mettono
davanti ad una lettura antropologica
della Pace a partire della Parola di
Dio. Ci mettono cioè davanti una “teologia
della Pace”. In altre parole,
mettono ognuno di noi davanti alla
necessità di comprendere il cammino
della Pace come un cammino teologico
(che nasce dalla riflessione della
nostra fede a partire della realtà
della pace come anelito profondo nel
cuore degli uomini) e non sociologico.
Lavorare per la Pace non soltanto perché
è necessario e urgente ma perché Dio
non è creatore della violenza, ma
creatore di un essere umano quale sua
immagine e somiglianza.
Ognuno di
noi, che lavoriamo per e nella Pace, ha
bisogno di riflettere - a partire dalla
nostra fede cristiana - la realtà di
violenza che ci avvolge come una coperta
nella nostra quotidianità. E deve farlo
in modo che questa riflessione diventi
sostegno del nostro agire. Per questo,
quando leggiamo una lettera enciclica,
non possiamo limitarci ad una lettura
critica o in funzione del solo nostro
contesto, ma dobbiamo soprattutto
chiederci a quali punti fondamentali
della nostra fede questa si riferisce,
per assumerli poi come fonte per la
nostra azione a vantaggio della Pace.
La Pacem in
Terris ci suggerisce il testo della
Genesi 1, 26 e i Salmi 8,1-6 e 103,24.
Ora, per un maggior approfondimento in
questa prima parte, suggerisco di
prendere tutto il primo racconto della
creazione, a partire dal testo che Papa
Giovanni XXIII ci suggerisce: Gn 1,26-2,
1-4.
a).
Elementi-chiave per una lettura
antropologica di un testo:
1.
Ogni scritto parla implicitamente
dalla persona che scrive: ci da alcuni
elementi che permettono di capire il suo
stato d’animo, i suoi sentimenti,
gli ideali, le convinzioni… il
suo modo di essere.
2.
Ogni persona che scrive ha in
mente un lettore reale o ideale con
determinate caratteristiche o
problematiche.
Con questi
due primi elementi voglio dire che il
nostro testo ha un autore
implicito (colui che scrive il
testo) e un lettore implicito
(il destinatario del testo). Ovviamente
dobbiamo collocare queste persone - che
normalmente non si vedono nel testo, ma
che eppure si fanno sentire - nella
dimensione del passato, perché lo
scritto è molto antico.
Ma c’è una persona che si
colloca nella dimensione del presente e
del futuro, perché è quella che legge
oggi il testo per vivere oggi ed
orientarsi per il domani. E noi
chiameremo questa persona lettore
contestuale, perché legge il
testo oggi, nella e a partire dalla sua
realtà locale.
In
questo senso, nel testo che leggiamo
insieme:
a).
L’autore implicito è colui che
ci racconta come è stato creato
l’uomo e tutta la creazione.
b).
Il lettore implicito è la
persona o la comunità per la quale è
stato scritto questo racconto.
c).
Il lettore contestuale è ognuno
di noi, che ci avviciniamo al testo a
partire dal nostro contesto di violenza
e con una intenzione concreta: lavorare
per la Pace.
La
Pacem in Terris vuole che ognuno di noi
abbia come punto di partenza per il suo
lavoro per la Pace e come idea originale
il progetto originale dell’uomo che
Dio ha creato. Ci chiede, cioè, di
partire dall’identità più profonda
dell’essere umano, dall’essenza
stessa dell’uomo.
Nella
lettura antropologica, è fondamentale
avvicinarsi al testo biblico non come ad
un testo del passato o come ad uno
scritto “sacro” e archeologico, ma
come a persone che raccontano
la loro esperienza ad ognuno di noi che
leggiamo il testo oggi. Si tratta di
leggere le persone che raccontano, le
persone a chi è indirizzato il racconto
e le persone che troviamo nel racconto.
torna
a inizio pagina |
5.
Leggendo l’autore implicito del primo
racconto della creazione
|
Sicuramente di una persona possiamo
capire qualcosa tramite quello che fa,
quello che dice e quello che di lei si
dice. In questo senso, del nostro autore
implicito possiamo trovare soltanto
cosa fa e cosa dice.
Se prendiamo tutto il racconto
della creazione (Gn 1,1-2,1-4), possiamo
trovare questo:
Cosa fa
|
Cosa dice
|
- Racconta le origini di tutto, il principio di
tutto quello che esiste.
|
-
“In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era
informe e deserta e le tenebre
ricoprivano l’abisso e lo
spirito di Dio aleggiava sulle
acque.” (1, 1-2)
-
Dio disse…(almeno 10 volte)
-
Dio vide… (almeno 7 volte)
-
Fu sera e fu mattina ( 6 volte)
-
Cosi avviene… (almeno 6 volte)
-
Dio creò… (almeno 5 volte)
-
Dio fece… (almeno 3
volte)
-
Dio benedisse… (almeno 3 volte)
-
Primo, secondo, terzo…settimo giorno…
-
Così
furono portati a compimento il
cielo e la terra e tutte le loro
schiere. Allora Dio nel settimo
giorno portò a termine il lavoro
che aveva fatto e cessò nel
settimo giorno da ogni suo lavoro.
Dio benedisse il settimo giorno e
lo consacrò, perché in esso
aveva cessato da ogni lavoro che
egli creando aveva fatto. Queste
le origini del cielo e della
terra, quando vennero creati.
(2,1-4)
|
Di
questa prima persona del nostro testo da
quello che fa possiamo concludere
che è:
-
Una persona che conosce le
origini: conosce cioè la realtà a
fondo, sa come era prima e come è
adesso.
-
Una persona che si preoccupa che
altri conoscano la realtà dalle sue
radici.
-
Una persona che vede come un
pericolo la perdita della memoria del
principio e del fine di tutto quello che
esiste.
-
Una persona che crede nel
racconto delle origini per salvaguardare
l’ordine creato e voluto da Dio.
Invece,
da quello che dice possiamo dire
che:
-
È una persona che ha una
esperienza contemplativa di Dio nella
realtà e che sente la Parola e lo
sguardo di Dio, che crea e benedice
nella quotidianità, cioè ogni giorno.
-
È una persona che sa vedere nel
deserto, nelle tenebre, in tutto quello
che sembra non avere forma né senso…
sa percepire lo Spirito di Dio che si
muove in questa realtà.
-
È una persona realista che sa di
avere “sera” e “mattina” ogni
giorno della sua vita, cioè momenti di
luce e di buio.
-
È una persona che sa
dell’importanza di lavorare, ma anche
di riposare, perché il riposo fa che il
buio non arrivi alla quotidianità
dell’uomo (il settimo giorno non
finisce con “fu sera e mattina”).
-
È una persona che sa la sua
origine, la sua dignità, il suo
compito; vede le risorse che Dio stesso
gli ha messo nelle mani per affrontare
la realtà.
-
È una persona che conosce a
fondo l’ordine stabilito da Dio e di
questo parla.
Per
condividere: Come agisce in un
contesto violento una persona così?
Quali idee il nostro autore implicito ci
da per il nostro lavoro per la Pace?
Quali atteggiamenti può avere una
persona con queste caratteristiche?
torna
a inizio pagina |
|
|
|
|
|