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GIM Pesaro: Essere Vangelo con i lontani

novembre 2003

Essere Vangelo con i lontani…

GIM Pesaro, 15 novembre 2003

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L’amore di Dio ci costringe a diventare come Dio,
simili a Dio, coi gusti di Dio.
Non c’è scampo.
Se Dio ama la luce anche noi dobbiamo amare la luce.
Se Dio perdona anche noi dobbiamo perdonare.
Se Dio muore per amore anche noi dobbiamo giungere a morire per amore.
Fare il Regno significa proprio questo: lavorare, agire per diventare simili a Dio sul modello del Cristo.
E non a chiacchiere, a fatti.
Il Regno avanza tutte le volte che poniamo un fatto concreto come risposta all’Amore che è Dio.
Quando sfamo l’affamato
quando visito il carcerato
quando vesto l’ignudo
quando perdono il nemico
quando condivido i miei beni
quando consolo gli afflitti
quando prego per i vivi e per i morti.

 

Canto iniziale

Con la forza dello Spirito... nella preghiera

Dal Libro della Genesi

Poi quegli uomini si alzarono e volsero gli sguardi verso Sodoma; e Abramo andò con loro per congedarli.
Il Signore disse: «Dovrei forse nascondere ad Abramo quanto sto per fare, dato che Abramo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti, io l'ho prescelto perché ordini ai suoi figli, e alla sua casa dopo di lui, che seguano la via del Signore per praticare la giustizia e il diritto, affinché il Signore compia in favore di Abramo quello che gli ha promesso». Il Signore disse: «Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò e vedrò se hanno veramente agito secondo il grido che è giunto fino a me; e, se così non è, lo saprò».
Quegli uomini partirono di là e si avviarono verso Sodoma; ma Abramo rimase ancora davanti al Signore. Abramo gli si avvicinò e disse: «Farai dunque perire il giusto insieme con l'empio? Forse ci sono cinquanta giusti nella città; davvero farai perire anche quelli? Non perdonerai a quel luogo per amore dei cinquanta giusti che vi sono? Non sia mai che tu faccia una cosa simile! Far morire il giusto con l'empio, in modo che il giusto sia trattato come l'empio! Non sia mai! Il giudice di tutta la terra non farà forse giustizia?» Il Signore disse: «Se trovo nella città di Sodoma cinquanta giusti, perdonerò a tutto il luogo per amor di loro».
Abramo riprese e disse: «Ecco, prendo l'ardire di parlare al Signore, benché io non sia che polvere e cenere. Forse, a quei cinquanta giusti ne mancheranno cinque; distruggerai tutta la città per cinque di meno?» E il Signore: «Se ve ne trovo quarantacinque, non la distruggerò».
Abramo continuò a parlargli e disse: «Forse, se ne troveranno quaranta». E il Signore: «Non lo farò, per amore dei quaranta».
Abramo disse: «Non si adiri il Signore e io parlerò. Forse, se ne troveranno trenta». E il Signore: «Non lo farò, se ne trovo trenta».
Abramo disse: «Ecco, prendo l'ardire di parlare al Signore. Forse, se ne troveranno venti». E il Signore: «Non la distruggerò per amore di venti».
Abramo disse: «Non si adiri il Signore, e io parlerò ancora questa volta soltanto. Forse, se ne troveranno dieci». E il Signore: «Non la distruggerò per amore dei dieci».
Quando il Signore ebbe finito di parlare ad Abramo, se ne andò. E Abramo ritornò alla sua abitazione.

