Il nostro viaggio verso una realtà finora sconosciuta è iniziato il 28 Luglio quando, zaini in spalla, ci siamo dirette verso Padova, dai Comboniani, per avventurarci con altri 30 giovani in un campo di servizio nella Comunità di Capodarco (AP). Non sapevamo a cosa andavamo incontro … eravamo curiosissimi!!! Siamo stati accolti da una Comunità in cui vivono persone disabili di ogni età, persone e famiglie che, assieme ai loro bambini e ragazzi, crescono in questa grande Famiglia. Abbiamo passato i nostri giorni lavorando con loro: chi in cucina, chi in laboratorio dove si lavora il cuoio, chi si dedicava al giardinaggio, chi in tipografia, chi stirava, chi collaborava alla costruzione di una Casa di accoglienza per minori. Ci siamo conosciuti cercando di vedere il mondo con i loro occhi: dal capire le difficoltà che incontrano nelle relazioni con coloro che li considerano “diversi” al continuo “scontro” con le numerosissime barriere architettoniche frutto di una società non aperta alle diversità. Ne siamo usciti con una grande lezione: le “disabilità” non sono dei limiti, ma sono una risorsa; basta conoscerle e non averne paura… in fondo tutti noi abbiamo degli handicap! L’importante è che nella vita “nessuno deve fare l’handicappato”. Alcuni di noi hanno svolto il loro servizio mattutino in altre due Comunità, S. Girolamo e S. Claudio, che ospitano dei disabili mentali. Ho fatto esperienza in Comunità S. Claudio dove sono ospitate persone che hanno quasi tutti oltre i 60 anni e che hanno passato 20/30 anni in manicomio, non perché erano “matti”, ma perché erano “particolari”, considerati “diversi” dalla società. Chi di loro ha ancora la mente lucida mi ha raccontato che la vita dei manicomi era bruttissima, che l’elettroshock subito gli ha “cancellato le idee” e che adesso in Comunità stanno bene. E’ stato bello passare alcuni giorni in loro compagnia, mi hanno insegnato tanto: a dare gratuitamente (erano sempre i primi ad offrire del caffè, dei biscotti, delle bibite, delle sigarette…) e a vivere assaporando la vita nel quotidiano. Durante il campo ci sono state delle “PAROLE” che hanno guidato le riflessioni, le preghiere e il confronto: giustizia, non violenza, Parola, solidarietà, bellezza, relazione, essenzialità. Abbiamo riflettuto sull’amore verso gli altri, sul servizio, sul nostro stile di vita, sulla globalizzazione … partendo dall’ ascolto della Parola di Dio e dalla testimonianza. Questo ha motivato i nostri itinerari di animazione: dal volantinaggio in spiaggia, al concerto sul lungomare con il gruppo “Nuova Civiltà”, giovani di Ferrara che suonano solitamente nelle carceri e in comunità di tossicodipendenti; dai viaggi in treno distribuendo “Nigrizia" e “Ormegiovani” alle famiglie del paese che c’hanno ospitato per il pranzo. Cosa ci siamo portati a casa? Abbiamo imparato che è importante non rimanere indifferenti ai drammi dell’umanità e che anche noi possiamo fare qualcosa: insieme possiamo tracciare una nuova rotta che ha come meta la giustizia e la pace. Dio ascolta e risponde chiedendo il nostro IMPEGNO: Siamo disposti a sporcarci le mani? Siamo
invitati ad uscire dal nostro guscio, a trovare le cause dell’esclusione e
delle non vite in pienezza. Se non faremo parte della soluzione, faremo parte
del problema!!! Il nostro è stato un campo speciale non perché abbiamo fatto cose straordinarie, ma perché con il abbiamo accettato di ESSERCI… e con AMORE. Anna e Nicoletta. |
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L’intensità di Serena… |