Il mondo intero è in me

Nel silenzio, il giorno nasce dietro i vetri istriati stendendo ampie lame di colore nel “coro” monastico. L’una accanto all’altra, nel silenzio della meditazione, le monache sono sagome brune di solitudine.
Dio, che vuoto di cose umane, che povertà immensa è mai questo silenzio che scava nel cuore l’attesa e la sete di te, bene infinito, in cui perdersi come un raggio nella sua sorgente.
Tu mi hai dato un cuore di donna Signore, un cuore caldo e tiepido, fatto per amare ed essere amato, un cuore che suggerisce il tepore di una casa e il ridere gioioso di bimbi e sguardi bruni e profondi che si posano teneramente sui figli.
E hai separato per te questo mio cuore, come un terreno vergine per la tua Parola.
L’hai cinto di una solitudine vasta e silente, la solitudine gelosa del tuo Amore.
Dio dagli occhi immensi come l’infinito.
“Oracolo del Signore: la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore…Ti farò mio sposa per sempre….e tu conoscerai il Signore” (Os 2, 14.20)
E mentre tu parli al mio cuore nel silenzio umile e orante di questo giorno che nasce, il mondo intero è in me come bimbo che si desta e che chiama.
E’ una folla infinita di gente che in me ti tende le braccia,
un’umanità che si ridesta nel primo mattino:
voci inquietanti d’angoscia e di pena,
voci gioiose di bimbi che vanno a scuola,
voci rabbiose di operai che hanno perso il lavoro,
voci di gente sfruttata che piange.
Tutto è in questo povero cuore “separato”, tutto è assunto e presentato a te in un’offerta che ha le dimensioni del mondo.
Signore, Dio che mi ami e che mi hai innamorato, la mia giornata, anche oggi, sarà solitaria, oscura, nascosta agli occhi di tutti, gonfia forse di fatica e di pena.
Ma il mio cuore è caldo e tiepido,
è un cuore di donna fatto per amare ed essere amato.
E nel silenzio in cui lo possiedi, tu lo rendi una culla dove ogni uomo rinasce al tuo Amore.


Sr. Chiara Augusta Lainati (monaca Clarissa)

 

Canto

Con la forza dello Spirito…nell’annuncio

Dal Vangelo di Luca

Poi Gesù andò a Nazaret, il villaggio nel quale era cresciuto. Era sabato, il giorno del riposo. Come al solito Gesù entrò nella sinagoga e si alzò per fare la lettura della Bibbia. Gli diedero il libro del profeta Isaia ed egli, aprendolo, trovò questa profezia:

Il Signore ha mandato
il suo Spirito su di me.
Egli mi ha scelto
per portare il lieto messaggio ai poveri.
Mi ha mandato per proclamare
la liberazione ai prigionieri
e il dono della vista ai ciechi,
per liberare gli oppressi,
per annunziare il tempo
nel quale il Signore sarà favorevole.

Quando ebbe finito di leggere, Gesù chiuse il libro, lo restituì all’inserviente e si sedette. La gente che era nella sinagoga teneva gli occhi fissi su Gesù. Allora egli cominciò a dire: “Oggi si avvera per voi che mi ascoltate questa profezia”.

La Parola che libera

Io non resisterei alla vita dura di Korogocho senza la dimensione contemplativa della preghiera per e con i poveri, preghiera comunitaria attraverso la quale si rimette tutto nelle mani di Dio. Davanti a tanta sofferenza, ai volti segnati dal dolore, è facile provare un senso di impotenza ed insieme di rabbia, e spesso la sera mi trovo a sbattere la testa contro il muro, chiedendomi come sia concepibile che esista tanta miseria. Il contatto costante con la cruda realtà di Korogocho fa si che il mio corpo puzzi di morte, le mie mani siano infette, i miei polmoni respirino microbi. Mai come oggi ho sentito il mio corpo intriso di morte! E questo senso di morte, congiunto a quell’essere continuamente “mangiati” dalla gente, ti fa sentire un annichilimento interiore, la “kenosis” di San Paolo, un’esperienza esistenziale che anche Gesù aveva sperimentato.
E’ una cosa che ti tocca dentro, che ti rimette tutto in discussione, che mi fa chiedere: “Ma Dio dov’è?” e qualche volta anche: “Dio, che sei?”. Le domande si accavallano dentro di me, perché Korogocho mi costringe a ripensare ogni cosa. Ma di una, sono certo: il Dio di Mosè e dei profeti, l’Abbà di Gesù, non può essere il Dio dei filosofi. Non può essere quel Dio immutabile, passivo ed etereo, che non si coinvolge, non si lascia coinvolgere, e che non viene toccato dalla realtà. Quel Dio è morto! Quel Dio è un idolo! Il Dio vivo è un Dio nomade che cammina con i diseredati della Terra. Come diceva l’amico Turoldo, forse “anche Dio è infelice”, soffre con noi, con i perdenti della Storia. E’ il Dio che ha viscere di donna, viscere materne, che è toccato dalla sofferenza Wangoi, di Njeri, di Minoo. E’ il Dio crocifisso, il Dio impotente. Sto forse bestemmiando? Ma anche Gesù ha bestemmiato nella sua vita: “Bestemmia!”, dicevano i sacerdoti; e Lui, sulla croce, ”Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Eppure Dio non ha abbandonato il Figlio, come non può abbandonare Wangoi ed i suoi bimbi.

p. Alex Zanotelli

SALMO 85
Ti immagino in ansia, Signore,
con l’orecchio teso a percepire
la mia invocazione d’aiuto.

Sono tuo servo, tuo figlio:
come madre paziente e premurosa
proteggimi e dammi conforto.

Fin da piccolo ho imparato, Signore,
che tu sei buono e compassionevole,
che perdoni e ami senza riserve.

Ascolti le persone che t’invocano,
condividi il pianto di chi soffre,
sei sempre in sintonia con l’uomo.

Nessuno è come te, Signore,
sincero nell’affetto e nel rimprovero,
capace di illuminare e confortare.

Tanti uomini continuano a testimoniarlo
con senso di profonda riconoscenza
e tornano a pregarti fiduciosi.

Rivelami i tuoi pensieri segreti,
guidami a conoscerti intimamente
perché il mio rapporto sia sincero e fedele.

Voglio fare la tua volontà
in tutte le scelte della mia vita
e questa sarà la mia pace.

Lo dirò a tutti, sta sicuro,
lo dirò con benevola cocciutaggine
che in te è la sorgente della gioia.

Sei grande, Signore, mio sostegno,
e grande è il tuo amore per me,
mi hai salvato dall’aridità dello spirito.

Vivo in un mondo di violenza
circondato da gente senza valori,
bombardato da messaggi di morte.

Tu invece sei un Dio di tenerezza,
sei attento alla vita delle persone,
sei fedele e paziente nell’amore.

Stammi vicino Signore, mio rifugio,
stammi vicino come al figlio più caro,
fammi entrare nella gratuità del Vangelo.

Dammi un segno, Signore, del tuo amore
perché è snervante rimanere fedeli
in un mondo dominato dall’arrivismo.

Sei tu, Signore, la mia forza,
la consolazione, il premio e l’attesa,
a te affido la mia vita per sempre.

Canto

Con la forza dello Spirito…nella povertà

Dal Vangelo di Matteo

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

Sii realista…programma un miracolo!

Spegnere la televisione, abbandonare i luoghi del divertimento, votare se stessi, trasformarsi in pellegrini che usano l’ospitalità generalizzata sono solo alcune delle azioni che potrebbero contribuire allo sviluppo di una sana consapevolezza della realtà.
Abbandonare il consumismo non è sinonimo di povertà perché, in realtà, non c’è alcun vantaggio a produrre spazzatura. L’illusione (e fortemente negativa per di più) è continuare a creder di poter vivere solo per produrre e consumare. Non si tratta dei soliti allarmismi perché probabilmente scompariremo molto prima della nostra madre terra. Essere realisti significa comprendere che con quello che mangia una mucca per produrre una bistecca potrebbero essere sfamate sette persone anziché una sola; che anche se abbiamo l’acqua corrente in casa dobbiamo, nella città, andare a comprarla altrove perché è avvelenata. In altre parole essere realisti significa comprendere che se uno stile di vita ti sta uccidendo lo devi cambiare subito e senza troppe domande. Nulla di strano o di difficile, si tratta semplicemente di una spinta evolutiva che sta coinvolgendo, piano piano e silenziosamente, sempre più persone. Non è un ritmo ripetitivo ma una calda atmosfera. E’ il piacere che stiamo provando nel rendere la nostra stessa vita un’opera d’arte. E’ un dolce miracolo contagioso che sta accadendo e la televisione non s’è accorta di nulla…