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La villa della Comunità di Capodarco si trova su un’altura.Da lì potevo ammirare da un lato il mare, dall’altro le splendide colline dell’entroterra marchigiano. Un paesaggio così particolarmente vario, multiforme e multicolore,già presentava il prezioso segreto della Comunità: la capacità di accettare e valorizzare le diversità. Ci si sentiva proprio in alto, lassù.Quasi su una nuvola, lontani dalla frenesia e dall’ansia della nostra società, il tempo era ritmato dagli incontri,dai sorrisi,dagli sguardi. L’aria era satura di parole, di risa, di musica e canti. E i cuori erano pieni di gioia. Non che le giornate lì fossero rilassanti… è ben noto che con i “Combo”non c’è un attimo libero. Le attività sono intense e numerose e il dì può durare quasi venti ore! Il lavoro era però svolto con grande felicità ed entusiasmo, perché si era insieme al servizio della grande Comunità. Al mattino, io e altri giovani lavoravamo alla Comunità di S.Girolamo, dove vivono i “disabili mentali”. Devo ammettere che inizialmente non è stato per nulla facile abituarmi alle stranezze degli ospiti ed adattarmi ad una realtà che per molti aspetti è incredibilmente dura e difficile.Ma pian piano,superando le mie paure e repulsioni,le barriere che c’erano tra noi si sono frantumate ed ho cominciato ad ascoltare i loro discorsi spesso strampalati ,le loro filastrocche talvolta poco eleganti,le canzoni cantate a squarciagola. Abbiamo iniziato a dialogare e a conoscerci, a ridere e scherzare, a sentirci felici insieme. Mentre scrivo di loro, sento una profonda nostalgia: credo che siano entrati nella mia vita, nel mio cuore. Vorrei raccontarvi di ciascuno di loro, farvi conoscere Agata, che cantava in continuazione “Romagna mia”e ci narrava delle storie assurde, o Mariano, l’interista con lo spirito da fuorilegge, o Giorgio mio coetaneo, bello e dolce, che vive in un mondo totalmente inventato dalla sua mente, o Marco, eterno bambinone, goloso e giocherellone…potrei continuare per ore! Non avrei mai pensato di potermi affezionare in tal modo a dei “pazzi”… ”In fondo non mi possono dare nulla, sono solo dei poveracci che io devo aiutare”pensavo. Invece mi sono accorta che mi hanno accompagnata a scovare la bellezza nella spontaneità e nella naturalità, nell’essere semplice e senza controllo, ma soprattutto senza inutili inibizioni e formalità. Con loro stavo bene, perché ero libera ed ero importante, solo perché ero lì e potevo stringere una mano sorridere e chiacchierare. L’essenziale era esserci. Eccezionale è stato anche il rapporto instaurato con i miei compagni di lavoro: eravamo proprio una squadra, che alla mattina, unita (ed assonnata!) varcava la soglia dell’edificio di S.Girolamo, pronta da affrontare tutte le sorprese e le difficoltà che la giornata riserbava e al pomeriggio ne usciva spompata e barcollante, ma gioiosa e soddisfatta, con tanta voglia di raccontare le impressioni. Le vicende e le emozioni vissute. Terminato il turno a S.Girolamo, ci si riuniva con il resto della compagnia e il pomeriggio lo si trascorreva nella Comunità di Capodarco. Ci venivano proposte delle grandiose catechesi, che approfondivano tematiche quali: ”La giustizia e la ricerca”,”La Parola”,”La bellezza”,”La non violenza”,”La solidarietà”,”La relazione”,”L’essenzialità”. Quotidianamente si dedicava del tempo al “deserto”, alla condivisione e alla preghiera. Sono stati questi momenti per me di grande riflessione e turbamento, in cui entravo e scandagliavo dentro me, alla ricerca di una certa identità, di comprensione, di chiarezza e serenità. Poi però non mi chiudevo in me, ma risalivo e con gli altri condividevo tutte le sensazioni ed i pensieri. Mi sentivo in comunione con loro, unita dagli stessi ideali e dagli stessi sogni. In quei giorni era incredibile come riuscivamo a sentirci “insieme”in modo autentico e sincero, pur con tutti i problemi e le contraddizioni. Ognuno di noi era importante in quanto