Tratto da: “Uso libero e libero uso”

Canto

Con la forza dello Spirito…nell’andare

Dal Vangelo di Matteo

Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose: “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”. Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va e annunzia il regno di Dio”. Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.

La fede è un atto

Ora vorrei dirti una cosa molto importante sul modo di rendere visibile la presenza di Dio nella nostra vita.
Peccato che l’ho scoperto troppo tardi!
Io ho fatto come colui che cerca il tesoro percorrendo mari e monti per trovarlo. Poi stanco ritorna a casa e scopre con sorpresa che il tesoro era proprio in casa.
Ecco: Dio è in casa.
Nella mia casa, nella tua casa, nella casa di Madre Teresa di Calcutta, nella casa di Luther King, nella casa dell’Abbè Schultz, nella casa di Follereau.
Essendo un Dio nascosto nessuno lo vede, però tutti lo cercano perché in tutti c’è un gran desiderio di vederlo.
E’ troppo interessante la faccenda!
Ma mentre io mi metto a pensare e tu a studiare sul modo migliore di scoprire Dio, di vedere Dio, Madre Teresa esce sulla strada e vede un moribondo che muore senza aiuto. Non ragiona su Dio, non fa piani quinquennali o teorie sull’uomo.
Solleva il moribondo, si fa aiutare per portarlo a casa, gli da un bicchiere d’acque, lo pettina, gli asciuga il sudore della morte e pensa tra sé con dolcezza: “Voglio che muoia sentendo vicino una mano amica”. Il programma non è per nulla ambizioso, nessuna rivoluzione nel suo gesto ma solo un fatto vero di amore.
Fratelli, davanti a Madre Teresa il mondo si arrestò per un momento: vide Dio passare sulla strada di Calcutta.
E che fece Luther King? Si guardò attorno e amò appassionatamente i suoi fratelli disprezzati per il colore della pelle e offrì il suo petto a un scarica di pallottole. Il mondo si accorse che Dio era là nel gesto di quel martire.
E che fece l’Abbé Schultz? Diede uno sguardo fuori dal suo piccolo convento di monaco e vide molti giovani che cercavano di comunicare, di creder, di sperare.
Li amò ed essi capirono e noi vedemmo l’epopea di Taizé.
Potete continuare.
Dio si rivela là dove c’è che rispetta la vita, vuole la Luce, cerca di amare. Tutte le volte che tu dilati la vita, fai la verità, ami, Dio scaturisce dalla tua azione.
E’ come se creassi il tuo Dio.
E’ per questo che dicevo che Dio è dentro le cose, dentro gli avvenimenti,
dentro il tuo gesto di amore.
Facendo le cose come le farebbe Gesù, come le farebbe Dio, tu liberi Dio dai veli dell’invisibile e lo rendi visibile sul cammino degli uomini.
La fede è un atto non una serie di chiacchiere.
La speranza è un gesto di luce, non un pio sentimento.
La carità è un avvenimento, non una preghiera devota.

Carlo Carretto

Dalle lettere di p. Ezechiele Ramin:

"Sto camminando con una fede che crea, come l'inverno, la primavera. Attorno a me la gente muore, i latifondisti aumentano, i poveri sono umiliati, la polizia uccide i contadini, tutte le riserve degli Indios sono invase. Con l'inverno vado creando primavera. I miei occhi con fatica leggono la storia di Dio quaggiù". La croce è la solidarietà di Dio che assume il cammino e il dolore umano, non per renderlo eterno, ma per sopprimerlo. La maniera con cui vuole sopprimerlo non è attraverso la forza né col dominio, ma per la via dell'amore. Cristo predicò e visse questa nuova dimensione. La paura della morte non lo fece desistere dal suo progetto di amore. L'amore è più forte della morte".

“Io questa situazione non la vivo, né ci sto dentro come ergastolano. Ho la passione di chi segue un sogno. La parola ha un tale accoramento che se la raccolgo nel mio animo sento che c’é una liberazione che mi sanguina dentro. La mia esperienza di cammianre su strade che non hanno un arrivo, su strade che non hanno un cielo, dove sento soltanto la piccola gioia cavata fuori con una fatica tremenda. Non mi vergogno di assumere questa fratellanza. Uomini buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono fratelli. Noi siamo nel linguaggio del Signore.”

“Sia, fratelli, vostro abito l’orazione dei veggenti.
Andate addobbati all’incontro del Dio vivo.
Sia fratelli, vostro abito la verità libera.
Andate gridando a tutti la novità del vangelo.
Sia, fratelli, vostro abito la povertà dei poveri.
Andate nudi di guadagni come la vita del popolo.
Sia, fratelli, vostro abito la pertinace speranza.
Andate vulnerabili nella forza dello Spirito.
Sia, fratelli, vostro abito la tenerezza fraterna.
Andate come fiorenti di misericordia.
Siate, fratelli, come un abito di Amore
camminando per il mondo visibile”

Come la carne del Verbo (Casaldaliga, giugno 1984)

Canto

Padre Nostro…

Non posso dire PADRE
Se non mi comporto da figlio

Non posso dire NOSTRO
Se vivo chiuso nel mio egoismo

Non posso dire CHE SEI NEI CIELI
Se mi preoccupo solo delle cose della terra

Non posso dire SIA SANTIFICATO IL TUO NOME
Se non ti onoro e non ti amo

Non posso dire VENGA IL TUO REGNO
Se penso solo ai miei interessi

Non posso dire SIA FATTA LA TUA VOLONTA’
Se non l’accetto quando non combacia con la mia

Non posso dire DACCI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
Se non mi importa di chi ha fame

Non posso dire RIMETTI I NOSTRI DEBITI
Se continuo a conservare rancore

Non posso dire NON CI INDURRE IN TENTAZIONE
Se ho intenzione di continuare a peccare

Non posso dire LIBERACI DAL MALE
Se non combatto ciò che non è buono

Non posso dire AMEN
Se non prendo sul serio le parole del PADRE NOSTRO.

Proviamo ora, nel silenzio, a meditare le parole del Padre Nostro. Avviciniamole alla nostra vita, lasciamole permeare in noi e condividiamo liberamente i nostri “se”.

Preghiera finale: Dirigi i nostri passi

O Gesù,
Signore di chi non esclude la croce
cosciente della propria debolezza
e affidato alla potenza dello Spirito!

Concedi alla nostra fede
di non barricarsi in un saggezza umana,
ma di lasciarsi costruire dal suo Signore.
Strappaci dai nodi dell’orgoglio
e guidaci per i sentieri del tuo amore.
Dirigi i nostri passi,
purifica la nostra vita,
affinché le tue vie siano le nostre.

Su queste strade incontreremo
i poveri, i prigionieri, gli oppressi,
i ciechi e i malati, chi non ha voce.
Ricevere con loro il Vangelo,
la libertà, la guarigione e la parola,
è follia per l’efficientismo del mondo!

Sì, è una follia:
la follia del tuo amore vittorioso,
che non si accontenta di parole,
ma risuscita, accompagna
e salva per i secoli eterni.
(Pierre Griolet)

Canto finale

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