sé stesso, unico e diverso, desideroso di donare un po’ della propria intima ricchezza. Era straordinario sentirsi un vero gruppo, accolto da uno ancora più grande, che era appunto quello della Comunità di Capodarco. Ci siamo fusi uno nell’altro, pur riuscendo entrambi a mantenere le proprie caratteristiche e a renderle dei doni. La crescita è stata chiaramente reciproca, ci siamo arricchiti di gioia,vitalità coraggio. Trovo molto più difficile esprimere cos’è stato e cosa sarà Capodarco per me. La Comunità era entrata nella mia vita ben prima del campo: doveva essere una tappa del viaggio che io e Andrea stavamo vivendo insieme.Viaggio che però è stato tragicamente interrotto, quando Andrea se n’è andato per sempre. Capodarco non l’abbiamo raggiunto insieme. Sono tornata sola, con altri trenta giovani e con Andrea nel cuore. Ho vissuto il campo con grande energia e grinta, forse perché era lui che mi aiutava. Sicuramente ho voluto viverlo anche per lui, per il nostro sogno. Forse Andrea è più felice ora. Io sicuramente sì. So che custodirò teneramente e dolcemente il ricordo di Capodarco dentro me. Spero di riuscire a vivere quotidianamente e intensamente ciò che Capodarco ha voluto trasmettermi. Spero mi aiuti quando ogni giorno devo scegliere di schierarmi e quando mi troverò di fronte ai grandi crocevia della mia vita. Anzi lo ringrazio perché sono sicura che ci sarà! Serena |
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Ci scrive da Capodarco |
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Si è concluso l'8 agosto 2001 presso la
Comunità di Capodarco il “Campo di lavoro” dei Comboniani di Padova. Erano
33 persone: 5 animatori e 28 giovani provenienti da tutta Italia. Comunemente
si dice “Campo di lavoro”
ma questo campo è stato molto di più: campo di condivisione, di riflessione, di animazione, di festa, di
preghiera, di utopia... perché nei dieci giorni trascorsi insieme, abbiamo
veramente “sognato un mondo più giusto, solidale, senza guerre e senza barriere”.
Con
questa occasione abbiamo gettato il seme per possibili collaborazioni fra le due
comunità che si sono conosciute in questi giorni. Come dice Alex Zanotelli
solamente unendo le forze, potremo creare mentalità, realizzare qualche
iniziativa massiccia che vada controcorrente, che incida sulla vasta società
del benessere, dei consumi sfrenati, dell’immagine e della violenza,
altrimenti non ci sarà scampo: le disuguaglianze saranno sempre maggiori! Non
a caso il titolo scelto per il campo era: “
Insieme...Solo utopia? A
giudizio di noi tutti della Comunità di Capodarco, come è già stato
riaffermato nella verifica, il campo ha raggiunto ampiamente gli obiettivi che
assieme ai Comboniani ci eravamo posti: -
piena condivisione della giornata; -
momenti di spiritualità insieme; -
riflessioni sui temi della pace, della giustizia, della solidarietà, della
sobrietà, sia nei nostri ambienti
di vita e di lavoro, sia con gli ultimi del mondo;
-
presa di coscienza sugli “stili di vita” da adottare per un vero
rinnovamento della società, per un cambiamento di massa; -
i continui riferimenti al recente G8 sono stati una costante, perché tutti
portiamo ancora, nella mente e nel cuore, le
immagini della violenza che le Tv ci hanno trasmesso in quei giorni. A nostro
giudizio sono state troppe le immagini
negative rispetto ai “tanti valori”
che la maggioranza dei giovani,
presenti a Genova, voleva dimostrare pacificamente. Tornando
al campo, credo che nessuno sia in
grado di sapere e descrivere quanto abbiano inciso negli animi dei partecipanti
sia i momenti di comunicazione interpersonale, sia i momenti di condivisione:
nelle catechesi, nelle celebrazioni eucaristiche, durante le verifiche, durante
i pasti, nei momenti di festa.
Tutti siamo concordi nel dire
che il livello di familiarità, di fratellanza, di amicizia, di condivisione era
molto alto e, nello scorrere dei giorni, coinvolgeva sempre di più e sempre più
gente. La volontà di conoscere ed approfondire i messaggi di giustizia
e di pace, sia come cittadini che come cristiani,
traspariva dal volto di ciascuno. Si capiva dal sorriso ma anche dalla
puntualità ai vari appuntamenti, dall’attenzione a tutti gli argomenti
trattati, alla voglia di dare il proprio contributo per allargare la rete di chi
vuole un Mondo Nuovo. I care,
mi interessa, ci sto anch’io erano le parole sottintese a modo di
presa di impegno personale che la presenza stessa
e l'intensa partecipazione facevano
immaginare. Di
giorno in giorno, stavamo sempre meglio insieme anche se il programma era molto
intenso e non lasciava respiro! Ogni giorno che passava cresceva in noi la
consapevolezza del distacco necessario e si cominciava a fare il conto alla
rovescio. Il
tempo si accorciava ma le tante riflessioni ci avevano già arricchiti di nuove
conoscenze e riempiti di entusiasmo, di gioia, di voglia di spenderci per la
stessa causa. Credo che ognuno nel suo
cuore ha ripensato
alla frase che disse Pietro a Gesù: Stiamo bene insieme, facciamo qui le
tende per tutti, per sempre! Lo stesso pensiero è fuggito però velocemente
perché siamo allo stesso tempo coscienti che ci
formiamo e ci ricarichiamo per essere lievito nella società dove
viviamo, dove lavoriamo, dove dovremmo essere testimoni e
animatori delle nostre
Comunità cristiane e civili. Noi
di Capodarco ringraziamo i Comboniani di averci dato una grande occasione per
fermarci un attimo e, assieme a
loro, rinfrescare il senso profondo del nostro vivere in Comunità. Ci auguriamo
che questa sia stata la prima di altre occasioni di collaborazione
che potremo inventare nella prossima estate o durante l’anno, con campi
di lavoro o altre attività. Voglio
concludere rispondendo al titolo del campo in questo modo. Insieme...e con l’aiuto di Dio si può. Si possono seminare e
diffondere, a macchia d’olio, i messaggi di pace, di giustizia, di fratellanza
tra i singoli, tra le comunità, tra i Popoli. Non è difficile, non è
questione di studi elevati! Ci vuole invece tanta coerenza, a qualsiasi prezzo!
Per essere credibile ci vuole un
po’ di testimonianza personale nei modi e luoghi che ognuno si sceglie.
Bisogna pagare di persona altrimenti che razza di testimonianza è? Come si può
gustare il valore profondo della condivisione? Bisogno
essere testimoni in prima persona e - come dice Zanotelli - non basta, perché
dobbiamo preoccuparci del contagio, di coinvolgere chi non sa, chi non conosce.
Dobbiamo essere in tanti e dobbiamo essere uniti perché il “male della
società” è sempre più grande e crea sempre più vittime! L’insieme di cui parla
Zanotelli non si limita a 10, 100, 1000 persone ma si riferisce ad un “Movimento
di opinioni e di stili di vita” da creare e allargare
perché la lotta contro la fame nel mondo e contro ogni forma di
ingiustizia sia massiccia. In questi giorni del G8, fra i movimenti pacifisti,
si è appunto parlato di “Globalizzazione
della solidarietà” in contrapposizione alla “Globalizzazione
dei mercati e dei profitti” che privilegia sempre i pochi e molto ricchi. La solidarietà non si vive acquistando questa o l’altra
“tessera” di una qualsiasi associazione ma, a nostro giudizio, è uno
"Stile di vita" che
contiene un valore talmente profondo e che va al di là delle etichette di
appartenenza. Il Buon Samaritano è di
esempio per tutti! Capodarco
12 agosto 2001
per
la Comunità di Capodarco
Gina Tonucci
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